Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 111 ter - Conti speciali 1Conti speciali1
La massa liquida attiva immobiliare è costituita dalle somme ricavate dalla liquidazione dei beni immobili, come definiti dall'articolo 812 del codice civile, e dei loro frutti e pertinenze, nonché dalla quota proporzionale di interessi attivi liquidati sui depositi delle relative somme. La massa liquida attiva mobiliare è costituita da tutte le altre entrate. Il curatore deve tenere un conto autonomo delle vendite dei singoli beni immobili oggetto di privilegio speciale e di ipoteca e dei singoli beni mobili o gruppo di mobili oggetto di pegno e privilegio speciale, con analitica indicazione delle entrate e delle uscite di carattere specifico e della quota di quelle di carattere generale imputabili a ciascun bene o gruppo di beni secondo un criterio proporzionale. [1] Articolo inserito dall'articolo 100 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. InquadramentoLa graduazione dei crediti nel riparto dell'attivo fallimentare ex art. 111 l.fall. presuppone la preventiva divisione delle somme da ripartire secondo la natura dei beni liquidati e la corretta imputazione delle spese sostenute dalla procedura. Ciò consente di individuare le somme concretamente ripartibili, al netto dei costi direttamente riferibili a ciascun bene (mobile ed immobile), posto che il curatore deve tenere conto dell'esistenza di distinte prelazioni che operano: sul ricavato immobiliare (privilegi immobiliari ed ipoteche); sul ricavato mobiliare (pegni e privilegi mobiliari) e sulla massa mobiliare e poi, in via sostitutiva, sulla massa immobiliare (i privilegi mobiliari con garanzia sussidiaria sugli immobili) (Maffei Alberti, 789). Ebbene, ai sensi dell'art. 111-ter, commi 1 e 2, l.fall., la massa liquida attiva deve essere quindi suddivisa in massa liquida immobiliare — ricavata dalla liquidazione dei beni immobili, come definiti dall'art. 812 c.c., dei loro frutti e pertinenze nonché della quota proporzionale degli interessi attivi liquidati sui depositi delle relative somme — e in massa liquida mobiliare, costituita da tutte le altre entrate. Tale distinzione rileva per la ripartizione a favore di creditori assistiti da prelazioni che incidono solo sul ricavato della vendita di beni immobili, oppure solo sul ricavato della vendita dei beni mobili, ovvero su entrambe le categorie di beni in via sussidiaria fra loro, e non rileva, invece, per i crediti chirografari, per i quali vige il principio del riparto proporzionale al valore del credito. Nello specifico, in forza delle previsioni di cui all'art. 111-quater, commi 1 e 2, l.fall., il curatore dovrà formare tanti conti autonomi quanti sono i beni immobili oggetto di privilegio speciale e di ipoteca (ciò garantisce che il ricavato sia distribuito ai soli creditori che hanno prelazione su ogni singolo bene), e un'unica graduatoria in cui vanno collocati tutti i crediti aventi prelazione sulla distribuzione della massa attiva mobiliare, disposti nell'ordine previsto dal codice civile e dalle leggi speciali (ciò determina la conseguenza che i creditori muniti di privilegio speciale potrebbero non essere soddisfatti integralmente, concorrendo con creditori assistiti da privilegio generale di grado superiore). Inoltre, il curatore dovrà annotare puntualmente, ai sensi dell'art. 111-ter, comma 3, l.fall., per ogni singolo bene, le spese specificamente riferibili alla liquidazione del bene medesimo e una quota delle spese generali della procedura fallimentare (dove per spese generali si intendono quelle sostenute nell'ambito e nell'interesse della procedura senza che siano rintracciabili riscontri attivi). Premesso ciò, dunque, i conti speciali permettono di individuare le masse, sia mobiliari, che immobiliari, all'interno delle quali è compreso il ricavato della vendita dei beni gravati da specifici diritti di prelazione e, per esclusione, una volta addossata a ciascuna massa le spese specifiche e la quota parte di quelle generali, la massa dei beni non gravati da garanzie specifiche, che possono essere considerati come un'unica sotto massa che li assorbe complessivamente. Dette masse costituiscono l'attivo disponibile da cui detrarre gli accantonamenti (determinatati dall'art. 113 l.fall.) per individuare l'attivo netto distribuibile in ogni singolo riparto. Dall'analisi esposta si evidenzia che la rilevanza dei conti speciali è stata tanto apprezzata dal legislatore della riforma da indurlo ad introdurre una norma apposita per regolamentarne la disciplina la quale era stata comunque fatta oggetto, nel tempo, di numerosi interventi della giurisprudenza (Mattei, 2009, 1285). La riforma, oltre a definire in un'ottica chiarificatrice le nozioni di massa attiva immobiliare e massa attiva mobiliare, ha introdotto l'obbligo della tenuta di conti speciali per i