Decreto legislativo - 8/07/1999 - n. 270 art. 37 - Vigilanza sulla procedura.

Lunella Caradonna
Ivana Vassallo

Vigilanza sulla procedura.

1. La procedura di amministrazione straordinaria si svolge ad opera di uno o tre commissari straordinari, sotto la vigilanza del Ministero dell'industria, salve le competenze del tribunale e del giudice delegato nelle materie ad essi affidate.

2. Ai fini dell'esercizio delle funzioni previste dal presente decreto il Ministero può avvalersi dell'opera di esperti o di società specializzate, a norma dell'articolo 3 della legge 11 maggio 1999, n. 140.

3. Il Ministero dell'industria può altresì avvalersi del personale della Guardia di finanza per le verifiche ed i controlli necessari ai fini dell'espletamento dell'attività di vigilanza e dell'adozione degli atti e dei provvedimenti di propria competenza.

Inquadramento

Nella precedente normativa l'espressione «autorità di vigilanza», mutuata dalla disciplina prevista per la liquidazione coatta amministrativa, esprimeva l'idea che determinate funzioni venissero svolte impersonalmente dalla pubblica amministrazione e che altre richiedessero l'intervento diretto del Ministro dell'industria.

Oggi questa dicotomia è stata mantenuta; il legislatore, però, non fa più riferimento all'autorità di vigilanza, ma al Ministero dell'Industria (ora delle Attività Produttive) che svolge funzioni di indirizzo politico, mentre il Ministero assume le iniziative generalmente gestionali.

Il Ministero dell'Industria (oggi Ministero delle Attività Produttive) si inserisce in una struttura verticistica con funzioni di vigilanza e di indirizzo e rappresenta insieme al Commissario Straordinario e al comitato di sorveglianza la struttura organica della procedura di amministrazione straordinaria.

Proprio al fine di consentire l'adeguato esercizio di tali funzioni il legislatore ha previsto poteri più incisivi mediante l'ausilio di esperti e società specializzate e del personale della Guardia di finanza.

Si tratta di una vigilanza prevalentemente di merito relativa alle scelte e all'operato dei commissari, mentre al Tribunale compete un controllo di legalità (cfr. Trib. Piacenza, 3 luglio 2014).

Poteri e funzioni del Ministero dell'industria

La presenza del Ministero delle Attività Produttive è collegata all'interesse pubblico correlato alla finalità di conservazione dell'impresa insolvente.

Al vertice si trova il Ministro che nomina il Commissario e che è il titolare del potere di vigilanza sugli atti del Commissario.

Mentre nella prima fase è maggiore la connotazione di organo politico, poiché il piano predisposto nella relazione del Commissario deve rispettare le direttive di politica economica, in questa seconda fase egli è organo amministrativo ed ha, in tale veste, un potere di direzione assai incisivo poiché può innanzitutto contribuire alla ideazione del piano, alla sua autorizzazione nonché al compimento di atti rilevanti ai fini della sua realizzazione e addirittura può anche sostituirlo interamente.

Alcuni autori, proprio in ragione della prevalenza del ruolo del Ministero delle attività produttive, affermano che la procedura di amministrazione straordinaria, anche se caratterizzata da una fase iniziale giurisdizionale, in realtà è una procedura con natura specificamente amministrativa (Rispoli Farina, 134).

I compiti di direzione e di vigilanza sono divisi tra il Ministro e la direzione competente del Ministero.

Il Ministro nomina e sostituisce il commissario e nomina il comitato di sorveglianza.

La direzione competente del Ministero provvede, invece, a redigere i giudizi tecnici necessari e i provvedimenti di gestione, quali l'approvazione del programma e l'autorizzazione degli atti di amministrazione particolarmente rilevanti (Alessi, 67).

Si è già detto che il Ministero può avvalersi del personale della Guardia di Finanza e di esperti, anche sotto forma di società.

Nell'ipotesi di omessa o carente vigilanza si configura un'ipotesi di responsabilità extracontrattuale in capo all'autorità amministrativa perché la violazione dei principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione dettati dall'art. 97 Cost. costituisce violazione della norma primaria del neminem laedere (Cassottana, 981).

E ciò anche sulla base dell'importante principio affermato dai giudici di legittimità sulla risarcibilità dell'interesse legittimo.

