Decreto legislativo - 8/07/1999 - n. 270 art. 69 - Conversione in corso di procedura.

Rosaria Giordano

Conversione in corso di procedura.

1. Qualora, in qualsiasi momento nel corso della procedura di amministrazione straordinaria, risulta che la stessa non può essere utilmente proseguita, il tribunale, su richiesta del commissario straordinario o d'ufficio, dispone la conversione della procedura in fallimento.

2. Prima di presentare la richiesta di conversione, il commissario straordinario ne riferisce al Ministro dell'industria.

Inquadramento

La conversione è disposta per cessazione cd. «traumatica» dell'amministrazione straordinaria in presenza di una situazione che non consenta più la sua prosecuzione rispetto alla finalità conservativa — intesa almeno nel senso di addivenire ad un riequilibrio economico dell'impresa — della procedura.

Verificatesi le condizioni per la conversione, peraltro, questa non opera automaticamente ex lege, essendo a tal fine necessario che venga assunta una specifica iniziativa dell'ufficio o del commissario perché la conversione possa realizzarsi, proseguendo, in mancanza, la procedura di amministrazione straordinaria nonostante il venir meno dei presupposti di legge (Sandulli, 49).

Premessa

In generale, la fattispecie della «conversione» o «consecuzione» di procedure concorsuali è quel fenomeno caratterizzato dal verificarsi, a carico dello stesso imprenditore commerciale, di una serie di procedure concorsuali che si succedono l'una all'altra senza soluzione di continuità per l'incapacità delle prime di conseguire i rispettivi scopi istituzionali (Martino, 260).

La legge c.d. Prodi non conteneva alcuna disciplina della conversione della procedura di amministrazione straordinaria in fallimento e ciò in coerenza con la generale ratio di quella disciplina normativa in accordo alla quale l'ambito di applicazione dell'amministrazione straordinaria e del fallimento erano assolutamente differenti, con esclusione di qualsivoglia possibilità di concorrenza tra tali procedure (Costa, 2).

Presupposti della conversione

La conversione è disposta per cessazione cd. «traumatica» dell'amministrazione straordinaria in presenza di una situazione che non consenta più la sua prosecuzione rispetto alla finalità conservativa — intesa almeno nel senso di addivenire ad un riequilibrio economico dell'impresa — della procedura. Sotto tale profilo si potrebbe sostenere che si è in presenza di un'ulteriore ipotesi di cessazione dell'amministrazione straordinaria, oltre alla chiusura ed al concordato, che opera ogniqualvolta il fine ultimo della conservazione dell'impresa non possa più essere realizzato. Tuttavia, in realtà, nel caso di mancata attuazione del risanamento dell'impresa, più che di una forma di cessazione della procedura si tratta, come era stato affermato in passato, di una sostituzione di una procedura in un'altra, con conseguente retrodatazione e salvezza degli effetti già prodotti. Più in particolare, la norma in commento disciplina la fattispecie nella quale la conversione viene disposta quando in qualsiasi momento risulta che la procedura di amministrazione straordinaria non può essere utilmente proseguita (in arg. Giordano [10], 2).

