Decreto legislativo - 8/07/1999 - n. 270 art. 35 - Conversione del fallimento a seguito di accoglimento dell'opposizione.Conversione del fallimento a seguito di accoglimento dell'opposizione. 1. L'accertamento del possesso, da parte dell'impresa fallita, dei requisiti indicati dall'articolo 2 non comporta la revoca della sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata in base alle disposizioni della legge fallimentare. 2. Quando è passata in giudicato la sentenza che accoglie per tale motivo l'opposizione prevista dall'articolo 18 della legge fallimentare, il tribunale che ha dichiarato il fallimento, ove non sia esaurita la liquidazione dell'attivo, invita con decreto il curatore a depositare in cancelleria ed a trasmettere al Ministro dell'industria entro trenta giorni una relazione contenente una valutazione motivata circa l'esistenza delle condizioni previste dall'articolo 27 ai fini dell'ammissione dell'impresa fallita alla procedura di amministrazione straordinaria. 3. Il tribunale, entro trenta giorni dal deposito della relazione, con decreto motivato dispone la conversione del fallimento in amministrazione straordinaria, ovvero dichiara che non sussistono le condizioni per farvi luogo. 4. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 28, commi 4 e 5, 29, 30, comma 2, e 33, sostituito al commissario giudiziale il curatore. InquadramentoLa disposizione in esame ha lo scopo, ogniqualvolta sia stato dichiarato il fallimento di un'impresa che avrebbe dovuto essere, invece, dichiarata insolvente e l'opposizione sia stata decisa con sentenza passata in giudicato, di evitare di dovere porre nel nulla il procedimento concorsuale ed, eventualmente, disporre l'apertura di un altro fallimento. Si tratta di una norma cerniera che consente il passaggio da una procedura all'altra senza chiudere la precedente, che diviene improcedibile nelle vecchie forme, sostituite da quella nuova. Effetti della conversione del fallimento in amministrazione straordinariaIl termine conversione di norma riguarda la trasformazione dell'amministrazione straordinaria in fallimento, ossia l'ipotesi in cui si accerta che la prima procedura non può più essere utilmente proseguita oppure al caso in cui, alla scadenza del termine previsto nelle due diverse forme di risanamento dell'impresa insolvente, non sia stato possibile realizzare il programma. Con la disposizione in esame è stata invece regolamentata l'ipotesi opposta a quella contemplata dall'art. 11 del decreto legislativo in esame (impresa, non avente i requisiti per essere assoggettata all'amministrazione straordinaria, dichiarata insolvente), i.e. quella in cui venga proposta opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento non già per contestare l'accertamento del possesso da parte dell'impresa fallita dei requisiti per la dichiarazione di insolvenza bensì soltanto per opporsi al mancato accertamento da parte della sentenza di fallimento ordinaria della sussistenza delle condizioni per l'ammissione all'amministrazione straordinaria (cfr. La Malfa, 119). A riguardo, si è stabilito che, nel caso in cui un'impresa avente i requisiti per essere assoggettata alla dichiarazione dello stato d'insolvenza, venga dichiarata fallita, se l'opposizione è definitivamente accolta, il tribunale che ha dichiarato il fallimento, ove non sia esaurita la liquidazione dell'attivo, invita il curatore a depositare in cancelleria ed a trasmettere al Ministro dell'industria entro trenta giorni una relazione contenente una valutazione motivata, circa la sussistenza delle condizioni per l'ammissione all'amministrazione straordinaria. Di tale relazione è affisso un avviso dell'avvenuto deposito ed i creditori e qualsiasi interessato possono prenderne visione ed estrarre copia. Il Ministro dell'industria (rectius, dello Sviluppo Economico) deposita il proprio parere ed i creditori possono far valere le loro osservazioni. Al compimento di tali adempimenti, il tribunale può disporre la conversione del fallimento oppure può dichiarare che non sussistono le condizioni per farvi luogo, ipotesi nella quale non si aprirà, peraltro, un nuovo fallimento ma proseguirà l'originaria procedura fallimentare (La Malfa, 120). Ratio della regolamentazioneLa disciplina posta dalla norma in commento ha lo scopo, ogniqualvolta sia stato dichiarato il fallimento di un'impresa che avrebbe dovuto essere, invece, dichiarata insolvente e l'opposizione sia stata decisa con sentenza passata in giudicato, di evitare di dovere porre nel nulla il procedimento concorsuale ed, eventualmente, disporre l'apertura di un altro fallimento. Si tratta sostanzialmente di una disposizione cerniera che consente il passaggio da una procedura all'altra senza chiudere la precedente, che diviene improcedibile nelle vecchie forme, sostituite