Decreto legislativo - 8/07/1999 - n. 270 art. 16 - Sostituzione del commissario giudiziale.Sostituzione del commissario giudiziale. 1. Se occorre procedere alla sostituzione del commissario giudiziale il tribunale richiede al Ministro dell'industria di indicare il nuovo commissario, stabilendo il termine entro il quale l'indicazione deve pervenire. 2. Il tribunale nomina il nuovo commissario in conformità dell'indicazione del Ministro, ovvero autonomamente, se l'indicazione stessa non è pervenuta nel termine. InquadramentoL'importanza delle funzioni svolte dal commissario giudiziale, sia nella fase in cui mette a conoscenza del Tribunale gli elementi riguardanti il giudizio sulla risanabilità ai fini dell'ammissione alla procedura, sia nella fase successiva, qualora assuma anche direttamente la gestione dell'impresa, legittima le disposizioni previste in tema di sostituzione del commissario. Al riguardo, sono stati prospettati alcuni dubbi interpretativi in ordine alla natura vincolante per l'autorità giudiziaria della designazione del Ministero ed è stato avanzato un sospetto d'incostituzionalità della normativa non potendo l'autorità amministrativa condizionare l'autorità giudiziaria. Sostituzione del commissario giudizialeIl titolare del potere di sostituire il commissario è il tribunale. Il tribunale chiede al Ministro dell'industria di indicare il nuovo commissario e indica nella richiesta il termine entro il quale l'indicazione deve pervenire. Nell'inerzia del Ministro la nomina del nuovo commissario sarà fatta autonomamente dal tribunale. La sostituzione deve essere motivata da seri e gravi motivi che determinano il venire meno del rapporto di fiducia esistente con il tribunale. Possono configurare gravi motivi sia inadempimenti formali, sia irregolarità nella gestione dell'impresa (ad es. ritardo nel deposito della relazione, omissione di accertamenti, scelte imprenditoriali di favore). Ulteriori motivi possono essere la sopravvenienza di una causa di incapacità o l'incompatibilità soggettiva e in genere l'inosservanza dei doveri del proprio ufficio e qualsiasi inadempienza rispetto ad altri doveri che il giudice discrezionalmente valuta come sufficienti a revocare l'incarico. Alla base della sostituzione possono esserci anche motivi oggettivi, quali il decesso o le dimissioni per ragioni personali (motivi di salute o raggiunti limiti di età). Il richiamo operato dall'art. 15 all'art. 37 della legge fallimentare implica che il commissario deve essere sentito e che il provvedimento di revoca deve essere motivato. Contro il decreto di revoca o di rigetto dell'istanza di revoca, è ammesso reclamo alla corte di appello ai sensi dell'articolo 26 l.fall.. Il provvedimento è immediatamente efficace e il reclamo non sospende l'efficacia del decreto. I giudici di legittimità hanno escluso la possibilità di proporre ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. avverso il decreto emesso dal Tribunale (Cass. n. 3284/1994). Per ciò che concerne la casistica giurisprudenziale in materia di revoca, la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di evidenziare che «Il comportamento del commissario dell'amministrazione straordinaria diretto a riconoscere la causa di prelazione di un credito vantato come ipotecario, benché inefficace, costituisce violazione di un dovere essenziale d'ufficio, idoneo a comportare la lesione al principio fondante del concorso paritario dei creditori; esso legittima, perciò, il nuovo commissario a far valere come interesse proprio della procedura quello dei creditori ipotecari di grado posteriore e dei chirografari danneggiati dall'indebita preferenza e ad esercitare l'azione di responsabilità prevista dall'art. 199 l.fall. (che si prescrive nell'ordinario termine decennale non avendo natura extracontrattuale) contro il commissario revocato» (Cfr. Cass. n. 1507/2000). In tema di responsabilità del commissario giudiziale vengono richiamati gli artt. 37 e 38 della l.fall., con la conseguenza che è stata sostenuta la natura contrattuale della responsabilità del commissario giudiziale. Sul punto, la Corte di legittimità ha avuto modo di evidenziare che «L'azione di responsabilità contro il curatore revocato (e contro il commissario dell'amministrazione straordinaria) decorre dal provvedimento di revoca e contestuale nomina del nuovo curatore e si prescrive (in ragione del fatto che non ha natura extracontrattuale) nell'ordinario termine decennale» (cfr. Cass. n. 1507/2000). I giudici hanno così argomentato: «Non si è mai dubitato — così in dottrina come in giurisprudenza — che la prescrizione dell'azione di responsabilità contro il curatore revocato (e quindi, per il duplice rinvio dell'art. 1, comma 6, l. n. 95/1979 all'art. 199 l.fall. e di quest'ultimo disposto all'art. 38 l.fall., contro il commissario della amministrazione straordinaria) decorra dal provvedimento di revoca e contestuale nomina del nuovo curatore e l'unica pronuncia di questa Corte che espressamente affermò il principio (Cass. III, n. 8716/1996) attiene a controversia nella quale l'azione di responsabilità era stata promossa dal fallito ritornato in bonis (contro il curatore, a suo tempo revocato, del suo fallimento) e si discuteva se la prescrizione fosse rimasta sospesa nei confronti del fallito durante la procedura di fallimento: ebbene, motivando la risposta negativa a tale questione, il giudice di legittimità (sull'implicito presupposto che la responsabilità del curatore non debba qualificarsi come extracontrattuale e non sia perciò applicabile il disposto dell'art. 2947, primo comma, c.c.) affermò che opera al riguardo l'ordinario termine prescrizionale, con decorrenza — appunto — dal provvedimento di revoca del curatore. E il fondamento di tale decorrenza (non esplicitamente argomentato in quella decisione poiché la questione non era controversa nel relativo giudizio) è agevole individuare nella considerazione che l'azione di responsabilità a norma dell'art. 38, secondo comma, l.fall. (e dell'art. 199, secondo comma, l.fall.) sorge ex novo a favore del «nuovo curatore» (e del «nuovo» commissario), ad essa legittimato, e in via esclusiva, durante la procedura, sul necessario specifico presupposto del provvedimento di revoca del precedente curatore (e del precedente commissario). (Nè nella specie può dirsi perciò operante il disposto dell'art. 2935 c.c. — cui fa richiamo il ricorrente — che postula la preesistenza del diritto — e del suo titolare legittimato all'azione — rispetto al momento in cui il diritto stesso può essere fatto valere). Soluzione diversa — è appena il caso di aggiungere — è stata a ragione adottata (Cass. S.U., n. 5241/1981) per la (diversa) azione di responsabilità che il curatore esercita a norma dell'art. 146, secondo comma, l.fall. (art. 2394, comma 3, c.c.) contro gli amministratori della società fallita, giacché, secondo il modello dell'azione come disegnato dal comma due del medesimo art. 2394 c.c., l'evento lesivo dell'interesse dei creditori si realizza con il verificarsi dell'insufficienza del patrimonio sociale «al soddisfacimento dei loro crediti» e quando tale evento — come ben può avvenire — è anteriore alla dichiarazione di fallimento, in quel momento sorge l'azione di responsabilità a favore dei creditori e da quel momento decorre la prescrizione pure nei confronti del curatore che succede ai creditori nella legittimazione all'azione» (cfr. Cass. n. 1507/2000). Legittimati all'azione di responsabilità di competenza del giudice ordinario sono l'imprenditore, i creditori e il curatore o il commissario straordinario della procedura liquidatoria o conservativa succeduta alla procedura d'insolvenza. Bibliografiavedi sub art. 13. |