In particolare, la Cassazione ha affermato che la lesione di un interesse legittimo, così come la lesione di un diritto soggettivo o di un altro interesse —non di mero fatto ma giuridicamente rilevante-, rientra nella fattispecie della responsabilità aquiliana ai fini della qualificazione del danno come ingiusto, quindi potrà pervenirsi al risarcimento soltanto se l'attività illegittima della P.A. abbia determinato la lesione dell'interesse al bene della vita al quale l'interesse legittimo effettivamente si collega, avuto riguardo al suo contenuto e che risulta meritevole di protezione alla stregua dell'ordinamento (Cass. S.U., n. 500/1999).

La lesione dell'interesse legittimo, quindi, rappresenta una condizione necessaria, ma non sufficiente, al fine di accedere alla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c., atteso che occorre altresì la lesione, per effetto dell'attività illegittima della P.A., dell'interesse al bene della vita al quale l'interesse legittimo si correla, e che il detto interesse al bene risulti meritevole di tutela alla luce dell'ordinamento positivo (La procedura di amministrazione straordinaria si svolge ad opera di uno o tre commissari straordinari, sotto la vigilanza del Ministero dell'industria, salve le competenze del Tribunale e del giudice delegato nelle materie ad essi affidate.

Al riguardo, compete al Tribunale un potere-dovere di controllo di legalità sull'andamento della procedura di amministrazione straordinaria e di verifica, in piena autonomia decisionale —sia in ordine all'impulso che al contenuto della decisione- della sussistenza dei presupposti per la conversione in fallimento.

Sulla base dell'autonomia ed indipendenza di giudizio, può in ogni momento chiedere informazioni sull'andamento della procedura o su specifiche situazioni al commissario straordinario (cfr. Trib. Piacenza, 3 luglio 2014).

Ed inoltre, la conversione della procedura di amministrazione straordinaria in fallimento può essere disposta quando risulti che la prima procedura non possa essere utilmente proseguita scaduti i termini del programma di cui all'art. 27 d.lgs. n. 270/99, con la precisazione che al Tribunale compete d'ufficio il potere di verifica dei relativi presupposti (cfr. Trib. Piacenza 13 febbraio 2015).

Le responsabilità del Ministero

La problematica relativa alla vigilanza sulla procedura di amministrazione straordinaria è strettamente legata alla tematica relativa alle responsabilità (di natura extracontrattuale) a carico del Ministero dell'Industria per i danni eziologicamente riconducibili all'espletamento non legittimo delle funzioni di sorveglianza.

Secondo una prima lettura, con la riforma sarebbe stata attuata una vera e propria deresponsabilizzazione del potere amministrativo a fronte della giurisdizionalizzazione della procedura, ponendosi l'autorità giudiziaria al di sopra delle funzioni di vigilanza svolte dal Ministero.

Diversamente, secondo un altro indirizzo interpretativo, si potrebbe affermare che l'amministrazione pubblica tende ad espandersi nel campo in cui l'autorità giudiziaria svolge le proprie competenze.

In realtà, ciò che contraddistingue la nuova disciplina è proprio il collegamento tra le funzioni di controllo svolte dall'autorità giudiziaria e le funzioni di vigilanza svolte dall'autorità amministrativa, il cui scopo, unitario, è costituito dal recupero dell'attività imprenditoriale ove sussistano, in concrete, serie prospettive di risanamento economico e finanziario.

Analogamente rispetto a quanto previsto dall'art. 1 della legge Prodi, l'art. 37 in commento prevede che l'amministrazione straordinaria si svolge ad opera di uno o tre commissari straordinari sotto la vigilanza del Ministero dell'Industria.

Tali funzioni vengono espletate attraverso gli organi commissariali e di sorveglianza e autonomamente attraverso l'intervento di esperti, di società specializzate in ricerche di mercato o attraverso la guardia di finanza.

Spettano al Ministero poteri di nomina, revoca e sostituzione del commissario straordinario e dei componenti del comitato di sorveglianza.

Importante è anche il ruolo del Ministero in relazione alla redazione del programma, sia nella forma della cessione dei complessi aziendali sia nella forma della ristrutturazione, essendo il suddetto programma redatto tenendo conto del parere del Ministero.

