Codice Penale art. 590 sexies - Responsabilita' colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario 1 2[I] Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell'esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma. [II] Qualora l'evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto. [1] Articolo inserito dall'articolo 6, comma 1, della l. 8 marzo 2017, n. 24. [2] Per quanto applicabile durante lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, dichiarato con Delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, e successive proroghe, vedi quanto disposto dagli artt. 3 e 3-bis d.l. 1° aprile 2021, n. 44, conv. con modif. in l. 28 maggio 2021, n.76. InquadramentoLa l. n. 24/2017 (“ Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”) modifica l’assetto normativo stabilito dalla c.d. Legge Balduzzi (l. n. 189/2012) in materia di “colpa medica” prevedendo all’art. 6 l’introduzione nel codice penale di un’autonoma fattispecie, l’art. 590-sexies (“Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario”) e stabilendo l’abrogazione della previsione della limitazione della responsabilità dei sanitari ai soli casi di colpa grave, stabilita dall’art. 3, comma 1, della c.d. legge Balduzzi. SoggettiLa norma riguarda i soggetti esercenti la professione sanitaria. MaterialitàIl comma 1 prevede che nel caso in cui vengano realizzati nell'esercizio della professione sanitaria, i reati di lesioni colpose e omicidio colposo, trovino applicazione le medesime sanzioni previste dalle relative fattispecie di cui agli artt. 589 e 590. Omicidio colposo medico D L'imputazione dell'evento morte a cagione della condotta colposa del medico, impone che tra la condotta di questi e l'evento lesivo sussista un nesso di causalità. L'accertamento della ricorrenza di tale nesso eziologico, spesso nei termini della causalità omissiva, segue alla previa individuazione dei soggetti titolari della posizione di garanzia, rilevante ex art. 40 cpv., nei confronti del paziente (Dolcini-Gatta, 3112). G Secondo la giurisprudenza di legittimità, titolari dell'obbligo giuridico d'impedimento dell'evento lesivo in capo al paziente, sono gli operatori della struttura sanitaria, medici e infermieri (quanto a questi ultimi, la S.C. ha precisato come l'infermiere abbia un'autonoma posizione di garanzia nei confronti del paziente, che trova fondamento nell'autonoma professionalità dell'infermiere stesso, oggi considerato non più ausiliario del medico, ma professionista sanitario, Cass. IV, n. 2541/2015; con riguardo all'infermiere specializzato, Cass. IV, n. 2192/2014). L'assunzione della posizione di garanzia da parte del medico avviene con l'instaurazione della relazione terapeutica (Cass. IV, n. 1846/2016; Cass. IV, n. 15178/2018): è sufficiente la presentazione presso la struttura medica per la richiesta dell'erogazione di una prestazione professionale (Cass. IV, n. 13547/2011). Un obbligo di garanzia particolarmente pregnante è assegnato al medico che rivesta funzioni apicali, tenuto a garantire la correttezza delle terapie praticate ai pazienti (Cass. IV, n. 1866/2008). L'obbligo di garanzia nei confronti paziente cessa in caso di delega di funzioni ad altro soggetto (affinché la delega abbia effetto liberatorio per il garante originario è necessario tuttavia che il delegato sia “capace e competente” nel settore, e che il delegante tenga conto della peculiarità del caso concreto in termini di urgenza e gravità dello stato di salute del paziente, Cass. IV, n. 39609/2007). Il medico in posizione apicale risponde dell'evento lesivo conseguente alla condotta colposa del medico di livello funzionale inferiore a cui abbia trasferito la cura del singolo paziente, ove non abbia correttamente svolto i propri compiti di organizzazione, direzione, coordinamento e controllo, volti a prevenire ogni possibile danno ai pazienti. (Cass. IV, n. 10152/2021). Nell'ipotesi in cui il medico in posizione apicale abbia correttamente svolto i propri compiti di organizzazione, direzione, coordinamento e controllo, egli non è chiamato a rispondere dell'evento lesivo conseguente alla condotta colposa del medico di livello funzionale inferiore a cui abbia trasferito la cura del singolo paziente (Cass. IV, n. 18334/2017 altrimenti configurandosi una