Decreto legislativo - 8/07/1999 - n. 270 art. 84 - Conversione del fallimento in amministrazione straordinaria.

Alessandro Nastri

Conversione del fallimento in amministrazione straordinaria.

1. Se il decreto che dichiara aperta la procedura madre è emesso dopo la sentenza di fallimento di una impresa del gruppo, il tribunale che ha dichiarato il fallimento ne dispone la conversione in amministrazione straordinaria, qualora sussistano i presupposti stabiliti dall'articolo 81 e sempre che non sia già esaurita la liquidazione dell'attivo. Il tribunale provvede su istanza di chiunque vi abbia interesse o d'ufficio.

2. Ai fini indicati nel comma 1, il tribunale invita con decreto il curatore ed il commissario straordinario a depositare in cancelleria ed a trasmettere al Ministro dell'industria entro trenta giorni una relazione contenente una valutazione motivata circa la sussistenza dei presupposti per la conversione.

3. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 28, commi 4 e 5, 29, 30 e 33, sostituiti al commissario giudiziale il curatore ed il commissario straordinario.

Inquadramento

La disposizione in esame regola un'ipotesi peculiare di conversione del fallimento in amministrazione straordinaria, applicabile esclusivamente alle «imprese del gruppo» di cui all'art. 80 d.lgs. n. 270/1999, comma 1, lett. b) che siano state dichiarate fallite prima dell'apertura della procedura di amministrazione straordinaria di un'altra impresa del gruppo.

Rispetto alla previsione di cui all'art. 35 d.lgs. n. 270/1999, riguardante la conversione del fallimento in amministrazione straordinaria dell'impresa in capo alla quale, all'esito del reclamo proposto ex art. 18 l.fall. avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, si accerti la sussistenza dei requisiti dettati dall'art. 2, i presupposti sono differenti. A legittimare la conversione, infatti, è l'apertura della procedura di amministrazione straordinaria di un'impresa dello stesso gruppo, ossia di una «procedura madre» ai sensi dell'art. 80 d.lgs. n. 270/1999, comma 1, lett. a), indipendentemente dal fatto che l'impresa fallita possieda i requisiti previsti dall'art. 2 d.lgs. n. 270/1999, purché essa presenti concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico della propria attività o risulti comunque opportuna la gestione unitaria dell'insolvenza nell'ambito del gruppo (Apice, Mancinelli, 425), e sempre che non sia già esaurita la liquidazione dell'attivo in seno alla procedura fallimentare (Daccò, 442).

La dichiarazione di fallimento di una società appartenente ad un gruppo può essere convertita in amministrazione straordinaria anche se interviene dopo l'apertura della procedura amministrativa della capogruppo (App. Bari, 17 novembre 2004, in Foro it. 2005, 1, 1, 233, in riforma di Trib. Bari, 15 luglio 2004, in Foro it. 2005, I, 233, e in Soc. 2005, 5, 636, che aveva affermato l'opposto).

