Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 163 - Ammissione alla procedura e proposte concorrenti 1 2 .

Salvo Leuzzi

Ammissione alla procedura e proposte concorrenti12.

 

Il tribunale, ove non abbia provveduto a norma dell'articolo 162, commi primo e secondo, con decreto non soggetto a reclamo, dichiara aperta la procedura di concordato preventivo; ove siano previste diverse classi di creditori, il tribunale provvede analogamente previa valutazione della correttezza dei criteri di formazione delle diverse classi3.

Con il provvedimento di cui al primo comma, il tribunale:

1) delega un giudice alla procedura di concordato;

2) ordina la convocazione dei creditori non oltre centoventi giorni dalla data del provvedimento e stabilisce il termine per la comunicazione di questo ai creditori4;

2-bis) in relazione al numero dei creditori e alla entita' del passivo, puo' stabilire che l'adunanza sia svolta in via telematica con modalita' idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione dei creditori, anche utilizzando le strutture informatiche messe a disposizione della procedura da soggetti terzi5;

3) nomina il commissario giudiziale osservate le disposizioni degli articoli 28 e 29;

4) stabilisce il termine non superiore a quindici giorni entro il quale il ricorrente deve depositare nella cancelleria del tribunale la somma pari al 50 per cento delle spese che si presumono necessarie per l'intera procedura, ovvero la diversa minor somma, non inferiore al 20 per cento di tali spese, che sia determinata dal giudice. Su proposta del commissario giudiziale, il giudice delegato puo' disporre che le somme riscosse vengano investite secondo quanto previsto dall' articolo 34, primo comma6.

4-bis) ordina al ricorrente di consegnare al commissario giudiziale entro sette giorni copia informatica o su supporto analogico delle scritture contabili e fiscali obbligatorie7

Qualora non sia eseguito il deposito prescritto, il commissario giudiziale provvede a norma dell' articolo 173, primo comma8.

Uno o piu' creditori che, anche per effetto di acquisti successivi alla presentazione della domanda di cui all'articolo 161, rappresentano almeno il dieci per cento dei crediti risultanti dalla situazione patrimoniale depositata ai sensi dell'articolo 161, secondo comma, lettera a), possono presentare una proposta concorrente di concordato preventivo e il relativo piano non oltre trenta giorni prima dell'adunanza dei creditori. Ai fini del computo della percentuale del dieci per cento, non si considerano i crediti della societa' che controlla la societa' debitrice, delle societa' da questa controllate e di quelle sottoposte a comune controllo. La relazione di cui al comma terzo dell'articolo 161 puo' essere limitata alla fattibilita' del piano per gli aspetti che non siano gia' oggetto di verifica da parte del commissario giudiziale, e puo' essere omessa qualora non ve ne siano9.

Le proposte di concordato concorrenti non sono ammissibili se nella relazione di cui all'articolo 161, terzo comma, il professionista attesta che la proposta di concordato del debitore assicura il pagamento di almeno il quaranta per cento dell'ammontare dei crediti chirografari o, nel caso di concordato con continuita' aziendale di cui all'articolo 186-bis, di almeno il trenta per cento dell'ammontare dei crediti chirografari. La proposta puo' prevedere l'intervento di terzi e, se il debitore ha la forma di societa' per azioni o a responsabilita' limitata, puo' prevedere un aumento di capitale della societa' con esclusione o limitazione del diritto d'opzione10.

I creditori che presentano una proposta di concordato concorrente hanno diritto di voto sulla medesima solo se collocati in una autonoma classe11.

Qualora la proposta concorrente preveda diverse classi di creditori essa, prima di essere comunicata ai creditori ai sensi del secondo comma dell'articolo 171, deve essere sottoposta al giudizio del tribunale che verifica la correttezza dei criteri di formazione delle diverse classi12.

[1] Articolo così sostituito dall'articolo 2, comma 1 del D.L. 14 marzo 2005, n. 35 , convertito, con modificazioni, in Legge 14 maggio 2005, n. 80 .