Tale ipotesi riproduce, in sostanza, il disposto dell'ormai abrogato art. 192, comma terzo, l.fall., secondo cui se la procedura di amministrazione controllata non può essere utilmente continuata, il giudice delegato promuove presso il tribunale la dichiarazione di fallimento, salva la facoltà per l'imprenditore di proporre la domanda di ammissione al concordato preventivo. Nell'interpretare tale previsione normativa, la S.C. aveva chiarito che la revoca dell'amministrazione controllata a causa del verificarsi, nel corso della procedura, di fatti che non producano il venir meno delle condizioni per l'ammissione, può essere disposta solo previo riscontro della irreversibilità dello stato di insolvenza, non essendo sufficiente la constatazione del mancato ritorno in bonis del debitore (Cass. I, n. 4407/1988). In sede di merito si era a riguardo ritenuto — mediante l'affermazione di condivisibili principi che appaiono applicabili analogicamente nella fattispecie in esame in relazione ai presupposti richiesti dall'art. 27 per l'apertura dell'amministrazione straordinaria in luogo del fallimento — che: deve essere revocata l'amministrazione controllata, allorché risulta la mancanza di qualsiasi piano operativo dell'impresa e venga rilevato che la sua attività nel corso della procedura, è stata volta esclusivamente alla liquidazione dell'attivo con una sistemazione stragiudiziale della massa debitoria (Trib. Roma 9 febbraio 1982, in Dir. fall., 1983, II, 932); il tribunale deve dichiarare cessati gli effetti dell'amministrazione controllata e pronunziare la dichiarazione di fallimento dell'imprenditore commerciale quando il perdurare della prima procedura comporta un peggioramento della situazione esistente mentre l'instaurazione della seconda consente, anche attraverso l'autorizzazione all'esercizio provvisorio, interventi risanatori capaci di salvaguardare la capacità operativa (e quindi anche il valore commerciale) dell'azienda dissestata (Trib. Messina 8 luglio 1981, in Fall. 1981, 929).

Nell'amministrazione straordinaria, la formula adoperata per la conversione si riferisce all'ipotesi in cui la procedura non possa essere più utilmente continuata, ma non è da escludere che in tale formula possano rientrare i casi in cui non si possa procedere alla cessione dei complessi aziendali od attuare la ristrutturazione, o quando vengano a mancare i necessari flussi finanziari per operarla.

In dottrina si è osservato, in termini generali, che l'espressione «procedura utilmente proseguita» utilizzata dalla norma in esame deve essere intesa in termini più ampi rispetto al disposto dell'art. 27 che va relazionato alle necessarie modalità attraverso le quali possono realizzarsi le prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali, mentre, una volta iniziata la procedura concorsuale, assumeranno pregnante rilievo anche gli interessi del ceto creditorio, sicché l'utilità della procedura di amministrazione straordinaria dovrà essere valutata tenendo conto dell'esigenza di superare lo stato di insolvenza. In sostanza, non andrà a tal fine valutata soltanto la possibile realizzazione del programma ma anche considerate le più articolate forme di soddisfacimento dei creditori, come sarebbe confermato, sul piano positivo, dalla previsione, da parte dell'art. 74, delle ipotesi di chiusura della procedura, correlate non alla realizzazione delle finalità conservative della procedura stessa quanto in rapporto al venir meno dello stato di insolvenza (Sandulli, 51 ss.).

La norma in esame stabilisce che, laddove venga accertata l'impossibilità di proseguire utilmente la procedura di amministrazione straordinaria, la conversione della stessa in fallimento può realizzarsi «in qualsiasi momento»: ne deriva che il potere di intervento del Tribunale può essere esercitato dal momento in cui abbia dichiarato aperta la procedura di amministrazione straordinaria e, quindi, persino prima della nomina del commissario straordinario o che lo stesso abbia stilato il programma (Sandulli, 50).

La Corte di legittimità ha recentemente precisato che nell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi disciplinata dal d.l. n. 26/1979, conv. con modif. dalla l. n. 95/1979 (cd. legge Prodi), ai sensi dell'art. 8, comma 3, lett. b), del d.l. n. 70/2011, conv. con modif. dalla l. n. 106/2011, in caso di mancata individuazione dell'assuntore del concordato fallimentare ovvero di rigetto della domanda di omologa della relativa proposta, il tribunale può disporre la conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento, ai sensi degli artt. da 69 a 77 del d.lgs. n. 270/1999, senza dover attendere il decorso del termine di sei mesi dalla conclusione dei detti procedimenti, trattandosi di norma tesa ad accelerare la chiusura di procedure aventi ormai funzioni esclusivamente liquidatorie che presuppone un nesso di consequenzialità diretta tra la mancata soluzione concordata e l'apertura del fallimento, salvo che non risultino in corso specifici e ben individuati atti di liquidazione suscettibili di determinare una pressoché immediata chiusura della medesima procedura (Cass. I, n. 10384/2018).

