Legittimazione del curatore per il risarcimento dei danni da bancarotta preferenziale: la parola alle SS.UU.
27 Luglio 2016
La Terza Sezione della Corte di Cassazione, con l'ordinanza interlocutoria n. 15501 depositata nella data di ieri, ha rimesso gli atti della regiudicanda al Primo Presidente affinché decida se sottoporre alle Sezioni Unite la questione giuridica relativa alla sussistenza o meno della legittimazione attiva del curatore fallimentare all'azione di risarcimento dei danni per il delitto di bancarotta preferenziale ex art. 216, comma 3, l. fall.
La questione. La questione che la fattispecie oggetto del procedimento ha messo in risalto è quella riguardante la legittimazione del curatore ad esercitare l'azione di risarcimento del danno extracontrattuale derivante da fatto illecito, ex art. 2043 c.c., a favore dei creditori avverso gli amministratori di una società (dichiarata fallita), le cui condotte integrino la fattispecie della bancarotta preferenziale di cui all'art. 216, comma 3, l. fall.
Gli opposti indirizzi interpretativi. L'elemento che rappresenta il discrimine sulla cui base determinare la sussistenza o meno della legittimazione del curatore per l'azione di risarcimento del danno da bancarotta preferenziale deve essere individuato nel corretto inquadramento del bene giuridico tutelato dall'art. 216 l. fall. Se, infatti, si ritiene che l'atto di “offrire pagamenti o simulare titoli di prelazione” a favore di uno dei creditori e a danno degli altri, compiuto dalla società prima della dichiarazione di fallimento, integri una lesione che non può considerarsi di massa (poiché i pagamenti effettuati verso uno dei creditori avrebbero un effetto neutro sul patrimonio del fallito, determinando una contestuale “elisione di una posta dell'attivo e di una del passivo di pari entità”), ma che può solo intendersi come pregiudizio individualesubito direttamente da ciascun creditore, il curatore non può ritenersi legittimato all'esercizio dell'azione in esame, in quanto l'art. 240, comma 2, l. fall. prevede che i creditori possano costituirsi parte civile nel processo penale di bancarotta, al posto del curatore, quando intendono far “valere un titolo di azione propria personale”. All'opposto, se si ritiene che l'oggetto tutelato dall'art. 216 l. fall. siano gli interessi del ceto creditorio contemplati dagli artt. 2740 e 2741 c.c., cioè a dire la par condicio creditorum, si determinerebbe la possibilità di ricondurre il reato di bancarotta preferenziale nell'“alveo dei reati che ledono l'interesse di massa di pertinenza del ceto creditorio”. Ne consegue, in tal caso, la sussistenza della legittimazione del curatore a costituirsi parte civile per la richiesta di risarcimento del danno, fatta valere in questo caso a favore di tutto il gruppo di creditori, ai sensi dell'art. 240, comma 1, l. fall. Alla luce del contrasto interpretativo qui brevemente riassunto, il Collegio rimette gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite. |