Il rapporto controverso tra i beni in leasing o a noleggio e la bancarotta distrattiva

La Redazione
25 Ottobre 2016

Ai fini della configurabilità del reato di bancarotta distrattiva rileva la concreta disponibilità della res sottratta al curatore, non rilevando, invece, il fatto che il bene fosse nella disponibilità della società dichiarata fallita a titolo di leasing o noleggio. Tale prassi trova ugualmente applicazione anche a seguito di un'eventuale risoluzione per inadempimento dei su citati contratti a fronte del mancato pagamento dei canoni da parte della fallita, sempre se i beni oggetto del rapporto contrattuale erano stati a questa consegnati e da essa mai restituiti. Inoltre, gli stessi principi valgono anche nel caso in cui il soggetto abbia acquisito la disponibilità di un bene, e su questo si comporti uti dominus, a seguito di furto. Così si è espressa la Cassazione Penale con la sentenza n. 44350/2016.

Ai fini della configurabilità del reato di bancarotta distrattiva rileva la concreta disponibilità della res sottratta al curatore, non rilevando, invece, il fatto che il bene fosse nella disponibilità della società dichiarata fallita a titolo di leasing o noleggio. Tale prassi trova ugualmente applicazione anche a seguito di un'eventuale risoluzione per inadempimento dei su citati contratti a fronte del mancato pagamento dei canoni da parte della fallita, sempre se i beni oggetto del rapporto contrattuale erano stati a questa consegnati e da essa mai restituiti. Inoltre, gli stessi principi valgono anche nel caso in cui il soggetto abbia acquisito la disponibilità di un bene, e su questo si comporti uti dominus, a seguito di furto. Così si è espressa la Cassazione Penale con la sentenza n. 44350/2016.

La vicenda. Il ricorrente era stato ritenuto responsabile del reato di bancarotta distrattiva per aver sottratto al curatore quattro macchinari che, al tempo della dichiarazione di fallimento, erano nella sua disponibilità tramite leasing e noleggio. I contratti in questione erano stati risolti per inadempimento della società utilizzatrice a fronte del mancato pagamento dei canoni prestabiliti, ma i macchinari non erano stati restituiti. L'imputato si rivolgeva in Cassazione contestando il fatto che i beni sottratti al curatore non fossero di sua proprietà, e che a seguito della risoluzione del contratto il curatore non avrebbe potuto trarre alcun vantaggio economico da questi beni essendo venuto meno il diritto di opzione, e, di conseguenza, non si sarebbe potuto parlare di pregiudizio avverso la massa dei creditori.

Bancarotta distrattiva e beni in leasing. Il nocciolo della questione è stabilire se dei beni oggetto di leasing siano mai entrati a far parte del patrimonio della società successivamente dichiarata fallita. Chiarire questo punto è fondamentale se si considera che la configurabilità del reato di bancarotta distrattiva può essere realizzata solo se i beni non rinvenuti in sede d'inventario si siano trovati realmente nella sfera patrimoniale della società stessa, in modo che la loro sottrazione si presenti nelle vesti di quel distacco ingiustificato che integra, sul piano oggettivo, la fattispecie incriminatrice.

La disponibilità di fatto del bene nel leasing. Sul tema, la sentenza n. 29757/2010 aveva stabilito che laddove il fallimento riguardi l'utilizzatore può venire in rilievo la sola disponibilità di fatto del bene oggetto di leasing, essendo pacifico che il soggetto non ne ha la disponibilità giuridica, almeno sino alla fine rapporto e, cioè, sino a quando, previo esercizio del diritto di opzione, il medesimo non abbia corrisposto il prezzo di riscatto, acquisendo così la proprietà del bene. Per quanto si è detto, la disponibilità di fatto - la sola configurabile in capo all'utilizzatore - postula, pur sempre, l'avvenuta consegna del bene oggetto di contratto di leasing, sicché, a seguito di appropriazione, la sottrazione o dissipazione del bene implicherebbe pregiudizio per la massa dei creditori.

Risoluzione per inadempimento del contratto di leasing ed estensione dei principi giurisprudenziali. Anche se la sentenza richiamata enunciava detto principio in un caso in cui non vi era stata risoluzione per inadempimento del contratto di leasing, si deve comunque concludere che la risoluzione non impedisce in alcun modo l'estensione di questa regola giurisprudenziale. A prescindere dal poter o meno il curatore esercitare il diritto di opzione, ciò che rileva ai fini della configurabilità della bancarotta distrattiva in tali ipotesi è esclusivamente il fatto che la società fallita avesse (e non potesse avere altro che) la disponibilità di fatto dei beni oggetti di leasing e noleggio, a nulla rilevando che, poi, il contratto venne risolto e il diritto di opzione non potesse più essere esercitato. L'inadempimento, infatti, genera responsabilità civile, e tale responsabilità nel caso di specie risulta ulteriormente aggravata dall'impossibilità di restituzione dei beni oggetto del contratto. Infatti, Il fatto che i beni non possano essere restituiti al cedente implica che tale soggetto possa far valere nel passivo oltre al credito del mancato pagamento dei canoni anche quello derivante dalla mancata restituzione dei beni, determinando un danno concreto alla massa dei creditori e, dunque, la piena integrazione del delitto oggetto di contestazione.

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