Fondamento e presupposti della conversione

Il fondamento della norma risiede nell'esigenza di attrarre all'amministrazione straordinaria, in un'ottica di gestione unitaria dell'insolvenza del gruppo e di miglior tutela dell'interesse dei creditori, anche l'impresa che sia stata dichiarata fallita prima dell'apertura della procedura madre (Alessi, 100; Di Majo, 2008, 223). La conversione, dunque, non costituisce (come nell'art. 35 d.lgs. n. 270/1999) il rimedio ad un'erronea valutazione precedente circa l'assoggettabilità dell'impresa all'amministrazione straordinaria, ma consegue al verificarsi di una sopravvenienza (l'apertura della procedura madre) che rende opportuno il tramutamento della procedura concorsuale in essere, per consentire la «propagazione» (Santoni, 99) dell'amministrazione straordinaria all'impresa già dichiarata fallita, in vista del nuovo obiettivo di recupero dell'equilibrio economico che investe complessivamente le imprese del gruppo. In tal senso, può dirsi che la disposizione in oggetto detta la regola secondo cui l'estensione dell'amministrazione straordinaria alle imprese del gruppo non è di per sé impedita dal pregresso fallimento delle stesse, ed anzi, in presenza dei requisiti di cui all'art. 81, comma 2, d.lgs. n. 270/1999 vi è una prevalenza dell'amministrazione straordinaria sul fallimento in corso, di cui viene disposta la conversione (Libonati, 21; Bozza, 1106; Costa, Pappalardo, 678; Di Majo, 2011, 446). Pertanto, se il fallimento è dichiarato per errore dopo l'apertura della procedura madre non trova applicazione la disposizione in esame bensì l'art. 35, dovendosi accertare, in sede di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, che sussistevano ab origine i requisiti per l'estensione dell'amministrazione straordinaria e procedere, una volta passata in giudicato la pronuncia di accoglimento del reclamo sul punto, all'emissione del decreto di conversione (Pajardi, Paluchowski, 1137; Daccò, 443; Costa, Pappalardo, 678; Macchia, 528). La norma consente il passaggio all'amministrazione straordinaria (che si «sovrappone» al fallimento) senza che sia necessario provvedere alla chiusura o alla revoca della procedura fallimentare precedentemente instaurata (Bozza, 1110), con salvezza degli effetti prodottisi nel corso di quest'ultima (Fabiani, 1074; Costa, Pappalardo, 678). La conversione è possibile entro determinati limiti temporali: da un lato, essa può avvenire solo fin quando la procedura madre sia ancora in corso e non abbia ancora raggiunto i propri obiettivi, poiché altrimenti non avrebbe alcuna utilità; dall'altro, è necessario che nel fallimento non si sia giunti a completare la liquidazione dell'attivo, poiché in tal caso non vi sarebbe alcuna prospettiva di recupero dell'equilibrio economico dell'attività, né potrebbe ravvisarsi l'opportunità della gestione unitaria dell'insolvenza nell'ambito del gruppo, e ogni ulteriore atto potrebbe essere efficacemente compiuto con la prosecuzione del fallimento già dichiarato (Pajardi, Paluchowski, 1136; Zanichelli, in Stasi-Zanichelli, 299). L'opportunità che si proceda alla conversione del fallimento in amministrazione straordinaria, in presenza di una situazione che la legittimi, investe un interesse generale che va al di là della tutela dei creditori della singola impresa (Apice, 589). Pertanto, la legittimazione a proporre la relativa istanza è riconosciuta a chiunque vi abbia interesse, ivi incluso il commissario straordinario della procedura madre, ed è altresì prevista l'iniziativa d'ufficio da parte del Tribunale (Di Majo, 11, 445).

Costituisce condizione sufficiente per disporre la conversione del fallimento, ai sensi degli artt. 84, comma 1, e 81 d.lgs. n. 270/1999, anche la mera opportunità di una gestione unitaria dell'insolvenza che possa favorire una dismissione delle attività nella loro organica composizione operativa e, quindi, in condizioni da presumersi di maggiore interesse per gli operatori del mercato e per la salvaguardia dei livelli occupazionali (Trib. Roma, 7 giugno 2007, in Fall. 2008, 218, e in Dir. fall. 2008, 3-4, 2, 356). La conversione non può essere disposta nel caso in cui nella procedura madre sia già intervenuta l'integrale cessione dei complessi aziendali in base ad un programma ex art. 27, comma 2, lett. a) d.lgs. n. 270/1999, poiché tale circostanza integra il raggiungimento dell'obiettivo della procedura e comporta la trasformazione dell'amministrazione straordinaria in una normale procedura liquidatoria ai sensi dell'art. 73, comma 3, d.lgs. n. 270/1999 (App. Bari, 20 dicembre 2005, in Fall. 2006, 159; Trib. Bari, 16 marzo 2005, in Fall. 2006, 161).

Competenza e altri profili procedimentali

Il Tribunale che ha dichiarato il fallimento del gruppo, con decreto, rivolge al curatore dell'impresa fallita e al commissario straordinario della procedura madre l'invito ad approntare una relazione motivata sulla sussistenza dei presupposti per la conversione, che va depositata in cancelleria entro trenta giorni e trasmessa nel medesimo termine al Ministero dello Sviluppo Economico. Per il resto, il rito è lo stesso previsto in via generale per l'apertura della procedura straordinaria, in virtù del rinvio che il comma 3 opera agli artt. 28, commi 4 e 5, 29 e 30 d.lgs. n. 270/1999.

