Decreto legislativo - 8/07/1999 - n. 270 art. 77 - Riapertura della procedura.

Rosaria Giordano

Riapertura della procedura.

1. Nel caso previsto dall'articolo 74, comma 2, lettera b), il tribunale, entro cinque anni dal decreto di chiusura, su istanza dell'imprenditore dichiarato insolvente o di qualunque creditore, può ordinare la riapertura della procedura di amministrazione straordinaria, convertendola in fallimento, quando risulta che nel patrimonio dell'imprenditore esistono attività in misura tale da rendere utile il provvedimento o quando l'imprenditore offre garanzia di pagare almeno il dieci per cento ai creditori vecchi e nuovi.

2. Il tribunale, sentito l'imprenditore, se accoglie l'istanza, pronuncia sentenza in camera di consiglio non soggetta ad appello, con la quale:

a) richiama in ufficio il giudice delegato, o lo nomina di nuovo;

b) nomina il curatore;

c) impartisce l'ordine previsto dall'articolo 8, comma 1, lettera c);

d) stabilisce i termini previsti dall'articolo 8, comma 1, lettere d) ed e), abbreviandoli di non oltre la metà.

3. La sentenza è comunicata e affissa a norma dell'articolo 8, comma 3.

Inquadramento

Presupposti della riapertura dell'amministrazione straordinaria sono l'esistenza nel patrimonio dell'imprenditore di attività in misura tale da rendere utile il provvedimento, o l'offerta di una garanzia da parte del debitore di pagare almeno il dieci per cento ai creditori vecchi e nuovi.

Soggetti attivamente legittimati sono il debitore ed i suoi eredi ed i creditori. Il Tribunale decide, all'esito di un'istruttoria, in composizione collegiale.

Il provvedimento è inappellabile ma ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost. incidendo su diritti soggettivi.

Se, invece, la riapertura è negata dal Tribunale si ritiene che debba essere proposto reclamo.

La riapertura della procedura determina una rinnovata operatività delle regole del concorso tra i creditori.

Riapertura della procedura

Esclusa, come evidenziato, la possibilità di configurare un caso di chiusura della procedura per insufficienza o mancanza del passivo, l'unica ipotesi in cui i creditori non vengano soddisfatti interamente e possano, quindi, avere interesse a beneficiare di un'ulteriore fase di distribuzione dell'attivo sopravvenuto è quella della chiusura per ripartizione finale dell'attivo. Presupposti della riapertura sono l'esistenza nel patrimonio dell'imprenditore di attività in misura tale da rendere utile il provvedimento, o l'offerta di una garanzia da parte del debitore di pagare almeno il dieci per cento ai creditori vecchi e nuovi.

L'esistenza di attività in misura tale da rendere utile il provvedimento di riapertura può riguardare sia quelle sopravvenute, sia quelle preesistenti delle quali non si conosceva l'esistenza al tempo della procedura. È stato affermato in sede applicativa che in presenza di chiusura del fallimento per integrale ripartizione dell'attivo, è possibile, entro il quinquennio, pronunciare sentenza di riapertura quando sopravvenga la maturazione di un credito tributario di importo tale da consentire il pagamento di circa il dieci per cento del passivo chirografario insoddisfatto (Trib. Bologna 24 giugno 1997, in Foro it., 1997, I, 3566).

Le garanzie devono essere sufficienti a coprire il fabbisogno per pagare la percentuale stabilita dalla legge ed è necessario che l'offerta non sia sottoposta a condizione.

La disposizione in esame riproduce fedelmente l'ipotesi contemplata dall'art. 121, dovendo il tribunale procedere, contestualmente alla pronuncia della sentenza di riapertura ed alla conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento. Questa diversa regolamentazione, rispetto a quella della liquidazione dei beni residui in cui, pur essendo venuta meno l'impresa, la procedura resta affidata alla gestione degli organi amministrativi, si può spiegare col fatto che, nella specie, non si tratta di un completamento della procedura gestita dagli organi amministrativi, ma della distribuzione di un nuovo attivo, che non è in alcun modo ricollegabile alla fase anteriore. Come per la riapertura del fallimento, è necessario che, nel termine di cinque anni previsto dalla legge, intervenga la decisione e non la sola presentazione dell'istanza (Cass. I, n. 11654/1993).

