Revocatoria degli atti tra coniugi, fallimento in estensione e prova della qualità d’imprenditore

La Redazione
09 Agosto 2016

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 16621/2016, riconferma il precedente indirizzo secondo cui nel caso di fallimento non è oggetto di revoca, ai sensi dell'art. 69 l. fall, la vendita di una quota di comproprietà immobiliare al coniuge da parte del socio illimitatamente responsabile, al quale sia esteso il fallimento della società in nome collettivo. Inoltre, la mancata risposta ad interrogatorio può essere valutata dal giudice solo se viene considerata insieme a tutte le altre prove raccolte e con determinati limiti.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 16621/2016, riconferma il precedente indirizzo secondo cui nel caso di fallimento non è oggetto di revoca, ai sensi dell'art. 69 l. fall, la vendita di una quota di comproprietà immobiliare al coniuge da parte del socio illimitatamente responsabile, al quale sia esteso il fallimento della società in nome collettivo. Inoltre, la mancata risposta ad interrogatorio può essere valutata dal giudice solo se viene considerata insieme a tutte le altre prove raccolte e con determinati limiti.

La vicenda. Il Curatore del fallimento di una s.n.c. agiva verso una coppia di coniugi – di cui lui socio a responsabilità illimitata della società fallita - per far dichiarare inefficaci e far revocare ex artt. 69 l. fall e 2901 c.c. l'atto di costituzione di un fondo patrimoniale di beni immobili di proprietà esclusiva del socio suddetto. La Corte d'appello di Roma, accogliendo la domanda della Curatela, dichiarava l'inefficacia dell'atto di costituzione del fondo patrimoniale, sottoscritto tra il socio illimitatamente responsabile e la sua coniuge, e ordinava la restituzione dell'immobile. La Corte, ritenuto l'atto in esame ricompreso tra quelli oggetto di attività recuperatoria fallimentare, affermava altresì che la mancata risposta all'interrogatorio formale poteva essere valutata dal giudice come prova dell'esercizio dell'attività commerciale.

La coppia esercitava ricorso lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 69 e 147 l. fall. In particolare, contestavano che la Corte d'Appello avesse stabilito che il socio esercitasse attività commerciale sulla sola base della mancata risposta all'interrogatorio formale, senza prendere in considerazione le contestazioni di parte.

La decisone della Corte. La S.C. ritiene tale motivo fondato. In primo luogo, in tema di effetti del fallimento, è consolidato l'orientamento secondo cui non è revocabile, ai sensi dell'art. 69 l. fall. (nel testo vigente “ratione temporis”) la vendita di una quota di comproprietà immobiliare al coniuge da parte del socio illimitatamente responsabile, al quale sia poi esteso il fallimento dichiarato a carico della società in nome collettivo, ai sensi dell'art. 147 l. fall., in quanto tale estensione non si fonda sulla qualità di imprenditore commerciale di detto socio”.

In aggiunta, la valutazione della qualifica di imprenditore commerciale compiuta dalla Corte d'Appello viene così censurata: la mancata risposta ad un interrogatorio non può essere intesa come una ficta confessio, ma concede solo al giudice la facoltà di ritenere ammessi i fatti sui quali s'intendeva provocare la confessione, e tale facoltà può ritenersi correttamente esercitata solo quando il giudice abbia tenuto presente e valutato l'intero quadro probatorio, e nel caso di specie le contestazioni di parte.

In conclusione la Corte cassa con rinvio la sentenza impugnata.

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