L’anomalia del concordato in continuità puro (o promissorio)
19 Ottobre 2016
Che il concordato con continuità aziendale puro, a sua volta erede diretto della tradizionale figura del concordato promissorio (o per garanzia), sia una variante sostanzialmente anomala, nella maggior parte dei casi (anche se non sempre necessariamente), della struttura concordataria, è dimostrato (e causato) dal rapporto sui generis che intercorre tra le passività da soddisfare e la variabile (dinamica, si direbbe nel concordato con continuità aziendale) consistenza del patrimonio del debitore.
Infatti, a parte i caso in cui il debitore che proponga tale forma di concordato disponga di beni sufficienti a pagare per intero il passivo privilegiato, sì che resti da soddisfare solo la massa dei chirografari, verrà in luce una strana situazione: la promessa, cioè, di soddisfare i creditori chirografari, di norma, con i futuri flussi aziendali, o, in limitati casi, con la cd. finanza esterna, ossia con beni messi a disposizione da terzi. A parte quest'ultima ipotesi, meno problematica, poiché la provenienza dei beni dai terzi (purché poi essi non transitino dal patrimonio del debitore, ma siano direttamente destinati ai creditori concorrenti) non provoca conseguenze sulla necessità di rispettare la graduazione (che è regola applicabile solo con riguardo al patrimonio responsabile del debitore), problemi seri nascono quando la soddisfazione promessa ai creditori debba attuarsi con i futuri flussi aziendali. In tal caso, infatti, viene immediatamente in evidenza l'anomalia costituita dal fatto che, a differenza di quanto avviene nel concordato preventivo per cessione dei beni o in ogni altra forma analoga di concordato liquidatorio/dissolutorio, non vi è una corrispondenza biunivoca tra le attuali passività e l'attuale consistenza del patrimonio destinato a soddisfarle, corrispondenza collegata a sua volta alla cristallizzazione e alla regola della conseguente inopponibilità di nuovi crediti ai creditori concorsuali rispetto al patrimonio responsabile esistente al momento di apertura del concorso (solo a questi ultimi destinato), atteso che le passività potranno appunto essere soddisfatte, almeno in parte, con beni futuri, quale sarà appunto la liquidità dei flussi aziendali acquisita con la prosecuzione dell'attività d'impresa. E da tale anomalo rapporto tra passivo attuale e patrimonio responsabile “esteso” alle variazioni causate dalla dinamicità dell'attività d'impresa e dal suo proiettarsi in avanti non possono che derivare conseguenze a loro volta anomale. La prima è, per tutta evidenza, la possibilità che sui beni futuri, sui flussi aziendali che teoricamente dovrebbero servire per pagare almeno parte dei creditori concorsuali (i cui crediti non sia stato possibile pagare prima, a causa dell'insufficienza del patrimonio), possano concorrere anche nuovi creditori, diversi da quelli anteriori, non essendo immaginabile opporre ai nuovi creditori (per crediti sorti cioè dopo l'inizio della procedura a causa del perdurante operare dell'impresa) una promessa di carattere relativo, qual è quella di pagamento rivolta dal debitore ai suoi creditori concorsuali. Per questi ultimi tale promessa, in ultima analisi, si traduce in una mera obbligazione, o, se si vuole, in una garanzia comunque assai “debole” rispetto a quella che ha invece come base la garanzia oggettiva costituita dal patrimonio stesso del debitore quando viene ceduto nella sua consistenza integrale ed originaria (misurata alla data di inizio della procedura), visto che in tal caso solo questo patrimonio è destinato interamente ai debitori concorsuali (oltre che, ovviamente, ai crediti prededucibili).