[2] Rubrica modificata dall'articolo 3, comma 1, lettera a), del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2015, n. 132 ; per l'applicazione vedi l'articolo 23, comma 1, del medesimo decreto.

[4] Numero modificato dall'articolo 3, comma 1, lettera b), del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2015, n. 132 ; per l'applicazione vedi l'articolo 23, comma 1, del medesimo decreto.

[5] Numero aggiunto dall'articolo 6, comma 1, lettera d), del D.L. 3 maggio 2016, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 giugno 2016, n. 119.

[6] Numero modificato dall'articolo 12, comma 5, del D.Lgs. 12 settembre 2007 n.169, con la decorrenza indicata nell'articolo 22 del medesimo D.Lgs. 169/2007.

[7] Numero aggiunto dall'articolo 4, comma 1, lettera c), del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2015, n. 132 ; per l'applicazione vedi l'articolo 23, comma 1, del medesimo decreto.

[9] Comma aggiunto dall'articolo 3, comma 1, lettera c), del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2015, n. 132; per l'applicazione vedi l'articolo 23, comma 1, del medesimo decreto.

[10] Comma aggiunto dall'articolo 3, comma 1, lettera c), del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2015, n. 132; per l'applicazione vedi l'articolo 23, comma 1, del medesimo decreto.

[11] Comma aggiunto dall'articolo 3, comma 1, lettera c), del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2015, n. 132; per l'applicazione vedi l'articolo 23, comma 1, del medesimo decreto.

[12] Comma aggiunto dall'articolo 3, comma 1, lettera c), del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2015, n. 132; per l'applicazione vedi l'articolo 23, comma 1, del medesimo decreto.

Inquadramento

La norma in commento disciplina i profili contenutistici essenziali del decreto d'apertura del procedimento concordatario. A seguito della domanda del debitore, in ipotesi in cui il tribunale valuti positivamente la sussistenza delle condizioni di ammissibilità di cui agli artt. 160 e 161 – cui proprio la norma in commento affianca quella della «correttezza dei criteri di formazione delle classi» —, emette il provvedimento di ammissione al concordato, nel quale travasa alcune statuizioni ordinatorie funzionali al susseguente corso della procedura: la nomina del g.d., l'ordine di convocazione dei creditori, l'eventuale opzione per la celebrazione di un'adunanza con modalità «telematiche», la designazione del commissario giudiziale (con la puntualizzazione di compiti comunque in linea di principio specificamente evincibili dalle norme della legge fallimentare), il termine per il deposito del fondo spese, con la precisazione del suo esatto ammontare, l'ordine di consegna di copia informativa o analogica delle scritture contabili, coessenziali all'espletamento delle verifiche commissariali.

Al netto di queste prescrizioni di carattere organizzativo, prodromiche alle fasi ulteriori, l'aspetto di novità dirimente incluso nella norma in commento attiene all'opportunità dei creditori, entro determinati limiti soggettivi ed oggettivi, di «contendere» l'azienda al debitore, contrapponendo alla proposta di quest'ultimo una o più proposte concorrenti. I commi da 4 a 7, introdotti dal d.l. n. 83/2015, converito con modificazioni dalla legge n. 132/2015, è valso a sottrarre al debitore il monopolio nella legittimazione alla presentazione di una proposta da sottoporre all'approvazione dei creditori e, se del caso, all'omologazione del tribunale.

Natura e contenuti del decreto di ammissione

L'art. 163 dispone che il tribunale dichiara aperta la procedura di concordato preventivo «ove non abbia provveduto a norma dell'art. 162, commi primo e secondo», ossia qualora non abbia sanzionato d'inammissibilità la proposta di concordato per mancanza di uno dei presupposti di cui agli artt. 160 e 161.

Il decreto di apertura della procedura, alla medesima stregua di ogni provvedimento giurisdizionale, deve essere supportato da motivazione, con specifico riferimento alla riscontrata sussistenza delle condizioni di ammissibilità contemplate dalle norme appena evocate.