responsabilità di posizione, in contrasto col principio costituzionale di personalità della responsabilità penale). D Quanto al contenuto dell'obbligo di garanzia del medico-psichiatra (in dottrina Cupelli, 10 ss.), in sede di legittimità si è affermato come la sua posizione di garanzia sussista nei confronti del paziente anche se questi non sia sottoposto a ricovero coatto, e quindi, che egli abbia l'obbligo – quando sussista il concreto pericolo di condotte auto lesive, anche suicidiarie – di apprestare specifiche cautele (Cass. IV, n. 48292/2008, con cui la S.C. ha confermato la responsabilità del primario e dei medici del reparto di psichiatra di un ospedale pubblico, per l'omicidio colposo di un paziente che, ricoveratosi volontariamente con divieto di uscita senza autorizzazione, si era allontanato dal reparto, dichiarando all'infermiera di voler andare a prendere un caffè al distributore automatico posto al piano superiore, e, ivi giunto, si era gettato dalla finestra). G È stata altresì riconosciuta la responsabilità per omicidio colposo di uno psichiatra che, errando nella somministrazione dei farmaci e nella mancata adozione del T.S.O., non abbia impedito che il paziente – in evidente stato di scompenso psichiatrico con manifestazioni eteroaggressive – in preda a raptus, commettesse omicidio, evento prevedibile ed evitabile (App. Bologna, 4 aprile 2007). Sempre con riguardo al profilo della prevedibilità dell'evento lesivo, si è fondata l'affermazione di responsabilità per omicidio colposo in capo al medico psichiatra (direttore della casa di cura dove la paziente era ricoverata), per il suicidio di una paziente affetta da sindrome depressiva, cui era stato permesso di uscire accompagnata da persona non adeguatamente informata sulle condizione di essa (che più volte aveva tentato gesti di autosoppressione, Cass. IV, n. 10430/2003). Quanto all'attività medica d'équipe, e all'operatività del c.d. principio d'affidamento (da intendersi nei termini dei limiti dell'obbligo di prevedere le imprudenze altrui: il criterio è che non sussiste un obbligo di rappresentarsi le altrui violazioni di doveri, fino a che la situazione concreta non dia occasione per sospettare il contrario, in dottrina Pulitanò, Diritto, 384), si è sostenuto in sede di legittimità come in caso di decesso del paziente, ne risponda ogni medico che non osservi le regole di diligenza e perizia connesse alle specifiche ed oggettive mansioni svolte, e che venga meno al dovere di conoscere e valutare le attività degli altri medici, così da porre rimedio ad eventuali errori posti in essere da altri e che siano evidenti per un professionista medio (Cass. IV, n. 4058/2013; in sede di merito si è chiarito come il comportamento altrui imprevedibile escluda la responsabilità degli altri partecipanti all'attività medica d'équipe, e sia imprevedibile quando non risultino elementi tali, nel caso concreto, da far venir meno il principio dell'affidamento, e cioè quando nel caso concreto non si dimostrino circostanze tali da rendere prevedibile la negligenza altrui, quale un'attività colposa già in atto oppure un errore commesso in fase preparatoria, oppure le cattive condizioni fisiche del collega; esclusa la ricorrenze delle circostanze esemplificate, la divisione delle responsabilità è dovuta alla necessità di consentire che ciascuno si concentri sul proprio lavoro, facendo affidamento sulla professionalità dell'altro; in tal senso si è precisato come l'onere di vigilanza non possa trasformarsi in un obbligo generalizzato di costante raccomandazione al rispetto delle regole cautelari e di invasione negli spazi di competenza altrui, Cass. IV, n. 27314/2017). Si è tuttavia precisato come nel caso in cui alla cura del paziente concorrano più sanitari, l'accertamento del nesso causale rispetto all'evento deve essere compiuto con riguardo alla condotta ed al ruolo di ciascuno, non potendosi configurare una responsabilità di gruppo in base ad un ragionamento aprioristico (Cass. IV, n. 7346/2014; Cass. IV, n. 19775/2009; si è così esclusa – in capo ai medici che si siano limitati ad assistere all'intervento chirurgico, condotto ed effettuato personalmente dal primario – una responsabilità colposa per l'eventuale errore commesso da quest'ultimo, Uff. ind. prel. Milano, 