Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 206 - Poteri del commissario.Poteri del commissario.
L'azione di responsabilità contro gli amministratori e i componenti degli organi di controllo dell'impresa in liquidazione, a norma degli artt. 2393 e 2394 del codice civile, è esercitata dal commissario liquidatore, previa autorizzazione dell'autorità che vigila sulla liquidazione. Per il compimento degli atti previsti dall'art. 35, in quanto siano di valore indeterminato o di valore superiore a euro 1.032,91 e per la continuazione dell'esercizio dell'impresa il commissario deve essere autorizzato dall'autorità predetta, la quale provvede sentito il comitato di sorveglianza12. [1] L'importo di cui al presente comma è stato così elevato dall'articolo 4 della legge 17 luglio 1975, n. 400. [2] Per una deroga alle disposizioni di cui al presente comma, vedi articolo 3, comma 4 del D.Lgs. 13 ottobre 1998, n. 373. InquadramentoL'art. 206 disciplina i poteri del commissario liquidatore in tema di azioni di responsabilità, compimento degli atti previsti dall'art. 35 e continuazione dell'impresa in liquidazione coatta, assoggettandoli ad un particolare regime autorizzatorio. Le azioni di responsabilità esperibili dal commissario giudiziale: i profili sostanzialiIl commissario liquidatore propone, come confermato dall'art. 2394-bis c.c., le azioni di responsabilità previste dall'art. 2393 c.c. e dell'art. 2394 c.c., vale a dire, per un verso, l'azione sociale di responsabilità e, per altro verso, l'azione spettante ai creditori sociali. Se si tratta di società a responsabilità limitata o di società assoggettata alla relativa disciplina (cfr., in caso di società cooperative, l'art. 2519 c.c.), il commissario liquidatore, oltre a poter proporre l'azione sociale di responsabilità così come prevista e disciplinata dall'art. 2476 c.c., può proporre anche l'azione dei creditori sociali a norma dell'art. 2394 c.c. (Trib. Napoli 11 gennaio 2011, Soc. 510 ss.; in senso contrario, Bellè, 1584). La legittimazione del commissario liquidatore, al pari di quella del curatore, è esclusiva e comprende, quindi, come confermato dal rinvoi operato dall'art. 2394-bis c.c. alle azioni previste dagli articoli precedenti, anche l'azione sociale di responsabilità proponibile dalla minoranza ai sensi dell'art. 2393-bis c.c. La disciplina relativa ai presupposti di fatto delle azioni di responsabilità previste dagli artt. 2393 e 2394 c.c. ed ai relativi termini di esercizio è dettata dalle stesse norme già illustrate nel commento all'art. 146 l.fall., cui può senz'altro rinviarsi. La norma, tuttavia, facendo riferimento all'impresa in liquidazione, estende l'ambito di operatività delle norme richiamate, e cioè gli artt. 2393 e 2394 c.c., a tutti gli enti assoggettati a liquidazione coatta amministrativa, a prescindere dalla forma giuridica rivesitita (Vona, 939). I soggetti responsabili sono, oltre agli amministratori (anche di fatto) ed ai sindaci, anche i componenti del consiglio di gestione e di sorveglianza del sistema dualistico ed i componenti del consiglio di amministrazione del sistema monistico, nonché, sebbene non richiamati espressamente, il direttore generale ed i liquidatori (Bonsignori, 203; Tedeschi, 414; Vattermoli, 1181) e, nelle società a responsabilità limitata o nelle società assoggettate alla disciplina di quest'ultime, i soci che abbiano intenzionalmente deciso o autorizzato l'atto illecito dannoso, ai sensi dell'art. 2476, comma 7, c.c. (Bellè, 1584). Il rinvio alle norme previste dagli artt. 2393 e 2394 c.c. non limita la legittimazione del commissario liquidatore alle sole azioni di responsabilità regolate da tale disposizioni. Ed infatti, per un verso, esistono norme che attribuiscono al commissario liquidatore la legittimazione a proporre anche azioni di responsabilità non riconducibili alle norme richiamate, come l'art. 2497, ult. comma, c.c. in materia di abuso di direzione e coordinamento, mentre, per altro verso, la legittimazione del commissario si