Per espressa precisazione di legge, il provvedimento d'ammissione non è reclamabile (comma 1); esso non è ricorribile per cassazione, posto che non preclude l'opportunità di presentare una nuova domanda, ottenendo in un separato procedimento una nuova delibazione delle condizioni di ammissibilità (Cass. n. 6067/1995).

Il decreto scandisce l'avvio della nuova fase del processo concordatario che conduce alla celebrazione dell'adunanza dei creditori e all'espletamento delle operazioni di voto, in senso tal esso contiene, a tenore del comma 2 della norma in commento, alcune statuzioni di carattere organizzativo. In primo luogo, contempla la nomina del giudice delegato che la predetta adunanza dirigerà (ai sensi dell'art. 178).

In secondo luogo, in virtù del numero 2-bis), aggiunto dal d.l. n. 59/2016, convertito con modificazioni dalla legge n. 119/2016, ed entrato in vigore con decorrenza 4 maggio 2016, è previsto che, avuto riguardo al «numero dei creditori» e all'«entità del passivo», il decreto d'apertura può stabilire lo svolgimento dell'adunanza con modalità «telematiche», idonee ad assicurare il contraddittorio e la partecipazione dei creditori nonché l'eventuale utilizzo di strutture informatiche messe a disposizione della procedura da terzi.

Ancora, il decreto racchiude l'ordine di convocazione dei creditori «non oltre centoventi giorni dalla data del provvedimento», con la correlata fissazione di un termine utile a provvedervi (ambedue detti termini sono, peraltro, sprovvisti di sanzione e vanno, pertanto, intesi come non perentori, bensì ordinatori). Inoltre, il decreto acclude la nomina del commissario giudiziale «osservate le disposizioni degli artt. 28 e 29», con un evidente richiamo ai requisiti prescritti per la nomina dei curatori (v. relativo commento). Per il resto, la scelta del commissario è eminentemente discrezionale. In difetto di previsioni in senso contrario, deve reputarsi legittima la nomina di un collegio di commissari in ipotesi in cui a suggerirlo siano le dimensioni e la complessità della realtà dell'azienda (v. Trib. Milano 28 ottobre 2011).

Il provvedimento d'apertura comprende, altresì, l'ordine di consegna al commissario di copia delle scritture contabili, in copia informatica o su supporto analogico, «entro sette giorni». Nell'aggiungere al comma 2 della norma in commento il numero 4-bis) – con la legge n. 132/2015 di conversione del d.l. n. 83/2015 – il legislatore ha inteso agevolare l'opera d'indagine e di riscontro del commissario giudiziale, tenuto conto che il deposito delle scritture contabili, benché imprescindibile per le doverose disamine commissariali, non è più previsto come allegato necessario della domanda di concordato.

Fondo spese

A mente del numero 4) della norma ora in esame, il decreto stabilisce un «termine non superiore a quindici giorni», entro cui il ricorrente depositerà un fondo spese indispensabile alla gestione della procedura concorsuale. La somma da versare corrisponderà al 50% degli esborsi che si presumono necessari per gli atti dell'intero processo; rimane salva la facoltà del tribunale di fissare una somma minore, purché non inferiore al 20% delle spese complessivamente pronosticabili, avuto riguardo alle evenienze, ai pagamenti, alle situazioni che ordinariamente vengono in rilievo durante tutto il corso della procedura. Occorrerà fare precipuamente riferimento agli atti del procedimento di concordato che la legge prevede a carico del cancelliere e del commissario, compreso il compenso a vantaggio di quest'ultimo.

Il decreto correttivo del 2007 si occupò di circoscrivere, tra le altre cose, l'ammontare del deposito. Nell'ottica di agevolare l'accesso al concordato anche nelle ricorrenti ipotesi di crisi di liquidità si ritenne di esonerare il debitore dal versamento dell'intera somma necessaria a condurre in porto la procedura concorsuale, consentendo al tribunale di sancire importi minori, compresi fra il 20% e il 50% degli esborsi presumibili. Del resto, le spese maturano progressivamente, sicché non occorre una piena disponibilità iniziale in relazione ad adempimenti cui si farà fronte solo in seguito. Senza trascurare che, sovente, le risorse necessarie a coprire finanziariamente gli atti del concordato maturano – perlomeno se il concordato funziona – in relazione alla liquidazione dei cespiti o ai flussi di cassa generati dalla continuità aziendale. Con ogni evidenza, peraltro, gli importi stabiliti nel decreto di apertura non sono rivedibili al ribasso dal g.d., in difetto di addentellato normativo che esplititamente lo consenta. Invero, il termine «giudice» adoperato nel numero 4) della norma in commento sembra chiaramente indicativo del tribunale, cui deve ritenersi spettare la prerogativa esclusiva di determinazione della misura del fondo.