beni destinati a specifica garanzia. Le masse attiveQuanto alla massa immobiliare, è opportuno precisare che l'art. 812 c.c. distingue i beni nelle categorie di beni immobili per natura (il suolo, le sorgenti, i corsi d'acqua), beni immobili per incorporazione (gli alberi, gli edifici e ogni altra costruzione incorporata al suolo), beni immobili per destinazione (molini, bagni e gli altri edifici galleggianti, saldamente e permanentemente assicurati alla riva o all'alveo). Rientrano altresì nella nozione di massa immobiliare i frutti siano essi naturali o civili, nonché le pertinenze, rappresentate dalle cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento della cosa principale (art. 817, comma 1 c.c.), secondo un rapporto di strumentalità e complementarietà funzionale (Cass. n. 2278/1990). Rientrano nella massa attiva immobiliare anche gli interessi attivi liquidati sui depositi delle somme ricavate dalle vendite dei beni immobili, determinati secondo una quota proporzionale rapportata al quantum complessivo del ricavato immobiliare. Vi rientrano anche il provento delle transazioni relative agli immobili, nonché i proventi delle vendite dei beni mobili incorporati in beni immobili (gli arredi ed i macchinari dell'opificio industriale (Silvestrini, 689). In merito alla massa mobiliare, invece, essa rappresenta una categoria residuale, essendo costituita, per stessa precisazione normativa, da qualunque entrata non riconducibile ai realizzi immobiliari. Rientrano pertanto nella massa liquida attiva mobiliare i corrispettivi delle vendite mobiliari, gli incassi dei crediti, le somme recuperate per effetto di azioni revocatorie (salve le ipotesi di revoca di vendite immobiliari o di revoca di ipoteca), di responsabilità o di risarcimento danni; gli incassi da transazioni, salvo che vertano su diritti reali immobiliari, i ricavi derivanti dall'esercizio provvisorio dell'impresa, gli interessi maturati sulle predette somme (Aa.Vv., Il nuovo diritto fallimentare, diretto da Jorio e coordinato da M. Fabiani, Bologna, 2006, 1849). A tal proposito, i beni aziendali, per quanto organizzati in vista di un fine unitario, non perdono la loro autonomia funzionale, con la conseguenza che è onere di chi intende giovarsi del particolare regime collegato alla pertinenzialità provare la sussistenza di tale vincolo. Pertanto l'ipoteca iscritta sull'immobile aziendale non si estende automaticamente ex art. 2810, n. 1, c.c. ed art. 2811 c.c. ai beni mobili che l'arredano ed in caso di esecuzione congiunta, il creditore assistito da una causa di prelazione relativa solo al bene immobile, non può pretendere di essere soddisfatto con prelazione anche sul ricavato imputabile all'esecuzione forzata mobiliare (Cass. n. 9760/1993). Ed ancora, in proposito, è stato ulteriormente precisato che, in caso di cessione d'azienda, è compito del curatore imputare il prezzo di cessione alla quota immobiliare ed alla quota mobiliare, anche al fine dell'incidenza dell'avviamento negativo (badwill), secondo un criterio di proporzionalità che consideri tutti i beni compresi nel perimetro della cessione; così che lo scomputo secco delle rimanenze di magazzino (al valore di costo) dal corrispettivo della cessione dell'intero complesso aziendale, operato nel piano di riparto, deve ritenersi arbitrario ed illogico allorquando la stima dell'azienda posta alla base del contratto di cessione non aveva tenuto conto proprio delle rimanenze, pur facenti parte dei beni aziendali ceduti (Trib. Biella, decr. 7 febbraio 2011). In caso di affitto di azienda, deve essere imputata alla massa liquida attiva immobiliare la quota di canone riferibile all'opificio ed agli impianti stabilmente incorporati all'immobile, mentre la quota di canone riferibile a tutti gli altri beni materiali (beni mobili non stabilmente incorporati) e immateriali che la compongono rientra nella massa attiva liquida mobiliare. I conti specialiIl comma 3 della norma in commento pone al curatore una regola di comportamento, già diffusa nella prassi al fine di rendere più agevole la redazione dei piani di riparto, imponendo la tenuta di conti autonomi delle vendite dei singoli beni mobili ed immobili oggetto di garanzia reale, con analitica indicazione delle entrate e delle uscite di carattere specifico e della quota di quelle di carattere generale imputabili a ciascun bene o gruppo di beni secondo un criterio proporzionale. Tale soluzione normativa fa gravare sui soli creditori aventi privilegi speciali le spese per la conservazione e la liquidazione dei beni oggetto della loro garanzia, poiché tra le spese di carattere specifico vi sono i costi per la conservazione ed amministrazione dei singoli beni, i costi della stima, della pubblicità per la vendita, i costi per la cancellazione di iscrizioni e trascrizioni, le spese fiscali e quelle giudiziali per il