Codice Civile art. 2152 - Miglioramenti.

Roberto Amatore
aggiornato da Francesco Agnino

Miglioramenti.

[I]. Il concedente che intende compiere miglioramenti sul podere deve valersi del lavoro dei componenti della famiglia colonica che siano forniti della necessaria capacità lavorativa, e questi sono tenuti a prestarlo verso compenso.

[II]. La misura del compenso, se non è stabilita [dalle norme corporative] (1), dalla convenzione o dagli usi, è determinata dal giudice, [sentite, ove occorra, le associazioni professionali e] (1) tenuto conto dell'eventuale incremento di reddito realizzato dal mezzadro.

(1) Le disposizioni richiamanti le norme corporative devono ritenersi abrogate in seguito alla soppressione dell'ordinamento corporativo. Il riferimento alle associazioni professionali è da ritenersi inoperante a seguito della soppressione dell'ordinamento corporativo ai sensi del d.lg.lt. 23 novembre 1944, n. 369.

Inquadramento

Al mezzadro spetta un indennizzo per i miglioramenti sia nel caso che essi siano richiesti dal concedente sia nel caso che essi siano apportati dal mezzadro di sua iniziativa; in entrambi i casi si deve attingere, per la relativa disciplina giuridica, all'identica fonte normativa: l'art. 2152. La regolamentazione deve invece essere diversa in ipotesi in cui le opere di miglioramento non siano eseguite per incarico — espresso o tacito — del concedente e ad esclusivo suo rischio, bensì in virtù di un accordo che importi la partecipazione al rischio del mezzadro e, come necessaria conseguenza, la determinazione del suo compenso con riguardo non più alle singole prestazioni di lavoro, ma al risultato finale dell'attività svolta. Non essendo tale risultato valutabile se non al termine del rapporto, il relativo compenso non può essere accertato e liquidato anno per anno, ma solo all'atto della cessazione del rapporto. Soltanto da questo momento, pertanto, inizia a decorrere, a norma dello art. 2935, il termine di prescrizione (Cass. n. 805/1972). I miglioramenti apportati dal colono, se aventi carattere di straordinarietà ed esulanti dall'obbligo generico di assicurare la migliore produttività del fondo mediante la più razionale coltivazione dello stesso, sono indennizzabili, ai sensi dell'art. 2152, tanto se essi siano stati eseguiti su richiesta del concedente, secondo la previsione di tale norma, quanto se gli stessi siano stati dal colono attuati di sua iniziativa (purché non contro l'espresso divieto del concedente), ed anche nel caso in cui l'esecuzione degli stessi abbia formato oggetto di uno specifico obbligo del colono, salvo che risulti esserne stata pattuita la gratuità (Cass. n. 1549/1973). Deve escludersi che il diritto del mezzadro al compenso per le migliorie (art. 2152) possa farsi valere solo in sede di riconsegna del fondo, alla fine del rapporto di mezzadria. La misura del compenso, infatti, deve, a norma del comma 2 dell'art. 2152, essere determinata con riferimento all'eventuale incremento del reddito realizzato dal mezzadro che va accertato alla fine di ogni annata agraria, e, precisamente, alla chiusura annuale del conto colonico, nel cui libretto va fatta annotazione di qualsiasi ragione di debito o credito riguardante lo svolgimento del rapporto mezzadrile. L'azionabilità del credito suddetto alla scadenza periodica corrispondente alla fine di ciascun anno colonico ne importa l'assoggettabilità alla prescrizione breve di cui all'art. 2948, n. 4 (prescrizione di cinque anni) (Cass. n. 585/1962).

