Decreto legislativo - 8/07/1999 - n. 270 art. 10 - Revoca della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza.

Rosaria Giordano

Revoca della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza.

1. La sentenza che revoca la dichiarazione dello stato di insolvenza è comunicata e affissa a norma dell'articolo 8, comma 3.

2. Restano salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura.

Inquadramento

La norma in esame rinvia alle modalità di comunicazione e di affissione previste dal comma 3 dell'art. 8 per la pronuncia dichiarativa dello stato di insolvenza anche per la sentenza di revoca della stessa. Pertanto, per effetto del c.d. doppio rinvio, il regime è quello dettato dall'art. 17 l.fall. nell'attuale formulazione.

Il comma 2 della previsione in esame precisa che la pronuncia della sentenza di revoca della dichiarazione dello stato di insolvenza fa salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura.

La nozione di tali atti è tradizionalmente controversa, in quanto secondo alcuni devono ritenersi legalmente compiuti gli atti che, pur non rispettosi delle regole, sono stati sanati per mancata impugnazione, mentre altri ritengono che a seguito della revoca della procedura possano essere rilevati d'ufficio o eccepiti dalla parte interessata, a seconda della natura degli stessi, i vizi degli atti compiuti (cfr. Bettazzi, 164 ss.).

Comunicazione e pubblicità della sentenza di revoca

La norma in esame rinvia alle modalità di comunicazione e di affissione previste dal comma 3 dell'art. 8 per la pronuncia dichiarativa dello stato di insolvenza anche per la sentenza di revoca della stessa.

Occorre quindi fare riferimento, secondo quanto stabilito dalla predetta disposizione, all'art. 17 l. fall.

In particolare, da tale rinvio si può desumere che la decisione dichiarativa dell'insolvenza deve essere notificata, ai sensi dell'art. 137 c.p.c., all'impresa debitrice, eventualmente presso il domicilio già eletto nel procedimento, nonché comunicata soltanto per estratto al creditore ricorrente, al commissario ovvero ai commissari giudiziali nominati ed al Ministro dello Sviluppo Economico.

Non è invece più prevista, nella legge fallimentare, l'affissione della decisione alla porta del tribunale sicché non può essere disposta neppure per la sentenza dichiarativa di insolvenza della grande impresa in crisi, dovendo il rinvio intendersi ragionevolmente operato alla disciplina attuale dettata dall'art. 17 l.fall.

La sentenza deve, inoltre, essere annotata presso l'ufficio del registro delle imprese dove l'imprenditore ha la sede legale e, se questa differisce dalla sede effettiva, anche presso quello corrispondente al luogo nel quale la procedura è stata aperta.

Effetti della revoca sugli atti della procedura

Il comma 2 della previsione in esame precisa che la pronuncia della sentenza di revoca della dichiarazione dello stato di insolvenza fa salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura.

Viene quindi ribadito il noto principio normativo dettato per il fallimento dall'art. 21, quindi riprodotto dopo il d.lgs. n. 5/2006 nell'art. 18, comma quinto. La nozione di tali atti è tradizionalmente controversa, in quanto secondo alcuni devono ritenersi legalmente compiuti gli atti che, pur non rispettosi delle regole, sono stati sanati per mancata impugnazione, mentre altri ritengono che a seguito della revoca della procedura possano essere rilevati d'ufficio o eccepiti dalla parte interessata, a seconda della natura degli stessi, i vizi degli atti compiuti (cfr. Bettazzi, 164 ss).