Segue. Iniziativa per l'attivazione del procedimento

Verificatesi le condizioni per la conversione, peraltro, questa non opera automaticamente ex lege, essendo a tal fine necessario che venga assunta una specifica iniziativa dell'ufficio o del commissario perché la conversione possa realizzarsi, proseguendo, in mancanza, la procedura di amministrazione straordinaria nonostante il venir meno dei presupposti di legge (Sandulli, 49).

La legge delega aveva a riguardo previsto che il commissario straordinario è obbligato, qualora in qualsiasi momento nel corso della procedura risulti che questa non può essere continuata, a riferire all'autorità di vigilanza ed al tribunale affinché si provveda alla conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento. La disposizione in esame — applicabile anche nell'ipotesi in cui la conversione venga richiesta in presenza di uno dei presupposti indicati dall'art. 70 d.lgs. n. 270/1999 — ha sancito che la conversione possa essere disposta su richiesta del commissario straordinario o di ufficio. Si potrebbe sostenere che detta previsione normativa è contraria alla legge delega, che aveva configurato l'ipotesi considerata riservata alla sola iniziativa dell'organo gestore. Tuttavia dalla relazione alla legge si evince che la formula adoperata non possa essere interpretata nel senso di precludere un'attivazione dei poteri di ufficio del tribunale, in quanto siffatta eventualità sarebbe smentita dal successivo rinvio ai casi di cui alla lett. t), che prevede l'intervento del tribunale, senza alcuna attivazione del commissario straordinario. Una diversa interpretazione apparirebbe sospetta d'illegittimità costituzionale, perché subordinerebbe all'insindacabile determinazione di quest'ultimo organo l'adesione del tribunale. Dovendo concludersi nel senso che la conversione del procedimento è riservata all'iniziativa del commissario straordinario ed ai poteri d'ufficio dello stesso tribunale, si deve evidenziare che, per converso, il legislatore ha inteso escludere qualsiasi legittimazione formale dei creditori o dello stesso imprenditore insolvente, pur non potendosi negare una loro facoltà di sollecitare detti organi. Nella Relazione governativa al decreto legislativo in esame, tale esclusione è stata giustificata evidenziando che «prevedere una concorrente legittimazione a richiedere la conversione in capo all'amministratore insolvente, ai creditori o ad altri possibili interessati... avrebbe potuto dar esca, in concreto, a manovre di ‘disturbo' suggerite da fini non commendevoli». Si è osservato, peraltro, che essendo il provvedimento di conversione finalizzato ad evitare l'aggravamento del dissesto dell'imprenditore insolvente desta perplessità l'esclusione della legittimazione dei creditori i cui diritti potrebbero essere seriamente lesi dalla prosecuzione di una procedura con finalità conservative priva di concrete prospettive di realizzazione (cfr. Martino [15], 265). Peraltro, proprio l'esigenza di tutela del ceto creditorio consente di ritenere, anche a seguito della riforma dell'art. 6 l.fall. realizzata nel 2006, nel senso del venir meno della possibilità di una declaratoria del fallimento d'ufficio, che persista il potere del Tribunale di convertire d'ufficio, a fronte dell'analisi delle relazioni trimestrali di cui all'art. 61, comma quarto (e quindi anche in assenza di una formale richiesta del commissario straordinario) ovvero proprio su segnalazione dei creditori, l'amministrazione straordinaria in fallimento (Costa, 7).

L'ultimo comma della disposizione in esame stabilisce che il commissario straordinario, prima di presentare l'istanza di conversione della procedura, deve informarne l'autorità di vigilanza. L'intendimento legislativo si fonda sulla necessaria e completa conoscenza che il Ministro dell'industria deve avere di tutti gli atti compiuti dal commissario straordinario durante tutto il corso del procedimento ed, in particolare, di ogni circostanza sopravvenuta che possa indurre il tribunale a dichiarare cessata la procedura conservativa. Anche in questa fase processuale l'autorità di vigilanza può assumere ogni iniziativa ritenuta utile a far luce sulla situazione imprenditoriale e sui provvedimenti da adottare, nonché a sovrintendere alle attività del commissario straordinario.

Bibliografia

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