Decreto legislativo - 8/07/1999 - n. 270 art. 79 - Concordato particolare del socio.

Rosaria Giordano

Concordato particolare del socio.

1. Nell'amministrazione straordinaria di una società con soci a responsabilità illimitata, ciascuno dei soci ammessi alla procedura può proporre un concordato ai creditori sociali e particolari che concorrono sul suo patrimonio con l'osservanza delle disposizioni dell'articolo 78.

Inquadramento

Dopo il deposito dello stato passivo definitivo, il Ministro dello Sviluppo Economico, su parere del commissario straordinario, sentito il comitato di vigilanza, può autorizzare l'imprenditore insolvente oppure un terzo a proporre al tribunale un concordato.

L'autorizzazione del Ministro dello Sviluppo Economico alla presentazione della proposta di concordato deve tener conto della sua convenienza e della sua compatibilità con il fine conservativo della procedura.

È richiamata, quanto agli aspetti non regolati, dal terzo comma dell'art. 78, la disciplina dettata dall'art. 214 in tema di liquidazione coatta amministrativa, anch'essa significativamente modificata negli anni 2006-2007: il rinvio operato dalla disposizione in esame deve intendersi come «formale» e, pertanto, deve essere considerata la regolamentazione attualmente stabilita da tale norma.

Il concordato nella vigenza della legge c.d. Prodi

In mancanza di una disciplina specifica sul concordato, nella vigenza della legge c.d. Prodi, lo stesso si riteneva nondimeno ammissibile, atteso il generale rinvio alle previsioni in tema di liquidazione coatta amministrativa ad opera dell'art. 1 della stessa l. n. 95/1979 (cfr. Trib. Udine 13 novembre 1984, in Dir. fall. 1985, II, 507, secondo cui in forza del richiamo contenuto nel comma terzo dell'art. 1, della legge n. 95 del 1979, è applicabile anche alla procedura straordinaria delle grandi imprese in crisi il concordato previsto dall'art. 214 l. fall.).

Peraltro, erano dibattute numerose questioni, in considerazione della problematica compatibilità, a monte, dell'istituto con le finalità conservative della procedura. Sotto un primo profilo, oltre alle ipotesi di concordato per garanzia e per cessione dei beni, si era discusso in dottrina se potesse configurarsi quella con assuntore, ora affermandosene l'ammissibilità (Quatraro, 67 ss.), ora negandola, ora ricollegandola al venire meno del piano di risanamento (Colesanti-Maffei Alberti-Schlesinger, 727) od alla sua compatibilità col medesimo (Lucchi, 390 ss.) ovvero, infine, sostenendo la soluzione affermativa, indipendentemente dalla realizzazione del piano di risanamento (Sandulli, 480 ss.). Altri ancora, ricordando che la proposta di concordato doveva tener conto degli interessi pubblici connessi al risanamento dell'impresa e anche di quelli dei creditori, l'avevano ritenuta ammissibile (Cavalaglio, 770).

Nella trascorsa disciplina, si riteneva che il concordato poteva essere proposto dopo l'esecutività dello stato passivo e tenuto conto della presentazione del piano di risanamento con cui andava raffrontata la proposta (Cavalaglio, 770). La proposta poteva assumere il contenuto più diverso ed era soggetta all'autorizzazione dell'autorità di vigilanza, il cui diniego poteva essere impugnato dinanzi al giudice amministrativo.

La proposta doveva essere munita del parere del commissario straordinario e del comitato di sorveglianza ed essere presentata dal debitore (Trib. Vicenza 16 febbraio 1982, in Dir. fall. 1983, II, 506), al quale la legge attribuiva la legittimazione esclusiva.

Per alcuni non doveva essere esclusa de iure condendo l'opportunità di attribuire anche al commissario un potere d'iniziativa (Gambino, 833).

