Codice Civile art. 2247 - Contratto di società. (1)Contratto di società. (1) [I]. Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi [2253] per l'esercizio in comune di un'attività economica allo scopo di dividerne gli utili. (1) Rubrica così sostituita dall'art. 1 d.lg. 3 marzo 1993, n. 88. InquadramentoNell'attuale sistema delineato dall'ordinamento, le società sono strutture organizzate ed organizzative di attività, normalmente di impresa, dotate di soggettività distinta dai soci, nascenti da atti costitutivi negoziali, ma non necessariamente plurisoggettivi (Santosuosso 4). La creazione di un ente societario implica una distinzione, una alterità tra soggettività della società ed i soci. Tale alterità assume forme e gradazioni diverse a seconda del tipo societario prescelto: essa è perfetta nelle società di capitali dotate di personalità giuridica. Essa, comunque, connota anche le società di persone che, pur difettando della personalità giuridica e quindi di autonomia patrimoniale perfetta, costituiscono soggetti giuridici distinti dai soci e, come tali, centri di imputazione di diritti e doveri. Ad esse, quindi, deve riconoscersi una forma di soggettività giuridica (sia pure attenuata) distinta da quella dei singoli soci, per effetto dalla loro autonomia patrimoniale (anche se imperfetta), che consente la configurazione di un'alterità tra società, da una parte, e soci, dall'altra (ex plurimis, Cass. n. 7503/2014; Cass. n. 26012/2007). Il contratto di societàIl contratto di società va inquadrato nella categoria dei contratti plurilaterali con comunione di scopo (Cass. n. 466/1954; Cass. n. 196/1973; Cass. n. 561/1973). L'esistenza di una qualunque società, semplice, di persone, di capitali, regolare, irregolare, e quindi anche di una società di fatto, richiede il concorso di un elemento oggettivo, rappresentato dal conferimento di beni o servizi, con la formazione di un fondo comune, e di un elemento soggettivo, costituito dalla comune intenzione dei contraenti di vincolarsi e di collaborare per conseguire risultati patrimoniali comuni nell'esercizio collettivo di un'attività imprenditoriale. Tale comune intenzione costituisce il contratto sociale, senza del quale la società, qualsiasi società, non può esistere (Cass. n. 1961/2000; Cass. n. 6514/1997; Cass. n. 3029/1987). Sebbene la società trovi fondamento in un atto negoziale, non è sempre necessaria la matrice contrattuale, potendo essere costituita la società con atto unilaterale (artt. 2328, 2463, 2463-bis) ovvero scaturire da atti di trasformazione eterogenea da enti a matrice non contrattuale (art. 2500-octies) o da atti di scissione costitutiva (art. 2506) (sul punto, Rivolta, 4 ss.). Gli elementi che caratterizzano il contratto di società per come risultante dal disposto dell'art. 2247 sono costituiti: 1) dai conferimenti dei soci; 2) dall'esercizio in comune di una attività economica; 3) dallo scopo di dividere gli utili conseguenti all'attività economica esercitata. I conferimenti dei sociI conferimenti costituiscono i contributi dei soci alla formazione del patrimonio iniziale della società (Campobasso, 185) e sono finalizzati a dotare la società del capitale di rischio iniziale per lo svolgimento dell'attività programmata. Con il conferimento ciascun socio destina stabilmente una parte della propria ricchezza all'attività comune e si espone al rischio di impresa, correndo dunque il rischio di non vedere remunerato l'apporto in assenza del conseguimento di utili e di perdere quanto conferito ove le società subisca perdite (Buonocore Castellano, Costi, 9). I soci non sono obbligati, né la società può imporre loro, di eseguire prestazioni a favore della società, ulteriori rispetto ai conferimenti iniziali: è, dunque, nulla, poiché integra una deviazione dallo scopo essenziale del rapporto societario, la deliberazione con cui l'assemblea non deliberi un vero e proprio aumento di capitale, attribuendo ai soci la facoltà di sottoscriverlo, ma aumenti la quota sociale imponendone la sottoscrizione per la relativa entità, non