Fiscalità di chiusura: assume posizione la direzione centrale dell'Agenzia delle Entrate
07 Novembre 2016
Dopo i numerosi interventi pubblicati in questo portale e la risposta ad un interpello da parte della direzione regionale del Veneto, sulla derivata fiscale della chiusura del fallimento con giudizi in corso registriamo infine l'atteso parere, anche qui sotto forma di risposta ad un interpello, della direzione centrale normativa dell'Agenzia delle Entrate.Ripercorriamo preliminarmente il quadro della problematica, i principi espressi qualche mese fa dalla direzione territoriale del Veneto e le criticità tuttora presenti.
L'ambito della problematica Ai fini delle Imposte dirette, alla conclusione dei giudizi pendenti tre sono le circostanze che possono produrre un effetto rilevante:
Ai fini tributari, dai predetti eventi conseguono in capo al curatore i seguenti obblighi:
Gli stessi eventi relativi alla fase finale delle controversie come sopra descritti risultano rilevanti, seppur sotto una diversa prospettiva, anche ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, pur se i pagamenti genereranno obblighi più dal lato dei percipienti che dal lato della curatela. Va infatti osservato che:
Sul tema si è di recente pronunciata la direzione regionale del Veneto (in questo portale, con nota di Cimolai, La Direzione Regionale del Veneto sulla derivata fiscale della chiusura del fallimento) che, con risposta all'interpello di un curatore, impartiva agli operatori le seguenti istruzioni: per quanto attiene al codice fiscale ed agli adempimenti dichiarativi, l'Agenzia ritiene che alla chiusura della procedura il curatore
per quanto viceversa riguarda l'imposta sul valore aggiunto la direzione dispone che il curatore:
per quanto infine concerne gli obblighi di ritenzione fiscale, la Direzione, rammentata la funzione di sostituto d'imposta del curatore prevista dall'art. 23, comma 1, D.P.R. 600/1973 :
La posizione della direzione centrale normativa A firma del direttore centrale aggiunto, e in risposta all'interpello presentato da un curatore che chiedeva chiarimenti in merito agli obblighi fiscali connessi alla liquidazione delle (future) spese legali, interviene ora la Direzione centrale dell'Agenzia che, dopo una sommaria ricognizione dei profili generali della problematica, fornisce alcune soluzioni interpretative.
Il percorso argomentativo e le soluzioni La risposta della direzione risulta piuttosto scarna e focalizzata più a fornire una specifica risposta all'interpello (orientato al solo problema Iva) che a rilasciare un più ampio parere sulle molteplici incognite al vaglio degli operatori.
Essa infatti, dato preliminarmente conto che: - la conclusione dei giudizi pendenti successivamente alla chiusura del fallimento ed alla cancellazione della società dal registro delle imprese puoi comportare la necessità di adempiere ad obblighi fiscali; - tale adempimento presuppone l'esistenza di un soggetto giuridico, capace di agire e munito di codice fiscale e di partita iva al fine di poter operare; - la cancellazione della società dal registro imprese determina l'estinzione dello stesso; - il legislatore non è intervento per adeguare le norme fiscali alla nuova realtà fallimentare; e dopo aver rilevato che - la problematica non è di immediata soluzione in quanto le regole ordinarie appaiono di difficile applicazione, - alcuni tribunali in tali circostanze dispongono che non sia cancellata la società dal registro delle imprese e conseguentemente non siano chiusi la partita iva e il conto bancario intestato (non si comprende la motivazione di quest'ultimo riferimento ma è verosimile che sia stato parte dell'interpello); - quest'ultima circostanza consente al curatore di adempiere agli obblighi fiscali conseguenti alla definizione dei giudizi pendenti; conclude che: - laddove il tribunale decida in via cautelativa di non disporre la cancellazione della società dal registro imprese, il curatore potrà assolvere gli obblighi fiscali secondo le regole ordinarie; - nel caso in cui il tribunale viceversa disponesse la cancellazione ritiene praticabile la richiesta di riapertura della partita iva al fine di ottemperare a tutti i relativi obblighi.
Osservazioni La risposta, per alcuni versi laconica (e per altri versi forse abdicativa), in realtà risolve la gran parte dei problemi che fin qui si erano posti. Introducendo, infatti, una sorta di ultrattività tributaria della persona giuridica estinta (alla stregua dell'ultrattività fallimentare del curatore, che prosegue nei suoi adempimenti pur a procedura anch'essa estinta), mentre da un lato conferma la necessità della cancellazione della partita Iva alla chiusura del fallimento, dall'altro facoltizza la sua eventuale successiva riapertura a fini di ottemperare a tutti gli obblighi (e si ritiene, anche al fine di beneficiare di tutte le correlate facoltà) connessi con le operazioni di chiusura dei giudizi e di eventuale riparto supplementare. La riapertura era sin qui preclusa, oltre che da motivi sistematici, anche da una precisa indicazione dell'Agenzia stessa (v. circolare 26 E/2002), ma il riposizionamento interpretativo a cui oggi assistiamo non può che ritenersi l'inevitabile conseguenza della mutata regolazione legale della fase terminale della procedura. Nulla invero si dice del codice fiscale, imprescindibile sia per l'assolvimento degli obblighi di ritenzione d'imposta sia di quelli dichiarativi relativi alle imposte dirette, ma oramai l'argine è rottoe quindi potremmo ritenere implicitamente facoltizzata (per non dire obbligatoria) anche la richiesta di riapertura di questa posizione al fine di poter ottemperare alle prescrizioni in materia di Irpef e Ires (con le modalità attuative come delineate dalla citata risposta della Direzione regionale del Veneto). Si conferma e si rafforza quindi l'evidente artificiosità di questa chiusura anticipata, posto che nel periodo interinale il curatore, che dovrà proseguire la gestione dei contenziosi e predisporre il riparto supplementare a conclusione degli stessi, ed in capo al quale restano sostanzialmente confermati tutti gli oneri tributari a lui precedentemente ascritti, rispetto al precedente assetto legislativo viene di fatto sgravato delle sole relazioni periodiche di cui all'art. 33, comma 5. Rimane ora solo da chiedersi se, nell'espletamento dei predetti compiti, egli continui a rivestire la carica di pubblico ufficiale (con le connesse rilevanti responsabilità). Ma questo è un altro discorso.
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