Procedimento

Soggetti attivamente legittimati sono il debitore ed i suoi eredi ed i creditori. Quanto ai creditori i cui crediti siano sorti dopo la chiusura, si può porre l'interrogativo circa la legittimazione degli stessi, anche perché, sulla base delle indicazioni offerte in materia fallimentare, secondo alcuni, essa sussisterebbe solo nel caso in cui si rinvenissero beni nel patrimonio del debitore, mentre altri l'estendono ad entrambi i casi previsti dall'art. 121 (Giorgieri, 66; Satta, 384 ss.).

Una volta che la procedura di amministrazione straordinaria sia stata chiusa, il commissario straordinario decade dalla sua carica e, quindi, non può essere legittimato a richiedere la riapertura della procedura, neppure sotto il profilo di una prorogatio dei suoi poteri, come si potrebbe ipotizzare per il giudizio di opposizione a sentenza dichiarativa dello stato d'insolvenza. Deve ritenersi poi esclusa anche per l'amministrazione straordinaria una riapertura d'ufficio, ovvero su istanza del p.m. (cfr. Cass. I, n. 9257/2005).

La competenza a decidere sull'istanza di riapertura della procedura di amministrazione straordinaria appartiene al tribunale che ha dichiarato lo stato d'insolvenza in composizione collegiale.

Il debitore deve essere sentito in camera di consiglio per esercitare il suo diritto di difesa (cfr., diffusamente, Ambrosini, 815 ss.).

L'istruttoria va compiuta alla stessa stregua di quella prevista per la fase pre-fallimentare. Qualora il tribunale ritenga di accogliere la domanda, pronuncia sentenza in camera di consiglio.

La riapertura non consegue in modo automatico, ma occorre che il Tribunale ne valuti l'opportunità, salvo che non vengano offerte delle garanzie, nel qual caso non c'è alcuna valutazione discrezionale da parte del tribunale (Azzolina, 105; Giorgieri, 68). Quest'ultimo può nominare gli stessi organi che ricoprivano l'ufficio in precedenza, ma può designarne altri, come accade nell'ipotesi in cui non possono essere incaricati quelli precedenti (Giorgieri, 67 ss.).

Il tribunale ordina all'imprenditore di depositare entro due giorni nella cancelleria le scritture contabili ed i bilanci, assegna ai creditori ed ai terzi, che vantano diritti reali mobiliari su beni in possesso dell'imprenditore, il termine di cui all'art. 8, comma 1, lett. d), abbreviandolo non oltre la metà.

La sentenza è comunicata ed affissa ai sensi dell'art. 8, comma 3. La disposizione in esame sancisce che, avverso la sentenza di riapertura, non è proponibile l'appello. La circostanza che l'art. 77, d.lgs. n. 270/1999, pur analogo nel contenuto all'art. 121 in tema di riapertura del fallimento, detti una regolamentazione specifica e non operi invece un rinvio a tale disciplina comporta, invero, che la sentenza di riapertura non possa ritenersi oggi reclamabile ai sensi dell'art. 18 tenendo conto della modifica realizzata dal d.lgs. n. 169/2007 sul testo dell'art. 121. Peraltro, resta fermo che la sentenza di riapertura, incidendo su diritti soggettivi, è soggetta a ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. (cfr., con riguardo alla sentenza di riapertura del fallimento, Cass. I, n. 26688/2006).

L'impugnazione non sospende l'esecuzione della sentenza (cfr. Azzolina, 1054). Il provvedimento di riapertura non è soggetto a ricorso per revocazione (Giorgieri, 78).