18 aprile 2007; in sede di legittimità si è altresì affermato come il medico componente l'équipe, in posizione di secondo operatore, che non condivida le scelte del primario adottate nel corso dell'intervento operatorio, ha l'obbligo, per esimersi da responsabilità, di manifestare espressamente il proprio dissenso, senza peraltro che siano necessarie particolari esternazioni dello stesso, Cass. IV, n. 43828/2015). Nel caso di c.d. successione di garanti, in sede di legittimità si è affermato come non possa invocare il principio di affidamento colui che non abbia osservato una regola precauzionale su cui si innesti la condotta colposa altrui: in base al principio dell'equivalenza di cause, entrambe le condotte varranno quali antecedenti causali dell'evento (salvo che le seconda condotta si ponga quale causa sopravvenute, rilevante ex art. 41, comma 2, in quanto fattore eccezionale in grado di interrompere il nesso causale, Cass. IV, n. 692/2013; Cass. IV, n. 6215/2009). Quando l'obbligo di impedire l'evento connesso ad una situazione di pericolo grava su più persone obbligate ad intervenire in tempi diversi, l'accertamento del nesso causale rispetto all'evento verificatosi deve essere compiuto con riguardo alla condotta e al ruolo di ciascun titolare della posizione di garanzia, stabilendo cosa sarebbe accaduto nel caso in cui la condotta dovuta da ciascuno dei garanti fosse stata tenuta, anche verificando se la situazione di pericolo non si fosse modificata per effetto del tempo trascorso o di un comportamento dei successivi garanti (Cass. IV, n. 1350/2020). Il nesso di causalità tra l'evento letale e la condotta omissiva o commissiva di uno dei soggetti titolari di una posizione di garanzia non viene meno per effetto del successivo mancato intervento di un altro garante, configurandosi, in tale ipotesi, un concorso di cause ai sensi dell'art. 41, comma 1, c.p. (Cass. IV, n. 17887/2022). La posizione di garanzia del medico di pronto soccorso comporta l'obbligo di questi di rapido inquadramento diagnostico e di determinazione degli eventuali accertamenti indispensabili a confermare la diagnosi, ai fini della predisposizione del pronto intervento per la risoluzione della patologia, senza che lo stesso possa fare affidamento – nella indicazione di priorità degli interventi e degli accertamenti diagnostici – sull'ordine degli interventi dei medici del pronto soccorso attribuito dalla procedura del “triage”, di competenza infermieristica (Cass. IV, n. 12144/2021). Con riguardo all'accertamento del nesso causale tra la colpa e l'evento, la sua affermazione è condizionata alla verifica: dell'avvenuta violazione delle leges artis e dall'evitabilità dell'evento nel caso di c.d. comportamento alternativo lecito (cioè osservante delle leges artis; pertanto non può essere ascritto per colpa un evento che, anche con valutazione “ex ante”, non avrebbe comunque potuto essere evitato, Cass. IV, n. 7783/2016). Sul tema, le Sezioni Unite hanno affermato come nel reato omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non si possa basare sul solo coefficiente di probabilità statistica, ma debba essere verificato alla stregua di un giudizio di probabilità logica. Esso è pertanto configurabile solo ove si accerti che, ipotizzando come avvenuta l'azione doverosa, ed esclusa l'interferenza di decorsi causali alternativi, l'evento, con elevato grado di credibilità razionale (da intendersi come riferita ad un grado di probabilità vicino al 100% ovvero alla certezza), non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva (Cass. S.U., n. 30328/2002, prendendosi così le distanze dal precedente e prevalente orientamento giurisprudenziale, secondo il quale buone o serie ovvero apprezzabili probabilità di successo, potevano fondare la responsabilità del medico, Cass. IV, n. 1565/1990). Nello stesso senso si è espressa la giurisprudenza successiva (da ultimo Cass. IV, n. 45399/2024 e Cass. V, n. 785/2024 , che ha precisato che il giudizio di alta probabilità logica in ordine alla sussistenza del nesso causale è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l'azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l'interferenza di decorsi causali alternativi, l'evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva). In