Codice Civile art. 2423 - Redazione del bilancio (1).

Guido Romano

Redazione del bilancio (1).

[I]. Gli amministratori devono redigere il bilancio di esercizio, costituito dallo stato patrimoniale, dal conto economico, dal rendiconto finanziario (2) e dalla nota integrativa.

[II]. Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell'esercizio.

[III]. Se le informazioni richieste da specifiche disposizioni di legge non sono sufficienti a dare una rappresentazione veritiera e corretta, si devono fornire le informazioni complementari necessarie allo scopo.

[IV]. Non occorre rispettare gli obblighi in tema di rilevazione, valutazione, presentazione e informativa quando la loro osservanza abbia effetti irrilevanti al fine di dare una rappresentazione veritiera e corretta. Rimangono fermi gli obblighi in tema di regolare tenuta delle scritture contabili. Le società illustrano nella nota integrativa i criteri con i quali hanno dato attuazione alla presente disposizione (3).

[V]. Se, in casi eccezionali, l'applicazione di una disposizione degli articoli seguenti è incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta, la disposizione non deve essere applicata. La nota integrativa deve motivare la deroga e deve indicarne l'influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico. Gli eventuali utili derivanti dalla deroga devono essere iscritti in una riserva non distribuibile se non in misura corrispondente al valore recuperato.

[VI]. Il bilancio deve essere redatto in unità di euro, senza cifre decimali, ad eccezione della nota integrativa che può essere redatta in migliaia di euro.

(1) V. nota al Capo V.

(2) L'art. 6, comma 2, lettera a), d.lg. 18 agosto 2015, n. 139, ha inserito, dopo le parole: «dal conto economico», le parole : «dal rendiconto finanziario». Ai sensi dell'art. 12, comma 1, d.lg. n. 139, cit., la presente disposizione entra in vigore dal 1° gennaio 2016 e si applica « ai bilanci relativi agli esercizi finanziari aventi inizio a partire da quella data ».

(3) Comma inserito dall'art. 6, comma 2, lettera b), d.lg. n. 139 del 2015 cit. Per l'entrata in vigore e le disposizioni di applicazione, v. nota 2.

Inquadramento

L'articolo in commento non definisce la nozione di bilancio, limitandosi a prescriverne il contenuto e, indirettamente, indicando gli scopi cui è funzionale la sua redazione.

In via generale, nella accezione tecnica-aziendalistica, il bilancio è un prospetto contabile che, al termine dell'esercizio, espone i risultati di periodo o il reddito conseguito nell'esercizio, nei suoi componenti positivi e negativi, nonché l'entità del capitale di funzionamento dell'impresa che deriva dall'accertamento del reddito (Bocchini, 6; Colombo, 1994, 51).

Oggi, a seguito delle modificazioni introdotte dal d.lgs. 18 agosto 2015, n. 139, il bilancio, sebbene esso debba essere unitariamente considerato, consta di quattro documenti: lo stato patrimoniale, il conto economico, il rendiconto finanziario e la nota integrativa.

Il bilancio è detto di esercizio in quanto ordinariamente redatto al termine di un determinato periodo temporale: tale definizione consente di distinguerlo dal bilancio straordinario, redatto, invece, in occasione di particolari momenti della vita societaria ed in conseguenza di particolari necessità.

La funzione del bilancio di esercizio

La legge attribuisce al bilancio di esercizio principalmente la funzione di obiettiva ed imparziale informazione sulla composizione ed il valore del patrimonio sociale, nonché sul reddito conseguito nell'esercizio (Colombo, 1994, 28; Colombo, in Tr. Res. 2011, 543).

Come correttamente osservato in giurisprudenza, il legislatore, con il prescrivere l'obbligo, per gli amministratori delle società per azioni, di redigere il bilancio di esercizio, con il conto dei profitti e delle perdite (art. 2423 comma 1) e di renderlo pubblico mediante deposito presso l'ufficio del registro delle imprese (art. 2435), ha assegnato al bilancio medesimo la funzione di accertare periodicamente la situazione patrimoniale ed economica della società e di portare tale accertamento a conoscenza anche dei terzi, per la tutela di un interesse che trascende quello particolare dei singoli soci (Cass. n. 484/1969).