rilascio o per la prosecuzione della espropriazione ex art. 107 l.fall. L'art. 111-ter l.fall. prevede quindi l'annotazione analitica delle entrate e delle uscite specificamente riferibili alla liquidazione del singolo bene, nonché di una quota delle spese generali. Invero, su quest'ultimo aspetto, le spese generali, in base al disposto dell'art. 111-ter, devono essere imputate pro quota, secondo un criterio proporzionale. Tra le spese generali, sopportate pro quota, vi sono quelle per la verifica del passivo, per le comunicazioni ai creditori, per il compenso al curatore (Cass. n. 11500/2010; Cass. n. 2329/2006), per il funzionamento del comitato dei creditori. La quota parte delle spese generali deve essere determinata in misura corrispondente all'accertata utilità delle stesse per il creditore garantito e, ove ciò non sia possibile, adottando un criterio di proporzionalità (Cass. n. 11500/2010). Deve osservarsi, tuttavia, che sul punto si sono registrati orientamenti contrapposti. Secondo alcuni, il creditore assistito da garanzia reale non deve sopportare il sacrificio di spese dalle quali non abbia tratto direttamente o indirettamente utilità: ciò sia perché l'art. 53 l.fall. gli consente di realizzare autonomamente la propria garanzia, anche durante il fallimento, sia perché l'art. 54 l.fall. permette la formazione di masse separate (Ragusa Maggiore, 449). Altra opinione, favorevole alla prevalenza delle spese prededucibili sui crediti con garanzia reale invoca, invece, il carattere unitario della procedura concorsuale, la necessità che anche i creditori muniti di garanzia reale siano assoggettati alle regole dell'accertamento e lo stesso ordine di distribuzione previsto dall'art. 111 l.fall. (Alessi, 62). Quanto alla giurisprudenza di legittimità, i giudici con indirizzo univoco, si sono espressi nel senso che la prededucibilità delle spese di procedura non incide ugualmente su tutto l'attivo, dovendo essere limitata, per i beni gravati da garanzie reali, alle sole spese che si ricolleghino all'amministrazione ed alla liquidazione di tali beni, ovvero siano attinenti ad attività di amministrazione direttamente rivolte all'incremento dei beni stessi o comunque destinate a realizzare una specifica utilità per i creditori garantiti (Cass. n. 4626/1999; Cass. n. 7756/1997). Il concetto di utilità è stato inteso anche in senso lato, con riferimento anche all'utilità potenziale, cioè sperata anche se non effettivamente conseguita, per il creditore garantito (Cass. n. 2329/2006). Il criterio della proporzionalitàL'art. 111-ter indica quale criterio di imputazione della quota di spese di carattere generale quello di proporzionalità. Il criterio in esame trova il suo precedente in una sentenza con cui il giudice di legittimità, affrontando la questione dell'incidenza del compenso del curatore, ha precisato come, in primo luogo, occorre operare una valutazione comparativa che ponga a raffronto l'attività del curatore svolta nell'interesse generale della massa e quella specificamente riferibile all'interesse dei creditori garantiti e come, in mancanza di specifici elementi di riferimento, non sussista alcun ostacolo logico giuridico all'adozione del criterio di proporzionalità; in pratica, nella pronuncia in esame, la suprema corte ha esteso l'utilizzabilità del criterio di proporzionalità a tutte le altre spese generali, per le quali non si renda possibile individuare più specifici criteri di imputabilità (Cass. n. 4626/1999). Tuttavia, il criterio proporzionale, se pur rispecchia l'esigenza di limitare il sacrificio del creditore, a garanzia del quale era destinato il bene, confligge con quella della copertura delle spese generali nel caso, non infrequente, in cui la totalità del realizzo fallimentare si ritragga dalla vendita di immobile gravato da ipoteca; difatti, escludere in tale ipotesi la possibilità che sul ricavato possano essere liquidati il compenso al curatore ed il rimborso delle anticipazioni sostenute, anche se estranee alla amministrazione e liquidazione del bene, significherebbe trasformare l'attività del curatore da onerosa in gratuita, in spregio al disposto dell'art. 39 l.fall. Quindi tale proporzionalità non costituisce un principio assoluto ed inderogabile, ma un criterio di riferimento al quale il curatore deve attenersi nei casi di capienza dell'attivo, essendo comunque ammissibile, nell'ipotesi di unica massa derivante dalla liquidazione del bene destinato a specifica garanzia, ribaltare su quest'ultima tutte le spese generali che si siano rivelate necessarie alla gestione della procedura. In conclusione, escludere tali creditori dal concorso alle spese destinate al realizzo degli altri beni che non trovino capienza sul ricavato, comporterebbe una distinzione tra crediti prededucibili, alcuni dei quali più prededucibili di altri. Bibliografiav. sub art. 110. |