Resta invece silente la norma in esame sul regime del provvedimento di diniego dell'istanza di riapertura della procedura. A riguardo, una parte della dottrina ritiene che tale provvedimento sia reclamabile dinanzi alla corte di appello (Giorgieri, 79).

Tale tesi, nondimeno, appare confermata in sede applicativa dalla S.C. la quale pure ritenuto, tuttavia, che il decreto con cui la Corte d'Appello, in sede di reclamo avverso il provvedimento di rigetto dell'istanza del creditore di riapertura del fallimento, conferma il predetto diniego, non è impugnabile con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., poiché tale provvedimento non incide in via sostanziale e definitiva sul diritto del creditore stesso, il quale può riproporre la propria istanza ovvero anche agire in sede ordinaria, con azione di accertamento o di condanna (Cass. I, n. 16656/2008). È stato inoltre chiarito che il provvedimento con il quale la Corte d'Appello, accogliendo il reclamo proposto contro il decreto di diniego di riapertura del fallimento, disponga la trasmissione degli atti al tribunale per la nuova dichiarazione di fallimento, in quanto privo dei requisiti della definitività e della decisorietà, non può essere impugnato con ricorso straordinario per cassazione (Cass. I, n. 26831/2006).

I creditori che non abbiano trovato soddisfacimento delle loro pretese creditorie possono iniziare o proseguire le azioni esecutive per ottenere il pagamento di quanto loro dovuto e possono intentare nuove azioni di cognizione. Riprende per loro la maturazione degli interessi e della rivalutazione monetaria, nonché il decorso della prescrizione. Acquistano efficacia le formalità compiute dopo l'inizio dell'amministrazione straordinaria per rendere opponibili gli atti ai terzi. Le azioni aventi per oggetto l'impugnazione degli atti pregiudizievoli ai creditori non possono essere proseguite, salvo per il regolamento delle spese. Ove sia residuato qualcosa di ciò che è stato oggetto di revocatoria, deve essere restituito all'accipiens. I creditori riacquistano la legittimazione attiva ad esperire le azioni revocatorie ordinarie.

I contratti stipulati dal commissario straordinario nel corso della procedura, o nei quali sia subentrato, continuano a produrre effetti in capo all'imprenditore. I contratti stipulati prima della procedura e che si sono sciolti non hanno più alcuna validità od efficacia; quelli ancora ineseguiti all'atto della chiusura e per i quali il commissario straordinario non ha esercitato alcuna facoltà di scioglimento riprendono vigore.

La chiusura dell'amministrazione straordinaria determina la decadenza del commissario straordinario che, quindi, perde anche la legittimazione processuale. Ove l'evento sia stato dichiarato nel giudizio o portato a conoscenza dell'altra parte si verifica l'interruzione del processo. Il debitore in bonis può procedere alla sua riassunzione nel termine di legge. Tra i giudizi che possono essere ulteriormente attivati rientrano quelli di opposizione a stato passivo pendenti all'atto della chiusura.

Effetti. Per i creditori

Con la riapertura del fallimento si attua nuovamente il concorso tra i creditori.

I creditori precedenti non sono tenuti a presentare domanda di ammissione al passivo, salvo che debbano far valere crediti successivi alla chiusura del fallimento. Essi hanno diritto di partecipare alla distribuzione dell'attivo per le somme ancora loro dovute, dedotto quanto già ricevuto; i creditori assistiti da un diritto di prelazione percepiscono gli interessi non soddisfatti e quelli maturati dopo la chiusura. Va, peraltro, redatto un nuovo stato passivo, nel quale devono essere ammessi anche i nuovi creditori, mentre per i vecchi si procede d'ufficio alla loro ammissione. Avverso lo stato passivo è proponibile l'opposizione di cui all'art. 98.

