Decreto legislativo - 8/07/1999 - n. 270 art. 91 - Azioni revocatorie.

Rosaria Giordano

Azioni revocatorie.

1. Fermo quanto stabilito dall'articolo 49, comma 1, il commissario straordinario ed il curatore dell'impresa dichiarata insolvente possono proporre l'azione revocatoria prevista dall'articolo 67 della legge fallimentare nei confronti delle imprese del gruppo relativamente agli atti indicati nei numeri 1), 2) e 3) dello stesso articolo compiuti nei cinque anni anteriori alla dichiarazione dello stato di insolvenza, e relativamente agli atti indicati nel numero 4) e nel secondo comma dello stesso articolo compiuti nei tre anni anteriori.

2. Al fine dell'esperimento dell'azione il commissario straordinario ed il curatore possono chiedere le informazioni previste dall'articolo 83.

Inquadramento

Vengono previsti, dalla disposizione in esame, termini più ampi per l'esercizio dell'azione revocatoria nei confronti delle imprese del gruppo.

Il fondamento giuridico delle revocatorie aggravate è stato ricollegato all'esigenza di evitare che l'impresa soggetta alla procedura si venga a trovare priva di una consistenza patrimoniale per essere stata svuotata da precedenti trasferimenti di attività in favore di altre imprese del gruppo (Alessi, 172).

La competenza a giudicare sulle revocatorie aggravate appartiene al tribunale che ha dichiarato l'insolvenza, trattandosi di un'azione che deriva dalla procedura.

La disciplina dettata dalla legge c.d. Prodi

Nei confronti delle società di cui al comma primo dell'art. 3, l. n. 95/1979, ancorché non dichiarate insolventi, il commissario straordinario dell'impresa posta in amministrazione straordinaria poteva esperire l'azione revocatoria relativamente agli atti indicati nei nn. 1), 2) e 3) dell'art. 67, compiuti nei cinque anni anteriori. Inoltre poteva esercitare tale azione relativamente agli atti, indicati nel n. 4) e nel comma 2 di detta disposizione, posti in essere nei tre anni anteriori (in dottrina v., tra gli altri, Cavalaglio, 752 ss.; Montanari, 85).

Restava sempre salva la possibilità per detto organo di esperire le azioni revocatorie disciplinate dalla legge fallimentare (App. Bologna 14 gennaio 1995, in Fall. 1995, 783; Trib. Milano 10 maggio 1990, in Fall. 1990, 1165; Trib. Torino 5 marzo 1990, in Fall. 1990, 860).

Quanto alla decorrenza del computo del termine, in giurisprudenza si era delineato un contrasto interpretativo, affermandosi a volte che essa dovesse avere inizio dal provvedimento di ammissione alla procedura ed in altre dalla dichiarazione dello stato d'insolvenza (Cass. I, n. 3421/1994; Cass. I, n. 2036/1993; App. Milano 9 gennaio 1986, in Dir. fall., 1987, II, 930).

In ordine alla legittimazione attiva, una parte della dottrina aveva sostenuto che l'azione potesse essere promossa solo dalla società che per prima era stata sottoposta all'amministrazione straordinaria (Alessi, 346; Bonsignori, 147; Libonati, 105); altri, invece, avevano sostenuto che l'azione potesse essere esercitata anche dalle società cui fosse stata estesa la procedura (Alessi, 174 ss.; Colesanti-Maffei Alberti-Schlesinger, 749).

Il dato temporale cui occorreva aver riguardo per accertare l'esistenza del collegamento di cui al terzo comma dell'art. 3, secondo alcune indicazioni manifestate dai giudici di merito, era il momento in cui era stato posto in essere l'atto impugnato e non quello della proposizione della domanda o della dichiarazione d'insolvenza (cfr. Trib. Milano 8 luglio 1982, in Fall. 1983, 174).

Le revocatorie aggravate nella disciplina vigente

La norma in commento riproduce la precedente disposizione sulla previsione delle azioni revocatorie aggravate nei confronti delle imprese del gruppo, relativamente agli atti elencati nei nn. 1, 2, 3 e 4 dell'art. 67, ferma restando l'estensione del periodo sospetto a cinque ed a tre anni, limitatamente all'ipotesi di cui al n. 4. Essendo le novità limitate ad alcuni aspetti relativi al funzionamento pratico dell'istituto, in materia si ripropongono le medesime questioni che avevano impegnato in passato la dottrina e la giurisprudenza e sulle quali non sempre era stato possibile proporre una soluzione soddisfacente.

