Esame della proposta di concordato fallimentare e comunicazione ai creditori

Vito Amendolagine

Inquadramento

La proposta di concordato è presentata al giudice delegato, il quale chiede il parere del curatore, con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione ed alle garanzie offerte. Quando il ricorso è proposto da un terzo, esso deve contenere l'indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata al quale ricevere le comunicazioni. Si applica l'art. 31 bis, comma 3, l.fall.

Una volta espletato tale adempimento preliminare il giudice delegato, acquisito il parere favorevole del comitato dei creditori, valutata la ritualità della proposta, ordina che la stessa, unitamente al parere del comitato dei creditori e del curatore, venga comunicata a cura di quest'ultimo ai creditori a mezzo posta elettronica certificata, specificando dove possono essere reperiti i dati per la sua valutazione ed informandoli che la mancata risposta sarà considerata come voto favorevole. Nel medesimo provvedimento il giudice delegato fissa un termine non inferiore a venti giorni né superiore a trenta, entro il quale i creditori devono far pervenire nella cancelleria del tribunale eventuali dichiarazioni di dissenso. In caso di presentazione di più proposte o se comunque ne sopraggiunge una nuova, prima che il giudice delegato ordini la comunicazione, il comitato dei creditori sceglie quella da sottoporre all'approvazione dei creditori; su richiesta del curatore, il giudice delegato può ordinare la comunicazione ai creditori di una o di altre proposte, tra quelle non scelte, ritenute parimenti convenienti. Si applica l'art. 41, comma 4, l.fall.

Qualora la proposta contenga condizioni differenziate per singole classi di creditori essa, prima di essere comunicata ai creditori, deve essere sottoposta, con i pareri di cui al primo e secondo comma, al giudizio del tribunale che verifica il corretto utilizzo dei criteri di cui all'art. 124, comma 2, lettere a) e b) tenendo conto della relazione resa ai sensi dell'art. 124, comma 3, l.fall.

Formula

Egregio Sig./Spett.le Società....

(denominazione/ragione sociale) ....

Via.... n. ....

Cap.... città....

(tramite posta elettronica certificata all'indirizzo del destinatario)

Oggetto: Comunicazione ex art. 125, comma 2, l.fall., di domanda di concordato fallimentare nonché di relativi pareri del comitato dei creditori e del curatore

Il sottoscritto...., nella qualità di Curatore del Fallimento n. ..../...., della Società...., comunica quanto segue.

In data....è stata depositata, nella Cancelleria del Tribunale di...., domanda di concordato fallimentare ex art. 124 l.fall., che si allega in copia, da parte di ....

La proposta è così strutturata: .... (descrivere il contenuto della proposta di concordato fallimentare)

Il Giudice delegato ha acquisito, in data...., i pareri del comitato dei creditori e dello scrivente curatore, anch'essi allegati alla presente comunicazione.

Al fine della valutazione della domanda di concordato è possibile reperire i dati sia nella documentazione allegata alla presente, sia presso .... (indicare di seguito l'ulteriore possibilità di reperimento dati)

Con provvedimento del...., il Giudice delegato ha fissato - in giorni .... dalla ricezione della presente - il-termine per far pervenire, nella Cancelleria del Tribunale di ...., eventuale dichiarazione di dissenso. Si precisa che la mancata risposta sarà considerata come voto favorevole.

Luogo e data....

Il Curatore....