caso di condotta omissiva, l'accertamento del nesso di causalità deve essere inoltre effettuato mediante un preliminare giudizio cd. esplicativo, afferente alla ricostruzione, con certezza processuale, di ciò che è accaduto sul piano naturalistico e un successivo giudizio cd. controfattuale, implicativo o predittivo, volto ad accertare se la condotta doverosa omessa, ove tenuta, avrebbe potuto impedire l'evento, ostando l'esito negativo del giudizio esplicativo, pur in presenza di un comportamento colposo, all'affermazione di responsabilità ( Cass IV, n. 36942/2024 ) . L'accertamento del nesso causale tra la diagnosi intempestiva di una malattia tumorale e il decesso del paziente postula il ricorso ad un giudizio controfattuale ipotetico, sulla base del modello probabilistico e multifattoriale che richiede di valutare l'incidenza del comportamento alternativo lecito, ossia se la diagnosi tempestiva avrebbe impedito ovvero significativamente ritardato, con alto grado di probabilità logica ed in assenza di decorsi causali alternativi, l'esito infausto (Cass. IV, n. 9705/2022). Il giudizio controfattuale, imponendo di accertare se la condotta doverosa omessa, ove eseguita, avrebbe potuto evitare l'evento, richiede il preliminare accertamento di ciò che è naturalisticamente accaduto (cd. giudizio esplicativo), al fine di verificare, sulla base di tale ricostruzione, se la condotta omessa può valutarsi come adeguatamente e causalmente decisiva in relazione all'evitabilità dell'evento, ovvero alla sua verificazione in epoca significativamente posteriore (Cass. IV, n. 416/2022). Il nesso di causalità tra l'omessa diagnosi e il decesso di un paziente deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica fondato, oltre che su un ragionamento deduttivo basato su leggi scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull'analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto. (Cass. IV, n. 16843/2021). Con riguardo all'interruzione del nesso causale, essa è stata riconosciuta nel caso in cui la causa sopravvenuta inneschi un rischio nuovo e del tutto eccentrico rispetto a quello originario attivato dalla prima condotta (Cass. IV, n. 15493/ 2016). L'accertamento del nesso causale, ed in particolare il giudizio controfattuale necessario per stabilire l'effetto salvifico delle cure omesse, deve essere effettuato secondo un giudizio di alta probabilità logica, tenendo conto non solo di affidabili informazioni scientifiche, ma anche delle contingenze significative del caso concreto, ed in particolare, della condizione specifica del paziente (Cass. IV, n. 10175/2020). Casistica. È stata affermata la responsabilità per omicidio colposo in capo ad un ginecologo che, in presenza di una riferita infezione da varicella, con gravi difficoltà respiratorie aveva omesso di visitare la paziente e di disporne l'immediato ricovero in ospedale (Cass. IV, n. 40703/2016). L'anestesista è tenuto a controllare, prima dell'inizio dell'intervento chirurgico, l'apparecchio di anestesia e le sue componenti, e a monitorare costantemente le funzioni vitali del paziente, mantenendo una continua e scrupolosa osservanza clinica dello stesso, della sua connessione al circuito di anestesia, e dell'erogazione dell'ossigeno al rotametro (Cass. IV, n. 10152/2021; la Corte ha confermato la responsabilità, per il reato di omicidio colposo, dell'anestesista che, avendo omesso di controllare l'apparecchiatura, prima dell'induzione dell'anestesia e durante la stessa, sottovalutando l'allarme del saturimetro e omettendo di sottoporre a continua osservazione il paziente, verificandone i parametri vitali, non si era avveduto del distacco del tubo erogatore dell'ossigeno dalla presa a muro cui era conseguito il decesso del paziente per difetto di ventilazione). La Corte di legittimità ha confermato l'affermazione di responsabilità per omicidio colposo del chirurgo endoscopista, per la morte della paziente, conseguente ad intervento di endoscopia intestinale, eseguito, su prescrizione del medico curante, su soggetto ultranovantenne con sintomatologia aspecifica di “dolore continuo all'emiaddome destro”, senza valutare la possibilità di un alternativo approfondimento diagnostico con metodiche meno invasive, più proporzionate al caso