Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 176 - Ammissione provvisoria dei crediti contestati.

Salvo Leuzzi

Ammissione provvisoria dei crediti contestati.

 

Il giudice delegato può ammettere provvisoriamente in tutto o in parte i crediti contestati ai soli fini del voto e del calcolo delle maggioranze, senza che ciò pregiudichi le pronunzie definitive sulla sussistenza dei crediti stessi.

I creditori esclusi possono opporsi alla esclusione in sede di omologazione del concordato nel caso in cui la loro ammissione avrebbe avuto influenza sulla formazione delle maggioranze.

Inquadramento

È coessenziale alla dinamica processuale concordataria stabilire rapidamente chi debba votare e chi no. In tal senso, se l'art. 171 l.fall. (v. commento) onera il commissario di esaminare le ragioni di credito, in base all'elenco dei creditori depositato dal debitore col ricorso (art. 161, comma 2, lett. b l.fall), apportandovi le necessarie rettifiche avuto riguardo alle risultanze delle scrittura contabili, l'art. 176 abilita il giudice a risolvere, con efficacia limitata alla procedura concorsuale in atto, le contestazioni sui crediti, ammettendoli o escludendoli in funzione del voto e del calcolo delle maggioranze. Nell'art. 176 si condensa un profilo caratterizzante del concordato preventivo, che, invero, non contempla una verifica giudiziale dei crediti, ma soltanto un accertamento d'indole amministrativa ed endoprocessuale, teso a determinare, da un lato la misura del fabbisogno concordatario, dall'altro, la base di computo delle maggioranze. Il comma 1 della norma assegna al giudice delegato il compito basilare di ammettere ovvero di escludere i crediti contestati, «ai soli fini del voto e del calcolo delle maggioranze», qualora l'adunanza abbia fatto germinare dissidi sull'esistenza, la quantificazione e il rango dei crediti, o non sia valsa comunque a sanarli. Laddove sia il magistrato a definire la controversia insorta fra il debitore e i suoi creditori sulla ragione di credito, la sua sarà una statuizione, nel condizionare il meccanismo del voto e il calcolo delle maggioranze, non inciderà, tuttavia, sull'accertamento del credito, che seguiterà a doversi svolgere nella sua «naturale» sede ordinaria. L'ammissione al voto dei crediti, in altri termini, assume un'incidenza circoscritta alle espletande operazioni di voto, senza produrre alcun effetto di natura sostanziale, neppure sul piano dell'interruzione della prescrizione (in senso contrario solo Trib. Sulmona 12 aprile 2002, in Fall., 2003, 312, che ha fatto conseguire effetti interruttivi dall'inserimento del credito nell'elenco ex art. 161 l.fall., qualificabile come riconoscimento di debito ai sensi dell'art. 1988 c.c., e dalla mancata contestazione del credito nel corso dell'adunanza).

In definitiva, la «cristallizzazione» dei crediti ammessi suscettibile di prodursi a seguito della decisione del giudice ai sensi del comma 1 implicherà che i predetti non possano essere rimessi in discussione all'«interno» della procedura concorsuale, rimanendo ferma e libera la possibilità di rimetterli in discussione fuori di essa. L'adunanza agevola l'individuazione sollecita degli aventi diritto al voto, lasciando impregiudicato l'accertamento «reale» dei singoli crediti, nei rapporti diretti tra creditore e debitore, in quello che necessariamente sarà un separato procedimento ordinario davanti al giudice competente. Del resto funzione del concordato è la ricerca pattizia di una soluzione della crisi d'impresa. Un ambito permeato di «negozialità» esclude in radice spazi di accertamento giurisdizionale dei crediti (su questi aspetti, v. Trib. Siracusa, 11 novembre 2011, in Fall., 2012, 866, con nota di Nardecchia e in Il Fallimentarista, con nota di Nuzzo).