Inoltre, il Ministero può far apportare delle modifiche o integrazioni o può farlo sostituire in via autoritativa (ai sensi dei successivi artt. 57 e 60).

Il programma de quo ha la finalità precipua di conservare l'unità operativa dei complessi aziendali, salvaguardando altresì gli interessi dei creditori e deve essere concreto in quanto deve potere essere attuato entro uno (salvo proroga) o due anni (a seconda dell'indirizzo scelto).

Ancora, il Ministero autorizza l'esecuzione del programma e svolge funzioni di controllo sulla gestione commissariale.

Obblighi di vigilanza sono inoltre riconducibili alla funzione consultiva svolta dal Ministero in occasione dei formulazione di pareri su richiesta del Tribunale.

Infine, una funzione di controllo è collegata alle competenze riconducibili alla clausola generale contenuta nell'articolo in commento.

La dottrina ha avuto modo di osservare l'influenza che alcune novità legislative e giurisprudenziali hanno provocato sulla regolamentazione delle funzioni e delle responsabilità del Ministero (cfr. Cassottana, 979).

In particolare, è stata evidenziata l'incidenza sia dell'ampliamento della sfera del danno risarcibile in sede extracontrattuale, dopo la sentenza della Cass. S.U. n. 500/1999 delle decisioni degli organi comunitari sulla legge Prodi e gli aiuti di Stato (CGCE 1 dicembre 1998, in Fall. 1999, 831 e in Riv. dir. ind. 1999, II, 116, con nota di Franceschelli, L'apprendista stregone e il giudice comunitario, 124 ss., CGCE 17 giugno 1999); sia per quanto concerne il secondo della devoluzione, ai sensi dell'art. 33 del d.lgs. n. 80/1998 (Bassanini), alla competenza del giudice amministrativo delle controversie sulla vigilanza ed il controllo nei confronti di imprese che gestiscono pubblici servizi (per cui, se l'impresa in amministrazione straordinaria esercita attività di pubblico servizio anche le azioni di responsabilità extracontrattuale rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, trattandosi di controversie «in materia di vigilanza e di controllo nei confronti di gestori dei pubblici servizi»).

Sulla base dei principi ormai pacifici in giurisprudenza a partire dalla sentenza n. 500/1999, deve ritenersi risarcibile il danno ingiusto cagionato dal Ministero in caso di illegittimo esercizio delle funzioni di controllo e di vigilanza comportando l'attività colpevole della pubblica amministrazione la lesione ad un bene della vita che trova tutela nel nostro ordinamento ossia il diritto all'integrità del patrimonio ed il diritto di determinarsi liberamente nello svolgimento dell'attività negoziale relativa al patrimonio [Cass. n. 2765/1982, in Giust. civ. 1982, I, 1749, con nota di Di Majo, secondo cui «L'acquirente di un quadro, che si sia determinato all'acquisto facendo ragionevole affidamento sull'autenticità dell'opera, desumibile dall'apposizione della propria firma (sul retro del dipinto) da parte del pittore, può agire per responsabilità extracontrattuale nei confronti di quest'ultimo, in ipotesi di accertamento della falsità del quadro e dell'apposizione della indicata firma senza un previo diligente controllo sull'autenticità dell'opera, al fine di ottenere il risarcimento del danno conseguente alla lesione del diritto di determinarsi liberamente nello svolgimento dell'attività negoziale relativa al patrimonio (costituzionalmente garantito entro i limiti di cui all'art. 41 Cost.), facendo ragionevole affidamento sulla veridicità delle dichiarazioni, da chiunque rese, comunque concernenti quella attività, e senza essere pregiudicato da dichiarazioni non veritiere, rese per dolo o per colpa (in violazione dei doveri inderogabili di solidarietà sociale sanciti dall'art. 2 Cost.).»].