specifico e prive di rischi, quali ecografia addominale, tomografia computerizzata, risonanza magnetica, colon-tomografia, ricerca del sangue occulto nelle feci (Cass. IV, n. 30051/2022). Il medico, a cui il paziente sia inviato dal Pronto Soccorso a titolo di consulto, ove non riscontri alcuna patologia di rilevante gravità e si limiti a richiedere un'altra consulenza, la quale indichi gli esami idonei a diagnosticare la patologia in atto, non assume – per il solo fatto di avere richiesto l'ulteriore consulenza – la posizione di garanzia, che resta a carico dei medici del pronto soccorso (Cass. IV, n. 24068/2018). L'infermiere è titolare di una posizione di garanzia nei confronti del paziente, gravando sullo stesso un obbligo di assistenza effettiva e continuativa del soggetto ricoverato, atta a fornire tempestivamente al medico di guardia un quadro preciso delle condizioni cliniche ed orientarlo verso le più adeguate scelte terapeutiche (Cass. IV, n. 21449/2022). È stata affermata la responsabilità per omicidio colposo di un infermiere professionale con funzioni di capo-sala, il quale aveva somministrato un anticoagulante benché dalla cartella clinica ne risultasse la chiara incompatibilità con l'allergia del paziente, della quale l'imputato era già a conoscenza per ragioni di servizio (Cass. IV, n. 2192/2014). L'infermiere del pronto soccorso responsabile addetto al triage risponde di omicidio colposo del paziente deceduto per un ritardato intervento indotto da una sottovalutazione dell'urgenza del caso (Cass. IV, n. 11601/2014). Lesioni colpose mediche Rinviando al quanto esposto in ordine all'omicidio colposo per l'esame dell'accertamento del nesso causale, deve evidenziarsi in questa sede che i due delitti colposi si differenziano per l'evento cagionato per violazione delle leges artis mediche, presentando per il resto la medesima struttura. La giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che integri il reato di lesioni colpose la condotta antidoverosa del sanitario che determini l'aumento del periodo di tempo necessario alla guarigione o alla stabilizzazione dello stato di salute del paziente (in applicazione di tale principio la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza che aveva assolto tre medici che, avendo colposamente ritardato la diagnosi e il trattamento di una lesione vertebrale provocata da una caduta, senza determinare l'aggravamento della stessa, avevano tuttavia cagionato un prolungamento del tempo della sua guarigione, Cass. IV, n. 5315/2020). È stato inoltre evidenziato che, in presenza di due alternative terapeutiche, il medico è tenuto a scegliere la soluzione meno pericolosa per la salute del paziente, con la conseguenza che egli è responsabile, in caso di complicazioni, e nonostante l'osservanza delle regole dell'arte, per imprudenza, ove adotti l'alternativa più rischiosa (Cass. IV, n. 12968/2021). Infine, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che il medico a cui il paziente sia inviato dal Pronto Soccorso per un consulto specialistico, ha gli stessi doveri professionali del medico che ha in carico il paziente, non potendo esimersi da responsabilità adducendo di essere stato chiamato solo per valutare una specifica situazione (Cass. IV, n. 24895/2021). L’esclusione della punibilità Il comma 2 dell'articolo prevede una causa di non punibilità, la cui applicazione è legata alla ricorrenza dei seguenti requisiti: l'evento si è verificato a causa di imperizia; sono state rispettate le linee-guida (ovvero, le c.d. buone pratiche, in mancanza delle prime); le linee-guida erano adeguate alla specificità del caso concreto. In tal senso in sede di legittimità si è precisato come in presenza dei presupposti descritti (rispetto delle linee-guida o delle buone pratiche, adeguate alla specificità del caso concreto), la causa di non punibilità trovi applicazione solo nel caso di imperizia, indipendentemente dal grado della colpa, essendo compatibile il rispetto delle linee-guida e delle buone pratiche con la condotta imperita nell'applicazione delle stesse (Cass. IV, n. 50078/2017). Con riguardo alle raccomandazioni previste dalle linee-guida, oltre che alle c.d. buone pratiche clinico-assistenziali – la cui osservanza integra una delle condizioni di esonero