Il comma 2 della norma giova a consentire ai creditori di opporsi alla esclusione in sede di omologazione del concordato nel caso in cui la loro ammissione avrebbe avuto influenza sulla formazione delle maggioranze, quindi sempre e soltanto ai fini dell'ammissione e del computo dei voti.

Poteri del giudice delegato

Lo snodo processuale dell'adunanza è cruciale nella misura in cui consente al giudice di stabilire, alla presenza di commissario, dei creditori e del debitore, con efficacia «interna» al processo concordatario, la sussistenza e la natura dei crediti, secondo le deduzioni dei predetti soggetti. Il coinvolgimento contestuale di essi consente, per un verso al creditore di contraddire subitaneamente le valutazioni del commissario; per altro verso, permette al debitore di fare altrettanto; per altro verso ancora, fa si che il commissario a replichi e precisi nell'immediatezza. Sarà il giudice, nondimeno, a decidere indifferibilmente se ammettere o meno con una decisione che non intaccherà, peraltro, la sorte del credito, essendo la stessa effettuata «ai soli fini del voto» (art. 176, comma 2).

In altri termini, l'adunanza, unica cadenza procedurale nella quale i crediti sono delibati dal giudice, lascia aperta ogni questione sull'esistenza dei crediti e consente di «sigillarli» ai fini del voto, con la determinazione, senza rimandi, dei «numeri» per il computo delle maggioranze. Ove si consideri che nel concordato l'imprenditore conserva – in linea di principio – l'amministrazione dei beni e l'esercizio dell'impresa, se ne ricava che al tribunale – diversamente da quanto accade nel caso di fallimento – non possa essere attribuita una competenza generale sulla procedura e sugli atti relativi, essendo funzioni del medesimo quelle sole attribuitegli ex artt. 160 e 186 l.fall. I processi di cognizione che riguardano i beni compresi nella massa ed i debiti dell'imprenditore non possono che svolgersi, coerentemente, nell'osservanza del rito ordinario di cognizione e dei criteri generali sulla competenza.

La ragionevolezza del principio risiede sull'opportunità di proteggere, da un lato le aspettative legittime dei creditori ammessi, dall'altro l'interesse del debitore a conoscere la base di calcolo della maggioranza. Il creditore deve esprimere un consenso «informato» sulla vantaggiosità della proposta, ancorando valutazioni a dati prognostici affidabili in quanto perentori; il debitore ha bisogno di appurare l'identità del ceto creditorio, fronteggiando per tempo pretese incongrue.

È principio giurisprudenziale sedimentato quello per cui il potere di ammettere provvisoriamente i crediti contestati è del giudice delegato, risolvendosi, nella ineludibile sede di adunanza dei creditori, in una delibazione sommaria, produttiva, ai fini del voto, di effetti sia verso i creditori presenti o assenti (Cass. n. 11192/1993, in Giust. civ. 1994, I, 357, con nota di Lo Cascio), sia – questo il dato che viene in particolare risalto – verso il debitore, chiamato a contestare senza indugio le conclusioni del commissario sui crediti da ammettere (Trib. Milano, 12 luglio 2012).

Dalla mancanza di una fase giurisdizionale di verifica dei crediti consegue che, in esito all'adunanza dei crediti e alle determinazioni del giudice sull'ammissione o l'esclusione dei crediti medesimi, da un lato, non maturano preclusioni sulla partecipazione alla fase satisfattoria del concordato, dall'altro, non viene in rilievo alcun accertamento definitivo su esistenza, entità e natura del crediti medesimi. Ciò dà l'esatta dimensione delle prerogative del giudice, chiamato a scrutinare sommariamente i crediti «ai soli fini del voto e del calcolo delle maggioranze» (Cass. n. 27489/2006; Cass. n. 2104/2002; Cass. n. 12545/2000). Ciò implica la possibilità fisiologica di una divaricazione fra i novero dei creditori che prendono parte al procedimento e sono ammessi a votare la proposta, se del caso approvandola, e il novero dei creditori che tali senz'altro sono in virtù di un titolo che, in sede ordinaria, ne abbia accertato le ragioni.