La competenza a disporre la conversione spetta al Tribunale che ha dichiarato il fallimento, e non già a quello presso il quale pende l'amministrazione straordinaria (contra Zanichelli, 29), il che determina un ridimensionamento dei principi di unitarietà della procedura e di prevalenza dell'amministrazione straordinaria sul fallimento (Di Majo, 2008, 223), in virtù della necessità che a decidere delle sorti del fallimento sia lo stesso Tribunale che lo ha dichiarato. Il procedimento è connotato da una particolare celerità (Pajardi, Paluchowski, 1136; Daccò, 441). L'accertamento dei presupposti per la conversione è rimesso all'indagine del commissario straordinario e del curatore, i quali sono chiamati ad esprimere una valutazione sull'esistenza di una delle situazioni delineate dall'art. 81, comma 2, d.lgs. n. 270/1999, ossia la presenza di concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali tramite la cessione dei complessi aziendali o la ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa, ovvero l'opportunità di una gestione unitaria dell'insolvenza nell'ambito del gruppo (essi non sono tenuti, invece, ad esprimersi in ordine all'insolvenza e alla fallibilità dell'impresa, circostanze sulle quali è già stato effettuato un accertamento nella sentenza dichiarativa di fallimento: Zanichelli, in Stasi-Zanichelli, 299; Macchia, 527; Di Majo, 2008, 223). La norma non specifica se il commissario straordinario e il curatore debbano redigere un'unica relazione, in collaborazione tra loro, oppure due distinti elaborati, ma quest'ultima opzione appare maggiormente in linea con l'esigenza di garantire a ciascun organo la propria autonomia valutativa, né vi osta la possibilità di un conflitto di giudizi tra curatore e commissario straordinario, poiché l'ultima parola spetta comunque al Tribunale.

Il termine di trenta giorni entro il quale il curatore del fallimento e il commissario straordinario della procedura madre devono presentare la relazione sulla sussistenza dei presupposti per la conversione non è perentorio, sicché il suo mancato rispetto non determina la nullità della pronuncia successivamente adottata dal Tribunale (Cass. I, 13120/2004).

L'ulteriore requisito secondo cui non devono essere state ultimate tutte le operazioni di liquidazione dell'attivo non necessita di un'autonoma e specifica indagine, dato che entrambe le situazioni di cui all'art. 81, comma 2, d.lgs. n. 270/1999 presuppongono necessariamente la permanenza di un attivo ancora da liquidarsi (Di Majo, 2008, 223). In ogni caso, resta al Tribunale la possibilità di svolgere ogni altro accertamento utile ad assumere la decisione sulla conversione. La pubblicità delle relazioni e l'acquisizione del parere ministeriale sono disciplinate mediante il rinvio agli artt. 28 e 29 d.lgs. n. 270/1999: l'avviso dell'avvenuto deposito in cancelleria delle relazioni deve essere affisso entro ventiquattro ore dal cancelliere, in modo da consentire a qualsiasi interessato di prenderne visione e di estrarne copia; il Ministero, entro dieci giorni dalla ricezione delle relazioni, ha l'onere di rendere il proprio parere in ordine alla sussistenza dei presupposti per la conversione; l'imprenditore insolvente, i creditori e ogni altro interessato possono presentare le proprie osservazioni entro dieci giorni dall'affissione dell'avviso di deposito delle relazioni (Zanichelli, in Stasi-Zanichelli, 299). Il Tribunale, entro trenta giorni dal deposito delle relazioni e tenuto conto del parere e delle osservazioni depositati, nonché degli ulteriori accertamenti eventualmente compiuti, dispone con decreto motivato l'estensione dell'amministrazione straordinaria ovvero la prosecuzione della procedura di fallimento. In entrambe le ipotesi è ammesso, stante il rinvio all'art. 33 d.lgs. n. 270/1999, il reclamo alla Corte d'Appello (Costa, Pappalardo, 679; Dal Soglio, 1891). Il decreto col quale la Corte d'Appello, in sede di reclamo avverso analogo provvedimento del Tribunale, confermi la decisione di rigetto dell'istanza di conversione è ricorribile per Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., in quanto incide sul diritto dell'imprenditore alla regolazione «speciale» dell'insolvenza (Filippi, 29-30, la quale evidenzia che, altrimenti, al destinatario del decreto non resterebbe alcun rimedio). Dopo il decreto di conversione, il curatore fallimentare resta in carica fino alla nomina del commissario straordinario, in applicazione analogica dell'art. 38, comma 4, d.lgs. n. 270/1999, ma la sua attività deve limitarsi all'ordinaria amministrazione (Di Majo, 2008, 224).