Quanto alla portata del canone in esame, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato che le esigenze di certezza giuridica espresse nel generale principio di conservazione degli effetti degli atti legalmente compiuti nelle procedure concorsuali, ricavabile dagli art. 21 (riprodotto nell'art. 18, comma 15, a seguito del d.lgs. n. 5/2006), 10, comma 2 e 33, d.lgs. n. 270/1999 (per l'amministrazione straordinaria) e 4, d.l. n. 347/2003, conv. nella l. n. 39/2004, estensibile — nei limiti di compatibilità — alla liquidazione coatta amministrativa, comportano che, in relazione alla costituzione dei rapporti processuali attinenti ai soggetti sottoposti a tale procedura, l'apertura della stessa — con la nomina dei suoi organi sulla base di un provvedimento formalmente idoneo e la loro immissione nel possesso e nella gestione del patrimonio — costituisce un «fatto giuridico» di per sé idoneo a radicare la legittimazione processuale, attiva e passiva, del commissario liquidatore in relazione ai rapporti giuridici che ne formano oggetto, a prescindere dalla validità intrinseca del predetto provvedimento e finché esso non venga rimosso dalla stessa amministrazione ovvero annullato, dichiarato nullo o giuridicamente inesistente con pronuncia giurisdizionale passata in giudicato che renda non più proseguibile la procedura e che avrà, dunque, effetti ex nunc (Cass. S.U., n. 27346/2009).

Peraltro, il principio della salvezza degli effetti degli atti compiuti nel corso della procedura, nell'ipotesi di revoca della stessa, non opera anche in relazione agli atti in corso cui, pertanto, la revoca toglie qualunque efficacia, siano essi di natura negoziale o di natura processuale, potendo proseguire nei confronti dell'ex fallito o dall'ex fallito solo le azioni che potevano essere promosse e che siano state avviate prima dell'apertura del fallimento, restando improcedibili tutti i giudizi che presuppongono in atto la procedura, che esprimono posizioni di interessi riferibili alla massa dei creditori e non al soggetto fallito e che possono essere riassunti (ove siano stati dichiarati interrotti) da chi vi abbia interesse, solo ai fini dell'emanazione di una pronuncia circa la loro improcedibilità e, in ogni caso, per provvedere alle spese processuali (cfr. Cass. I, n. 11181/2008, in Fall. 2002, 823, con osservazione di Tiscini).

Regime della sentenza di revoca

 

 La S.C. ha di recente chiarito che, in tema di amministrazione straordinaria, la sentenza di revoca della dichiarazione dello stato di insolvenza è appellabile, ex art. 195 l. fall., nella formulazione anteriore alla modifica apportata dal d. lgs. n. 169 del 2007, e non ricorribile per cassazione, trovando applicazione, nel silenzio serbato dalla norma in esame sul relativo regime impugnatorio, il rinvio "fisso", contenuto nell'art. 36 del d.lgs. n. 270 del 1999, alle disposizioni sulla liquidazione coatta amministrativa, nella versione precedente alla riforma di cui al cit. d. lgs. n. 169 (Cass. I, n. 4452/2018).

Bibliografia

Cannone, L'apertura della procedura di amministrazione straordinaria: i profili processuali, in Costa (a cura di), L'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza dopo il d.lgs. 12.9.2007, n. 169, Torino, 2008; Cultrera, L'amministrazione straordinaria delle grandi imprese. Potere od obbligo del Tribunale di aprire la procedura?, in Giust. civ. n. 3, 2005; Di Marzio, Appunti sull'ammissione dell'impresa alla procedura di amministrazione straordinaria, in ilfallimentarista.it 22 maggio 2012; Di Marzio – Macario, Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, in Trattato di diritto fallimentare a cura di Jorio - Sassani, Milano, 2017; Fabiani, Profili processuali della nuova amministrazione straordinaria, in Fall. 2000, 10; Guglielmucci, Una procedura concorsuale amministrativa sotto il controllo giudiziario, in Fall. 2000, 2; La Malfa, L'apertura della procedura, in Bonfatti-Falcone (a cura di), La riforma dell'amministrazione straordinaria, Roma, 2000; Tiscini, Opposizione allo stato di insolvenza nell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi: gli inutili tentativi di superare il muro della tardività, in Riv. dir. proc. civ. 2009.

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