Decreto legislativo - 8/07/1999 - n. 270 art. 15 - Commissario giudiziale.Commissario giudiziale. 1. Il commissario giudiziale è, per quanto attiene all'esercizio delle sue funzioni, pubblico ufficiale. 2. In caso di nomina di tre commissari giudiziali, gli stessi deliberano a maggioranza. La rappresentanza è esercitata da almeno due di essi. 3. Si applicano al commissario giudiziale le disposizioni degli articoli 134, 135, 136, commi 1, 2 e 3, e 137 del codice della crisi e dell'insolvenza, salvo quanto previsto dagli articoli 39, comma 1, e 47 del presente decreto1. [1] Comma modificato dall'articolo 49, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83. InquadramentoLa collocazione giuridica di tale figura è stata discussa a lungo, atteso che da una parte della dottrina è stata evidenziata la funzione di pubblico ufficiale e, da un'altra parte, la funzione di mero ausiliare del giudice. Bisogna, tuttavia, osservare che la dottrina prevalente attribuisce maggiore rilievo alla funzione pubblicistica, esaltandone la qualifica di pubblico ufficiale, avuto riguardo alla finalità principale conservativa dell'impresa, attribuendo il legislatore al commissario giudiziale il compito di verificare l'esistenza delle condizioni minime per operare il recupero aziendale e preservare valori economici e sociali particolarmente rilevanti (Maffei Alberti, 1070; Abate, 308). Sul punto, la giurisprudenza di merito evidenzia la non vincolatività dell'opinione del commissario giudiziale. In particolare, va evidenziato l'orientamento interpretativo secondo il quale «In tema di amministrazione straordinaria delle grandi imprese, non può essere condiviso il giudizio positivo formulato dal commissario giudiziale sulla possibilità di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali qualora la relazione dallo stesso redatta non offra un quadro ragionevolmente esaustivo sullo stato in cui versa l'impresa con specifico riguardo alle prospettive di riattivazione dell'attività produttiva e di reimpiego della forza lavoro, nonché sulla possibilità di cessione dell'impresa sul mercato alle condizioni previste dalla procedura» (cfr. Trib. Roma, 23 gennaio 2012). Inoltre, è stato osservato che «Ai fini dell'apertura della procedura di amministrazione straordinaria di cui al d.lgs. n. 270 del 1999, il giudizio sulla concretezza delle prospettive di recupero dell'equilibrio economico dell'impresa non deve essere fondato sulla necessaria individuazione dei passaggi essenziali del programma indicato dal commissario giudiziale, essendo sufficiente che appaia con un serio margine di affidabilità la realizzabilità del recupero secondo le soluzioni di cui all'art. 27». «Cfr. Trib. Torre Annunziata, 14 novembre 2001). Il commissario giudiziale rimane, in ogni caso, una figura di rilievo sia nel momento in cui si occupa della formazione della relazione sul giudizio riguardante la risanabilità dell'impresa, sia nel momento in cui riceve, con la sentenza o con successivo decreto, l'incarico di gestire direttamente l'impresa. Nel primo caso egli ha il precipuo compito di fornire al tribunale tutti i dati necessari per decidere in ordine alla risanabilità o meno dell'impresa che accede all'amministrazione straordinaria. Nel secondo caso assume, sotto la vigilanza del giudice delegato, il potere di compiere scelte di gestione rilevanti sia sul piano dell'amministrazione ordinaria sia sul piano dell'amministrazione straordinaria. Quindi da una parte il commissario giudiziale svolge una funzione di vigilanza sull'attività del debitore e sull'esercizio dell'impresa e, dall'altra, svolge una funzione di impulso processuale, attivando le varie fasi concorsuali previste dalla legge. Funzioni del commissario giudizialeIl commissario giudiziale è un pubblico ufficiale e, al pari del curatore, tale qualifica costituisce presupposto costitutivo in tema di applicabilità della normativa penale fallimentare. È lo stesso articolo 15 che lo definisce tale. Si discute se il commissario giudiziale sia un organo dello Stato, in quanto nominato dal Tribunale conformemente all'indicazione del ministero (Lo Cascio, 102) o se sia un ausiliario del giudice in quanto collabora con il giudice delegato. La sua figura e i suoi poteri richiamano quelli del commissario nel concordato preventivo, laddove non gestisce direttamente, ma controlla, e quelli del curatore del fallimento, nella fase di accertamento del passivo. Inoltre, il commissario giudiziale deve esercitare personalmente le attribuzioni derivanti dal proprio ufficio, potendo delegare ad altri solo singole operazioni, previa autorizzazione del giudice delegato (secondo la disciplina vigente fino