Il tribunale effettuava un giudizio di convenienza in rapporto alla posizione dei creditori ed al risultato dell'esecuzione del concordato rispetto all'esito normale della procedura. La tutela di ogni altro interesse era demandata all'autorità di vigilanza, salva la facoltà del giudice ordinario di disapplicare l'atto amministrativo, in caso di lesione di diritti soggettivi. Se la proposta non veniva approvata, la procedura di amministrazione straordinaria proseguiva secondo il programma originariamente formulato. La sentenza resa dal tribunale sul concordato era appellabile e ricorribile per cassazione. All'adempimento del concordato eseguito sotto la vigilanza del commissario straordinario e del comitato di vigilanza seguiva il provvedimento di cessazione della procedura da parte dell'autorità di vigilanza (Cavalaglio, 771).

La portata del richiamo all'art. 214 e la modifica del d.lgs. n. 270/1999 ad opera del d.lgs. n. 169/2007

Ai sensi dell'art. 78, dopo il deposito dello stato passivo definitivo, di cui all'art. 97, il Ministro dello Sviluppo Economico, su parere del commissario straordinario, sentito il comitato di vigilanza, può autorizzare l'imprenditore insolvente oppure un terzo a proporre al tribunale un concordato.

Se si tratta di società è necessario che la proposta sia approvata, trattandosi di società in nome collettivo ed in accomandita semplice, dai soci che rappresentino la maggioranza assoluta del capitale, mentre per le società per azioni ed a responsabilità limitata, nonché per quelle cooperative si richiede l'approvazione dell'assemblea straordinaria, salvo che tali poteri siano stati delegati agli amministratori.

Rispetto alla legislazione precedente, è stata introdotta una rilevante innovazione, stabilendosi che la proposta possa essere presentata da un terzo. Evidentemente il legislatore, sensibile alle indicazioni della dottrina e tenuto conto di quanto contenuto nei progetti di riforma della legge fallimentare in seguito modificata anch'essa in senso analogo, ha ritenuto che l'estensione del concordato al terzo possa agevolare la soluzione del risanamento dell'impresa ed al contempo evitare che determinati atteggiamenti ostruzionistici dell'imprenditore impediscano di realizzare concrete soluzioni del dissesto.

È discusso quale sorte possa avere il programma, soprattutto quello di cessione e se risulti incompatibile con il contenuto della proposta. Non può non considerarsi, infatti, che generalmente l'assuntore del concordato tende a diventare naturale destinatario del patrimonio del debitore e questa peculiare connotazione non può non risultare inconciliabile con l'esito normale del procedimento. Non diversamente l'ipotesi della ristrutturazione economica o finanziaria e gli inevitabili oneri che ne conseguono potrebbero modificare sensibilmente la situazione patrimoniale che è stata oggetto della proposta e potrebbero anche venire meno le condizioni per l'omologazione. D'altra parte, ipotizzare che con la presentazione della proposta di concordato si debba sospendere l'esecuzione del programma di risanamento o lo si debba modificare in dipendenza del concordato, appare inaccettabile, tanto più che sino al passaggio in giudicato della sentenza di omologazione tutto è tamquam non esset e non può che valere il principio della esecutività della procedura concorsuale. Potrebbe anche scadere il termine stabilito dalla legge per la realizzazione del programma e potrebbe accadere che si debba procedere alla conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento. Anche in quest'evenienza si pone il dubbio se il procedimento di concordato possa proseguire nella successiva fase concorsuale, non trascurando di considerare che nella procedura conservativa esso è regolato dalla disciplina della liquidazione coatta amministrativa ed in quella liquidatoria da quella fallimentare. Probabilmente la presentazione della proposta di concordato dovrebbe avvenire prima dell'esecuzione del programma di risanamento, in modo che essa possa essere resa compatibile con le iniziative del commissario straordinario ed inserirsi come uno strumento di sbocco del piano di recupero aziendale (sul complesso delle questioni v. Martino, 249 ss.).

