Nuovi spunti per una proficua gestione delle crisi e delle ristrutturazioni aziendali
03 Ottobre 2016
Due recenti documenti, l'intesa “Proposte per le politiche del lavoro”, sottoscritta da Confindustria e CGIL-CISL-UIL in data 1 settembre 2016, e la Circolare n. 24/2016 del Ministero del Lavoro, affrontano, con diverse finalità e modalità di approccio, il tema della gestione della crisi e l'intervento degli ammortizzatori sociali, anche con riferimento alle procedure concorsuali.
L'intesa raggiunta fra le Parti Sociali, da sottoporre come “avviso comune” al Governo, presenta, come si legge nella prefazione, un insieme di “coerenti proposte, concepito per essere applicato nella sua interezza, con il fine di affrontare al meglio la difficile situazione congiunturale e governare con più efficacia i processi di transazione industriale. […] Il documento propone un modello innovativo di gestione delle crisi e delle ristrutturazioni aziendali che mette al centro la ricollocazione dei lavoratori, assegnando alle parti sociali, attraverso la contrattazione, un ruolo attivo e di grande responsabilità”. Nel merito, il documento sottolinea come “il definitivo superamento dell'istituto dell'indennità di mobilità, previsto dalla L. n. 92 del 2012, le nuove regole in materia di età pensionabile entrate in vigore dal 2013, i recenti interventi legislativi di riforma della cassa integrazione guadagni, hanno sensibilmente ridotto lo spazio di azione delle politiche passive del lavoro, imponendo un nuovo e diverso approccio della gestione delle crisi e delle ristrutturazioni aziendali, di cui vi è piena consapevolezza”. Nel nuovo equilibrio delle politiche per il lavoro, delineato nei vari decreti attuativi del cosiddetto “Jobs Act”, è del tutto pacifico che la riduzione degli strumenti di politiche passive – conseguenza delle modifiche alle misure di sostegno al reddito in caso di disoccupazione (D. Lgs. n. 22/2015) e agli strumenti di tutela del reddito in costanza di rapporto (D. Lgs. n. 148/2015) -, dovrebbe essere bilanciata da un nuovo sistema di politiche attive coordinato dall'Anpal (D. Lgs. n. 150/2015). Le proposte presentate al Governo vengono articolate lungo le due direttrici indicate e destinate più precisamente a: a) anticipare e migliorare – soprattutto attraverso la condivisione sindacale di percorsi di formazione e di ricollocazione – la gestione delle ricadute occupazionali connesse a processi di crisi o ristrutturazione aziendale anche non compresi nelle aree di crisi; b) accrescere la fruibilità degli ammortizzatori sociali laddove questo sia necessario per consentire la piena attuazione di processi di riconversione e riqualificazione produttiva delle aree di crisi industriali complesse e non complesse (D.L. 22 giugno 2012, n. 83 e succ. mod.) anche in presenza di procedure concorsuali.
Conta qui osservare che, finalmente, al di là dei furori ideologici contenuti nella “riforma Fornero”, fatta propria o addirittura ispirata anche da parte della dottrina giuslavoristica ed economico-aziendalistica, per cui, quando un'azienda è in crisi o addirittura è fallita, non vi sarebbe rimedio alcuno se non quello di procedere alla chiusura e ai conseguenti licenziamenti, si palesi ancora l'opportunità/necessità di ridisegnare ulteriormente gli strumenti della politica passiva, affrontando anche con formule nuove l'individuazione di specifiche soluzioni. Tutto ciò, pare di capire, in aperto contrasto con i dettami della L. 148/2015, che, come noto, soprattutto per esigenze di contenimento della spesa pubblica, ha profondamente ristretto le possibilità di intervento, sia nelle causali che per gli spazi temporali, degli ammortizzatori sociali. Non è questa la sede per una valutazione delle proposte, che paiono comunque orientarsi verso un maggior coinvolgimento delle Parti Sociali nella gestione della crisi, affiancate da un moderno e più efficace sistema di outplacement. Appare però opportuno sottolineare il rilievo politico dell'intesa: da un lato, per quanto riguarda Confindustria, si esce dalla logica liberal-mercatistica ispirata dal Governo Monti e fatta propria dai Governi Letta e Renzi. Dall'altro, per quanto riguarda le OO.SS., ci si scuote, finalmente, da una certa apatia. Entrambe le parti convergono su un punto: la crisi morde, al di là dei proclami governativi, e la gestione/soluzione dei problemi richiede ulteriori sforzi, atti a mitigare gli effetti sull'occupazione e sulla vendita delle aziende. Rimarcato che l'intesa non ha alcuna valenza precettiva, sarà interessante vedere come il Governo affronterà il tema e, soprattutto, osservare se ci sarà una volontà di efficace confronto: confronto che si svilupperà, inevitabilmente, a cavallo del duro scontro referendario (nel quale la CGIL ha espresso, a grande maggioranza, parere negativo) e del tavolo sulla cd. “APE” (e cioè sugli aspetti più problematici della cd. “Riforma Fornero”).