potendosi condizionare la permanenza del socio nel rapporto sociale a tali ulteriori conferimenti (Cass. n. 654/1994; Cass. n. 18218/2006). L'esercizio in comune di una attività economicaLa causa del contratto sociale richiede lo svolgimento di una attività economica con terzi (Ferro-Luzzi, 93) destinata a produrre nuova ricchezza (Marasà, 90). L'esercizio in comune di una attività economica è, infatti, l'elemento imprescindibile che non può essere assente (Rivolta, 7). L'eventuale esercizio di un'attività economica da parte di un'associazione non riconosciuta non costituisce di per sé elemento sufficiente ad attribuire a tale organismo collettivo la natura giuridica di società, ai fini della applicazione delle norme di legge regolanti i rapporti tra i soci, ove non sia prevista la divisione dei relativi utili tra gli associati e quindi l'attività economica si ponga in funzione meramente accessoria o strumentale — e comunque non prevalente — rispetto al perseguimento degli scopi dell'associazione, nella specie contribuire alla pratica della educazione fisica e sportiva tra gli associati (Cass. n. 5836/2013). Sulle società di mero godimento, v. sub art. 2248. La divisione degli utiliL'ultimo elemento del contratto di società che compare nell'art. 2247 è costituito dallo scopo lucrativo. In dottrina, si distingue tra lucro oggettivo (la produzione di utili intesa come creazione di nuova ricchezza) e lucro soggettivo (la distribuzione degli utili fra i soci) (Marasà, 83). La dottrina maggioritaria ritiene che lo scopo di lucro sia elemento essenziale della società, salvo espressa previsione legislativa in senso contrario (per tutti, Santosuosso, 14; Campobasso, 31). In senso contrario, si osserva, però, che sono tipologicamente caratterizzate da uno scopo diverso da quello lucrativo, le società cooperative, le società consortili; le società per azioni con partecipazione dello Stato o di enti pubblici e le imprese sociali (Rivolta, 8 ss., anche per i necessari approfondimenti). Le società cooperative, infatti, si caratterizzano per lo scopo mutualistico consistente nel fornire beni o servizi o occasioni di lavoro direttamente ai membri dell'organizzazione a condizioni più vantaggiose di quelle che otterrebbero sul mercato. Lo scopo delle società consortili è quello di creare una organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese (art. 2602). Si ritiene, poi, che le società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici, sebbene mantengano la natura di società per azioni, siano funzionali al perseguimento di un interesse generale che può presentarsi, a seconda dei casi, come concorrente allo scopo lucrativo ovvero esclusivo (come nel caso di partecipazione pubblica totalitaria) (Rivolta, 9). Infine, ai sensi dell'art. 1 d.lgs. n. 112/2017, come modificato, dal d.lgs. n. 95/2018 (per le previgente disciplina – ora abrogata dal d.lgs. n. 112/2017 cit. – v. d.lgs. n. 155/2006), possono acquisire la qualifica di impresa sociale tutti gli enti privati, inclusi quelli costituiti nelle forme di cui al libro V del codice civile, che, in conformità alle disposizioni dello stesso d.lgs., esercitano in via stabile e principale un'attività d'impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, adottando modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle loro attività. La società occulta e la società apparenteSi ha società occulta quando la società è costituita con l'espressa e concorde volontà dei soci di non rivelarne l'esistenza all'esterno (Campobasso, 61, che precisa che può trattarsi di una società di fatto, ma anche di una società risultante da atto scritto tenuto però segreto dai soci). La mancata esteriorizzazione del rapporto societario costituisce il presupposto indispensabile perché possa legittimamente predicarsi la esistenza di una società occulta, ma ciò non toglie che si richieda pur sempre la partecipazione di tutti i soci all'esercizio della attività societaria in vista di un risultato unitario, secondo le regole dell'ordinamento interno, e che i