da quella nuova (in accordo con la concezione generale di conversione: Bozza, 9). A prescindere, infatti, dall'appesantimento processuale che ciò comporterebbe, si azzererebbero tutti gli effetti della procedura inesattamente aperta e si produrrebbe un pregiudizio per i creditori (consolidamento di ipoteche, decorso del periodo sospetto, decorrenza delle prescrizioni e delle decadenze, ecc.). Per tali motivi, è stato stabilito che l'accertamento del possesso da parte dell'impresa fallita dei requisiti previsti per la dichiarazione dello stato d'insolvenza non comporta la revoca della sentenza dichiarativa di fallimento. In tale prospettiva, quindi, la norma viene ad integrare sostanzialmente il contenuto dell'art. 18 d.lgs. n. 270/1999, nel senso che il tribunale investito del gravame, qualora accolga lo stesso, non dovrà revocare il fallimento bensì accertare l'esistenza delle condizioni che avrebbero legittimato la pronuncia dello stato di insolvenza piuttosto che la sentenza di fallimento in ragione dell'insussistenza dei requisiti dimensionali richiesti dall'art. 2 del decreto in esame (Fabiani, 1074). Si prevede, in particolare, che a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di accoglimento dell'opposizione proposta per contestare il mancato assoggettamento dell'impresa alla procedura di amministrazione straordinaria, il Tribunale inviterà soltanto il curatore a depositare in cancelleria una relazione contenente una valutazione motivata circa la sussistenza delle condizioni richieste dall'art. 27 ai fini dell'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria (nel senso che pertanto si apre, all'interno del fallimento, un «sub-procedimento» cfr. La Malfa, 119 ss., il quale evidenzia che resta in vita la sentenza preesistente, che equivarrà alla dichiarazione di insolvenza di cui all'art. 8). Nel termine di 30 giorni dal deposito della relazione, spetterà al Tribunale la valutazione sulla pronuncia del decreto di conversione del fallimento in amministrazione straordinaria ovvero di accertamento dell'insussistenza delle condizioni per darvi luogo. In sostanza, il provvedimento di conversione in amministrazione straordinaria, tenuto conto della struttura bifasica della procedura delineata dal decreto legislativo in esame (in arg. Guglielmucci, 133 ss.), sarà emanato soltanto a seguito di una verifica da parte dell'autorità giudiziaria, sulla scorta della relazione redatta dal curatore, in ordine alle concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali (sulla natura del relativo potere-dovere del Giudice cfr. Cultrera, 693). Invero la nozione di riequilibrio non è scevra da problematicità interpretative che risentono della più generale opzione di fondo sottesa alla Prodi-bis nella scelta tra il salvataggio reale ed il salvataggio politico dell'impresa, i.e. tra il recupero reale dell'unità produttiva o un mero rinvio della decisione finale sulla gestione aziendale destinata con il tempo ad essere posta fuori mercato. In tale contesto, difatti, la scelta di condizionare l'apertura della procedura alla reversibilità dell'insolvenza e, quindi, alla possibilità di un risanamento effettivo è maggiormente funzionale agli interessi del ceto creditorio (cfr., diffusamente, Di Marzio, 2 ss., il quale non trascura di rilevare, peraltro, che la disciplina complessiva del decreto in esame appare orientata piuttosto ad una conservazione del patrimonio produttivo dell'impresa, piuttosto che al risanamento della stessa e che, del resto, molto più frequente nella prassi è la realizzazione dell'obiettivo di risanamento attraverso la cessione del complesso aziendale). Tali incertezze emergono anche nella prassi giurisprudenziale. Secondo un primo approccio, di carattere più rigoroso, infatti, la situazione di insolvenza prevista dal d.lgs. n. 270/1999 quale presupposto per l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, a differenza della medesima situazione disciplinata dall'art. 5 quale presupposto per la dichiarazione di fallimento, va individuata in uno stato di crisi reversibile e superabile mediante un adeguato piano di risanamento volto al ripristino dell'equilibrio economico e finanziario, che possa garantire un ritorno dell'impresa sul mercato in condizioni di recuperata integrità (Trib. Torre Annunziata 24 novembre 2001, in Giur. comm. 2002, II, 482 e Fall. 2002, 1099, con nota di Napoleoni). In accordo con altra impostazione, invece, i fini dell'apertura delta procedura di amministrazione straordinaria, il giudizio sulla concretezza delle prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività d'impresa, ex art. 27, n. 270/1999, deve semplicemente fondarsi su motivate previsioni, di carattere imprenditoriale, economico e finanziario, che valgano ad individuare gli specifici presupposti