Piuttosto nel potere del tribunale di stabilire l'importo del fondo spese rientra quello di ordinare, in costanza di procedura, l'integrazione delle somme, qualora il versamento effettuato si riveli insufficiente (v. App. Roma 6 marzo 1986).

Il versamento previsto dalla disposizione in commento altro non è che un'applicazione doverosa al contesto concordatario del criterio generale dell'anticipazione delle spese degli atti necessari allo svolgimento del processo (art. 90 c.p.c. e artt. 38-42 disp. att. c.p.c.), a carico della parte che formula la domanda giudiziale, nel caso di specie di ammissione al concordato preventivo (v. Corte cost. n. 3/1969).

Il g.d., su proposta del commissario, può disporre che le somme del fondo spese siano investite secondo quanto previsto dall'art. 34, primo comma, quindi secondo modalità di investimento alternative al deposito sul conto corrente a capitale garantito (si pensi all'impiego nell'acquisto di titoli di stato).

Il deposito in questione è eseguibile anche a cura di terzi, sol che si consideri che il comma 3 dell'art. 163 dispone che il commissario provveda a norma dell'art. 173, comma primo (quindi si attivi ai fini della revoca dell'ammissione al concordato), qualora il deposito «non sia eseguito>>. È adoperata, all'evidenza, una locuzione impersonale, la cui esegesi conduce ragionevolmente ad escludere che debba indefettibilmente essere il debitore ricorrente a versare le somme, potendo procedervi un qualsiasi terzo interessato a «sostenere» la procedura concordataria.

Nulla osta a che la provvista utile ad adempiere all'obbligo di deposito sia acquisita dal debitore mediante accesso al credito bancario, con conseguente prededucibilità delle somme correlate, perlomeno nel successivo fallimento (v. App. Roma 31 marzo 1995, in Fall., 1996, 281). Del resto, il credito sorge in funzione dell'accesso ad una procedura concorsuale (contra, tuttavia, v. Cass. n. 13056/2002, la quale asserisce che il credito relativo a mutuo contratto dall'imprenditore per eseguire il deposito non costituisce debito della massa, ma debito contratto dall'imprenditore nel suo esclusivo interesse e, come tale, non prededucibile).

I quindici giorni utili per il deposito hanno natura di termine perentorio, posto che la prosecuzione del concordato esige indefettibilmente la piena disponibilità ab origine, da parte del commissario, della somma a ciò necessaria; dal che deriva che quest'ultimo è improrogabile e che il deposito tardivo, ormai inefficace, implica la dichiarazione di fallimento (in tal senso v. Cass. n. 20667/2012; Cass. n. 2991/1994, App. Napoli, 6 agosto 2010, in Fall., 2011, 45, con nota di Finardi; Trib. Milano 19 maggio 2007, in Fall., 2008, 360; contra, per la natura ordinatoria del termine v. Trib. Messina 24 settembre 2008, in Fall., 2009, 209 e Trib. Catania 9 gennaio 1984, in Dir. Fall., 1984, II, 338, per la quale è da ritenersi sufficiente che il versamento avvenga prima della dichiarazione di fallimento).

Sta di fatto che, in ipotesi di omesso deposito, il comma 3 della norma in commento, impone al commissario giudiziale ex art. 173, comma 1, di riferire la circostanza al Tribunale, al quale spetterà provvedere d'ufficio ad aprire il procedimento di revoca del concordato preventivo.