Emerge così la preminente funzione informativa del bilancio a favore sia dei soci che dei terzi. La circostanza che il bilancio d'esercizio di una società di capitali abbia come destinatari non solo i soci, ma tutta una pluralità di terzi, i quali, potendo venire in contatto con la società, abbiano interesse a valutarne la situazione patrimoniale ed economica, rende irrilevante che il metodo di redazione del bilancio contrario ai principi di chiarezza e precisione sia stato adottato in passato con il consenso o, addirittura, su iniziativa del socio che poi ha impugnato il bilancio. Né giova in senso contrario fare appello al principio di continuità formale dei bilanci, il quale comporta solo che non si adottino metodi di rilevazione del bilancio diversi da quelli adottati in passato, senza darne adeguato conto nella relazione degli amministratori, ma non giustifica certo il protrarsi nel tempo dell'adozione di metodi di redazione poco chiari o imprecisi (Cass. n. 4874/2006; Cass. n. 6300/1984; Cass. n. 23976/2004).

Il bilancio ha, poi, anche una funzione «organizzatrice» che coesiste con quella informativa (Colombo, in Tr. Res. 2011, 543). Infatti, esso serve ad evidenziare, nel caso di risultati positivi dell'attività economica nel periodo preso a riferimento, l'utile che può essere (dopo l'accantonamento della riserva legale e, eventualmente, delle riserve statutarie) distribuito ai soci sotto forma di dividendi e previa deliberazione dell'assemblea; nel diverso caso di risultati negativi dell'attività, il bilancio indica l'ammontare della perdita che comporta una riduzione del patrimonio netto e che, unitamente ad eventuali perdite pregresse, deve essere stimata al fine di far scattare i meccanismi di cui agli artt. 2446 e 2447 (De Angelis, 956).

In ragione delle funzioni espletate, si ritiene che la disciplina del bilancio abbia natura imperativa (Cass. n. 4874/2006, cit.) e che ciò valga non solo per quelle disposizioni che prescrivono la chiarezza nella redazione del bilancio ed impongono una rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale e finanziaria della società e del risultato economico (art. 2423, comma 2), ma addirittura per quelle che impongono, in casi eccezionali, di derogare la normativa codicistica (cfr., art. 2423, comma 4).

Le clausole generali. La chiarezza

Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell'esercizio. Le tre clausole generali, dunque, sono rappresentate dalla chiarezza, dalla verità e dalla correttezza.

Iniziando dalla prima, in passato era stato affermato che i criteri di chiarezza e precisione vanno posti in correlazione con il principio di verità in quanto strumentali all'esigenza che il bilancio medesimo assolva alla funzione di informare compiutamente sulla reale situazione economica e patrimoniale della società e che, dunque, non fosse autonomamente valutabile quale vizio di nullità del bilancio (Cass. n. 5097/1994) vizio che poteva sussistere quando dalla iscrizione di dati contabili non rispondenti al vero o dall'omissione di poste derivi, sul piano sostanziale, un concreto pregiudizio per gli interessi tutelati dei soci e dei terzi (Cass. n. 906/1979).

Oggi, invece, a seguito di un mutamento nella giurisprudenza di legittimità, è unanimemente riconosciuto che il principio di chiarezza assuma un rilievo autonomo rispetto alle altre due clausole generali (verità e correttezza) dal che se ne desume che anche la sola violazione del principio in argomento rende illecito il bilancio. È stato, infatti, affermato che il bilancio d'esercizio di una società di capitali, che violi i precetti di chiarezza e precisione dettati dall'art. 2423 comma 2, è illecito, ed è quindi nulla la deliberazione assembleare con cui esso sia stato approvato, non soltanto quando la violazione della normativa in materia determini una divaricazione tra il risultato effettivo dell'esercizio e quello del quale il bilancio dà invece contezza, ma anche in tutti i casi in cui dal bilancio stesso e dai relativi allegati non sia possibile desumere l'intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte (Cass. S.U., n. 27/2000).