estende alle azioni, come quelle regolate dagli artt. 2485 e 2486 c.c., che, seppure non richiamate, sono riconducibili alle azioni spettanti alla società oppure ai creditori sociali previste dagli artt. 2392-2393 e dall'art. 2394 c.c. La legittimazione del commissario liquidatore, al pari di quella del curatore, essendo limitata alle azioni previste dagli artt. 2392-2393 e 2394 c.c., presuppone il pregiudizio al patrimonio della società in liquidazione coatta. Nelle società fiduciarie, nelle quali i fiducianti — dotati di una tutela di carattere reale azionabile in via diretta ed immediata nei confronti di ogni consociato — vanno identificati come gli effettivi proprietari dei beni da loro affidati alla società ed a questa strumentalmente intestati ed il mandato dei fiducianti ad investire il danaro, anche quando rimetta alla discrezione professionale della società fiduciaria l'opzione tra le diverse ipotesi di investimento considerate nel mandato, è diretto a costituire patrimoni separati da quello della società stessa ed intangibili dai creditori di quest'ultima, l'eventuale mala gestio dei beni dei fiducianti, da parte degli amministratori e dei sindaci della società, non comporta, quindi, lesione all'integrità del patrimonio sociale, sicché i commissari liquidatori sono privi di legittimazione ad agire per far valere la responsabilità degli amministratori e dei sindaci nei confronti non della generalità dei creditori (per avere compromesso la funzione di generica garanzia del patrimonio sociale, ledendone l'integrità), bensì dei fiducianti, ai quali soltanto (come ai terzi danneggiati) spetta la legittimazione in ordine all'azione individuale di cui all'art. 2395 c.c. (Cass. n. 4943/1999). Le azioni di responsabilità esperibili dal commissario giudiziale: i profili proceduraliIl primo comma dell'art. 206 stabilisce che il commissario liquidatore può esercitare le azioni di responsabilità spettanti alla società ed ai creditori sociali, rispettivamente previste dall'art. 2393 c.c. e dall'art. 2394 c.c., solo con l'autorizzazione dell'autorità che vigila sulla liquidazione. La norma deroga la regola generale: in tema di poteri in materia giudiziale del commissario liquidatore nella procedura di liquidazione coatta amministrativa, non si applica, neppure in via analogica, l'art. 31, comma 2, l.fall., che impone l'autorizzazione del giudice delegato perché il curatore fallimentare possa stare in giudizio, atteso che il legislatore, mentre ha attribuito al detto commissario gli stessi poteri che competono al curatore (art. 201 l.fall.), ha regolato l'esercizio dei poteri del primo non con un rinvio generalizzato alla disciplina dell'esercizio dei poteri da parte del secondo, ma con un rinvio specifico da ritenersi perciò esaustivo (art. 206 l.fall.); ne consegue che i predetti poteri vanno integrati dall'autorizzazione dell'autorità amministrativa di vigilanza solo se si tratta di promuovere l'azione di responsabilità di cui agli artt. 2393 e 2394 c.c. (Cass. n. 9453/2016; conf. Cass. n. 24908/2008). L'autorizzazione è, quindi, necessaria solo se si tratta di promuovere azioni di responsabilità direttamente o indirettamente riconducibili agli artt. 2393 e 2394 c.c. (Bellè, 1583), ivi comprese, dunque, le azioni previste dagli artt. 2485 e 2486 c.c.: non anche, invece, nel caso in cui il commissario liquidatore esercita azioni di responsabilità che non sono riconducibili alle norme richiamate, come quella prevista dall'art. 2497, ult. comma, c.c. in materia di abuso di direzione e coordinamento (Vattermoli, 1182 e nt. 9; Bellè, 1584). Il regime giuridico di tale autorizzazione non è, poi, del tutto eguale a quello previsto per l'azione proposta dal curatore. Mentre, in caso di fallimento, l'art. 25 l.fall. prevede che l'autorizzazione è necessaria per ogni grado del processo e, quindi, anche per impugnare la sentenza di primo grado, nella liquidazione coatta amministrativa, invece, l'autorizzazione dell'autorità di vigilanza all'esercizio dell'azione da parte