al luglio 2006, applicabile ratione temporis), sotto la propria responsabilità e a proprie spese (cfr. App. Torino 11 dicembre 2012). Pur essendo astrattamente prevista, nei casi di eccezionale rilevanza e complessità, la possibilità di nominare tre commissari, in concreto raramente ciò si è verificato. In questi casi, sempre a norma dell'art. 15, i tre commissari deliberano a maggioranza e due hanno la rappresentanza congiunta dell'organo collegiale. Il commissario giudiziale ha il possesso dei beni e li amministra, tuttavia non ne ha la piena disponibilità in quanto la gestione è sostanzialmente finalizzata all'accertamento delle condizioni economiche dell'impresa. Nella c.d. fase di osservazione, qualora la gestione dell'impresa rimanga in capo al debitore, il commissario giudiziale ha un dovere di controllo non soltanto formale o procedurale ma anche di opportunità e convenienza sostanziale per la massa, rispondendo, in caso di omissione, a titolo risarcitorio (App. Torino, 17 dicembre 2012). Gli atti del commissario giudiziale sono reclamabili da chiunque ne abbia interesse con ricorso dinanzi al giudice delegato e le decisioni di quest'ultimo sono impugnabili dinanzi al tribunale, analogamente rispetto a quanto previsto nella procedura concorsuale fallimentare. Si applicano, per espressa previsione della norma in commento, gli art. 37 (revoca), 38 primo e secondo comma (responsabilità) e 39 (compenso) legge fallimentare. È fatto salvo quanto previsto dall'art. 39, primo comma, del d.lgs. n. 270/1999, sui requisiti di professionalità e di onorabilità, e dall'art. 47, stesso decreto, in materia di compenso al commissario straordinario. Il Tribunale può, in ogni tempo, su proposta del giudice delegato o su richiesta del comitato dei creditori o d'ufficio, revocare il commissario giudiziale con decreto motivato, dopo avere sentito lo stesso e il comitato dei creditori. Contro il decreto di revoca o di rigetto dell'istanza di revoca è ammesso reclamo alla corte di appello ai sensi dell'articolo 26 l.fall. Il provvedimento è immediatamente efficace e il reclamo non sospende l'efficacia del decreto. Il commissario giudiziale ha l'onere di adempiere ai doveri del proprio ufficio con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico. Il richiamo è al parametro della diligenza del buon padre di famiglia in ragione della natura professionale dell'attività svolta ex artt. 1710 c.c. (Diligenza del mandatario) e 1176 c.c. (Nelle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata). Nel corso della procedura l'azione di responsabilità nei confronti del commissario straordinario revocato è proposta dal nuovo commissario giudiziale, previa autorizzazione del giudice delegato, ovvero del comitato dei creditori. Le funzioni del commissario giudiziale cessano soltanto a seguito (e per effetto) della nomina del commissario straordinario con provvedimento amministrativo, oppure qualora il tribunale dichiari il fallimento e nomini il curatore. Se esercita la gestione dell'impresa, al termine dell'ufficio il commissario giudiziale presenta al tribunale il rendiconto dell'attività, stante il rinvio contenuto nell'art. 19 all'art. 116 l.fall.. La mancanza di norme relative al procedimento del giudizio di rendiconto e le medesime rationes sottese inducono a ritenere applicabili analogicamente le norme relative al giudizio di rendiconto, con la particolarità che la comunicazione ai singoli creditori del deposito del rendiconto e dell'udienza (per la presentazione delle osservazioni) può essere effettuata mediante affissione. CompensoIl commissario giudiziale ha diritto ad un compenso per l'attività svolta e al rimborso delle spese sostenute. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha evidenziato che «In tema di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi di cui al d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270 (e con riguardo al periodo anteriore all'entrata in vigore del nuovo testo dell'art. 47 del detto d.lgs. ad opera dell'art. 50, comma 1, lett. d), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con la l.7 agosto 2012, n. 134) il compenso spettante ai commissari giudiziali per l'attività svolta nella cd. fase di osservazione propria della procedura deve essere corrisposto facendo ricorso analogico a quanto stabilito in materia di fallimento solo per il parametro del valore dell'attivo della procedura, opportunamente modulandolo tra i valori minimi e massimi, atteso che la figura del commissario giudiziale, oltre a tali eventuali (anche se probabili) attività liquidatorie, svolge principalmente l'attività relativa alla fase di osservazione della