Quanto al contenuto della proposta, va ricordato che l'ampia formula contenuta nell'art. 214, comm 2, al quale si richiama la disposizione in esame, consente di configurare tutte le ipotesi di concordato e, quindi, quella per garanzia, per assunzione e per cessione. Il concordato può essere dilatorio, prevedendo una moratoria per il pagamento dell'intero ammontare di tutte le obbligazioni e può avere un contenuto remissorio, nel senso che il soddisfacimento dei crediti chirografari avviene in percentuale, ma con effetti solutori dell'intera obbligazione. Il contenuto remissorio del concordato riguarda esclusivamente i crediti chirografari (Apice, 1048; Biancardi-Cavana, 5; Provinciali, 1800; Satta, 395).

In sede applicativa si è affermato che non può configurarsi un concordato dilatorio per i creditori privilegiati (cfr. Trib. Bari 4 marzo 1985, in Fall. 1985, 1107).

Nella disciplina attuale si ammette la presentazione della proposta da parte di un mandatario nell'interesse del debitore.

Dovrebbero essere riconosciute, altresì, la revocabilità e la modificabilità della proposta (Ferrara, 662; Satta, 395; contra, Sacchi, 426 ss.), ma per il fallimento non si è manifestata un'opinione concorde sui limiti di tempo entro cui tale manifestazione di volontà del debitore possa intervenire (Biancardi-Cavana, 54; Provinciali, 1813 ss.).

Invero, la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che la proposta può essere modificata nel suo contenuto sino al momento dell'omologazione, soltanto se risultano presenti tutti gli elementi originari con l'aggiunta di altri immediatamente definibili vantaggiosi per i creditori (Trib. Vicenza 28 giugno 1993, in Fall. 1994, 85) e che la modificazione della proposta, avente un contenuto peggiorativo rispetto a quella originariamente formulata, è ammissibile sino al momento della consultazione dei creditori (Trib. Milano 6 luglio 1995, in Gius., 1995, 3875).

La forma della proposta di concordato è quella scritta. Essa deve contenere l'offerta di una percentuale ai creditori chirografari, oltre al pagamento per intero dei crediti privilegiati e delle spese di procedura, i tempi entro cui i devono essere eseguiti gli adempimenti assunti ed essere prestate adeguate garanzie.

Le garanzie per l'adempimento del concordato fallimentare possono essere reali o personali, tipiche (pegno, ipoteca, fideiussione) od atipiche (assunzione con obblighi del concordato da parte di un terzo, cessione dei beni ai creditori) (Biancardi-Cavana, 49 ss.).

L'autorizzazione del Ministro dello Sviluppo Economico alla presentazione della proposta di concordato deve tener conto della sua convenienza e della sua compatibilità col fine conservativo della procedura. Quindi, rispetto alla proposta di concordato fallimentare ed alla valutazione che compie il giudice delegato, all'autorità amministrativa è richiesto un particolare apprezzamento della sua compatibilità con la finalità recuperatoria dell'impresa, il che, come abbiamo notato nella vendita dei complessi aziendali, non è sempre corrispondente all'interesse dei creditori. Il provvedimento dell'autorità amministrativa deve essere necessariamente emanato, ma è discrezionale e può essere soggetto ad impugnazione davanti al giudice amministrativo per vizi di legittimità e di merito. La proposta autorizzata va presentata nella cancelleria del tribunale del luogo della dichiarazione dello stato d'insolvenza, unitamente al parere del commissario straordinario e del comitato di sorveglianza, ed è pubblicata nelle forme disposte dalla legge.

