Decreto legislativo - 8/07/1999 - n. 270 art. 89 - Denuncia al tribunale.Denuncia al tribunale. 1. Il commissario giudiziale, il commissario straordinario e il curatore dell'impresa dichiarata insolvente possono proporre la denuncia prevista dall'articolo 2409 del codice civile contro gli amministratori e i sindaci delle società del gruppo. 2. Nel caso di accertamento delle gravi irregolarità denunciate, il commissario o il curatore denunciante può essere nominato amministratore giudiziario della società del gruppo a norma del terzo comma dell'articolo 2409 del codice civile. InquadramentoLa disposizione in esame riproduce la regolamentazione della precedente legge c.d. Prodi in materia di denuncia al tribunale, ai sensi dell'art. 2409 c.c. e, pertanto, possono valere i principi interpretativi elaborati in materia dalla dottrina. Anche in questa ipotesi il rinvio deve intendersi come «formale», ossia alla disciplina vigente in tema di denuncia al Tribunale di gravi irregolarità, procedimento invero significativamente modificato, dopo l'emanazione del decreto in commento, dal d.lgs. n. 5 del 2003. Denuncia al tribunale per gravi irregolaritàLa norma in commento riproduce la regolamentazione della precedente legge c.d. Prodi in materia di denuncia al tribunale, ai sensi dell'art. 2409 c.c. e, pertanto, possono valere i principi interpretativi elaborati in materia dalla dottrina. Anche in questa ipotesi il rinvio deve intendersi «formale», ossia alla disciplina vigente in tema di denuncia al Tribunale di gravi irregolarità, procedimento invero significativamente modificato, dopo l'emanazione del decreto in commento, dal d.lgs. n. 5 del 2003. Il riferimento normativo riguarda le società non assoggettate all'amministrazione straordinaria e ciò è agevolmente desumibile dal fatto che, all'atto dell'apertura della procedura, secondo la previsione dettata dall'art. 200, cessano le funzioni dell'assemblea e degli organi di amministrazione e di controllo, sicché non sarebbe neppure configurabile l'instaurazione del procedimento previsto dall'art. 2409 c.c.. La disciplina in esame, a stretto rigore, dovrebbe trovare applicazione anche nei confronti delle società che siano state ammesse al concordato preventivo ed anche a quelle dichiarate insolventi, ai sensi dell'art. 3 d.lgs. 270/1999, ove il tribunale non abbia disposto la gestione commissariale. Tuttavia il compimento di gravi irregolarità dovrebbe comportare per le procedure concorsuali minori l'applicazione della sanzione di cui all'art. 173 l.fall. e quelle dichiarate insolventi ai sensi del citato art. 3 l'affidamento della gestione al commissario giudiziale. Sotto tale profilo quanto rappresentato sull'estensione dell'art. 2409 c.c. a tali società assume un profilo squisitamente teorico. La novità principale è costituita dall'estensione della disciplina anche al caso di fallimento e, quindi, la possibilità che l'iniziativa della denuncia delle gravi irregolarità competa al curatore. La legittimazione attiva spetta, pertanto, sia al commissario giudiziale, sia a quello straordinario, sia al curatore del fallimento e presuppone la sussistenza del collegamento previsto dall'art. 80. Quanto alle spese del procedimento opera il principio, ormai consolidato, per il quale la condanna al pagamento delle spese processuali pronunciata a favore di colui che le abbia anticipate, partecipando al procedimento in forza di interessi giuridicamente qualificati dalla sua posizione rispetto alla corretta amministrazione della società, pur non essendo accessoria ad una decisione su diritti soggettivi, né collegabile a comportamenti anteriori al processo, è legittima nella parte in cui si fondi sulla soccombenza processuale dei controinteressati nel contrasto delle posizioni soggettive, anche se non può avere, comunque, ad oggetto le spese di ispezione giudiziale della società, che restano sempre a carico dei denuncianti (cfr. Cass. I, n. 30052/2011). Sotto altro profilo, è stato anche chiarito che le spese sostenute dalla società nel corso dell'amministrazione giudiziaria, disposta dal giudice ai sensi dell'art. 2409 c.c., non possono gravare sui ricorrenti, sia se si tratti del compenso dell'amministratore giudiziario, sia se relative alla gestione ordinaria, o straordinaria, necessaria per eliminare le gravi irregolarità riscontrate, in quanto è la società che si giova dell'attività di tale ausiliario del giudice (Cass. I, n. 27663/2011). Sul concetto di «gravi irregolarità» la giurisprudenza ha offerto una larga casistica, nel tentativo d'individuare i comportamenti idonei ad integrare il ricorso alla denuncia al tribunale, ai sensi dell'art. 2409 c.c. Così si è ritenuto che possano ritenersi tali l'incompleta informazione dei soci nel corso dell'assemblea, il perseguimento di interessi personali da parte degli amministratori, la violazione delle norme dettate per la redazione del bilancio e le alterazioni dei suoi risultati, l'occultamento e l'omesso pagamento del debito fiscale, l'inclusione nel conto economico di ricavi non ancora realizzati, l'inosservanza delle regole di prudenza e di avvedutezza, l'omissione delle formalità di convocazione dell'assemblea, o la mancata convocazione in presenza dell'azzeramento del capitale sociale o della sua perdita oltre il minimo di legge, la mancata contabilizzazione di accreditamenti, ecc. Costituisce inoltre grave irregolarità la prosecuzione dell'attività d'impresa da parte del liquidatore di