Ciò si pone in linea di continuità rispetto a quanto già affermato dalla Corte di Cassazione in materia di responsabilità (extracontrattuale) delle autorità amministrative per cattivo esercizio delle funzioni di vigilanza da parte della Banca d'Italia per violazione dei principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione dettati all'art. 97 Cost., i quali costituiscono dei limiti esterni all'esercizio della discrezionalità amministrativa espletata nell'ambito delle funzioni di controllo e di vigilanza, la cui inosservanza si pone in contrasto con il principio del neminem laedere (cfr. Cass. n. 12672/2001, secondo cui «L'attività della pubblica amministrazione, anche nel campo della pura discrezionalità, deve svolgersi nei limiti posti non solo dalla legge, ma anche della norma primaria del «neminem laedere», per cui, in considerazione dei principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione, dettati dall'art. 97 Cost., la pubblica amministrazione è tenuta a subire le conseguenze stabilite dall'art. 2043 c.c., atteso che tali principi si pongono come limiti esterni alla sua attività discrezionale, ancorché il sindacato di questa rimanga precluso al giudice ordinario»; nonché Cass. S.U., n. 9593/1994, secondo cui «La responsabilità della P.A. per illecito extracontrattuale — che può essere fatta valere dal privato con azione di risarcimento del danno davanti al giudice ordinario — è astrattamente configurabile anche nella diffusione di informazioni inesatte, in omissioni o in leggerezze o negligenze commesse dall'amministrazione nell'esercizio di poteri di vigilanza o di controllo; tuttavia, la proponibilità di siffatta domanda risarcitoria non dipende solo dalla prospettazione della parte, ma anche dalla configurabilità in concreto, in relazione ai termini sostanziali della controversia, di un comportamento della P.A. che, superando il limiti esterni della discrezionalità riconosciutale dalla legge, abbia leso un diritto soggettivo, con la conseguenza che non può considerarsi dedotta l'indicata lesione quando il privato censuri l'attività discrezionale di vigilanza o il cattivo esercizio di poteri di controllo, risolvendosi tali censure in un inammissibile sindacato del giudice ordinario sulla legittimità o sull'opportunità di atti amministrativi. Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva dichiarato il difetto di giurisdizione dell'A.G.O. sulla domanda di risarcimento proposta dal privato nei confronti del Ministero dell'Industria — per avere, quale autorità di vigilanza sull'attività di «leasing», consentito l'inserimento nei contratti di locazione finanziaria di clausole asseritamente contrarie a norme imperative —, non ravvisando un diritto soggettivo del privato, in assenza di norme obbliganti detta autorità al controllo del contenuto dei contratti in questione»)

La dottrina, inoltre, sulla base dei principi sopra esplicitati, ha individuato le fattispecie di responsabilità così come «tipizzate» dalla giurisprudenza (cfr. Cassottana, 979):

a) laddove siano stati nominati o mantenuti in carica commissari non in possesso dei requisiti di professionalità e di onorabilità;

b) laddove il Ministro abbia autorizzato il trasferimento di aziende o rami di aziende ad imprese non in grado di salvaguardare gli obblighi assunti;

c) laddove siano state diffuse informazioni inesatte (sottacendo elementi rilevanti per una obiettiva valutazione) ingenerando nei terzi rappresentazioni non conformi alla realtà;

d) laddove non siano stati posti in essere i necessari interventi autoritativi previsti dalla legge.

Per ciò che concerne, invece, le novità introdotte dal decreto legislativo in commento, al fine di adeguare la disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi all'ordinamento comunitario, va osservato che nella vecchia legge Prodi si ponevano in contrasto con la disciplina degli aiuti di Stato, tra l'altro, la specificità delle categorie di imprese che potevano essere ammesse alla procedura avuto riguardo alla natura dei crediti e la discrezionalità del potere della pubblica amministrazione nell'autorizzazione della prosecuzione di un'impresa insolvente.

Per ciò che riguarda il primo profilo, il d.lgs. n. 270/1999 ha reso neutrale il riferimento all'indebitamento; per quanto concerne il secondo aspetto, il legislatore ha introdotto un criterio oggettivo (o tendenzialmente tale) sulla base del quale può essere assunta la decisione di proseguire l'attività di impresa, ossia la possibilità di risanamento dell'equilibrio economico e finanziario della stessa.

Persistendo tale presupposto, non si pone neanche un problema di porre in essere un trattamento discriminatorio nei confronti delle imprese in stato di insolvenza, in contrasto con la disciplina comunitaria degli aiuti di Stato.

Al contrario, venendo meno tale presupposto la prosecuzione dell'attività di impresa implicherebbe l'adozione di risorse statali per sostenere alcune imprese insolventi piuttosto che altre, con conseguente compromissione degli equilibri della concorrenza sul mercato comune.