di responsabilità nel caso in cui l'evento sia conseguenza di imperizia – la l. n. 24/2017 ne indica all'art. 5 i requisiti ed i soggetti autorizzati all'elaborazione (nelle more della pubblicazione, la rilevanza penale della condotta ai sensi dell'art. 590-sexies può essere valutata con esclusivo riferimento alle buone pratiche clinico assistenziali adeguate al caso concreto (Cass. IV, n. 37794/2018). La Corte di legittimità ha precisato come, in tema responsabilità medica, le linee guida definite e pubblicate ai sensi dell'art. 5 legge 8 marzo 2017, n. 24, siano raccomandazioni di ordine generale, che contengono “regole” cautelari di massima, flessibili e adattabili, prive di carattere precettivo, rispetto alle quali è fatta salva la libertà di scelta professionale del sanitario nel rapportarsi alla specificità del caso concreto, nelle sue molteplici varianti e peculiarità e nel rispetto della “relazione terapeutica” con il paziente (Cass. IV, n. 7848/2022). La Suprema Corte (Cass. IV, n. 28187/2017) ha escluso l'applicazione di quanto previsto dall'art. 590-sexies nei seguenti casi: situazioni concrete in cui le raccomandazioni debbano essere radicalmente disattese a causa della peculiarità della condizione del paziente o per qualunque altra ragione imposta da esigenze scientificamente qualificate; condotte che, benché poste in essere nell'ambito di approccio terapeutico regolato da linee guida pertinenti e appropriate, tuttavia non risultino disciplinate in quel contesto regolativo (si richiama l'ipotesi dell'errore nell'esecuzione materiale di atto chirurgico pur correttamente impostato secondo le linee-guida. L'art. 3 del d.ln. 44/2021 (conv. in legge 28 maggio 2021, n. 76) stabilisce l'esclusione della punibilità per i fatti di cui agli articoli 589 e 590 verificatisi a causa della somministrazione di un vaccino per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2, quando l'uso del vaccino è conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all'immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari pubblicate sul sito istituzionale del Ministero della salute relative alle attività di vaccinazione. Si tratta di una disposizione speciale rispetto a quella in commento,che esclude la responsabilità per i delitti di omicidio colposo e lesioni personali colpose commessi nel periodo emergenziale, allorché gli eventi siano riconducibile causalmente alla somministrazione del vaccino anti SARS-Cov-2. Trattandosi di una disposizione in bonam partem, essa ex art. 2 potrà trovare applicazione anche per i fatti commessi prima della sua entrata in vigore. L'esclusione della responsabilità colposa è ancorata all'osservanza delle regole cautelari che vengono in rilievo specificamente rispetto all'attività di vaccinazione: le indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all'immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e le circolari pubblicate sul sito istituzionale del Ministero della salute relative alle attività di vaccinazione. L'art. 3-bis, contenuto nella l. n. 76/2021 (di conversione del d.l. n. 44/2021), ha stabilito la punibilità solo a titolo di colpa grave delle condotte di cui agli artt. 589e 590, ove commesse nell'esercizio di una professione sanitaria; durante lo stato di emergenza epidemiologica da COVID 19 dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 (e successive proroghe); riconducibili alla predetta situazione di emergenza. Tra i fattori che possono escludere la gravità della colpa, determinando pertanto la non punibilità della condotta: la limitatezza delle conoscenze scientifiche al momento del fatto sulle patologie da SARS-CoV-2 e sulle terapie appropriate; la scarsità delle risorse umane e materiali concretamente disponibili in relazione al numero dei casi da trattare; il minor grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale non specializzato impiegato per far fronte all'emergenza. Elemento psicologicoIl reato è punibile a titolo di colpa. A seguito dell'abrogazione della legge c.d. Balduzzi (operata dall'art. 6, comma 2, l. n. 24/2017 che ha introdotto l'art. 590-sexies), è venuta meno la distinzione tra colpa grave e colpa lieve. Nel caso di colpa per imperizia, è prevista la non punibilità dei soggetti attivi nel caso di rispetto delle