Istanza per chiudere il fallimento per impossibilità di soddisfare i creditori ex art. 118, n. 4, l.fall.InquadramentoAi sensi dell'art. 118, comma 1, l.fall., norma che testualmente e tassativamente elenca le ipotesi di chiusura della procedura concorsuale, il fallimento si chiude in quattro ipotesi: 1) se nel termine stabilito nella sentenza dichiarativa di fallimento non siano state proposte domande di ammissione al passivo; 2) quando, anche prima della ripartizione finale dell'attivo, le ripartizioni ai creditori raggiungono l'intero ammontare dei crediti ammessi o questi sono estinti e sono stati pagati tutti i debiti e le spese in prededuzione; 3) quando viene compiuta la ripartizione finale dell'attivo; 4) quando, nel corso della procedura si accerta che la sua prosecuzione non consente di soddisfare neanche parzialmente i creditori concorsuali né i crediti prededucibili e le spese della procedura. In presenza di un delle ipotesi previste dall'art. 118 l. fall., nessuna facoltà discrezionale è data agli organi fallimentari di protrarre la procedura e di differirne la chiusura. La chiusura del fallimento, pertanto, può essere dichiarata nei casi previsti dall'art. 118 citato nonostante la pendenza di giudizi di opposizione allo stato passivo o di domanda tardiva di ammissione di crediti al passivo. La cognizione, pertanto, rimessa al giudice, in sede di reclamo, ai sensi dell'art. 119, comma 2, l. fall., è limitata alla verifica della sussistenza di uno dei casi di chiusura prevista dai nn. da 1 a 4 del precedente art. 118 e il reclamo contro il decreto di chiusura è dato per porre in discussione, appunto, la ricorrenza in concreto dello specifico caso rispetto al quale deve, altresì valutarsi la ricorrenza in concreto dello specifico caso rispetto al quale deve, altresì, valutarsi la legittimazione e l'interesse alla speciale impugnazione (Cass. I, n. 395/2010). La prima ipotesi prevista dalla norma è quella di chiusura del fallimento per mancanza di domande di ammissione al passivo nel termine perentorio previsto nella sentenza dichiarativa del fallimento. Non incidono, pertanto, sul provvedimento di chiusura che va ugualmente emanato le domande tardive di insinuazione al passivo fallimentare. Vanno comunque, ai sensi dell'art. 118, comma 4, l.fall., pagati i crediti prededucibili e le spese relative alla procedura concorsuale e, pertanto, il fallimento non può essere chiuso qualora sugli stessi non si sia provveduto. Nella seconda ipotesi prevista dalla norma, ossia l'estinzione o il pagamento dei crediti ammessi e delle spese, si può provvedere alla chiusura quando siano stati soddisfatti tutti i crediti ammessi al passivo comprese le spese della procedura e i crediti prededucibili. Poiché il credito, a mente della disposizione, deve risultare ammesso al passivo, deve essere terminato il procedimento di accertamento del passivo fallimentare e deve essere stato emanato il relativo decreto di esecutività e non può verificarsi nel caso - letteralmente previsto dal primo comma - della mancanza di crediti ammessi (pertanto deve essere presente almeno un credito). Secondo la giurisprudenza di legittimità la domanda d'insinuazione tardiva al passivo fallimentare non impedisce al curatore di richiedere la chiusura del fallimento ai sensi del n. 2 dell'art. 118 l.fall., per estinzione dei crediti ammessi, riferendosi la norma esclusivamente a quelli sottoposti alla verifica dello stato passivo; infatti, la presentazione tardiva, sottratta al contraddittorio e al sindacato proprio dell'ammissione al passivo, non può ritardare la chiusura del fallimento (così Cass. I, n. 25624/2007) e, comunque la chiusura del fallimento, provoca la inefficacia, per improseguibilità, di tutti i giudizi pendenti per insinuazione al passivo fallimentare (così Cass. I, n. 19394/2004). Nel caso di chiusura del fallimento per mancanza di attivo la giurisprudenza (Cass. n. 20000/2005) afferma che la chiusura del fallimento non rende improcedibile l'opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento ed il relativo giudizio continua in contraddittorio anche del curatore, la cui legittimazione non viene meno, in quanto in detto giudizio si discute se il debitore doveva essere dichiarato fallito o meno e perciò se lo stesso curatore doveva essere nominato al suo ufficio (in senso conforme alla pronuncia citata cfr. Cass. n. 2908/1968). La fattispecie della mancanza di attivo si verifica quando non sia possibile provvedere a pagamenti, né in favore dei creditori ammessi, né per soddisfare i crediti prededucibili e le spese della procedura concorsuale [1] . Nei casi di chiusura di cui ai numeri 3) e 4), ove si tratti di fallimento di società il curatore ne chiede la cancellazione dal registro delle imprese. La chiusura della procedura di fallimento della società nei casi di cui ai numeri 1) e 2) determina anche la chiusura della procedura estesa ai soci ai sensi dell'articolo 147, salvo che nei confronti del socio non sia stata aperta una procedura di fallimento come imprenditore individuale. La chiusura della procedura di fallimento nel caso di cui al n. 3) non è impedita dalla pendenza di giudizi, rispetto ai quali il curatore può mantenere la legittimazione processuale, anche nei successivi stati e gradi del giudizio, ai sensi dell'articolo 43. In deroga all'articolo 35, anche le rinunzie alle liti e le transazioni sono autorizzate dal giudice delegato. Le somme necessarie per spese future ed eventuali oneri relativi ai giudizi pendenti, nonché le somme ricevute dal curatore per effetto di provvedimenti