Il termine decorre dalla comunicazione del decreto di ammissione al debitore ricorrente (Trib. Roma, 10 maggio 1999).

Formazione delle classi

Ai sensi del secondo inciso del primo comma dell'art. 163, il tribunale, qualora il debitore abbia fatto impiego del classamento dei creditori, provvede all'apertura del concordato «previa valutazione della correttezza dei criteri di formazione delle diverse classi».

A mente dell'inciso in discorso, il tribunale può, in altri termini, pronunciare il decreto di ammissione solo qualora abbia in via preventiva scrutinato in senso positivo la correttezza dei criteri di suddivisione dei creditori in classi.

Con ogni evidenza, per quanto inclusa nel primo comma dell'art. 163, la precisazione sulla corretta formazione delle classi introduce un'ulteriore condizione di ammissibilità, da vagliare unitamente a quelle accluse nell'art. 160. Proprio quest'ultima norma, d'altronde, prevede l'opportunità di suddividere i creditori in classi secondo la rispettiva posizione giuridica e in base ad interessi economici omogenei.

La giurisprudenza maggioritaria sembra orientata nel senso di una interpretazione estensiva dei poteri del tribunale, cui sarebbe immanente la possibilità di entrare nel merito della scelta di suddivisione del ceto creditorio in un determinato modo, con l'opportunità, dunque, di valutare in concreto la reale omogeneità delle posizioni creditorie secondo le aggregazioni effettuate dal proponente e i relativi interessi (Trib. Milano, 4 dicembre 2008, in Fall,, 2009, 423).

I poteri giudiziali comprenderebbero la prerogativa di sollecitare il ricorrente finanche a riformulare la proposta concordataria in funzione perequativa delle percentuali offerte alle diverse classi, ogni qualvolta il diverso trattamento economico alle stesse riservato non si mostri né logico, né rispondente ad esigenze di prosecuzione dell'attività, né strumentale al successo del piano (v. Trib. Palermo 17 febbraio 2006, in Fall., 2006, 570).

Benché la posizione del singolo creditore sia, in linea generale, suscettibile d'essere scandagliata e soppesata, non soltanto con riferimento al rapporto bilaterale con il debitore, ma anche con riguardo all'esistenza di eventuali garanzie esterne, nondimeno la giurisprudenza di legittimità, intervenuta in tema di concordato fallimentare, ma con considerazioni certamente adeguate all'istituto del concordato preventivo, ha osservato che la suddivisione dei creditori in classi è meramente discrezionale e che non rilevano situazioni soggettive che esulano dal rapporto bilaterale debitore-creditori (v. Cass. n. 3274/2011, in Foro it., 2011, I, 2095, con nota di Perrino).

Proposte concorrenti

L'art. 3 del d.l. 27 giugno 2015, n. 83, unitamente al precedente art. 2, con l'obiettivo di introdurre un maggior livello di competitività all'interno del concordato preventivo, ha novellato l'art. 163, consentendo la formulazione di proposte concorrenti, alternative a quelle del debitore.

La ratio della nuova disposizione è resa chiara da quanto rilevato nella Relazione illustrativa sul punto, ove si intercettano due convergenti obiettivi: impedire al debitore di presentare proposte che non riflettano il valore effettivo dei suoi beni e sollecitare gli investitori a concludere operazioni di risanamento aziendale, favorendo la nascita di un mercato dei distressed debts. È innegabile, peraltro, che il rischio di subire proposte concorrenti può, forse, trasmodare in un deterrente per il debitore, ritardando ancor più l'emersione della crisi.

Dette proposte, a mente del rinnovato terzo comma dell'art. 163 l.fall. possono essere presentate dai creditori che rappresentano almeno il 10% dei crediti,laddove il debitore non offra quanto meno il pagamento del 40% o, nel caso di concordato con continuità aziendale, del 30% dei crediti chirografari.

