Codice Civile art. 2471 bis - Pegno, usufrutto e sequestro della partecipazione (1).Pegno, usufrutto e sequestro della partecipazione (1). [I]. La partecipazione può formare oggetto di pegno, usufrutto e sequestro. Salvo quanto disposto dal terzo comma dell'articolo che precede, si applicano le disposizioni dell'articolo 2352. (1) V. nota al Capo VII. InquadramentoL'articolo in commento, che pure rappresenta una novità introdotta con la riforma del diritto societario, recepisce in gran parte gli approdi della dottrina e della giurisprudenza anteriore al 2003 chiarendo definitivamente l'assoggettabilità della partecipazione sociale a pegno, usufrutto e sequestro (Zanarone, 718) e l'applicabilità, in tali casi, dell'art. 2352 dettato per le società azionarie. Secondo l'opinione maggioritaria, è legittima la sottoposizione a pegno, usufrutto e sequestro anche di una parte della quota, attesa la normale divisibilità di essa e salva diversa disposizione dell'atto costitutivo (così, Zanarone, 721; Gasperini-Casale, 419) I diritti sulle partecipazioni gravateIn virtù del richiamo all'art. 2352, il diritto di voto spetta al creditore pignoratizio o all'usufruttuario (che lo esercita come diritto proprio e non in nome e per conto del socio debitore o del nudo proprietario, cfr., Cass., 26 maggio 2000, n. 6957), salva diversa convenzione che potrebbe attribuire il diritto in argomento al socio debitore o al nudo proprietario ovvero assegnare il diritto a seconda dell'oggetto della deliberazione. Qualora sia dedotta una condotta che possa concretamente qualificarsi come violazione del dovere di diligenza incombente all'usufruttuario o che comunque evidenzi un pericolo in atto di lesione del patrimonio sociale conduce alla cessazione dell'usufrutto per comportamento abusivo dell'usufruttuario nell'esercizio dei diritti inerenti alla quota; tuttavia, l'abuso non può quindi essere desunto dal solo discostarsi del voto dell'usufruttuario dai “desiderata” dei nudi proprietari (Trib. Bologna, 12 luglio 2001, in Vita not. 2003, 313). La violazione dei doveri di salvaguardia che gravano sul soggetto titolare del diritto di voto non si riflettono sulla validità della deliberazione, ponendo solo esporre il soggetto che quel voto ha espresso abusando del suo potere, al risarcimento del danno ovvero, in caso di usufrutto, alla cessazione di esso (Cass., 26 maggio 2000, n. 6957, cit.). Il richiamo all'art. 2352 in punto di attribuzione del diritto di voto deve essere, poi, coordinato con la disciplina tipica delle società a responsabilità limitata con la conseguenza che, salva diversa pattuizione, al creditore pignoratizio ed all'usufruttuario deve essere attribuito il diritto di esprimere il proprio consenso all'interno delle decisioni non collegiali adottate ai sensi dell'art. 2479 comma 3. Infine, attesa la circostanza che ai soci possono essere demandate scelte gestorie, il creditore pignoratizio o l'usufruttuario che abbia esercitato il diritto di voto sarà eventualmente responsabile verso la società, i soci ed i creditori ai sensi dell'art. 2476, comma 7 (Piccinini, 228). Gli altri diritti amministrativi, salvo diversa convenzione, spettano sia al socio che al creditore pignoratizio o all'usufruttuario; nel caso di sequestro sono esercitati dal custode (art. 2352 u.c.). È stato, però, osservato che i diritti ancillari al voto, quale ad es. il diritto di intervento o il diritto di chiedere il rinvio dell'assemblea, spettano esclusivamente al titolare del diritto di voto (Gasperini-Casale, 424). La legittimazione concorrente varrà per gli altri diritti quali: il diritto di avere dagli amministratori notizie degli affari sociali e di accedere alla documentazione sociale (art. 2476 comma 2 ); il diritto di esperire l'azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori e di chiederne la revoca (art. 2476 comma 3); il diritto di sottoporre argomenti alla decisione dei soci (art. 2479 comma 1). In ipotesi di pignoramento delle azioni o quote sociali, sia il socio sia il creditore pignorante possono ritenersi legittimati ad esercitare, in concorso fra loro, l'azione di responsabilità e le azioni cautelari di revoca dell'amministratore (Trib. Roma, 27 aprile 2011, in Giur. comm. 2012, II, 1260). Spetta in via concorrente anche il diritto di impugnare le decisioni dei soci: tuttavia, in dottrina è stato osservato che il diritto non spetta al socio privo del diritto di voto in caso di voto favorevole