conferimenti siano diretti a costituire un patrimonio «comune», sottratto alla libera disponibilità dei singoli partecipi ed alle azioni esecutive dei loro creditori personali, l'unica particolarità della peculiare struttura collettiva de qua consistendo nel fatto che le operazioni sono compiute da chi agisce non già in nome della compagine sociale (vale a dire del gruppo complessivo dei soci), ma in nome proprio (Cass. n. 366/1998 e , da ultimo, Cass., n. 14365/2021). Si parla di rapporto sociale di fatto nel caso in cui manchi la prova scritta della costituzione del rapporto, peraltro non richiesta dalla legge ai fini della sua validità; mentre è irregolare quella che, anche se costituita per esplicito accordo scritto, non sia stata registrata. Il rapporto sociale è invece occulto quando, pur esistendo anche solo di fatto, non venga esteriorizzato nei rapporti con i terzi. Ciò che rileva in ogni caso, sia nei rapporti interni tra i soci sia nei rapporti con i terzi, è l'effettiva esistenza della società, perché la società di persone realmente esistente, ma occulta risponde di fronte a terzi anche in difetto della esteriorizzazione, ossia della prova di un comportamento dei soci apparenti idoneo a determinare in concreto l'incolpevole affidamento dei terzi circa l'esistenza della società, essendo sufficiente che la società esista di fatto, anche a prescindere da un accordo espresso fra le parti (Cass. n. 7776/2017). Anche la società di fatto e la società occulta, quali fattispecie nelle quali viene prospettata l'esistenza di soggetti che nella veste di soci non apparenti devono condividere con l'imprenditore fallito la responsabilità verso i creditori, possono essere dichiarate fallite ai sensi dell'art. 147 r.d. n. 267/1942 (l. fall.): tale disposizione, infatti, rendendo operativo nella sede fallimentare il principio della responsabilità illimitata e solidale di tutti i soci, stabilito dagli artt. 2291 e 2297, si applica anche all'ipotesi in cui, dichiarato il fallimento di un'impresa apparentemente individuale, sia successivamente accertata la natura sociale di essa, e debba quindi dichiararsi il fallimento della società e degli altri soci illimitatamente responsabili (Cass. n. 2975/2006; Cass. n. 1110/1995). Sulla base di un consolidato indirizzo giurisprudenziale, si ritiene sussistente la figura della società apparente. Si tratta di una società che, ancorché non esistente nei rapporti tra i soci, deve considerarsi esistente all'esterno quando due o più persone operino in modo tale da ingenerare nei terzi la ragionevole opinione che essi agiscono come soci in modo tale da determinare l'incolpevole affidamento circa l'esistenza della società (Campobasso, 65). Quando però il comportamento in questione si esteriorizza e genera legittimamente affidamento nei terzi si giustifica l'estensione del fallimento a tale soggetto (Cass. n. 14338/2003; Cass. n. 11491/2004; Cass. n. 2095/2001). Società irregolari e società di fatto (rinvio)Si rinvia al commento dell'art. 2297. Il contratto preliminare di societàSi ritiene ammissibile il contratto preliminare di società a condizione che, al pari di ogni altro contratto preliminare, esso rechi l'indicazione degli elementi essenziali del futuro contratto di società. È stato, così, affermato che il contratto de ineunda societate richiede una fattispecie negoziale il cui contenuto minimo è dato dall'obbligo di stipulare il contratto definitivo di società e dalla predeterminazione degli elementi essenziali caratterizzanti il tipo di società prescelto, seppure questi siano integrabili alla stregua del principio ermeneutico per cui, in mancanza di precisi dati di identificazione del tipo di società, occorre fare riferimento all'organizzazione societaria più elementare e, quindi, ove l'oggetto sia commerciale, alla società in nome collettivo (così, Cass. n. 47/1981, ma si vedano, altresì, Cass. n. 321/1988 nonché, da ultimo, Cass. n. 13904/2012 e Cass. n. 16597/2008 secondo la quale il contratto preliminare di società, che non identifichi il tipo di società