Segnatamente, legittimati alla presentazione di proposte concorrenti a quella del debitore sono uno o più creditori rappresentanti almeno il 10% dei crediti risultanti dalla situazione patrimoniale depositata unitamente al piano, purché non si tratti di soggetti comunque riconducibili al debitore (così dovendo interpretarsi il richiamo al divieto di cui all'art. 124, comma 1, ultimo periodo, l.fall. contenuto dal parimenti novellato art. 165, comma 3, ultimo periodo, l.fall., laddove si fa riferimento alla proposta presentata da società cui il fallito partecipi o da società sottoposte a «comune controllo»).

La limitazione dell'alveo di legittimazione ai soli creditori «qualificati» titolari del 10% dei crediti complessivi è perspicua, sol che si consideri la doppia preoccupazione legislativa, tesa, da un lato, a scongiurare la presentazione di proposte da parte di meri ed occasionali «disturbatori», mossi dall'ambizione di lucrare vantaggi indebiti dal debitore intimorito dalla proposta frappostagli, dall'altro lato, volta a limitare l'eccessiva aggressività da parte di quelle aziende che, appartenendo al medesimo ambito di quella che invoca l'accesso al concordato, potrebbero trovare nell'istituto di nuovo conio, più che uno strumento di investimento, un mezzo di estromissione di un concorrente dal mercato.

I crediti «legittimanti» alla formulazione della proposta possono anche essere acquisiti successivamente al deposito del ricorso per concordato preventivo e, tuttavia, la percentuale – nella quale non possono essere considerati «i crediti della società che controlla la società debitrice, delle società da questa controllate e di quelle sottoposte a comune controllo» – deve risultare alla data di presentazione della proposta, che non può essere depositata oltre trenta giorni prima dell'adunanza dei creditori.

L'allargamento della legittimazione anche a creditori, in certo senso «sopravvenuti», ossia diventati tali per acquisizioni successive alla presentazione della domanda di ammissione al concordato, è giustificata dal favor per il concordato e per la contendibilità massima dei valori aziendali; esso giova a permettere l'ingresso nel mercato delle procedure concorsuali ad operatori specializzati nelle crisi d'impresa, i quali potranno essere incentivati a rivenire nei crediti «a sofferenza» che orbitano nell'ambito concordatario nuovi canali di investimento di risorse.

Le proposte concorrenti sono inammissibili nel caso in cui la proposta originaria assicura il pagamento integrale dei crediti aventi diritto di prelazione, nonché – come accennato – il pagamento anche dilazionato del 40% o, in caso di continuità aziendale, del 30% dei crediti chirografari. Con l'applicazione di questo limite oggettivo si è tentato di superare un evidente ostacolo di incostituzionalità ex art. 42 Cost. della disciplina: consentire, infatti, ad un terzo, sia pure creditore, di presentare una proposta concorrente a quella presentata dal debitore può tradursi in una illegittima forma di espropriazione ai danni del debitore della titolarità dei beni, senza riconoscimento di indennizzo. L'introduzione, invece, di una condizione di ammissibilitàcorrelata alla misura di soddisfacimento dei creditori, contribuisce a fugare i dubbi di potenziale illegittimità costituzionale, escludendo in radice la percorribilità di proposte «al ribasso» o punitive per i creditori.

Le proposte concorrenti possono essere avanzate dopo l'ammissione alla procedura di concordato preventivo del debitore e non oltre trenta giorni prima dell'adunanza dei creditori (art. 163, comma 3). Il termine finale è volutamente posteriore rispetto a quello nel quale il commissario giudiziale è tenuto a depositare la propria relazione particolareggiata sulla proposta concordataria del debitore (quarantacinque giorni ex art. 172, comma 1). Ciò vale a permettere ai creditori di presentare la propria proposta alla luce delle risultanze della relazione del commissario, quindi dei dati finanziari, economici e patrimoniali che essa avrà compiutamente analizzato a beneficio del consenso informato dei creditori medesimi. Proprio la pienezza dell'informazione è un aspetto tenuto massimamente in conto dal legislatore che non a caso, all'art. 165, comma 3, prevede che «il commissario giudiziale fornisce ai creditori che ne fanno richiesta, valutata la congruità della richiesta medesima e previa assunzione di opportuni obblighi di riservatezza, le informazioni utili per la presentazione di proposte concorrenti, sulla base delle scritture contabili e fiscali obbligatorie del debitore, nonché ogni altra informazione rilevante in suo possesso». Avverso il provvedimento del commissario giudiziale che deneghi in tutto o in parte l'accesso alle informazioni sarà proponibile il reclamo ai sensi dell'art. 36 l.fall., in virtù del richiamo contenuto nell'art. 165.