Casistica

Sia in base all'art. 2152, sia in base all'art. 22 del capitolato generale per la conduzione dei fondi a mezzadria per la provincia di Teramo i componenti della famiglia colonica, considerati nella loro veste di partecipanti al contratto mezzadrile, possono essere addetti all'esecuzione di — lavori per conto padronale - e, quindi, a favore del concedente, da eseguirsi - nello stesso podere o in altri poderi della stessa fattoria -. La relativa retribuzione costituisce una delle voci di credito a favore del mezzadro da tenersi presente nella redazione del conto colonico che si esegue periodicamente al termine di ogni annata agraria ed e, conseguentemente, esclusa dall'applicazione dell'art. 2955 relativa alla prescrizione presuntiva di un anno (Cass. n. 126/1968). Pur essendosi il legislatore limitato, nella mezzadria, a contemplare i soli miglioramenti disposti dal concedente e compiuti col lavoro del mezzadro e dei componenti della famiglia colonica, e ciò sul riflesso che il conferimento della direzione al concedente disconosce nel colono il potere di prendere iniziative in proposito e di compiere a sue spese opere invito o insciente domino, tuttavia non può ritenersi che insussistente, in ogni caso, il diritto del mezzadro all'indennizzo per le migliorie che di sua iniziativa e a proprie spese egli abbia apportato al podere. In tale ipotesi deve, infatti, anzitutto stabilirsi se si tratti di miglioramenti aventi carattere di straordinarietà, che apportino al fondo un effettivo e stabile aumento di valore accrescendone in modo durevole la produttività e la capacità di reddito (non potendo, invece, venire in considerazione, ai fini del rimborso, quelle opere che ricadono nella normale attività di produzione, cui il mezzadro e tenuto in esecuzione dell'obbligo legale di provvedere nel modo migliore alla razionale coltivazione del fondo ed a mantenere il medesimo in stato di normale produttività), e deve poi anche stabilirsi se i miglioramenti cosi intesi siano stati, ad iniziativa del mezzadro, eseguiti contro la volontà del concedente ovvero con la consapevolezza del medesimo. Nel primo caso, la loro esecuzione, siccome vietata da chi ha il diritto di impedirli, e arbitraria ed il mezzadro non può per essi pretendere indennizzò nel secondo caso, difettando un divieto del concedente, i miglioramenti devono considerarsi come effettuati per ordine tacito del medesimo, e valutati alla stessa stregua di quelli disposti da lui. La loro regolamentazione giuridica, inquadrandosi nel rapporto mezzadrile, non può essere se non quella stabilita dall'art. 2152 che, quanto alla misura del compenso, fa riferimento, mancando la convenzione, all'eventuale incremento di reddito realizzato dal mezzadro (Cass. n. 585/1962).

Dopo la sentenza della Corte cost. n. 692/1988, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 17 comma 7 l. n. 203/1982, nella parte in cui estende il regime dei miglioramenti, delle addizioni e trasformazioni stabilito nel medesimo articolo agli affittuari, ed, in virtù dell'art. 38 l. n. 203/1982, alle parti dei contratti agrari associativi che alla data di entrata in vigore della legge abbiano eseguito, senza l'osservanza delle procedure prescritte dalla legislazione precedente, opere migliorative, incrementative o trasformative non previste nel contratto o non consentite dal concedente, deve considerarsi applicabile, per i miglioramenti eseguiti dai mezzadri prima della entrata in vigore della predetta legge, l'art. 8 l. n. 756/1964 che riconosce al mezzadro il potere di eseguire miglioramenti anche contro la volontà del concedente, purché siano riconosciuti di sicura utilità dall'I.P.A. (Ispettorato Provinciale dell'Agricoltura), ed il diritto, quindi, dello stesso ad una indennità (Cass. n. 2116/1996). Analogamente Cass. n. 4614/1999, secondo la quale, a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale, ad opera della sentenza della Corte cost. n. 692/1988, cit., dell'art. 17, comma 7, l. n. 203/1982, nella parte in cui estendeva il regime dei miglioramenti (con diritto al relativo indennizzo), stabilito nello stesso art. 17, agli affittuari che, in epoca anteriore alla entrata in vigore della legge, avessero eseguito opere migliorative senza il consenso del concedente ovvero senza l'osservanza delle procedure prescritte dalla legislazione precedente (artt. 8 e 12 l. n. 756/1964, che attribuivano al coltivatore — mezzadro o colono —la facoltà di eseguire innovazioni all'ordinamento produttivo del fondo anche «invito domino», a condizione, in questo caso, che ne fosse riconosciuta la «sicura utilità» dal Capo dell'Ispettorato provinciale dell'agricoltura), il diritto all'indennizzo per i miglioramenti apportati al fondo dal colono, in assenza del parere favorevole della pubblica amministrazione competente, è condizionato alla dimostrazione del consenso del concedente alla esecuzione dei miglioramenti stessi. Tale consenso, che può essere anche tacito, ossia manifestato per fatti concludenti, incompatibili con la volontà di opporsi, o dai quali il consenso sia comunque deducibile con certezza, fatti da provarsi da chi li adduce, deve in ogni caso precedere, quale indispensabile condizione legittimatrice di tipo autorizzativo, e non seguire la esecuzione delle opere, non potendo valere un assenso successivo a far venir meno ex tunc l'illiceità della condotta del concessionario dovuta al difetto della condizione legittimante, ma, eventualmente, solo a sanare ex nunc la situazione di illegittimità, senza far sorgere ex post il diritto all'indennizzo, ma, se mai, precludendo conseguenze pregiudizievoli al coltivatore, quale la risoluzione per inadempimento.

Bibliografia

Carrara, I contratti agrari, Torino, 1954, 825; Cattaneo, in Contratti agrari associativi, Manuale di diritto agrario italiano (a cura di Irti), Torino, 1978, 331; Giuffrida, Imprenditore agricolo, in Enc. dir., XX, Milano, 1970, 557.

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