provvisoriamente esecutivi e non ancora passati in giudicato, sono trattenute dal curatore secondo quanto previsto dall'articolo 117, comma 2. Dopo la chiusura della procedura di fallimento, le somme ricevute dal curatore per effetto di provvedimenti definitivi e gli eventuali residui degli accantonamenti sono fatti oggetto di riparto supplementare fra i creditori secondo le modalità disposte dal tribunale con il decreto di cui all'articolo 119. In relazione alle eventuali sopravvenienze attive derivanti dai giudizi pendenti non si fa luogo a riapertura del fallimento. Qualora alla conclusione dei giudizi pendenti consegua, per effetto di riparti, il venir meno dell'impedimento all'esdebitazione di cui al comma secondo dell'articolo 142, il debitore può chiedere l'esdebitazione nell'anno successivo al riparto che lo ha determinato. Va precisato che secondo la giurisprudenza il creditore non ammesso al passivo fallimentare - pur potendo, come ogni interessato, presentare "osservazioni" - non è legittimato a proporre contestazioni al rendiconto predisposto dal curatore, a norma dell'art. 116 l.fall., perché non ha un interesse concreto ed attuale ad interloquire nella fase della procedura che tende a rendere edotti i creditori ammessi ed il fallito sui risultati dell'amministrazione del patrimonio di quest'ultimo. In quanto estraneo a detta fase, il creditore non ammesso al passivo non ha neanche diritto agli accantonamenti, a garanzia dei creditori contestati, in presenza dei quali può dichiararsi la chiusura del fallimento, anche quando siano pendenti giudizi di opposizione allo stato passivo (Cass. I, n. 3500/1993). La previsione della chiusura del fallimento per mancanza di attivo va differenziata dalla previsione di cui all'art. 102 (Previsione di insufficiente realizzo) a norma della quale il tribunale, con decreto motivato da adottarsi prima dell'udienza per l'esame dello stato passivo, su istanza del curatore depositata almeno venti giorni prima dell'udienza stessa, corredata da una relazione sulle prospettive della liquidazione, e dal parere del comitato dei creditori, sentito il fallito, dispone non farsi luogo al procedimento di accertamento del passivo relativamente ai crediti concorsuali se risulta che non può essere acquisito attivo da distribuire ad alcuno dei creditori che abbiano chiesto l'ammissione al passivo, salva la soddisfazione dei crediti prededucibili e delle spese di procedura. FormulaTRIBUNALE DI ... Fallimento ... Giudice delegato ... Curatore Dott. ... ISTANZA DI CHIUSURA DEL FALLIMENTO PER MANCANZA DI ATTIVO EX ART. 118, N. 4 L.FALL. Il sottoscritto nella qualità di Curatore del Fallimento in oggetto, PREMESSO CHE — con sentenza del ... il Tribunale ha dichiarato il fallimento della Società .............; — successivamente all'accettazione dell'incarico sono state espletate tutte le attività di legge volte alla migliore gestione della procedura di fallimento; in particolare è stata svolta sia l'attività di verifica del passivo con l'esame delle istanze tempestive e tardive; sia, previa approvazione del programma di liquidazione, l'attività di liquidazione e, segnatamente, di recupero crediti anche di natura risarcitoria; — all'udienza del ... è stato approvato il conto della gestione e subito dopo effettuati i pagamenti in favore del curatore e dei restanti creditori prededucibili di rango privilegiato ex art. 2751 bis n. 2 c.c. nei limiti delle disponibilità della procedura; — poiché la prosecuzione del fallimento non consente di soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali, non avendo neppure soddisfatto integralmente i crediti prededucibili privilegiati, CHIEDE all'Ill.mo Tribunale, presi gli opportuni provvedimenti, di dichiarare chiusa la procedura di fallimento della Società ... s.r.l. ai sensi dell' art. 118, comma 4, l.fall. Con osservanza Il Curatore ... CommentoAttesa la possibilità di proporre in via anticipata la chiusura del fallimento, ai sensi dell'art. 102 l.fall., sia prima delle operazioni di verifica dello stato passivo che in qualsiasi altro momento emerga che non sussistono prospettive di realizzo, la fattispecie di chiusura per mancanza di attivo esaminata nella presente formula diviene rilevante soltanto quando il curatore si è trovato a svolgere il proprio lavoro nella ragionevole prospettiva di poter conseguire attivo. Prospettiva rivelatasi irrealizzabile solo nel momento finale della procedura. In questa fattispecie l'istanza dovrà contenere una compiuta analisi del curatore sui costi benefici venendo in questa fattispecie in considerazione le ragioni che hanno portato a rinunce sulla riscossione coattiva di crediti e prima ancora sulla instaurazione di processi attivi per la massa e poi infine sulla esitazione dei beni. Come pure andrà illustrato al tribunale se le spese da affrontare per la prosecuzione non superino l'utile da realizzare; e se, in ipotesi di prosecuzione, si riuscirà perlomeno a coprire i debiti della massa e il compenso del curatore, senza gravare sull'erario. E infine andrà ancora evidenziato se l'ulteriore protarsi della procedura alle condizioni sopra descritte non sia contrario all'interesse pubblico ad una sollecita definizione del procedimento fallimentare. Una particolare attenzione va poi dedicata alla oggettiva consistenza del passivo rispetto all'attivo ipoteticamente realizzabile, in quanto qualora detto passivo dovesse essere notevolmente superiore all'attivo ipoteticamente realizzabile, sarebbe comunque inutile proseguire nella procedura in assenza di prospettive di soddisfacimento dei creditori. |