da costituire, è nullo per indeterminatezza dell'oggetto, a nulla valendo che sia stato specificato trattarsi di società a base personale; a tale insufficiente specificazione, infatti, non potrebbe comunque sopperire il giudice ex art. 2932, potendo tale pronuncia tenere luogo del contratto, ma non sostituirsi alle parti nella definizione del contenuto negoziale incompleto). Una volta ritenuta l'ammissibilità del contratto preliminare in argomento, la discussione si è spostata sulla possibilità di ricorrere allo strumento offerto dall'art. 2932 per l'esecuzione specifica dell'obbligo di stipulare il contratto definitivo di società. Occorre distinguere tra società di persone e società di capitali. Mentre con riferimento a queste ultime non dovrebbero esserci ostacoli per la percorribilità del rimedio, con riguardo alle prime, tale possibilità è stata ammessa da alcuni risalenti arresti della giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 2310/1950; Cass. n. 8/1970) e da una parte della giurisprudenza di merito (Trib. Cassino, 4 novembre 1995, in Vita Not., 1996, 1435). Una parte della dottrina, afferma che, al di fuori dei casi in cui ricorrono ragioni di ordine pubblico, l'ordinamento non conosce l'imposizione autoritaria di forme di sodalizio o di comunità, specie se si tratti di organismi che, come quelli sociali e, precisamente, di contratti con comunione di scopo in relazione all'attività da svolgere in comune, presuppongono spontanee predisposizioni psicologiche dei loro partecipanti (Greco 80; più dubitativo, Marasà, 284). Si sottolinea che lo svolgimento dell'attività sociale presuppone la fattiva collaborazione della parte inadempiente con la conseguenza che l'esecuzione dell'obbligo in forma specifica non offrirebbe alcuna garanzia in ordine al suo effettivo svolgimento e potrebbe determinare la paralisi della società prima che questa possa cominciare ad operare (Marulli 204; in senso contrario Avagliano, 73 ss.). Riprendendo tali considerazioni, la giurisprudenza di merito si è espressa in senso negativo (Trib. Roma, 3 novembre 2015) osservando che il rimedio ex art. 2932 appare incompatibile con la struttura, caratterizzata dall'emersione dell'elemento personale, delle società di persone restando al soggetto titolare del diritto alla costituzione del vincolo societario il solo rimedio che quello di richiedere il risarcimento del danno subito. BibliografiaAvagliano, art. 2247, in Commentario del codice civile, diretto da E. Gabrielli, Delle società. Dell'azienda. Della concorrenza, a cura di D. Santosuosso, Torino, 2015; Buonocore, Castellano, Costi, Società di persone, Milano, 1978; Campobasso, Diritto commerciale, 2, Diritto delle società, a cura di Campobasso M., Torino, 2012; Campobasso, Manuale di diritto commerciale, a cura di M. Campobasso, Torino, 2012; Di Sabato, Manuale delle società, Torino, 1992; Ferrara, Corsi, Gli imprenditori e le società, 13a ed., Milano, 2011; Ferri jr, Patrimonio, capitale e bilancio, in AA.VV., Diritto delle società. Manuale breve, Milano, 2008, 91; Ferro-Luzzi, I contratti associativi, Milano, 1971; Greco, Le società nel sistema legislativo italiano, Torino, 1959; Jaeger, Denozza, Appunti di diritto commerciale, Bologna, 1993; Marasà, Le società, Milano, 2000; Marulli, Il contratto di società di persone, in Società in generale. Società di persone. Le società tra professionisti, a cura di Cottino, Torino, 2014; Montalenti, Diritto commerciale, diritto tributario, scienze aziendali: categorie disciplinari a confronto in epoca di riforme, in Giur. it. 2004, 3; Oppo, L'identificazione del tipo «società di persone», in Riv. dir. civ. 1988, 619 Paolini, Società semplice di mero godimento, Quesito n. 210-2007/I, in Consiglio Nazionale del Notariato, Studi e materiali, 2008, 871 ss.; Petrera, in Commentario del codice civile, a cura di Gabrielli E., Delle società - Dell'azienda. Della concorrenza, artt. 2247-2378, a cura di Santosuosso D., Torino, 2015; Rivolta, Diritto delle società. 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