da parte del soggetto titolare del diritto di voto (Gasperini-Casale, 425). Secondo Cass., n. 16047/2024, il socio di società a responsabilità limitata che abbia dato in pegno la propria quota conserva il diritto a impugnare la deliberazione assembleare nella quale abbia votato in sua vece il creditore pignoratizio, atteso che dal combinato disposto degli artt. 2471-bis e 2352 c.c. si evince che il socio, la cui quota sia stata oggetto di pegno, perde il solo diritto di voto in assemblea, ma conserva, in difetto di diversa pattuizione, tutti gli altri diritti amministrativi connessi alla relativa qualità, ivi compreso quello di impugnazione delle deliberazioni contrarie alla legge o all'atto costitutivo. Secondo, però, parte della giurisprudenza, la legittimazione spetta al nudo proprietario delle quote anche rispetto a deliberazioni adottate con il voto favorevole del creditore pignoratizio (Trib. Bologna, 16 aprile 2013). Il diritto di recesso spetta, invece, soltanto al socio (Zanarone, 730). Va, poi, evidenziato come il diritto di percepire gli utili spetta al creditore pignoratizio ai sensi degli artt. 2791 e 2802. Per quanto attiene alla disciplina dell'aumento di capitale, non dà luogo a problemi l'aumento gratuito del capitale sociale (art. 2481-ter ). In tal caso, infatti, il pegno e l'usufrutto si estendono alla quota di partecipazione del socio (Santini, in Comm. S.B. 2014, 394). In caso di aumento a pagamento, si sostiene che il diritto di sottoscrizione delle nuove partecipazioni spetta al socio e che l'esercizio del diritto comporta l'acquisto delle partecipazioni di nuova emissione, libere dal vincolo, da parte del socio (Zanarone, 726; Santini, in Comm. S.B. 2014, 395; Gasperini-Casale, 427), con la conseguenza che parte della quota di questi, quella iniziale, sarà gravata dal vincolo e parte, quella optata, libera. Nel caso in cui la quota sociale di una società a responsabilità limitata sia costituita in usufrutto, le somme ricavate dalla liquidazione volontaria della società - che costituiscono, ai sensi dell'art. 47, comma 7, TUIR, un utile per la parte che eccede il prezzo pagato per l'acquisto o la sottoscrizione delle quote - spettano all'usufruttuario, con la conseguenza che il rapporto d'imposta avente ad oggetto tale utile sorge, ad ogni effetto, tra l'amministrazione e l'usufruttuario (Cass., n. 11152/2024). Le modalità di attuazioneL'articolo in commento tace, tuttavia, sulle modalità con le quali si costituiscono il pegno, l'usufrutto o il sequestro della quota. La costituzione del pegno e dell'usufrutto debba avvenire, in applicazione dell'art. 2470, mediante il deposito presso il registro delle imprese del titolo costitutivo del diritto parziario e, cioè, di un atto pubblico o di una scrittura privata autenticata, che contenga per il pegno anche una sufficiente indicazione del credito e della cosa oggetto della garanzia (art. 2787 comma 3). La mancata iscrizione nel Registro delle Imprese del sequestro conservativo di quote di s.r.l. lo rende inopponibile al creditore pignorante e, quindi, non consente al sequestrante di intervenire nell'espropriazione forzata (Trib. Monza, 8 ottobre 2008, in Soc. 2009, 475). Secondo Trib. Vicenza, 30 giugno 2007 (in Giur. comm. 2008, II, 1273) all'atto della trasformazione della s.r.l. in s.p.a. si estingue il pegno sulle quote che non sia stato rinnovato con le dovute formalità anche sui titoli azionari. Quanto al sequestro giudiziario, esso si perfeziona mediante notifica al debitore ed alla società del provvedimento di sequestro e successiva iscrizione nel registro delle imprese ai sensi dell'art. 2471 (Trib. Milano, 16 giugno 2011, in Corr. giur. 2012, 390). La derogabilità statutariaRisultano legittime le clausole che incidano direttamente sulla possibilità di sottoporre a pegno o usufrutto le quote ovvero subordinando tale possibilità al gradimento degli altri soci o dell'organo amministrativo (Zanarone, 721). Parimenti legittime sono le clausole statutarie che determinino le conseguenze della costituzione del pegno o dell'usufrutto, specificando a chi spetti l'esercizio di taluni diritti sociali (Zanarone, 748). La clausola statutaria di prelazione che limita il trasferimento delle quote per atto tra vivi si estende anche alla costituzione di diritti reali minori quali il pegno e l'usufrutto (Trib. Trieste, 14 agosto 1998, in Giur. comm. 1998, II, 736; Trib. 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