Codice Civile art. 2437 bis - Termini e modalità di esercizio (1).Termini e modalità di esercizio (1). [I]. Il diritto di recesso è esercitato mediante lettera raccomandata che deve essere spedita entro quindici giorni dall'iscrizione nel registro delle imprese della delibera che lo legittima, con l'indicazione delle generalità del socio recedente, del domicilio per le comunicazioni inerenti al procedimento, del numero e della categoria delle azioni per le quali il diritto di recesso viene esercitato. Se il fatto che legittima il recesso è diverso da una deliberazione, esso è esercitato entro trenta giorni dalla sua conoscenza da parte del socio. [II]. Le azioni per le quali è esercitato il diritto di recesso non possono essere cedute e devono essere depositate presso la sede sociale. [III]. Il recesso non può essere esercitato e, se già esercitato, è privo di efficacia, se, entro novanta giorni, la società revoca la delibera che lo legittima ovvero se è deliberato lo scioglimento della società. (1) V. nota al Capo V. InquadramentoL'articolo in esame disciplina i termini e le modalità di esercizio del recesso: tuttavia, esso non affronta la questione, assai dibattuta in dottrina ed in giurisprudenza, relativa alla operatività del recesso ed alla conseguente perdita dello status socii da parte del recedente. Termini e modalità per l'esercizio del recessoIl recesso è una dichiarazione unilaterale negoziale recettizia che si perfeziona, producendo gli effetti suoi propri, con la conoscenza legale da parte della società in applicazione della regola generale di cui all'art. 1334 (v.). L'articolo in commento prevede che il recesso è esercitato mediante lettera raccomandata che deve essere spedita entro quindici giorni dall'iscrizione nel registro delle imprese della delibera che lo legittima. Il termine decorre dalla data della deliberazione; tuttavia, la norma precisa che, se il fatto che legittima il recesso è diverso da una deliberazione, esso è esercitato entro trenta giorni dalla sua conoscenza da parte del socio. In tale ultimo caso, è il socio a dover provare la tempestività della dichiarazione di recesso, fermo restando che l'eccezione di decadenza spetterà alla società (Callegari in Tr. R., 314). Infine, l'art. 34 d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5 che consente il recesso in caso di modifiche dell'atto costitutivo, introduttive o soppressive di clausole compromissorie prevede che il recesso stesso possa essere esercitato entro i successivi novanta giorni (si ritiene decorrenti dalla data di iscrizione della delibera nel registro delle imprese, Di Cataldo, 244). Con riferimento alle modalità di esercizio, la norma fa riferimento alla raccomandata come sistema che garantisce il ricevimento da parte del destinatario dell'atto. In giurisprudenza, si osserva che il diritto può essere esercitato, oltre che tramite lettera raccomandata, anche tramite altre forme che presentino le medesime (o maggiori) caratteristiche di certezza della raccomandata; non può essere invece esercitato tramite comportamenti concludenti del recedente (Cass. n. 12/1998; App. Milano, 13 maggio 2003, in Giur. it., 2003, 122). Deve, oggi, ritenersi che il recesso possa essere comunicato mediante utilizzo della posta elettronica certificata. L'atto di recesso non è suscettibile di revoca né può essere subordinato a condizioni che ne rendano incerti nel tempo gli effetti (Cass. n. 5548/2004; Trib. Milano, 5 marzo 2007, in Giur. it., 2007, 2775). L'efficacia del recesso e la perdita dello status sociiIl legislatore non prende espressamente posizione in ordine alla questione, assai dibattuta sia antecedentemente che successivamente alla riforma del diritto societario, in ordine alla operatività del recesso ed alla conseguente perdita dello status socii da parte del recedente. Secondo un primo orientamento, la dichiarazione di recesso apre un procedimento, che comprende la verifica della legittimazione a recedere, l'eventuale revoca dei presupposti da parte della società e, infine, la liquidazione: la dichiarazione, dunque, non comporta per il socio l'acquisizione di un diritto soggettivo intangibile alla liquidazione della quota. La comunicazione è preliminare e precede l'estinzione della partecipazione che avviene solo al momento della liquidazione della partecipazione (Callegari in Tr. R., 317, Galletti, 1549; Ferrara, Corsi, 566). Conseguentemente, fino alla liquidazione suddetta, il socio mantiene inalterati i diritti e gli obblighi connessi alla sua posizione potendo così intervenire e votare in assemblea, nonché impugnare le relative deliberazioni. Altri autori, pur disconoscendo che la sola dichiarazione di recesso importi la perdita dello status soci, ritengono che