linee-guida (o delle buone pratiche, ove le prime siano assenti) adeguate alla specificità del caso concreto. Le Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 8770/2017), relativamente alla questione su quale sia - in tema di responsabilità colposa dell'esercente la professione sanitaria per morte o lesioni personali - l'ambito di esclusione della punibilità previsto dall'art. 590-sexies, introdotto dall'art. 6 l. n. 24/2017, hanno affermato come l'esercente la professione sanitaria risponda, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall'esercizio di attività medico chirurgica, nei seguenti casi: se l'evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da negligenza o imprudenza; se l'evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da imperizia; se l'evento si è verificato per colpa (soltanto “grave”) da imperizia nell'ipotesi di errore rimproverabile nell'esecuzione, quando il medico, in detta fase, abbia comunque scelto e rispettato le linee-guida o, in mancanza, le buone pratiche che risultino adeguate o adatte al caso concreto, tenuto conto altresì del grado di rischio da gestire e delle specifiche difficoltà tecniche dell'atto medico. Nel giudizio sulla gravità della colpa deve tenersi conto - oltre che delle specifiche condizioni del soggetto agente, del suo grado di specializzazione e della situazione specifica in cui si è trovato ad operare - della natura della regola cautelare violata, in quanto l'eventuale natura elastica della stessa, indicando un comportamento determinabile in base a circostanze contingenti, incide sulla esigibilità della condotta doverosa omessa, richiedendo il previo riconoscimento delle stesse da parte dell'agente (Cass. IV, n.15258/2020). In sede di primo commento si è osservato come il riferimento alla imperizia sia da considerarsi connesso al raccordo con le linee-guida (la cui osservanza esclude la punibilità) che prevedono solo regole di perizia (Piras, 2) Profili di diritto intertemporaleA seguito dell'abrogazione (operata dall'art. 6 l. n. 24/2017) della previsione di cui all'art. 3, comma 1, c.d. legge Balduzzi, la limitazione della responsabilità dei sanitari ai soli casi di colpa grave da essa prevista, continuerà a trovare applicazione per i fatti commessi antecedentemente alla l. n. 24/2017, in quanto norma più favorevole. In sede di legittimità (Cass. IV, n. 28187/2017) si è precisato come per i fatti anteriori all'introduzione della norma in commento possa trovare ancora applicazione, ai sensi dell'art. 2, la disposizione di cui all'art. 3, comma 1, l. n. 189/2012, che aveva escluso la rilevanza penale delle condotte lesive connotate da colpa lieve, nei contesti regolati da linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica. Nel giudizio di rinvio successivo all'entrata in vigore della l. n. 24/2017, il giudice, in applicazione dell 'art. 2, comma 4, deve procedere all'individuazione della legge ritenuta più favorevole, tra quelle succedutesi nel tempo, da applicare al caso in giudizio (Cass. IV, n. 16140/2017). Le Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 8770/2017), a proposito dell' individuazione della legge più favorevole ex art. 2, comma 4, hanno risposto affermando come: l'abrogato art. 3 del c.d. “decreto Balduzzi” risulti più favorevole in relazione alle contestazioni per comportamenti del sanitario - commessi prima della entrata in vigore della legge Gelli-Bianco - connotati da negligenza o imprudenza, con configurazione di colpa lieve, che solo per il decreto Balduzzi erano esenti da responsabilità quando risultava provato il rispetto delle linee-guida o delle buone pratiche accreditate; nell'ambito della colpa da imperizia hanno osservato come l'errore determinato da colpa lieve, che sia caduto sul momento selettivo delle linee-guida e cioè su quello della valutazione della appropriatezza della linea-guida era coperto dalla esenzione di responsabilità del decreto Balduzzi (v. Cass. IV, n. 47289/2014, non massimata sul punto), non lo sia più in base alla novella che risulta anche per tale aspetto meno favorevole; ed altresì come "sempre nell'ambito della colpa da imperizia, l'errore determinato da colpa lieve nella sola fase attuativa andava esente per il decreto Balduzzi ed è oggetto di causa di non