Il principio di chiarezza non è affatto subordinato a quello di correttezza e veridicità del bilancio medesimo, ma è dotato di autonoma valenza, essendo obiettivo fondamentale del legislatore quello di garantire non solo la veridicità e correttezza dei risultati contabili, ma anche la più ampia trasparenza dei dati di bilancio che a quei risultati conducono. Conseguentemente, il bilancio d'esercizio che violi i precetti di chiarezza e precisione è illecito, ed è quindi nulla la deliberazione assembleare con cui esso è stato approvato, non soltanto quando la violazione determini una divaricazione tra il risultato effettivo dell'esercizio, o la rappresentazione complessiva del valore patrimoniale della società, e quello del quale il bilancio dà invece contezza, ma anche in tutti i casi in cui dal bilancio stesso non sia possibile desumere l'intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte (così, Cass., n. 4120/2016; Cass. n. 4874/2006; Cass. n. 10139/2007; Trib. Roma, 19 ottobre 2015; Trib. Milano, 20 dicembre 2010; Trib. Torino, 5 dicembre 2008).

Segue: I principi di veridicità e correttezza

Se è vero che l'art. 2423 comma 2 impone di tener conto, nella redazione del bilancio, sia del principio di chiarezza che dei principi di veridicità e di correttezza, è anche vero si tratta di principi distinti, ancorché spesso nella realtà intrecciati, in quanto i principi di veridicità e correttezza si riflettono di regola sul risultato del bilancio, laddove quello di chiarezza impone di fornire le spiegazioni necessarie alla comprensione della realtà patrimoniale, economica e finanziaria della società, anche indipendentemente dall'espressione numerica delle singole poste e dal risultato finale che ne deriva: onde ben si comprende come il rispetto del principio di chiarezza entri in gioco soprattutto quando si tratta di poste di bilancio la cui redazione sia frutto non solo di rilevamenti storici, che come tali sarebbe sufficiente enunciare, ma anche di stime o di previsioni delle quali occorre siano spiegati i sottostanti criteri (Cass. n. 16388/2007).

Quanto al principio di verità, occorre evidenziare che il bilancio è vero quando sono rispettati i principi di redazione e i criteri di valutazione prescritti dalla legge per la sua predisposizione; è falso quando questi principi vengono violati (De Angelis, 966) In virtù del postulato della correttezza, il bilancio deve fornire la true and fair view della situazione patrimoniale, finanziaria ed economica dell'impresa che lo redige, nella prospettiva del perseguimento dello scopo che gli è proprio (De Angelis, 966).

Veritiera, peraltro, non significa verità oggettiva del bilancio, ma richiesta di corrispondenza tra enunciati, da un lato, e giudizi accurati e sorretti da adeguate conoscenze tecniche dall'altro: la rappresentazione veritiera non esclude la relatività del risultato del giudizio del redattore del bilancio, ma impone il dovere della ricerca del risultato il più possibile oggettivo, neutrale (in quanto non ispirato a politiche di bilancio) e coerente con i criteri tecnici imposti dalla legge (Colombo, in Tr. Res. 2011, 544). La correttezza, invece, assume un duplice significato: da un lato, che la rappresentazione si basi su criteri tecnicamente corretti (non essendo sufficiente la buona fede nella ricerca del risultato, se questo è ottenuto attraverso l'uso di criteri oggettivamente non corretti) e, dall'altro, che la comunicazione dei dati avvenga in modo non decettivo (Colombo, in Tr. Res. 2011, 545).

Le informazioni complementari

Il terzo comma dell'articolo in commento impone di «andare al di là» (in dottrina Colombo, in Tr. Res. 2011, 545) delle disposizioni specifiche allorquando, in concreto, le informazioni da quelle richieste non sono sufficienti a dare una rappresentazione veritiera e corretta: in tal caso è obbligo degli amministratori fornire le informazioni complementari necessarie allo scopo.

