Codice Civile art. 2727 - Nozione.

Giusi Ianni

Nozione.

[I]. Le presunzioni sono le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire a un fatto ignorato.

Inquadramento

La presunzione è definita dalla norma in commento come il procedimento logico-deduttivo in forza del quale da un fatto noto la legge o il giudice risalgono ad un fatto ignoto. Nella medesima definizione vengono, quindi, accorpate tanto le presunzioni legali (nelle quali, cioè, è la legge a far discendere la conseguenza ignota dal fatto noto) quanto le presunzioni semplici (nelle quali, cioè, è il giudice che pone in essere il procedimento inferenziale per ricavare il fatto ignoto dal fatto noto).

Le presunzioni

Malgrado l'equiparazione definitoria sancita dall'art. 2727, la dottrina ha escluso che le presunzioni legali possano essere sussunte nella norma in commento, afferendo esse non all'accertamento giudiziale della verità dei fatti, ma al regime di distribuzione dell'onere della prova, in quanto escludono la necessità, per la parte a favore della quale operano, di fornire la prova di un fatto che rientra nella fattispecie da essa dedotta in giudizio (Andrioli, 766). Le presunzioni legali vengono, poi, distinte ulteriormente in assolute, in presenza delle quali il meccanismo normativo esclude la prova contraria; e relative, che invece ammettono la possibilità di fornire tale prova.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, per la configurazione di una presunzione (semplice) giuridicamente valida non occorre che l'esistenza del fatto ignoto rappresenti l'unica conseguenza possibile di quello noto, secondo un legame di necessarietà assoluta ed esclusiva (sulla scorta della regola della inferenza necessaria), ma è sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto ignoto (Cass. n. 14762/2019), alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull'id quod plerumque accidit (in virtù della regola dell'inferenza probabilistica), sicché il giudice può trarre il suo libero convincimento dall'apprezzamento discrezionale degli elementi indiziari prescelti, purché dotati dei requisiti legali della gravità, precisione e concordanza, mentre è da escludere che possa attribuirsi valore probatorio ad una presunzione fondata su dati meramente ipotetici (Cass. n. 2632/2014). La prova presuntiva, tuttavia, esige che il giudice prenda in esame tutti i fatti noti emersi nel corso dell'istruzione, valutandoli tutti insieme e gli uni per mezzo degli altri. È, pertanto, erroneo l'operato del giudice di merito il quale, al cospetto di plurimi indizi, li prenda in esame e li valuti singolarmente, per poi giungere alla conclusione che nessuno di essi assurga a dignità di prova (Cass. n. 3703/2012). Una volta, invece, dedotta la presunzione, essa costituisce una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza, anche in via esclusiva, ai fini della formazione del proprio convincimento (Cass. n. 10847/2007), purché gli elementi presi in considerazione siano gravi, precisi e concordanti, ovvero devono essere tali da lasciar apparire l'esistenza del fatto ignoto come una conseguenza ragionevolmente probabile del fatto noto (Cass. n. 14115/2006). È considerata, invece, inammissibile la c.d. praesumptio de praesumpto, non potendosi valorizzare una presunzione come fatto noto, per derivarne da essa un'altra presunzione (Cass. n. 5045/2002; Cass. n. 1278/2019; in senso contrario cfr. Cass. n. 14788/2024).

Bibliografia

Andrioli, Presunzioni, in Nss. D.I., 1957, 766; Patti, Prova testimoniale. Presunzioni. Artt. 2721-2729, Bologna, 2001, 1 e ss.

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