Le proposte concorrenti postulano la già avvenuta ammissione al concordato del debitore e non sono ammissibili nella fase del c.d. pre-concordato. Del resto, il presupposto esplicito di ammissibilità della proposta del terzo è costituito dal fatto che l'attestatore della proposta del debitore certifichi che la proposta debitoria non raggiunge le soglie minime (40% o 30% prima menzionati). In tal senso, le proposte concorrenti postulano l'avvenuto deposito dell'attestazione che, come noto, fa difetto nel periodo in cui, concesso il termine per il deposito del piano e della proposta ai sensi dell'art. 161, comma 6, sia l'una che l'altro sono ancora in gestazione.

Anche la proposta concorrente sarà indirizzata ai creditori mediante ricorso sottoscritto dal creditore, con il ministero di un difensore; pur'essa sarà soggetta al vaglio di ammissibilità ex art. 161.

A corredo della proposta in questione è prevista soltanto una attestazione «semplificata», posto che «la relazione di cui al comma terzo dell'articolo 161 può essere limitata alla fattibilità del piano per gli aspetti che non siano già oggetto di verifica da parte del commissario giudiziale, e può essere omessa qualora non ve ne siano» (comma 5, art. 163). Non è contemplato il deposito di altri documenti.

A salvaguardia del raccordo fra il tribunale e gli uffici di procura, sembra coerente che anche le poposte concorrenti siano comunicate al pubblico ministero, ai sensi dell'art. 161 l.fall..

Viceversa, non collegandosi alla proposta concorrente alcun effetto per i creditori dell'impresa già in concordato, è da escludere la necessità di procedere a pubblicazioni nel registro delle imprese.

Applicabile sembra l'art. 162, comma 1, con conseguente facoltà del tribunale di concedere al creditore-proponente un termine non superiore a quindici giorni per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti.

Diversamente da quanto accade per i decreti di inammissibilità o ammissione della proposta del debitore, per i quali gli artt. 162 e 163 stabiliscono la non reclamabilità, i decreti del Tribunale di inammissibilità o ammissione delle proposte concorrenti devono ritenersi reclamabili ex art. 26 l.fall. In difetto di precisazioni in senso contrario, non può che valere il principio della generale reclamabilità

Ciò detto, la proposta concorrente può prevedere l'intervento di terzi, quali garanti o finanziatori, al fine di reperire i mezzi finanziari necessari all'attuazione del piano. Inoltre, se il debitore è costituito in forma di s.p.a. o s.r.l., può contemplare, altresì, un aumento di capitale della società (al fine di renderla maggiormente competitiva nella successiva fase post-omologa e favorirne, conseguentemente, il rilancio) con esclusione o limitazione del diritto di opzione (al fine di limitare i poteri dei vecchi soci, che hanno cagionato la crisi della società). Si tratta di un tema assai sensibile, posto che il terzo finisce per poter intervenire direttamente nel capitale sociale della società in concordato, senza diritto dei soci a partecipare all'operazione in virtù dell'esclusione del diritto di opzione. Ciò finisce per risolversi in una larvata espropriazione delle quote di partecipazione dei soci della società-debitrice. L'aumento di capitale previsto nella proposta concorrente verrà poi liberato mediante compensazione dei crediti vantati dallo stesso proponente nei confronti della debitrice, così attuandosi, attraverso una conversione di crediti in capitale, una modifica «forzosa» nella compagine sociale, con l'allontanamento dei precedenti soci e l'ingresso dei creditori.