L'altro effetto che spesso sfugge ha carattere ancor più problematico. Se, infatti, alla data di inizio della procedura il debitore non dispone di un attivo, in ispecie mobiliare, sufficiente per pagare interamente i creditori con prelazione, compresi quelli con privilegio generale, tanto che proprio per questo rivolge ai creditori la promessa di pagarli con i flussi futuri attesi dalla prosecuzione dell'attività d'impresa, allora sarà difficile ipotizzare che egli possa avvalersi della possibilità di degradarli almeno in parte al chirografo, come pure in astratto consentirebbe di fare l'art. 160, comma 2, l. fall. Tale norma, infatti, può a mio avviso applicarsi solo nelle procedure liquidative tout court, non in quelle che, come il concordato in continuità pura/diretta (promissorio), sfuggono, per la dinamicità derivante dalla perdurante prosecuzione dell'impresa, alla biunivoca corrispondenza tra attivo e passivo, cronologicamente riferita all'inizio del concorso, cui ho fatto prima riferimento. In queste ultime procedure l'incapienza dei beni oggetto della prelazione non è definitiva, proprio in quanto l'iter esecutivo non è già definitivo nell'attualità, ma proseguirà con il procedere dell'attività d'impresa. In tale contesto, di conseguenza, i beni futuri, e quindi i flussi aziendali di cui si discorreva poc'anzi, andranno a rimpinguare, sia pure ex post, la massa mobiliare (o eventualmente, se di provenienza immobiliare – ad es. per la cessione di un immobile - quella immobiliare) e su tale massa non potrà dirsi che i creditori anteriori, in particolare (quanto ai beni mobili) quelli muniti di privilegio generale, non potranno concorrere con prelazione, poiché in primo luogo per essi quell'attivo mobiliare costituirà ancora oggetto della prelazione, e quindi patrimonio su cui soddisfarsi in via privilegiata prima che su di esso possano concorrere i chirografari. E questo, appunto, per la detta anomalia costituita dal rapporto (dinamico, proiettato in parte verso il futuro) tra passivo concorsuale e patrimonio con cui soddisfarlo, nel quadro di una procedura molto più “aperta” che nei casi di concordato liquidativo nei suoi risvolti processual-esecutivi, sì da rendere fluida e “in progress” la consistenza del patrimonio (nell'ipotesi, mobiliare) e per ciò stesso fluido anche il rapporto tra prelazione e beni che ne sono oggetto.
Né varrebbe obiettare, per contrastare tale evidenza e conseguenza, che il pur indiscutibile dinamismo della consistenza patrimoniale in questa tipologia di concordato comunque non potrebbe modificare il rapporto di corrispondenza cronologico/funzionale tra passivo e patrimonio alla data di inizio del concorso, nel senso che solo sui beni mobili esistenti a quella data i privilegi generali potrebbero soddisfarsi con prelazione e non su quelli di acquisizione successiva dovuti al proseguire dell'impresa. L'obiezione sarebbe infatti pertinente se i beni futuri non potessero essere utilizzati per pagare i crediti anteriori, ma siccome è proprio ciò che accade nella tipologia di concordato di cui stiamo discutendo, allora delle due l'una: o si conclude, abrogando una prassi vivente, che questa forma di concordato non può ammissibilmente configurarsi, perché occorre che la promessa sia in tali casi limitata all'utilizzo dei beni esistenti al momento di apertura del concorso, salva la sola finanza esterna posta a disposizione da terzi; o si conclude invece per l'ammissibilità della figura, ma al tempo stesso, necessariamente, anche per la necessità di spostare via via in modo fluido il rapporto tra prelazione e beni oggetto della stessa, convogliando a favore dei privilegi generali anche i beni mobili futuri. Tertium non datur: e quindi non sarebbe possibile affermare, in modo auto-contraddittorio, che i beni futuri possono solo andare a soddisfare i creditori chirografari, compresi fra essi i privilegiati generali già degradati per carenza dei beni al momento di apertura della procedura, poiché se i beni futuri possono essere destinati esecutivamente a soddisfare i creditori concorsuali, allora non possono che essere considerati ancora come oggetto del privilegio generale che tali crediti concorsuali eventualmente assista.
Ma che cosa implica in pratica ed in conclusione tutto ciò? Che non potrà, appunto, applicarsi l'art. 160, comma 2, l. fall., o, in alternativa, o in concomitanza, che non potrà farsi una promessa di pagamento parziale dei chirografari senza il previo pagamento integrale dei creditori privilegiati, e ciò per il semplice motivo che, da un lato, la stessa previsione di soddisfazione parziale di crediti con i futuri flussi aziendali non rende possibile una stima di incapienza parametrata alla attuale consistenza del patrimonio mobiliare (e/o immobiliare); e, dall'altro, che la acquisizione dei beni mobili futuri confluirà sempre previamente a vantaggio dei privilegiati generali, prima che dei chirografari, e quindi solo promettendo l'integrale pagamento dei primi potrà poi estendersi la promessa all'ulteriore pagamento anche dei secondi. |