Commento

L'art. 125 l. fall. prevede che l'eventuale manifestazione di dissenso deve pervenire in cancelleria essa, dunque, non può ritenersi validamente espressa se indirizzata al curatore (Cass. VI, n. 25416/2016). L'evoluzione normativa introdotta con la novellazione del 2006 e 2007, in ragione della quale i poteri del giudice sono limitati alla sua funzione di garante della regolarità della procedura e custode dell'osservanza dei principi fondanti dell'ordinamento, nonchè di organo delegato alla soluzione dei conflitti che dalla procedura derivano, mentre resta affidata agli altri organi della procedura o direttamente ai creditori riuniti in adunanza la decisione circa il merito delle scelte che attengono alle modalità con cui pervenire alla liquidazione del patrimonio del debitore e, quindi, al soddisfacimento dei creditori (cfr. Cass. I, n. 3274/2011), trova riscontro anche nell'ambito della procedura di concordato fallimentare. Gli artt. 127 e 128 l.fall. devolvono, infatti, ai creditori il giudizio di convenienza della proposta concordataria, sulla base del parere formulato dal curatore e dal comitato dei creditori, con riguardo ai presumibili risultati della liquidazione, restando pertanto soppressa la preventiva valutazione già affidata dall'art. 125 l.fall. al giudice delegato, al quale spetta ora soltanto un controllo sulla ritualità della proposta. Il procedimento di omologazione, poi, ha ad oggetto solamente la verifica della regolarità formale della procedura e dell'esito della votazione, salvo che il concordato preveda la suddivisione dei creditori in classi ed alcune di esse risultino dissenzienti, restando pertanto esclusa ogni valutazione sul contenuto della proposta, contrariamente a quanto previsto dal testo originario dell'art. 130 l. fall., che demandava al tribunale non solo un controllo in ordine alla ritualità del procedimento ed all'osservanza degli adempimenti prescritti dalla legge, ma anche l'esame del merito della proposta, e, quindi, la valutazione della sua convenienza ed opportunità.

La giurisprudenza di legittimità ha peraltro avuto occasione di precisare che nel caso in cui la proposta concordataria venga avanzata da un terzo, tale esclusione può tuttavia comportare un ingiustificato sacrificio per le ragioni del debitore, il quale, non essendo parte dell'accordo intervenuto tra il proponente ed i creditori, può vedersi sottrarre i suoi beni sulla base di una valutazione che, pur idonea a soddisfare i crediti in misura ritenuta conveniente dalla maggioranza dei creditori, risulti insufficiente rispetto al valore reale dell'attivo fallimentare (Cass. n. 16378/2011). Tale eventualità si pone in contrasto con i principi ispiratori del sistema della responsabilità patrimoniale e con le norme che disciplinano il processo di esecuzione forzata, individuale o collettiva, in virtù dei quali la sottrazione al debitore del potere di amministrare i propri beni e di disporne trova giustificazione soltanto nei limiti risultanti dalla finalità, cui essa è preordinata, di soddisfacimento delle pretese dei creditori, dovendosi realizzare un giusto equilibrio tra gl'interessi di questi ultimi e quello del debitore al rispetto dei propri beni (cfr. Cass. n. 6904/2010).

E' stato d'altronde chiarito che l'utilizzazione del concordato non è sottratta al divieto di abuso del diritto, la cui applicazione, ormai ampiamente diffusa in riferimento sia agl'istituti di diritto sostanziale che a quelli di diritto processuale, trova fondamento nel principio generale secondo cui l'ordinamento tutela il ricorso agli strumenti che esso stesso predispone nei limiti in cui essi vengano impiegati per il fine per cui sono stati istituiti, senza procurare a chi li utilizza un vantaggio ulteriore rispetto alla tutela del diritto presidiato dallo strumento e a chi li subisce un danno maggiore rispetto a quello strettamente necessario per la realizzazione del diritto dell'agente (Cass. n. 16378/2011).

La limitazione dei poteri del giudice, in sede di omologazione del concordato, al controllo di legalità della procedura, con la conseguente esclusione di ogni valutazione in ordine al merito della proposta, non impedisce pertanto al tribunale di verificare l'eventuale abuso dell'istituto in esame, per la cui configurabilità non è peraltro sufficiente che la proposta appaia poco conveniente al debitore, anche in relazione alle previste modalità di soddisfazione dei creditori, o che la stima dei beni sia ritenuta da lui inadeguata, occorrendo invece che le modalità di utilizzazione del concordato rivelino l'intento di piegare tale strumento a finalità diverse da quelle per cui è predisposto, e che consistono nell'agevolare la soluzione anticipata della crisi d'impresa mediante una soluzione che tuteli i diritti di tutti i creditori con le modalità approvate dalla maggioranza, senza arrecare al fallito un pregiudizio non necessario (Cass. n. 16378/2011).

In conclusione dunque, alla luce della giurisprudenza di legittimità, in sede di omologazione del concordato fallimentare al giudice compete solo di controllo di legalità della procedura con esclusione di ogni valutazione di merito ad eccezione della verifica dell'eventuale abuso dell'istituto in esame.

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