In ipotesi in cui le modalità di soddisfazione articolate dalla proposta concorrente siano diverse dal pagamento in danaro (esemplificativamente contemplando una datio in solutum o un accollo) sarà imprescindibile procedere ad una conversione teorica della modalità alternativa in una possibile percentuale di pagamento, anche e soprattutto al fine valutare se è raggiunta o meno la soglia minima che interdice l'apertura alle proposte concorrenti.

La proposta, può, infine accludere la suddivisione dei creditori in classi: in tal caso, deve essere sottoposta alla verifica dei criteri di correttezza di formazione delle classi da parte del tribunale. Il che è conforme al precetto generale circa la verifica della corretta formazione delle classi di cui al secondo inciso del primo comma (v. supra).

Si noti che è quanto mai probabile la formazione di classi, atteso che i creditori che hanno presentato la proposta concorrente hanno diritto al voto solo se collocati in autonoma classe (comma 6). Detta disposizione sembra, in realtà, in evidente contrasto con il divieto di agire in conflitto di interessi.

Il commissario ha l'onere di fornire ai creditori che ne fanno richiesta, previa valutazione di congruità della stessa e assunzione di obblighi di riservatezza, le informazioni utili per la presentazione di proposte concorrenti, tenuto conto delle scritture contabili e fiscali obbligatorie e di ogni altra informazione rilevante in suo possesso (v. art. 165, comma 3).

In caso di deposito di proposte concorrenti, il commissario avrà il compito di redigere una relazione integrativa, contenente una particolareggiata comparazione tra tutte le proposte depositate, da produrre in cancelleria e comunicare ai creditori, con le modalità previste per la comunicazione della originaria proposta del debitore, almeno dieci prima dell'adunanza dei creditori (v. art. 172, comma 1).

Il commissario si curerà, inoltre, di redigere una relazione integrativa da comunicare ai creditori in caso di modifica delle proposte concordatarie (ivi compresa quella del debitore), che può intervenire non oltre quindici giorni prima dell'adunanza (v. art. 172, comma 2).

Si noti che l'art. 3, comma 4, del d.l. n. 83/2015 ha espressamente soppresso l'art. 175, comma 2, l.fall., per il quale «la proposta di concordato non può più essere modificata dopo l'inizio delle operazioni di voto». La soppressione si giustifica in quanto la modifica della proposta del debitore può ora intervenire entro il predetto termine di quindici giorni antecedenti all'adunanza dei creditori.

Infine, il commissario avrà il compito di redigere una relazione integrativa da comunicare ai creditori ogni qual volta emergano notizie rilevanti ai fini del voto, anche in relazione alle singole proposte concorrenti (art. 172, comma 2).

Una questione rilevante attiene alla possibilità o meno, per il debitore, a fronte della presentazione di proposte concorrenti suscettibili di scalzare la sua, di rinunciare alla domanda di concordato. La risposta sembra dover essere affermativa, perlomeno fino a quando non si sia già formato, in sede di votazioni, un consenso dei creditori sulla proposta alternativa. D'altronde, la rinuncia è processualmente un atto legittimo e conduce alla caducazione di tutti quegli atti – ivi comprese le proposte concorrenti – che presuppongono la pendenza di un procedimento concordatario. Il legislatore legittima i creditori a presentare «proposte» concorrenti, ma non li abilita ad avanzare «domande» concorrenti, lasciando impregiudicata, sotto tale aspetto, la titolarità in capo al debitore del potere esclusivo di decidere se percorrere la strada processuale concordataria o restare esposto alle altre possibili alternative. Il debitore, pertanto, potrà senz'altro valutare se sia per sé stesso pià conveniente abdicare alla domanda, esponendosi al fallimento – e in certo senso «scegliendolo» – oppure subire la prevalenza di una proposta altrui, guadagnando, tuttavia, l'esdebitazione di cui all'art. 184 l.fall.

Sempre processualmente, mette punto rilevare che l'interruzione della procedura concordataria per revoca dell'ammissione ai sensi dell'art. 173 del pari implica un effetto caducatorio anche sulle proposte concorrenti, che esigono un processo in corso, non potendo sopravvivere ad un processo che ha subito una cesura per effetto della revoca.

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