del commissario liquidatore è necessaria solo per la proposizione della domanda di responsabilità ma non per i successivi atti ed, in particolare, non è necessaria per l'impugnazione della sentenza che abbia respinto la domanda (Cass. n. 6278/1990). Il giudice dell'azione di responsabilità deve verificare che l'autorizzazione vi sia, trattandosi di un elemento indispensabile ad integrare la legittimazione del commissario liquidatore, ma non può sindacare il merito delle ragioni che hanno indotto la competente autorità di vigilanza a rilasciare detta autorizzazione (cfr. Cass. n. 13765/2007). Si discute se il giudice dell'azione di responsabilità abbia, o meno, il potere di sindacare la validità dell'atto (amministrativo) che contiene l'autorizzazione (ad es., per mancanza o insufficienza di motivazione, ecc.). Si ritiene, al riguardo, che l'eventuale esercizio del potere-dovere di disapplicare l'atto amministrativo illegittimo è giustificato solo qualora questo si presentasse del tutto privo di motivazione, dovendo anche l'autorizzazione sottostare al generale principio che richiede la motivazione come elemento di legittimità dell'atto amministrativo. Il sindacato del giudice non può, invece, spingersi a valutare se quella motivazione sia congrua, sufficiente, logica, non contraddittoria, e tanto meno se siano condivisibili le valutazioni di opportunità poste a fondamento di essa (cfr. Cass. n. 13765/2007). L'autorizzazione dell'autorità di vigilanza è un provvedimento amministrativo ed è, in quanto tale, suscettibile di impugnazione innanzi al giudice amministrativo per vizi di legittimità, ad iniziativa di chiunque ne abbia interesse, a partire dalla società in liquidazione e dai singoli creditori (Bellè, 1581, il quale esprime perplessità sulla legittimazione all'impugnazione da parte del commissario lliquidatore). Per quel che invece concerne la portata dell'autorizzazione in discorso, deve osservarsi che, come per le autorizzazioni ad agire in giudizio rilasciate dal giudice delegato al curatore del fallimento, così anche per quella prevista dalla norma qui in esame, è da ritenere che esse coprano, senza bisogno di una specifica menzione, tutte le possibili pretese ed istanze strumentalmente pertinenti al conseguimento dell'obiettivo del giudizio cui l'autorizzazione si riferisce (cfr. Cass. n. 13765/2007 in motiv.; Cass. n. 23632/2016). La mancanza dell'autorizzazione dev'essere sanata, al pari di quella prescritta per il curatore, a norma dell'art. 182 c.p.c., con efficacia ex tunc. L'autorizzazione dell'autorità che vigila sulla liquidazione è richiesta, per effetto del rinvio operato dall'art. 206, comma 2, all'art. 35 l.fall anche per la rinuncia o la transazione sulle predette azioni, quando abbiano valore indeterminabile ovvero abbiano un valore superiore ad € 1.032,91. Il commissario liquidatore può cedere le azioni, secondo il regime previsto per il fallimento, in sede di liquidazione dell'attivo (artt. 204 e 210 l.fall.) o di concordato (art. 214 l.fall.). In deroga alla norma in esame, la quale non richiede il parere del comitato di sorveglianza, esistono norme speciali per il caso della liquidazione coatta amministrativa di società bancarie o di società assicurative: nel primo caso, «l'esercizio dell'azione sociale di responsabilità e di quella dei creditori sociali contro i membri dei cessati organi amministrativi e di controllo ed il direttore generale, dell'azione contro il soggetto incaricato della revisione legale dei conti, nonché dell'azione del creditore sociale contro la società o l'ente che esercita l'attività di direzione e coordinamento, spetta ai commissari, sentito il comitato di sorveglianza, previa autorizzazione della Banca d'Italia» (art. 84, comma 5, del d.lgs. n. 385/1993); nel secondo caso, «l'esercizio dell'azione sociale di responsabilità e dell'azione dei creditori sociali contro i componenti dei cessati organi amministrativi e di controllo ed il direttore generale, dell'azione contro la società di revisione, nonché