In particolare, occorre in primo luogo osservare che, anche nella nuova normativa, il fondamento giuridico delle azioni revocatorie aggravate è correlato all'esigenza di evitare che l'impresa soggetta alla procedura si venga a trovare priva di una consistenza patrimoniale per essere stata svuotata da precedenti trasferimenti di attività in favore di altre imprese del gruppo (Alessi, 172).

L'impresa, nei confronti della quale si intende esperire la revocatoria aggravata, può trovarsi in bonis, oppure può essere stata sottoposta alla procedura d'insolvenza. Nel primo caso la prova del collegamento tra l'impresa attrice e quella convenuta non può che far carico all'attrice, perché costituisce il presupposto per l'esperibilità dell'azione ed a tal fine il commissario straordinario od il curatore potranno chiedere informazioni alla CONSOB e ad ogni altro pubblico ufficio. Nel secondo la prova del collegamento emerge dalla stessa sentenza dichiarativa dello stato d'insolvenza. Nell'ipotesi in cui l'azione revocatoria sia promossa nei confronti di un'altra imprese in stato d'insolvenza, si pone poi l'interrogativo se la pronuncia debba arrestarsi alla mera declaratoria d'inefficacia oppure possa estendersi all'effetto restitutorio del bene oggetto dell'impugnazione. Anche in questo caso riterremmo applicabile il principio interpretativo già enunciato in materia di revocatoria tra fallimenti, affermando che la procedura dell'impresa attrice possa chiedere la declaratoria d'inefficacia davanti al tribunale che ha disposto l'apertura, mentre deve rivolgersi a quello che ha dichiarato l'insolvenza dell'impresa convenuta ed insinuare l'ammontare della somma revocata oppure il credito inerente al valore del bene oggetto della domanda.

Anche per la revocatoria aggravata vale la regola della sua ammissibilità, solo se sia stata autorizzata l'esecuzione di un programma di cessione dei complessi aziendali, poiché nella parte iniziale la disposizione in esame precisa espressamente che resta fermo quanto previsto dall'art. 49, comma primo. Con ciò viene implicitamente confermato il principio secondo cui l'imprenditore non può conseguire il ritorno in bonis a danno di coloro che abbiano ricevuto, anteriormente alla procedura, dei pagamenti od abbiano contrattato con lo stesso, anche se si tratta di imprese collegate a quella soggetta a procedura. La presenza di un programma di cessione per l'esercizio delle azioni revocatorie deve riguardare la società attrice e non la convenuta.

Nella legislazione vigente, non si può più dubitare che il termine del periodo sospetto debba essere computato dalla dichiarazione dello stato d'insolvenza e non dall'apertura della procedura di amministrazione straordinaria, emergendo tale precisazione dalla stessa indicazione della legge e trattandosi di un'azione esperibile indipendentemente dall'avvio di detta procedura.

Sorge peraltro il distinto interrogativo in ordine all'individuazione del dies a quo rilevante per la decorrenza del termine quinquennale di prescrizione dell'azione revocatoria. A riguardo, tenuto conto del disposto dell'art. 2935 c.c., è prevalente l'impostazione secondo cui per l'impresa ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria il termine decorre dalla data di autorizzazione all'esecuzione di un programma di cessione dei beni aziendali e per quella invece dichiarata insolvente e successivamente fallita dalla data della sentenza di fallimento (Costa-Pappalardo, 693).

Si è sostenuto, in passato che l'accertamento del collegamento, una volta intervenuto in un primo giudizio di revoca, debba valere anche in tutte le altre controversie che dovessero insorgere tra le stesse parti, ma la medesima efficacia non può, invece, sussistere nei giudizi esperiti nei confronti di altre imprese. Invece, nel caso in cui sia stata dichiarata l'insolvenza dell'impresa convenuta, l'accertamento del collegamento avendo formato oggetto di esame in sede di estensione della procedura, può essere contestato esclusivamente nel giudizio di opposizione. Pertanto, l'esistenza di questo presupposto, dipendendo dalla definizione di tale procedimento di opposizione, non può essere accertato anche in quelli di revocatoria aggravata.