La legge non richiama l'ulteriore regolamentazione dettata per la riapertura del fallimento, ma si può ritenere applicabile il principio dell'ultrattività delle decisioni sui crediti, pronunciate nella pregressa fase della procedura fallimento (Giorgieri, 101 ss.).

Sono, pertanto, da considerare immodificabili i provvedimenti di ammissione al passivo già intervenuti (Trib. Trieste 19 marzo 1991, in Fall. 1991, 866).

In dottrina in questo senso v. Satta, 387.

I procedimenti di opposizione e d'impugnazione dello stato passivo possono essere proseguiti nei limiti in cui non sia intervenuta la loro estinzione (Giorgieri, 107). L'impugnazione ex art. 100 può riguardare esclusivamente i pagamenti effettuati dopo la chiusura della procedura. Sembra da escludere l'azione di revocazione ex art. 102 avverso l'ammissione al passivo di un credito o di una garanzia avvenuta prima della chiusura del fallimento.

La massa attiva può essere costituita dai beni dell'imprenditore esistenti all'atto della riapertura e da quegli altri che siano eventualmente pervenuti al debitore successivamente, oppure può essere individuabile nella prestazione di garanzie da parte di terzi per adempiere al pagamento della percentuale almeno del dieci per cento in favore di tutti i creditori vecchi e nuovi. Dovendosi considerare nella fase di riapertura della procedura un'unica massa, l'ordine dei privilegi va operato sulla base di tutti i creditori vecchi e nuovi, i quali hanno, perciò, diritto di partecipare alla ripartizione dell'attivo (Apice, 1028). I creditori ipotecari accertati in precedenza e rimasti insoddisfatti non rivestono più alcuna posizione preferenziale. Invece la posizione dei creditori assistiti dal privilegio generale resta immutata in dipendenza del sopravvenire dei beni nel patrimonio del debitore (Giorgieri, 110).

Segue. Sugli atti pregiudizievoli ai creditori

Quanto agli atti pregiudizievoli ai creditori, il legislatore ha ritenuto di non richiamare l'ulteriore disciplina del fallimento, ma non ci sembra che possano sorgere dubbi sulla sua applicabilità, tanto più che la procedura, all'atto della riapertura, viene convertita in fallimento e, quindi, non può che trovare applicazione la legge fallimentare. Pertanto, a seguito della riapertura della procedura, è applicabile l'intero sistema normativo della revocatoria, con la sola esclusione dell'art. 64 (Apice, 1029). Infatti l'ultimo comma dell'art. 123 prevede una sanzione d'inefficacia più ampia di quella contemplata dall'art. 64. È dubbio se possano operare le eccezioni previste da quest'ultima disposizione (Satta, 387).

Quanto alla conoscenza dello stato d'insolvenza, si è sostenuto che essa sia presunta, essendo noto il provvedimento di chiusura (Provinciali, 1973). Sotto tale profilo si è sostenuto che non possa essere ammessa la prova della buonafede del terzo, mentre altri hanno per converso ritenuto che si possa dimostrare la non conoscenza del decreto di chiusura (in arg. Giorgieri, 144 ss.). Sembra preferibile la soluzione di coloro i quali propongono l'applicazione della disciplina della revocatoria fallimentare, tanto più che non si può escludere che, dopo la chiusura del fallimento, lo stato d'insolvenza possa essere cessato (De Ferra, 259).

A seguito della riapertura della procedura, possono essere riassunte le azioni revocatorie proposte prima della chiusura, salvo che non ne sia intervenuta l'estinzione, mentre si dubita, viceversa, che possano essere iniziate ex novo le revocatorie che avrebbero potuto essere esercitate nella fase pregressa (v., tra gli altri, Giorgieri, 139; Provinciali, 1974; Satta, 38): coloro che condividono la tesi della loro ammissibilità fanno decorrere il termine per il computo del periodo sospetto dalla prima sentenza dichiarativa di fallimento.

Bibliografia

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