Il principio di chiarezza implica la necessità di completezza ed esaustività, imponendo l'obbligo di fornire informazioni complementari integrative rispetto agli standard legislativi minimali in relazione alla pluralità di funzioni del bilancio ed al destinatario fruitore (Trib. Milano, 5 novembre 2001).

I chiarimenti, forniti dagli amministratori nel corso dell'assemblea convocata per l'approvazione del bilancio di esercizio, pur non divenendo parte del documento di bilancio, possono, nondimeno, essere idonei a superare le incertezze generate da poste non chiare, eliminando il vizio da cui quelle poste siano affette, con il conseguente venir meno dell'interesse ad impugnare la deliberazione (Cass. n. 11554/2008; Cass. n. 8001/2004). Gli amministratori devono soddisfare l'interesse del socio ad una conoscenza concreta dei reali elementi contabili recati dal bilancio al fine di realizzare il diritto di informazione previsto dall'art. 2423, che è in rapporto di strumentalità con il principio di chiarezza, sicché sono obbligati a rispondere alla domanda d'informazione pertinente e a cui non ostino oggettive esigenze di riservatezza, in modo da dissipare le insufficienze, le incertezze e le carenze di chiarezza in ordine ai dati di bilancio ed alla relativa relazione (Cass., n. 4120/2016). In questa prospettiva si afferma che la discussione assembleare che precede la (eventuale) approvazione del bilancio costituisce il momento privilegiato per ottenere le informazioni dirette a colmare i “deficit” di conoscenza desumibili dal bilancio e dalle relazioni di accompagnamento (Trib. Catania, 13 luglio 2004).

Le deroghe

Il quarto ed il quinto comma dell'articolo in commento pongono, poi, delle deroghe ai criteri legali di redazione del bilancio al fine di assicurarne la correttezza e la veridicità. Infatti, l'odierno quinto comma (già quarto) prescrive di non applicare una disposizione specifica quando (o, meglio, nel caso eccezionale in cui) la sua utilizzazione risulterebbe incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta: da tale norma si desume come il legislatore abbia collocato le clausole generali in esame in una posizione sovraordinata a tutta la restante disciplina (Colombo, in Tr. Res. 2011, 546).

Sul punto, l'impossibilità di considerare l'esistenza di perdite come una di quelle «speciali ragioni» che possono legittimare un'operazione contabile di rivalutazione di cespiti patrimoniali, in violazione delle regole di redazione del bilancio societario normalmente basate sul principio del costo storico e derogabili solo in casi eccezionali e motivati che possono fondarsi esclusivamente su oggettivi mutamenti della condizione giuridico-economica dei beni stessi (Cass. n. 3032/2005; Cass. n. 9068/2000; Cass. n. 4923/1995; Cass. n. 13503/2007). Inoltre, la deroga non può essere giustificata sulla base di una scelta discrezionale (Trib. Milano, 16 luglio 2003; Trib. Genova, 4 marzo 1997).

L'attuale quarto comma è stato inserito dall'art. 6 d.lgs. 18 agosto 2015, n. 139: con esso viene chiarito che, in sede di redazione del bilancio, vi è la possibilità di non rispettare gli obblighi di rilevazione, valutazione, presentazione e informativa quando la loro osservanza abbia effetti irrilevanti, al fine di recepire il principio di rilevanza previsto dall'art. 6, par. 1) della Direttiva nei «principi generali di bilancio» (Sottoriva, 1063). Nella nota integrativa dovranno essere illustrati i criteri con i quali la società ha dato attuazione a tale disposizione («principio della rilevanza»). Si precisa, infine, che il criterio della rilevanza non mette in alcun modo in discussione gli obblighi relativi alla tenuta di una corretta contabilità (Sottoriva, ibidem).