È richiamata, quanto agli aspetti non regolati, dal terzo comma dell'art. 78, la disciplina dettata dall'art. 214 in tema di liquidazione coatta amministrativa, anch'essa significativamente modificata negli anni 2006-2007: il rinvio operato dalla disposizione in esame deve intendersi come «formale» sicché sarà considerata la regolamentazione attualmente stabilita da tale norma. Sulla disciplina transitoria è stato chiarito in sede di legittimità che l'integrale sostituzione dell'art. 214 ad opera dell'art. 18, comma 5, d.lgs. n. 169/2007, trova integrale applicazione, ai sensi dell'art. 22, comma 3, del citato d.lgs., anche alle procedure pendenti alla data di entrata in vigore della predetta riforma, dunque dal 1 gennaio 2008, ma i concordati anteriori a tale data debbono continuare ad essere valutati alla stregua dei requisiti di legittimità propri delle norme vigenti ratione temporis (Cass. I, n. 7263/2008).

I creditori non sono chiamati a votare la proposta, ma entro il termine di trenta giorni possono proporre opposizione che deve essere comunicata al commissario straordinario. L'opposizione può essere proposta dai creditori e dagli altri interessati nel termine perentorio di trenta giorni, decorrente per i creditori dalla comunicazione e per gli altri interessati dall'esecuzione delle formalità pubblicitarie. Il tribunale, sentito il parere dell'autorità che vigila sulla liquidazione, decide sulle opposizioni e sulla proposta di concordato con decreto in camera di consiglio. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli artt. 129, 130 e 131 l.fall.: sono quindi richiamati gli aspetti processuali dell'omologazione, compresi i mezzi di gravame, e dell'acquisizione di efficacia di giudicato del decreto che, pubblicato a norma dell'art. 17 l.fall. e notificato alle parti a cura della cancelleria, è impugnabile con ricorso per cassazione entro trenta giorni dalla notificazione. Il tribunale, se approva il concordato, deve motivare il provvedimento e spiegare le ragioni d'infondatezza dell'opposizione; se accoglie l'opposizione, rigetta la proposta. In entrambi i casi il tribunale non può modificare il contenuto della proposta.

Riguardo alla tutela dei diritti dei creditori nel concordato della liquidazione coatta amministrativa, stabilendo principi che possono operare anche nella fattispecie in esame, la S.C. ha chiarito che la valutazione della sussistenza di un interesse pubblico alla salvaguardia della funzione produttiva e all'eventuale ritorno in bonis dell'impresa in alternativa alla liquidazione è demandato esclusivamente all'autorità giudiziaria, essendo l'autorizzazione alla presentazione della proposta di concordato è indipendente dall'approvazione dei creditori, precisando che, tuttavia, gli interessi del ceto creditorio sono comunque salvaguardati dalla previsione della facoltà di proporre opposizione e dal fatto che i beni dell'impresa destinati al loro soddisfacimento non possano essere distratti da tale destinazione senza indennizzo. In sostanza, pur ammesso che la finalità del concordato nella liquidazione coatta amministrativa sia la sopravvivenza dell'impresa, non è tuttavia possibile raggiungere questo scopo sottraendo parte dell'attivo alla sua naturale destinazione di soddisfacimento dei creditori (Cass. I, n. 20256/2006, in Fall. 2007, 1, 11, con osservazione di Galimi ed in Giur. comm. 2007, n. 6, 1171, con nota di Tomasso). Quindi in tema di concordato nella liquidazione coatta amministrativa, l'interesse pubblico alla prosecuzione dell'attività d'impresa giustifica la scelta, non sindacabile dai creditori sociali, di preservare nella liquidazione l'unità dell'azienda, ma non anche la sottrazione alla liquidazione di tutto o parte dell'attivo per destinarlo alle necessità della prosecuzione dell'impresa insolvente, che comporterebbe un ingiustificato sacrificio delle ragioni dei creditori, cui resterebbe addossato l'onere finanziario della ricapitalizzazione dell'impresa insolvente, e, a favore dell'impresa, l'attribuzione di un beneficio non altrimenti riconosciuto nella materia fallimentare (Cass. I, n. 2782/2013). Sotto altro profilo, con principio anch'esso applicabile all'amministrazione straordinaria, la S.C. ha chiarito che in tema di concordato proposto nell'ambito della liquidazione coatta amministrativa, non è possibile un trattamento differenziato dei creditori suddivisi in classi anche successivamente alla novellazione della l. fall. ad opera del d.lgs. n. 5/2006, in quanto le disposizioni sul concordato fallimentare non sono applicabili a quello disciplinato ex art. 214 l.fall. (Cass. I, n. 20259/2006, cit.; contra Trib. Ferrara 3 luglio 2006, in Giur. comm. 2007, 6, 1171, con nota di Tomasso, secondo cui in tema di concordato proposto nell'ambito della liquidazione coatta amministrativa, è possibile un trattamento differenziato dei creditori appartenenti alla stessa classe e ciò anche prima della novellazione della l.fall. ad opera del d.lgs. n. 5/2006).