La disciplina degli aiuti di Stato, quindi, impone al Ministero, —che non soltanto è tenuto a rispettare le regole della imparzialità, efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione ma altresì deve farsi garante del rispetto degli obblighi che lo Stato ha assunto nei confronti degli Stati membri-, di esercitare con rigore le funzioni di controllo e di vigilanza (soprattutto nel rilascio dell'autorizzazione all'esecuzione del programma ovvero alla modifica o sostituzione del programma in corso di procedura oppure in caso di conversione della procedura in fallimento), in modo da non compromettere, con la selezione delle grandi imprese insolventi da salvaguardare, il normale evolversi del mercato.

La dottrina ha avuto modo, inoltre, di evidenziare profili di responsabilità del Ministero laddove abbia contribuito, a causa del cattivo esercizio delle funzioni di vigilanza e controllo, ad aggravare le situazioni di dissesto economico e finanziario di un'impresa insolvente che abbia continuato ad esercitare la propria attività pur non essendovi concrete prospettive di risanamento (cfr. Cassottana, 979).

In particolare, ciò può accadere quando emergono delle criticità in sede di redazione del programma.

In tale ipotesi, infatti, il commissario straordinario è tenuto a chiedere al Tribunale la conversione della procedura in fallimento.

Ancora, un altro caso di responsabilità potrebbe sorgere se il Ministero autorizza un programma inidoneo a garantire la conservazione dell'unità operativa dei complessi aziendali ovvero il risanamento economico e finanziario dell'impresa.

Infine, un'ulteriore fattispecie di responsabilità potrebbe configurarsi nell'ipotesi in cui il commissario straordinario non chieda la conversione della procedura in fallimento (oppure formula tale richiesta con ritardo), quando la stessa non possa più utilmente proseguire.

La dottrina si è anche interrogata su quali siano i soggetti legittimati attivamente a far valere la responsabilità del Ministero, se cioè si tratta del curatore fallimentare oppure dei singoli creditori individualmente considerati (cfr. Cassottana, 979).

La problematica si pone su un medesimo piano concettuale rispetto a quella relativa alla legittimazione attiva a far valere, in caso di fallimento, la responsabilità degli amministratori o dei sindaci, in caso di violazione del divieto di intraprendere nuove operazioni.

Nessun dubbio si pone sulla legittimazione del curatore laddove il danno consista nella diminuzione del patrimonio dell'impresa insolvente quale conseguenza diretta ed immediata della illegittima prosecuzione dell'attività.

Diversamente, più dibattuta è la questione laddove il danno consista nel trattamento deteriore che il singolo creditore è costretto a subire in conseguenza del regime di prededuzione previsto per i crediti sorti per la continuazione dell'esercizio dell'impresa.

In tale ipotesi, infatti, si tratta di stabilire se la legittimazione spetta ai singoli creditori che sono stati direttamente danneggiati oppure al curatore, venendo in questione l'interesse al concorso paritario dei creditori (cfr. Cass. n. 1507/2000, secondo cui «Il comportamento del commissario dell'amministrazione straordinaria diretto a riconoscere la causa di prelazione di un credito vantato come ipotecario, benché inefficace, costituisce violazione di un dovere essenziale d'ufficio, idoneo a comportare la lesione al principio fondante del concorso paritario dei creditori; esso legittima, perciò, il nuovo commissario a far valere come interesse proprio della procedura quello dei creditori ipotecari di grado posteriore e chirografari danneggiati dall'indebita preferenza e ad esercitare l'azione di responsabilità dell'art. 199 l.fall. contro il commissario revocato.»)

Infine, sempre sotto il profilo della legittimazione attiva, in caso di lesione dei diritti tutelati dall'ordinamento comunitario con la disciplina del divieto degli aiuti di Stato, un cenno va fatto alle imprese concorrenti sul mercato che ritengono che il programma autorizzato dal Ministro contenga agevolazioni pubbliche che illegittimamente agevolano alcune imprese a discapito di altre poiché non preventivamente sottoposte al vaglio della Commissione.

Bibliografia

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Terenghi, Le novità del d.l. n. 83/2012 in materia di amministrazione straordinaria, in Fall. 2012, 10, 1165.

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