L'invalidità del bilancio

Costituisce ius receptum che la deliberazione di assemblea di società di capitali con la quale venga approvato un bilancio redatto in modo non conforme ai sopra menzionati precetti normativi (o in violazione delle norme dettate dalle altre disposizioni in materia di bilancio costituenti espressione dei medesimi precetti) è da ritenersi nulla per illiceità dell'oggetto (art. 2379), essendo tali disposizioni poste a tutela di interessi che trascendono i limiti della compagine sociale e riguardano anche i terzi, del pari destinatari delle informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società che il bilancio deve fornire con chiarezza e precisione. Segnatamente, un bilancio redatto in violazione dell'art. 2423, comma 2, è, di per sé, illecito e costituisce quindi l'oggetto illecito della deliberazione assembleare che lo abbia approvato; invero, il bilancio di una società di capitali deve considerarsi illecito tanto in ragione della divaricazione fra risultato effettivo dell'esercizio e quello di cui il bilancio dà contezza, quanto in tutti quei casi in cui dal bilancio stesso e dai relativi allegati non sia possibile desumere l'intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite con riguardo alle singole poste di cui è richiesta l'iscrizione (cfr. Cass. S.U., n. 27/2000; Cass. n. 7398/1997; Cass. n. 8048/1996; Cass. n. 3132/1992; Cass. n. 3881/1988; Trib. Milano, 30 giugno 2009).

Tuttavia, in genere, si evidenzia come non importino la nullità del bilancio violazioni irrilevanti o meramente formali che non abbia alcuna influenza sulle valutazioni di bilancio ovvero che non precludano la comprensione dell'informazione contenuta nel documento contabile (Cass. n. 10139/2007; Cass. n. 2020/2008).

In tema di impugnazione della delibera di approvazione del bilancio, ove sia contestata la rappresentazione veritiera e corretta delle poste annotate, la parte impugnante ha l'onere di dimostrare, quale fatto integrante il vizio, la falsità e l'erroneità delle stesse, mentre se sia contestata la violazione del principio di chiarezza, è sufficiente la produzione in giudizio del bilancio medesimo e della documentazione accompagnatoria allegata, dalla quale emerga l'inosservanza di tale principio (Cass., 10873/2024).

Gli effetti dell'approvazione del bilancio

Ai sensi dell'art. 2434 (v.) l'approvazione del bilancio non implica liberazione degli amministratori, dei direttori generali, dei dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili e dei sindaci per le responsabilità incorse nella gestione sociale.

Costituisce, invece, oggetto di dibattito se l'approvazione, da parte dell'assemblea, di un bilancio costituisca o meno approvazione dell'operato degli amministratori, ad esempio in ipotesi di contratto concluso da falsus procurator ovvero compenso autoattribuitosi dagli amministratori. Secondo un orientamento che ha trovato cristallizzazione in una pronunzia delle sezioni unite, l'approvazione da parte dell'assemblea del bilancio d'esercizio di una società di capitali contenente una posta relativa al compenso percepito dagli amministratori, qualora non vi sia stata una specifica discussione ed approvazione di tale posta, non integra gli estremi della deliberazione assembleare occorrente per l'attribuzione del predetto compenso che non sia già stabilito dallo statuto (Cass. S.U., n. 21933/2008; Cass. n. 10895/2004; Cass. n. 3744/1995; in senso contrario, Cass. n. 2832/2001; Cass. n. 28243/2005).

Il valore probatorio del bilancio

La delibera di un'assemblea ordinaria di una società di capitali, avente ad oggetto l'approvazione del bilancio, conformemente alla generale vincolatività delle delibere assembleari per tutti i soci, anche dissenzienti, in mancanza di rituale impugnazione, ha piena efficacia vincolante nei confronti di tutti i soggetti legati dal rapporto sociale, e costituisce altresì piena prova del credito che la società vanta nei confronti del singolo socio (Cass. n. 22475/2006).

Si precisa, tuttavia, che la piena prova nei confronti dei soci dei crediti della società è condizionata a che questi siano

chiaramente indicati nel bilancio medesimo, dovendosi escludere che la mera iscrizione supplementare, in allegato al bilancio o tra i conti d'ordine, sia idonea ad integrare il requisito della chiarezza, assolvendo tali sistemi supplementari cosiddetti «incompleti» la funzione di non influenzare la rilevazione contabile del patrimonio e del reddito (Cass. n. 15394/2013; Cass. n. 21831/2005; Cass. n. 15394/2013).

Bibliografia

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