La FNC sulla falcidia dell’IVA dopo la sentenza della Corte di Giustizia
22 Giugno 2016
A seguito della sentenza della Corte di Giustizia del 7 aprile 2016, causa C-546/14, l'FNC torna a parlare della possibilità o meno di falcidia del credito IVA nel corso di un concordato preventivo.
La questione, frequentemente dibattuta in dottrina e giurisprudenza, nasce dalla coesistenza di due norme nella legge fallimentare: l'art. 160, comma 2, che consente il pagamento parziale dei creditori privilegiati nella procedura di concordato preventivo, e l'art. 182-ter, che stabilisce, nell'ipotesi in cui debitore ricorra alla procedura di transazione fiscale, la possibilità di dilazione ma non di falcidia del credito IVA, nonostante quest'ultimo sia assistito da privilegio generale, sulla base di quanto disposto dal codice civile. La Corte di Cassazione, tramite le cosiddette “sentenze gemelle” del 2011 (nn. 22931 e 22932), aveva affermato l'intangibilità del credito IVA a prescindere dall'esercizio o meno dell'opzione del debitore per la transazione fiscale, basando l'impossibilità di falcidia sulla natura del credito e non sulla procedura adottata.
Sulla base di rinvio pregiudiziale, proposto dal tribunale di Udine, si è chiesto alla Corte di Giustizia di valutare se i principi e le norme contenuti nell'art. 4, par. 3 T.U.E. e nella direttiva 2006/112/CE del Consiglio debbano essere intesi nel senso di rendere incompatibile una delle due norme interne, in modo da rendere ammissibile una proposta di concordato preventivo che preveda la falcidia del credito IVA. Con risposta affermativa, che secondo l'opinione del FNC può ritenersi avere effetto diretto nel nostro ordinamento, la Corte riconosce la compatibilità della falcidia dell'IVA ai principi comunitari, ridisegnando così i rapporti fra i due articoli in esame, tra i quali non si ritiene sussistere più un rapporto di concorrenza, e circoscrivendo il principio di non falcidiabilità dell'IVA alla sola transazione fiscale. |