Essendo preposto alla procedura delle imprese del gruppo insolventi lo stesso commissario straordinario, sorge l'interrogativo se sia configurabile un'ipotesi di conflitto d'interessi e se si debba, pertanto, procedere alla nomina di un curatore speciale.

Gli atti revocabili sono quelli di cui ai nn. 1, 2, e 3 dell'art. 67, ove compiuti nei cinque anni anteriori alla dichiarazione dello stato di insolvenza e quello di cui al n. 4, se posto in essere nei tre anni antecedenti tale dichiarazione. Atteso il rinvio alle fattispecie disciplinate dall'art. 67, si è evidenziato che a seguito della riforma della legge fallimentare dovrebbero trovare applicazione anche nel caso in esame le esenzioni dalla revocatoria previste dalla norma (cfr. Costa-Pappalardo, 692). Vale ancora ricordare che, per gli atti di cui al comma 1 dell'art. 67, sussiste la presunzione della scientia decoctionis del debitore e che la parte convenuta può dimostrare di non avere avuto consapevolezza dello stato d'insolvenza, mentre, per gli atti di cui all'art. 67, comma secondo, l'onere della prova è a carico della procedura attrice.

La competenza a giudicare sulle revocatorie aggravate appartiene al tribunale che ha dichiarato l'insolvenza, trattandosi di un'azione che deriva dalla procedura, ai sensi dell'art. 13 del decreto legislativo in esame: è venuta pertanto meno la vis attractiva del Tribunale che per primo aveva dichiarato l'insolvenza di una società del gruppo dotata dei requisiti dimensionali (Paluchowski, 2482).

Non è più prevista l'applicazione del rito sancito per le controversie di lavoro, ai sensi della l. 11.8.1973, n. 533. L'innovazione è senz'altro da approvare, perché consente di evitare gli inconvenienti che il rito speciale aveva comportato in questa materia (Colesanti-Maffei Alberti-Schlesinger, 752).

L'aspetto innovativo della legge riguarda la previsione che tali azioni possano essere esercitate non soltanto dal commissario straordinario, ma anche dal curatore, inserendo così nel contesto normativo un principio interpretativo che, in passato, era stato proposto all'attenzione degli studiosi, ma che non poteva assicurare una sua applicazione a pieno titolo (Bonelli, 156; Borgioli, 306; Libonati, 129). Non viene invece prevista la legittimazione del commissario giudiziale attesa l'improponibilità delle azioni revocatorie prima che sia stata autorizzata l'esecuzione di un programma di cessione dei beni aziendali, in conformità all'art. 49, comma primo (cfr. Costa-Pappalardo, 692).

Bibliografia

Abbadessa, I gruppi di società nel diritto italiano, in Pavone, La Rosa (a cura di), I gruppi di società, Bologna, 1982; Alessi, L'amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi, Milano, 2000; Alessi, L'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, in Fall. 1979; Bonelli, La responsabilità degli amministratori di società per azioni, in Quad. giur. comm., 1992, n. 135, Milano; Bonsignori, L'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, in Bricola-Galgano-Santini (a cura di), Comm. Scialoja-Branca. Legge fallimentare, Bologna-Roma 1974; Borgioli, Direzione unitaria e responsabilità nell'amministrazione straordinaria, Riv. soc. 1982; Cavalaglio, La disciplina delle azioni revocatorie, in Bonfatti-Falcone (a cura di), La riforma dell'amministrazione straordinaria, Roma 2000; Cavalaglio, L'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, in Satta, Diritto fallimentare, Padova, 1996; Colesanti-Maffei Alberti-Schlesinger, Provvedimenti urgenti per l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, in Nuove leggi civ. comm., 1979; Costa-Pappalardo, Amministrazione straordinaria e gruppo di imprese, in Costa (a cura di), L'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, Torino, 2008; Di Sabato, Ricostruzione ed unificazione del gruppo nell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, in Dir. fall., 1988, I; Libonati, Il gruppo insolvente, Firenze, 1981; Montanari, Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi e revocatoria fallimentare, in Giur. comm. 1981, I; Paluchowski (a cura di), Nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, in Pajardi (a cura di), Codice del fallimento, Milano, 2013; Sandulli, La responsabilità patrimoniale nell'ambito del gruppo in amministrazione straordinaria, in Dir. fall. 1984, I, 50; Tombari, Il gruppo di società, Milano 1998.

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