la perdita di tale qualità si verifichi dal momento in cui la delibera diventa irrevocabile per lo spirare del termine a disposizione della società per revocare la delibera che ha dato luogo al recesso (Di Cataldo, 252, Calandra Buonaura, 291). Infine, un ulteriore orientamento ritiene che il recesso operi immediatamente dal momento del ricevimento della dichiarazione di recesso da parte della società e che, dunque, da tale momento viene meno la qualità di socio (Nobili Spolidoro, 441). Anche la giurisprudenza è divisa tra le posizioni ora descritte presenti in dottrina. Secondo un primo orientamento, dalla dichiarazione di recesso deriva l'immediata cessazione dello stato di socio da cui consegue l'illegittimità della partecipazione nonché della votazione del socio in assemblea; in particolare, nel momento in cui la società ha ricevuto la dichiarazione di recesso del socio, muta la posizione del socio receduto, il quale diventa titolare del diritto alla liquidazione delle azioni per le quali ha esercitato il recesso (Trib. Roma, 11 giugno 2012, in Rivista di diritto societario, 2012, 687, Trib. Trapani 21 marzo 2007, in Giur comm., 2009, 529; Trib. Roma 11 maggio 2005, in Vita not., 2006, 323; Trib. Arezzo 16 novembre 2004, in Corr. mer., 2005, 279). Una parte della giurisprudenza riconosce al socio, nel periodo intercorrente l'esercizio del recesso e la liquidazione della quota, la perdurante titolarità dei diritti amministrativi e patrimoniali (in particolare dei diritti agli utili già deliberati) di cui alla partecipazione sociale nonché il diritto di impugnare tutte le delibere a cui sia interessato e rispetto a cui non sia in conflitto di interessi (Trib. Roma, 7 luglio 2011, n. 14708, in Giur. comm., 2013, II, 274). Si segnala una pronunzia secondo la quale, sebbene il recesso esercitato da un socio sia già efficace con la ricezione della relativa dichiarazione da parte della società, pur in difetto di annullamento delle azioni o di liquidazione del loro valore, il socio receduto è legittimato a impugnare la delibera assembleare che ha costituito il fondamento dell'esercizio del suo diritto di recesso e a chiederne la sospensione in sede cautelare (Trib. Napoli 14 gennaio 2011, ord., in Giur comm., 2012, II, 697). Infine, secondo altra impostazione, il recesso del socio da una società per azioni è atto unilaterale recettizio il cui effetto non è di determinare l'immediata cessazione del rapporto sociale, ma di attivare necessariamente il complesso meccanismo di liquidazione del valore e rimborso della quota di partecipazione al capitale sociale al cui esito, solamente, cessa il rapporto predetto (Trib. Tivoli, 14 giugno 2010, in Giur. it., 2011, 1086). In questa prospettiva, non si può negare lo status di socio a colui che, pur avendo manifestato la volontà di uscire dalla compagine sociale, non ha ancora la certezza — né giuridica, né di fatto — di poter realizzare questo intento, che potrebbe essere vanificato dagli altri soci (App. Milano, 21 aprile 2007, in Soc., 2008, 1121). La revoca della deliberazione assembleareL'ultimo comma dell'articolo in commento prevede che il recesso non può essere esercitato e, se già esercitato, è privo di efficacia, se, entro novanta giorni, la società revoca la delibera che lo legittima ovvero se è deliberato lo scioglimento della società. Il presupposto del recesso potrà essere rimosso anche da una decisione implicita della società e, in particolare, da una decisione sostitutiva della precedente che aveva dato luogo al recesso (Callegari in Tr. R., 323). Nel silenzio della norma, è dubbio il momento al quale ancorare la decorrenza dei novanta giorni previsti dal comma in argomento. In linea di massima, si ritiene preferibile ancorare la decorrenza all'assunzione della decisione assembleare in quanto essa ha data certa e è unica per tutti i recedenti (Callegari 322, in Tr. R., Calandra Buonaura, 308, nt. 33; contra, Galletti, 1550). La norma non disciplina l'ipotesi in cui la deliberazione che ha legittimato l'esercizio del recesso sia dichiarata nulla o venga comunque annullata. Secondo la dottrina, l'inefficacia originaria della delibera nulla comporta che la sentenza di nullità priva di efficacia la dichiarazione del recesso; analoga situazione, poi, viene ravvisata con riguardo all'annullamento della delibera che ha effetto retroattivo rispetto a tutti i soci ai sensi dell'art. 2377 comma 7 (Di Cataldo, 248; Callegari, 323). In alternativa, la società può deliberare lo scioglimento: in tal caso, il socio receduto parteciperà alla liquidazione come socio e non come terzo creditore. BibliografiaAbriani, La riduzione del capitale sociale nelle S.p.A. e nelle S.r.l. 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