Il decreto col quale la Corte d'appello, in sede di reclamo avverso analogo provvedimento del Tribunale, rigetti la domanda di conversione del fallimento in amministrazione straordinaria per difetto dei requisiti richiesti è ricorribile per Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., avendo carattere definitivo e decisorio nella misura in cui determina la prosecuzione del fallimento precludendo il passaggio alla procedura di amministrazione straordinaria (Cass. I, 4749/1997). È invece inammissibile il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost. avverso il decreto della Corte d'appello che, in accoglimento del reclamo proposto nei confronti del provvedimento del Tribunale di rigetto dell'istanza di conversione del fallimento in amministrazione straordinaria, rimetta gli atti allo stesso Tribunale perché adotti il provvedimento di conversione, atteso che si tratta di un decreto privo del carattere della definitività, essendo destinato a confluire nel provvedimento di conversione adottato dal Tribunale, il quale soltanto produce la modificazione della situazione giuridica che si intende contrastare con il ricorso per cassazione (Cass. I, 19223/2005), e che, d'altra parte, il Tribunale cui vengono rimessi gli atti è vincolato al decreto della Corte d'Appello soltanto in relazione ai fatti da quest'ultima valutati, mentre conserva il potere di apprezzare autonomamente ogni fatto sopravvenuto, anche disponendo nuovi accertamenti (Trib. Bari, 16 marzo 2005, in Fall. 2006, 161).

Bibliografia

Alessi, L'amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi. Commento sistematico al d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270, Milano, 2000; Apice, Le competenze del giudice ordinario nella nuova procedura, in Fall. 2000, 585 ss.; Apice, Mancinelli, Diritto fallimentare, Torino, 2008; Bozza, Conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento, in Fall. 2000, 1102 ss.; Costa, Pappalardo, in Costa (a cura di), L'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza dopo il d.lgs. 12.9.2007, n. 169, Torino, 2008, 667 ss.; Daccò, in Castagnoli, Sacchi (a cura di), La nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza. Commentario al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, Torino, 2000; Dal Soglio, sub artt. 80-87, in Maffei Alberti, Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2013, 1878 ss.; Di Majo, Impresa di gruppo e attrazione nell'amministrazione straordinaria, in Fall. 2008, 222 ss.; Di Majo, in Ghia, Piccininni, Severini (diretto da), Trattato delle procedure concorsuali, V, Milano, 2011, 435 ss.; Fabiani, Profili processuali della nuova amministrazione straordinaria, in Fall. 2000, 1065 ss.; Filippi, Amministrazione straordinaria, prospettive di salvataggio dell'impresa, prognosi del giudice e alternativa del fallimento, in Fall. 2010, 28 ss.; Ivone, Gestione unitaria della insolvenza di gruppo e conversione del fallimento in amministrazione straordinaria, in Banca borsa tit. cred. 2009, 2, 242 ss.; Libonati, Il gruppo insolvente, Firenze, 1981; Macchia, in Panzani (a cura di), Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Torino, 2002; Pajardi, Paluchowski, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 2008; Santoni, in Bonfatti, Falcone (a cura di), La riforma dell'amministrazione straordinaria, Roma, 2000; Zanichelli, in Stasi, Zanichelli, «Grandi procedure» non solo per le grandi imprese, Milano, 2010; Zanichelli, I concordati giudiziali, Torino, 2010.

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