punibilità in base all'art. 590-sexies, essendo, in tale prospettiva, ininfluente, in relazione alla attività del giudice penale che si trovi a decidere nella vigenza della nuova legge su fatti verificatisi antecedentemente alla sua entrata in vigore, la qualificazione giuridica dello strumento tecnico attraverso il quale giungere al verdetto liberatorio". Con riguardo agli effetti civili, le Cass. S.U. n. 8770/2018 hanno affermato come la responsabilità civile anche per colpa lieve resti ferma (v. Cass. III, n. 4030/2013; Cass. IV, ord. n. 8940/2014) a prescindere dallo strumento tecnico con il quale il legislatore regoli la sottrazione del comportamento colpevole da imperizia lieve all'intervento del giudice penale. Profili processualiLa motivazione della sentenza di merito deve indicare se il caso concreto sia regolato da linee-guida o, in mancanza, da buone pratiche clinico-assistenziali, valutare il nesso di causa tenendo conto del comportamento salvifico indicato dai predetti parametri, specificare di quale forma di colpa si tratti (se di colpa generica o specifica, e se di colpa per imperizia, o per negligenza o imprudenza), appurare se ed in quale misura la condotta del sanitario si sia discostata da linee-guida o da buone pratiche clinico-assistenziali (Cass. IV, n. 37794/2018; si è precisato come per fatti commessi prima dell'entrata in vigore del d.l. n. 158/2012 è viziata la motivazione della sentenza che ometta di valutare se la condotta del sanitario sia riconducibile a raccomandazioni previste da linee guida o a buone pratiche clinico assistenziali, se si sia discostata da tali parametri, se integri colpa per imperizia, ovvero per negligenza o imprudenza, e se la colpa sia da considerare lieve o grave, Cass. IV, n. 24384/ 2018). In tema di mezzi di prova, in sede di legittimità, si è affermato il principio secondo il quale la nomina, nei procedimenti penali aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria, di un solo perito e non di un collegio in violazione del disposto dell'art. 15, comma 1, della legge 8 marzo 2017, n. 24, non è causa di nullità dell'elaborato peritale, in quanto non espressamente prevista, né incide sulla sua affidabilità, risultando esso comunque idoneo ad offrire al giudice le conoscenze scientifiche necessarie a una compiuta valutazione dei fatti oggetto di giudizio (Cass.V, n. 45719/2022). La giurisprudenza di legittimità ha precisato come il termine per proporre querela per le lesioni colpose inizi a decorrere non già dal momento in cui la persona offesa ha avuto consapevolezza della patologia contratta, bensì da quello, eventualmente successivo, in cui la stessa è venuta a conoscenza della possibilità che sulla menzionata patologia abbiano influito errori diagnostici o terapeutici dei sanitari che l'hanno curata (Cass. IV, n. 21527/2015). Il dies a quo della prescrizione per i casi di lesioni personali colpose è stato individuato nel momento dell'insorgenza della malattia “in fieri”, anche se non ancora stabilizzata in termini di irreversibilità o di impedimento permanente (Cass. IV, n. 44335/2016; Cass. IV, n. 18347/2021). In materia di colpa medica, la Corte di Cassazione ha infine stabilito che il divieto di un secondo giudizio non opera nel caso in cui l'imputato, già giudicato per il reato di lesioni colpose gravissime, sia chiamato a rispondere – in relazione alla stessa condotta – del reato di omicidio colposo, difettando il necessario requisito dell'identità del fatto attesa la diversità dell'evento (Cass. IV, n. 10152/2021). BibliografiaBartoli, Riforma Gelli-Bianco e Sezioni Unite non placano il tormento: una proposta per limitare la colpa medica, in penalecontemporaneo.it, 24 maggio 2018; Brusco, Informazioni statistiche sulla giurisprudenza penale di legittimità in tema di responsabilità medica, in penalecontemporaneo.it; 14 luglio 2016; Cupelli, Lo statuto penale della colpa medica e le incerte novità della legge Gelli-Bianco, in penalecontemporaneo.it, 3 aprile 2017; Di Giovine, Piras, Imperitia sine culpa non datur. A proposito del nuovo art. 590 sexies cp, in penalecontemporaneo.it, 1 marzo 2017; Romano, La responsabilità dell’esercente la professione sanitaria trav antichi dubbi e nuovi problemi, in penalecontemporaneo.it, 16 novembre 2018. |