del redigendo piano di risanamento (cfr. Corte App. Milano 9 settembre 2002, in Fall. 2003, 442, con nota di Luisi). È stato sotto altro profilo osservato, a riguardo, che il fattore tempo gioca un ruolo determinante, in quanto la pronuncia di conversione potrà avvenire soltanto se, nelle more della decisione, mediante pronuncia di una sentenza passata in giudicato, sull'opposizione proposta, la situazione economica e patrimoniale dell'impresa non sia degradata e non sia avvenuta la disgregazione dei vari elementi produttivi. In tale prospettiva, non è peregrina la possibilità di conflitti d'interesse tra la curatela fallimentare e l'opponente nell'ipotesi di accoglimento dell'opposizione in primo o in secondo grado e di prosecuzione delle operazioni di liquidazione nella pendenza di ulteriore gravame (cfr. La Malfa, 121, anche per l'insussistenza di spazi per la sospensione ex art. 108, comma terzo). Alla luce del sistema complessivo delineato dalla norma in commento, quindi, la sentenza di accoglimento dell'opposizione per l'accertamento dei requisiti dimensionali di cui all'art. 2, d.lgs. n. 270/1999 è una sentenza condizionata dall'emanazione del successivo decreto di conversione, ricorrendone i relativi presupposti, consolidandosi, in mancanza, la sentenza di fallimento già pronunciata (Fabiani, 1074). In giurisprudenza è stato evidenziato, poi, che la disposizione in esame serve inoltre a chiarire che, a differenza della precedente regolamentazione, la conversione del fallimento in amministrazione straordinaria è possibile solo se il possesso o meno dei requisiti dimensionali sia stato dedotto in sede di opposizione alla sentenza di fallimento ex art. 18, opposizione che deve essere, quindi, proposta entro il termine di quindi giorni dalla notifica dell'estratto della sentenza di fallimento (Cass. n. 18620/2003). Nella consecuzione delle procedure concorsuali il computo a ritroso del periodo sospetto di cui all'art. 67 l. fall. ha inizio dalla data del decreto di ammissione all'amministrazione controllata e non da quella della domanda (Cass. I, n.4482/2021, fattispecie di passaggio dall'amministrazione controllata all'amministrazione straordinaria). Il computo a ritroso del periodo sospetto e la conseguente identificazione degli atti revocabili al suo interno decorrono dalla data di ammissione alla prima procedura (Cass. I, ord. n. 13838/2019, in tema di prescrizione dell'azione revocatoria fallimentare nell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, con affermazione per cui la regola di decorrenza della prescrizione dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere si riferisce al termine fissato per l'esercizio dell'azione e non anche alla delimitazione del periodo sospetto di cui all'art. 67 l. fall.) Diversamente, nell'assetto previgente, si riteneva ammissibile il reclamo alla Corte d'Appello avverso il provvedimento negativo del tribunale per la conversione di un fallimento in amministrazione straordinaria, ai sensi dell'art. 4, l. n. 95/1979, in quanto l'esame dell'assoggettabilità dell'impresa fallita ad amministrazione straordinaria non deve essere necessariamente fatto valere in sede di opposizione alla dichiarazione di fallimento ex art. 18 e nei termini perentori da imposti da tale norma (v., tra le altre, App. Roma 10 luglio 1998, in Dir. fall. 1999, II, 529, con nota di Di Gravio). BibliografiaBozza, Conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento, in Fall. 2000; Cannone, L'apertura della procedura di amministrazione straordinaria: i profili processuali, in Costa (a cura di), L'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza dopo il d.lgs. 12.9.2007, n. 169, Torino, 2008; Cultrera, L'amministrazione straordinaria delle grandi imprese. Potere od obbligo del Tribunale di aprire la procedura?, in Giust. civ. n. 3, 2005; Di Marzio, Appunti sull'ammissione dell'impresa alla procedura di amministrazione straordinaria, in ilfallimentarista.it, 22 maggio 2012; Di Marzio – Macario, Amministrazione delle grandi imprese in stato d'insolvenza, in Trattato di diritto fallimentare a cura di Jorio - Sassani, Milano, 2017; Fabiani, Profili processuali della nuova amministrazione straordinaria, in Fall., 2000, n. 10; Guglielmucci, Una procedura concorsuale amministrativa sotto il controllo giudiziario, in Fall. 2000, 2; La Malfa, L'apertura della procedura, in Bonfatti-Falcone (a cura di), La riforma dell'amministrazione straordinaria, Roma 2000; Luisi, Il limiti di sindacato del giudice ai fini dell'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria ex d.lgs. 270/1999, in Fall. 2003; Paluchowski, Nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza (d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270), in Pajardi (a cura di), Codice del fallimento, Milano 2013. |