In forza del rinvio contenuto nella disposizione in esame all'art. 214, ultimo comma, l.fall., il commissario straordinario, con l'assistenza del comitato di sorveglianza, vigila sull'esecuzione del concordato. È applicabile l'art. 136 l.fall. in ordine all'accertamento della completa esecuzione del concordato. Il concordato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori all'apertura della procedura, compresi quelli che non hanno presentato domanda di ammissione al passivo. Questi, a loro volta, non possono pretendere dal debitore di più di quanto sia stato distribuito col concordato e non possono avvalersi delle garanzie prestate dal terzo. Per l'ipotesi del concordato con assuntore è prevista la responsabilità anche per le obbligazioni non insinuate e può essere anche pattuita una clausola di esonero dalla responsabilità di tali crediti per l'assuntore. È stato peraltro più volte ribadito dalla S.C. che in tema di ammissione allo speciale concordato del debitore in amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, non trova applicazione l'art. 135, comma 2, che, per il concordato del fallito, assicura ai creditori la conservazione dell'azione per l'intero credito contro i coobbligati, i fideiussori e gli obbligati in via di regresso, escludendo che l'adempimento del concordato estingua la fideiussione prestata in favore del creditore concorsuale (cfr., tra le altre, Cass. I, n. 177/2008; Cass. I, n. 23275/2006; Cass. I, n. 29774/2005, in Fall. 2006, 1285, con nota di Terenghi). A seguito dell'approvazione del concordato, le azioni revocatorie non cedute all'assuntore non sono più procedibili; possono viceversa essere proseguiti i giudizi di opposizione a stato passivo e quello di opposizione alla sentenza dichiarativa dello stato d'insolvenza. La sospensione del decorso degli interessi continua ad operare durante l'esecuzione del concordato. Eseguiti tutti gli adempimenti assunti col concordato, la procedura va chiusa.

Il legislatore, nel regolare il concordato, ha richiamato le disposizioni dettate dall'art. 214 l.fall., ma non quelle relative alla risoluzione ed all'annullamento del concordato: peraltro in dottrina prevale l'impostazione secondo cui anche tale regolamentazione debba trovare applicazione in forza del richiamo contenuto in via generale alla disciplina dettata per la liquidazione coatta amministrativa, anche ex art. 36 d.lgs. 270/1999. Pertanto, nell'ipotesi di mancata esecuzione del concordato, su ricorso del commissario liquidatore ovvero di uno o più creditori, che deve essere presentato non oltre un anno dall'ultimo adempimento previsto nella proposta, il tribunale ne pronuncia la risoluzione con sentenza in camera di consiglio, reclamabile ex art. 18. Inoltre, su richiesta degli stessi creditori o del commissario, il concordato può essere annullato ex art. 138, i.e. a fronte dell'inadempimento del debitore, del garante o dell'assuntore. Tale inadempimento può consistere nel mancato pagamento dei crediti privilegiati o chirografari alle scadenze stabilite nella proposta approvata oppure nella mancata costituzione delle garanzie promesse. Nell'ipotesi di accoglimento di tale azione, sarà riaperta la procedura di amministrazione straordinaria.

