La Cassazione fa Il punto sulla bancarotta documentale

La Redazione
05 Agosto 2016

In tema di bancarotta documentale ex art. 216, comma 1 n. 2, l. fall., la Corte Suprema conferma il precedente orientamento giurisprudenziale (sentenza n. 45174/2015) secondo cui integra l'elemento oggettivo del delitto citato non solo la tenuta delle scritture contabili capace di rendere impossibile una ricostruzione del patrimonio, ma anche l'ipotesi in cui gli accertamenti da parte degli organi fallimentari siano ostacolati da difficoltà superabili solo attraverso una speciale diligenza. Con riferimento all'elemento soggettivo si ricorda che è sufficiente il dolo generico.

In tema di bancarotta documentale ex art. 216, comma 1 n. 2, l. fall., la Corte Suprema conferma il precedente orientamento giurisprudenziale (sentenza n. 45174/2015) secondo cui integra l'elemento oggettivo del delitto citato non solo la tenuta delle scritture contabili capace di rendere impossibile una ricostruzione del patrimonio, ma anche l'ipotesi in cui gli accertamenti da parte degli organi fallimentari siano ostacolati da difficoltà superabili solo attraverso una speciale diligenza. Con riferimento all'elemento soggettivo si ricorda che è sufficiente il dolo generico. Questo è presente quando l'agente abbia avuto la consapevolezza che la confusa tenuta della contabilità avrebbe potuto rendere impossibile una ricostruzione delle vicende patrimoniali, non essendo invece richiesta la specifica volontà d'impedire tale ricostruzione. Da ciò si può concludere che consistenti e ripetute lacune documentali integrano il delitto anche dal punto di vista del dolo.

Anche nell'ipotesi del reato di operazioni dolose, ex art. 223, comma 2, l. fall. il dolo che viene richiesto è quello generico: non serve la volontà diretta a provocare lo stato d'insolvenza, ma è sufficiente la coscienza e volontà, da parte degli amministratori, di adottare un comportamento che cagioni il dissesto con abusi o infedeltà nell'esercizio della carica ricoperta, ovvero con atti intrinsicamente pericolosi per l'aspetto economico finanziario dell'impresa.

Per il reato di bancarotta impropria ex art. 223, comma 2 n. 2, l. fall.non interrompono il nesso di causalità tra l'operazione dolosa e l'evento, rappresentato dal fallimento della società, né la preesistenza alla condotta di una causa in sé efficiente del dissesto, valendo la disciplina del concorso causale di cui all'art. 41 c.p., né il fatto che l'operazione dolosa in questione abbia cagionato anche solo l'aggravamento di un dissesto già in atto, poiché la nozione di fallimento, collegata al fatto storico della sentenza che lo dichiara, è ben distinta da quella di dissesto, la quale ha natura economica ed implica un fenomeno in sé reversibile.

In conclusione, la S.U. precisa che concorre come extraneaus” nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale il consulente contabile che, consapevole dei propositi distrattivi dell'amministratore della società, a seguito dichiarata fallita, fornisca consigli e suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori, assista nella conclusione dei relativi negozi e/o svolga attività dirette a garantire l'impunità e a rafforzare l'intento criminoso.

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