società per azioni senza una preventiva autorizzazione da parte dell'assemblea (Trib. Nocera Inferiore 1 agosto 2012, in Foro it. 2012, n. 10, 2854, con nota di Niccolini). Si è evidenziato, sempre in sede applicativa, che costituisce grave irregolarità, rilevante ai sensi dell'art. 2409 c.c., la nomina come amministratore indipendente di un soggetto che ha già rivestito l'incarico di sindaco in alcune società del gruppo, in quanto la relativa retribuzione, commisurata all'importanza e al prestigio della carica, mina la sua autonomia di giudizio (Trib. Parma 29 marzo 2013, in Giur. Comm. 2014, II, n. 1, 95, con nota di Del Linz). È stato, viceversa negato che possano integrare il concetto di gravi irregolarità le censure mosse alle scelte discrezionali assunte dagli amministratori nel corso della loro gestione, il rifiuto di informazioni fuori dell'assemblea, dopo il voto contrario espresso dalla maggioranza, l'avere impedito episodicamente l'accesso ai soci alla sede della società per l'esame dei libri, ecc. Più in generale, poiché il presupposto per l'applicazione dell'art. 2409 c.c. risiede nel fondato sospetto che gli amministratori (o i liquidatori), in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto, anche senza dolo o colpa, gravi irregolarità nella gestione, che possano arrecare danno alla società o a una o più società controllate, si è osservato che ai fini dell'instaurazione del procedimento, chi ricorre, deve, pertanto, manifestare un fondato sospetto, fornendo indizi obiettivi tali da rendere verosimile la denuncia, senza, tuttavia essere tenuto a provare pienamente l'irregolarità denunciata nella sua materialità, la quale deve, invece, essere accertata attraverso il controllo giudiziario (Trib. Novara 21 maggio 2012). Nomina dell'amministratore giudiziarioIl secondo comma della disposizione in esame sancisce che, nel caso in cui siano state accertate le gravi irregolarità denunciate, il commissario straordinario od il curatore possono essere nominati amministratore giudiziario della società del gruppo, ai sensi del comma 3 dell'art. 2409 c.c. Il testo della disposizione riproduce quello esistente nella l. n. 95 del 1979 (salvo l'uso dell'indicativo anziché del futuro) che, per la verità, non si era sottratto al rilievo di una scarsa chiarezza, essendo stato posto l'interrogativo se il tribunale dovesse nominare necessariamente il commissario straordinario oppure anche un'altra persona. Se si ritiene che il tribunale possa nominare anche soggetti diversi dal commissario straordinario, si rimane più aderenti all'espressione della norma e, se si segue l'altra interpretazione, si ottiene certamente il risultato più funzionale di un'unica gestione, non soltanto in presenza di imprese del gruppo insolventi, ma anche di quelle male amministrate. Peraltro, è stata suggerita l'opportunità di procedere alla nomina dell'amministratore giudiziario nella medesima persona del commissario giudiziale o straordinario che ha presentato la denuncia perché così si potrebbe agevolare la gestione del gruppo (Maffei Alberti, 1899). Non si dovrebbe dubitare che, anche nell'ipotesi considerata, i soci che rappresentino il decimo del capitale sociale ed il pubblico ministero possano non soltanto denunciare al tribunale le gravi irregolarità, ma anche chiedere l'accertamento del collegamento tra la società in amministrazione straordinaria e quella non gestita correttamente, così come sembra da escludere che la nomina del commissario straordinario ad amministratore giudiziario possa essere adottata autonomamente dal tribunale. Il commissario straordinario che assume le funzioni di amministratore giudiziario della società è soggetto ai poteri direttivi e di controllo del tribunale, secondo la stessa disciplina dettata dall'art. 2409 c.c. Ai sensi dell'art. 94 disp. att. c.c., l'amministratore giudiziario deve adempiere con diligenza ai doveri del proprio ufficio e può essere revocato in ogni tempo su richiesta del pubblico ministero e di chiunque vi abbia interesse. Qualora il commissario straordinario assuma la funzione di amministratore giudiziario della società collegata, si pone l'interrogativo se possa ugualmente sussistere la facoltà del tribunale di revocarlo. Si darebbe vita, infatti, ad una sovrapposizione di poteri del tribunale e dello stesso Ministro dell'industria (rectius, dello Sviluppo Economico) per la revoca del curatore e del commissario straordinario, per cui sembra preferibile distinguere tra le due posizioni, lasciando l'iniziativa al tribunale esclusivamente nell'ipotesi di fatti ricollegabili alla funzione di amministratore giudiziario. L'amministratore giudiziario nominato nel procedimento disciplinato dall'art. 2409 c.c., per la natura stessa dell'attività che gli è demandata dal giudice, che si concreta nella gestione della società, strumentale al ripristino del suo corretto funzionamento, non rientra nella categoria degli ausiliari del giudice prevista dal d.P.R. n. 115/2002, con la conseguenza che il rimedio dato contro il provvedimento che dispone la liquidazione del compenso per l'opera da esso prestata non può consistere nell'opposizione prevista dal citato d.P.R. n. 115/2002, art. 170, ma deve individuarsi, attesa la natura monitoria del decreto pronunciata ai sensi dell'art. 92 disp. att. ultimo comma c.p.c., nel rimedio di carattere generale previsto dall'art. 645 c.p.c. (Cass. I, n. 25661/2014). 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