Concordato particolare del socio

Con la riapertura del fallimento si attua nuovamente il concorso tra i creditori.

Il concordato fallimentare della società di persone determina la cessazione del fallimento personale dei soci (cfr. Guglielmucci, I, 205; Provinciali, 2182), i quali restano obbligati solo per la percentuale riconosciuta ai creditori sociali.

Secondo alcuni, poi, i creditori particolari dei soci conservano il diritto di essere soddisfatti delle loro obbligazioni per l'intero, sia nel concordato, sia in sede extraconcorsuale (Panzani, 224; Provinciali, 2182). Altri ritengono, invece, che il limite della percentuale del concordato della società opererebbe anche nei confronti dei creditori particolari (Ferrara, 727).

La conseguenza di quest'interpretazione ha indotto a ritenere che l'opposizione, che la legge prevede per i creditori particolari, è destinata non soltanto ad impedire la chiusura del fallimento dei soci, ma anche a precludere l'effetto remissorio del concordato verso i creditori particolari (Cass. I, n. 4669/1990; Trib. Torino decr. 31 marzo 1988, in Fall. 1989, 531, con nota di Schiavon).

Non mancano, in dottrina, coloro che ritengono che l'interesse a proporre l'opposizione s'identifichi nel pregiudizio che il creditore subisce per effetto della mancata continuazione della procedura (Panzani, 227).

Ciascuno dei soci illimitatamente responsabili può proporre un concordato per suo conto ai creditori sociali e particolari concorrenti nel suo fallimento.

Il concordato particolare determina la liberazione del socio dalle obbligazioni, ma non svolge alcun'incidenza sugli altri fallimenti, con la conseguenza che i creditori sociali, in forza dei principi che regolano le obbligazioni solidali, rimangono insinuati per l'intero ed hanno diritto al pagamento sino all'integrale soddisfacimento dei loro crediti (cfr. Satta [32], 473). Il concordato particolare del socio consente la rinunzia da parte dei creditori sociali alla coobbligazione solidale.

Ciò premesso, occorre ricordare che, in considerazione del fatto che il provvedimento di apertura dell'amministrazione straordinaria si estende anche ai soci illimitatamente responsabili in una posizione speculare a quella prevista dall'art. 147 l.fall. e che la società di persone può proporre un concordato, non poteva mancare una previsione normativa che riproducesse l'ipotesi del concordato particolare del socio di cui all'art. 154 l.fall. L'art. 79 persegue tale scopo e sancisce che nell'amministrazione straordinaria di una società a responsabilità limitata, ciascuno dei soci ammessi alla procedura può proporre un concordato ai creditori sociali e particolari che concorrono sul suo patrimonio. In questo caso va applicata la disciplina dettata per il concordato della società, di cui ci siamo occupati nel commento all'articolo precedente. Permane anche in questo caso una certa riserva sulla configurabilità di una procedura che si estenda ad un soggetto che non esercita un'impresa al quale sia data facoltà di limitare il proprio intervento al solo scopo di eliminare l'insolvenza della società, impedendo così la realizzazione del programma di recupero. Se è vero, infatti, che anche la disciplina del concordato particolare del socio resta regolata dalle disposizioni dettate per quello sociale e che, quindi, si debba intendere richiamato anche il principio della compatibilità del concordato col risanamento dell'impresa, è facile osservare come un simile presupposto resti a livello meramente enunciativo, non potendosi negare che il ritorno in bonis dell'imprenditore è comunque causa di cessazione della procedura di risanamento. Probabilmente una mera estensione degli effetti dell'amministrazione straordinaria ai soci illimitatamente responsabili — e non della procedura stessa — avrebbe impedito che il socio potesse proporre un concordato particolare, pur fatto salvo il suo vincolo alle obbligazioni sociali od a quelle determinate dalla percentuale concordataria offerta dalla società.

Bibliografia

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