Per quanto riguarda la circolare ministeriale sugli ammortizzatori sociali e le procedure concorsuali, è necessario ricordare che la CIGS endoconcorsuale è stata profondamente modificata, con l'evidente scopo del contenimento della spesa, dall'art. 2, comma 70, della L. n. 92/2012, che ne ha stabilito la soppressione a decorrere dal 1° gennaio 2016, abrogando l'art. 3 della L. 23 luglio 1991, n. 223. La disposizione, nel sostituire l'art. 2, comma 70, della L. n. 92/2012, aveva modificato l'art. 3 della L. n. 223/1991, permettendo l'erogazione dell'ammortizzatore soltanto nella circostanza in cui sussistessero (effettive) prospettive di continuazione o di ripresa dell'attività e di salvaguardia, anche parziale, dei livelli di occupazione, da valutare in base a parametri oggettivi definiti con decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, confermando, tuttavia, l'abrogazione del medesimo art 3. Il Decreto Ministeriale attuativo è stato emanato il 4 dicembre 2012 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 28 del 2 febbraio 2013. Con esso venivano determinati parametri oggettivi da indicare, anche in via alternativa, nell'istanza di concessione del trattamento straordinario di integrazione salariale nel casi di dichiarazione di fallimento, di emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa, ovvero di sottoposizione all'amministrazione straordinaria, rispettivamente riferiti alla sussistenza di prospettive di continuazione o di ripresa dell'attività e della salvaguardia, anche parziale, dei livelli di occupazione. I tre anni sono ovviamente passati e a far data dal 1° gennaio 2016 è venuta meno la possibilità di intervento degli ammortizzatori sociali. Sollecitato da più parti (anche dal Vostro modesto blogger) il Ministero compie un profondo revirement, fornendo chiarimenti in merito alla possibilità di concessione della CIGS per le imprese soggette a fallimento, con esercizio provvisorio volto alla cessione di attività. In termini innovativi, anche se ancora parziali e insufficienti, viene così individuata nella causale di crisi aziendale di cui all'art. 21, comma 1, lett. b), del D. Lgs. n. 148/15, la possibile concessione del trattamento di CIGS, che deve basarsi su una serie di condizioni dalle quali emerga con chiarezza un programma di gestione della crisi aziendale caratterizzato da un piano di risanamento volto alla concreta e rapida alienazione del complesso aziendale o di una sua parte. La circolare individua alcune condizioni e in particolare: 1. l'autorizzazione all'esercizio provvisorio dell'impresa, da parte del Giudice Delegato o dall'autorità che esercita il controllo, al fine di salvaguardare il complesso aziendale e favorire, alle migliori condizioni la cessione dell'attività; 2. l'individuazione, nell'ambito del programma di liquidazione di cui all'articolo 104-ter l. fall., delle circostanziate e concrete ragioni per le quali appare probabile la cessione unitaria dell'azienda o di singoli rami di essa in tempi compatibili con il godimento della cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi; 3. la specifica approvazione da parte del comitato dei creditori della valutazione sulle probabilità di cessione espresse dal curatore.
La prospettata soluzione appare ancora parziale e insufficiente sotto il profilo gestionale. È sufficiente osservare come, in concreto, sarà impossibile per il Curatore far accedere al trattamento di CIGS i lavoratori di un fallimento in esercizio provvisorio ove i lavoratori abbiano goduto del trattamento di CIGS prima del fallimento, perché tra un periodo e l'altro dovrebbero passare i 2/3 del periodo già usufruito: da qui la necessità che torni, come nel passato, l'individuazione di una causale ad hoc. Per quanto riguarda i concordati, la circolare precisa che la concessione della CIGS per crisi aziendale può essere autorizzata anche nell'ambito del concordato con continuità aziendale, in cui il piano concordatario preveda, ai sensi dell'articolo 186-bis l. fall., la prosecuzione dell'attività d'impresa da parte del debitore o la cessione dell'azienda o il suo conferimento in una o più società anche di nuova costituzione. Per il buon fine dell'autorizzazione all'intervento dell'ammortizzatore, tuttavia, oltre all'omologazione del concordato si rende necessaria la presentazione di un programma di crisi aziendale in cui il piano di risanamento sia volto alla concreta e rapida cessione dell'azienda o di un suo ramo con il trasferimento dei lavoratori. La possibilità indicata nella circolare prevede la possibilità che l'ammortizzatore possa venire utilizzato anche dal soggetto datoriale cessionario. Il Ministero, infatti, conclude affermando che nelle suddette ipotesi, in effetti, il programma di liquidazione o il piano di concordato - articolati in modo da garantire nel periodo di dodici mesi in cui è autorizzata la CIGS ex art. 21, comma 1, lett. b), del D. Lgs. n. 148/2015 la cessione del complesso aziendale o di una sua parte - mirano alla salvaguardia dei livelli occupazionali e alla continuazione in tutto o in parte dell'attività, svolta anche da soggetto terzo e diverso rispetto a colui che abbia richiesto l'intervento di CIGS. Anche per quanto riguarda i concordati con continuità aziendale, la prospettata soluzione non appare del tutto convincente: come si farà – in concreto – ad attendere, per l'intervento di CIGS, l'intervenuta omologa? E' quindi auspicabile che, sul punto, magari nell'ambito del tavolo di cui all'intesa, vi sia spazio per una miglior formulazione della norma.
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