La decisione del magistrato, che vale a «stabilizzare» il credito solo in funzione delle votazioni, quindi a beneficio del funzionamento del meccanismo maggioritario, non sembra postulare – a dispetto della rubrica dell'art. 176 – la sussistenza di contestazioni dei crediti, il che parrebbe poco consono alla caratterizzazione procedimentale della fase dell'adunanza e alla natura di salvaguardia pubblicistica che comunque deve connettersi al ruolo del giudice. L'ammissione o l'esclusione dei crediti può, pertanto, procedere sulla base di un apprezzamento officioso ed autonomo rispetto a quello compiuto dal commissario sulla scorta delle scritture contabili, con facoltà di attingere ad elementi ulteriori acquisiti in via di cognizione sommaria (Cass. n. 5652/1994). Detti elementi, avuto riguardo alla celerità e alla concentrazione che caratterizzano l'adunanza, avranno contenuto necessariamente documentale, non potendo concepirsi l'espletamento di attività istruttoria.

Il provvedimento del giudice è in nuce definitivo e immodificabile una volta conclusesi le operazioni di voto. Se ne discute, tuttavia, la reclamabilità (Trib. Milano, 13 gennaio 2010 è nel senso dell'ammissibilità del reclamo; contra App. Milano, 22 aprile 2010; entrambe le pronunce sono in Fall. 2010, 1287, con nota di Perrino).

La mancanza di decisorietà e di definitività dei decreti con cui il giudice si pronuncia sull'esclusione o sull'ammissione dei crediti alla votazione non ne consente la ricorribilità per cassazione ex art. 111 Cost.

Esclusione e opposizione

L'ammissione dei crediti acquisisce carattere di definitività, sol che non ne venga provocato il riesame del tribunale all'atto dell'omologazione. Difatti, rimane salva, a tenore del secondo comma della norma de qua, l'opportunità di una valutazione ulteriore da parte del tribunale nelle ipotesi di esclusione di crediti che, qualora ammessi, sarebbero stati idonei a condizionare le sorti della vicenda concordataria, influendo sul quorum di approvazione della proposta.

Nel dettaglio, è consentito ai creditori esclusi dal voto di opporsi all'esclusione in sede di giudizio di omologazione, ma soltanto qualora il loro voto avrebbe avuto peso a livello di raggiungimento delle maggioranze. Occorre, in altri termini, superare la c.d. prova di resistenza, dimostrando che, se il credito estromesso, fosse stato calcolato, l'esito del voto avrebbe avuto segno differente da quello attualmente verbalizzato a chiusura delle operazioni.

Se l'influenza «virtuale» del voto escluso è avvalorata, il tribunale si occuperà di riesaminare, in sede di omologazione, la situazione che riguarda il soggetto non ammesso.

In buona sostanza, nell'opposizione all'omologa sono prospettabili questioni di «non omologabilità» del concordato, pur con riferimento al singolo credito pretermesso, ma in quanto da reputarsi coessenziale, ex art. 176, comma 2, al raggiungimento della maggioranza.

Mette punto osservare che l'art. 176, comma 2, l.fall. «marginalizza», il rimedio dell'opposizione all'omologazione, ridotto entro l'esigua cornice in cui la decisione sul credito contestato abbia finito per incidere sulla formazione della maggioranza. Fuori da questo caso – eccezionale e perciò disciplinato – vale un divieto, tanto in sede di omologazione, che di opposizione, di assumere e provocare decisioni su an o quantum di crediti ammessi.

Inoltre, il creditore, mancando la verifica del passivo, è impedito dall'usare lo strumento della risoluzione o dell'annullamento del concordato, allo scopo anomalo di vedersi riconoscere il credito.

Difetta, infine, un'impugnazione endoconcorsuale sul modello dell'opposizione allo stato passivo ex artt. 98 e ss. l.fall.

Bibliografia

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