procedura, che, altrimenti, rimarrebbe del tutto priva di remunerazione» (Cfr. Cass. n. 9407/2015, nonché Fauceglia, 20542). La Corte innanzitutto analizza le fasi dell'amministrazione straordinaria ed evidenzia che la «fase di osservazione», attribuita al commissario giudiziale, comprende diverse attività quali l'esame delle scritture contabili, dei bilanci, delle condizioni economiche e finanziarie dell'imprese; la redazione della relazione (entro trenta giorni dalla dichiarazione giudiziale dello stato di insolvenza) avente ad oggetto la descrizione delle cause dell'insolvenza ed una valutazione sulla sussistenza di «concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali» (ai sensi dell'art. 28, inoltre, tale relazione deve comprenderelo stato analitico delle attività e l'elenco nominativo dei creditori con i relativi crediti e delle cause di prelazione). In particolare, argomenta la Corte, l'individuazione dei «crediti» e delle «relative cause di prelazione» non può porsi su un medesimo piano rispetto all'accertamento del passivo, in quanto finalizzata non soltanto a tutelare la posizione dei creditori ma altresì a cristallizzare le condizioni in cui versa l'impresa al fine di valutare le concrete possibilità di recupero della stessa. La suddetta fase, inoltre, non può essere considerata alla stregua di una mera prosecuzione dell'esame delle scritture contabili in quanto dotata di una propria autonomia. Peraltro, le funzioni del commissario giudiziale non possono essere equiparate neanche a quelle svolte dal commissario nel concordato preventivo. Costui, infatti, sulla base di quanto previsto dall'art. 171 legge fallimentare, procede ad una verifica della posizione debitoria dell'impresa al fine di determinare l'esercizio del diritto di voto dei creditori. A conclusioni diverse si giunge invece se vengono poste a confronto le attività svolte dal commissario giudiziale nell'amministrazione straordinaria e dal curatore nel fallimento o dal commissario giudiziale nel concordato preventivo in fase di liquidazione dell'attivo. Infatti, anche il commissario giudiziale svolge un ruolo attivo nella liquidazione dell'attivo dell'impresa (sebbene non in presenza di un vero e proprio programma di liquidazione come nella procedura concorsuale fallimentare) anche al fine di favorire la prosecuzione della stessa attività da parte del commissario straordinario. Per tali ragioni il compenso del commissario giudiziale non può che essere parametrato ai risultati ottenuti in ragione dell'«attivo realizzato», come del resto può desumersi dal novellato art. 47 che fa esplicito riferimento, per la liquidazione del compenso al commissario straordinario, alla «gestione dell'esercizio» e «alla dimensione dell'impresa», o comunque, in assenza di attivo, al tipo di attività svolta al fine di orientare il tribunale verso l'amministrazione straordinaria in senso stretto ovvero verso il fallimento. Ed ancora, è stato osservato che «Il compenso spettante al commissario giudiziale, nominato nella procedura volta all'ammissione dell'impresa all'amministrazione straordinaria, può essere liquidato prendendo come parametro di riferimento, cui rinvia l'art. 39 l.fall., il d.m. n. 570/1992, dettato in tema di emolumenti per i curatori ed i commissari delle amministrazioni controllate, anche applicando le relative tariffe diminuite del 50%, ove la comparazione delle rispettive attività risulti congruamente motivata. Il Tribunale di Ferrara, riscontrando che il regolamento previsto dall'art. 47, d.lgs. n. 270/1999 non è stato ancora emanato, ha effettuato una rilevazione dei compiti di tale organo (nella specie, collegiale) ritenendoli meno gravosi e lunghi di quelli dei corrispondenti curatori e commissari inquadrati nel d.m. citato. Né la S.C. ha ritenuto violato l'art. 15, d.lgs. n. 270/1999, che invero non opera alcun rinvio pieno alle norme per la liquidazione del compenso al curatore, dunque autorizzando una diversa composizione del criterio suppletivo, come avvenuto» (cfr. Cass. n 1602/2009). Egli deve presentare specifica istanza e il tribunale provvede con decreto non soggetto a reclamo, su relazione del giudice delegato. La liquidazione del compenso è fatta dopo l'approvazione del rendiconto e rientra tra le facoltà del tribunale la possibilità di accordare acconti sul compenso per giustificati motivi. Nessun compenso, oltre quello liquidato dal Tribunale, può essere preteso dal commissario, nemmeno per rimborso di spese. Le promesse e i pagamenti fatti contro questo divieto sono nulli ed è sempre ammessa la ripetizione di ciò che è stato pagato, indipendentemente dall'esercizio dell'azione penale. Bibliografiavedi sub art. 13. |