dell'azione del creditore sociale contro la società o l'ente che esercita l'attività di direzione e coordinamento, spetta ai commissari, sentito il comitato di sorveglianza, previa autorizzazione dell'IVASS» (art. 250, comma 5, del d.lgs. n. 209/2005). Il compimento degli atti previsti dall'art. 35 e la prosecuzione dell'impresaIl compimento degli atti previsti dall'art. 35 l.fall., quando sono di valore indeterminato o superiore ad 1.032,91 euro, e la prosecuzione dell'impresa richiedono l'autorizzazione dell'autorità di vigilanza, la quale provvede dopo aver sentito il comitato di sorveglianza. Anche il secondo comma dell'art. 206 deroga la disciplina generale: al commissario liquidatore nella liquidazione coatta amministrativa non si applica, infatti, neppure in via analogica, l'art. 31, comma 2, l.fall., che impone l'autorizzazione (del giudice delegato) perché il curatore fallimentare possa stare in giudizio, atteso che il legislatore, mentre ha attribuito al detto commissario gli stessi poteri che competono al curatore fallimentare (art. 201 l.fall.), ha regolato l'esercizio dei poteri del primo non con un rinvio generalizzato alla disciplina dell'esercizio dei poteri da parte del secondo, ma con un rinvio, di carattere specifico, da ritenersi perciò esaustivo (art. 206 l.fall.). Pertanto, il commissario liquidatore, per l'esercizio dei poteri che gli spettano, ha bisogno dell'autorizzazione (dell'autorità amministrativa che vigila sulla liquidazione), oltre che nell'ipotesi particolare di azione giudiziaria di responsabilità prevista dal primo comma dell'art. 206 l.fall., solo per il compimento degli atti di cui al secondo comma del medesimo articolo (Cass. n. 2223/1993). Quanto agli atti che richiedono l'autorizzazione, l'elencazione è contenuta nell'art. 35 (al cui commento, quindi, deve rinviarsi), ma non nel testo originario (cd. rinvio fisso), che, non facendo rinvio all'art. 25 l.fall., non comprendeva il riferimento ivi contenuto agli atti di straordinaria amministrazione, ma in quello conseguente alle modifiche apportate dalla riforma della legge fallimentare (cd. rinvio mobile). Ne consegue che — a differenza di quanto ritenuto nella vigenza del regime anteriore (Tedeschi, 415, 416; Bavetta, 775) — il commissario liquidatore può compiere gli atti espressamente previsti dall'art. 35 l.fall., compresi, dunque, tutti gli atti di straordinaria amministrazione, solo con l'autorizzazione dell'autorità amministrativa di vigilanza (Vattermoli, 1184). La norma, peraltro, dev'essere integrata dalle altre disposizioni che, in relazione a specifici atti, richiedono l'autorizzazione dell'autorità amministrativa di vigilanza, come l'art. 210, comma 2, l.fall. per il caso della vendita degli immobili e dei beni mobili in blocco, oppure quella del comitato di sorveglianza, come l'art. 201 l.fall. relativamente alla scelta della prosecuzione di un rapporto pendente (art. 72, comma 1, l.fall.). Ove l'autorizzazione manchi o sia viziata, l'atto compiuto è annullabile ma la relativa azione può essere fatta valere solo dalla procedura (Bellè, 1582). In caso di liquidazione coatta amministrativa di società di assicurazione, l'art. 257 del d.lgs. n. 209/2005 prevede che, «per gli atti previsti dall'articolo 35 della legge fallimentare, in deroga a quanto disposto dall'articolo 206, secondo comma, della medesima, i commissari acquisiscono preventivamente il parere del comitato di sorveglianza e provvedono nel rispetto delle direttive che sono stabilite dall'IVASS in via generale con regolamento o che sono prescritte in via particolare con istruzioni specifiche». In materia bancaria, i commissari liquidatori hanno tutti i poteri occorrenti per realizzare l'attivo (art. 90, comma 1, del d.lgs n. 385/1993): l'art. 84, comma 3, del d.lgs. n. 385/1993 – ad integrazione della norma in esame – prevede, tuttavia, che «la Banca d'Italia può emanare direttive per lo svolgimento della procedura e può stabilire che talune categorie di operazioni o di atti debbano essere da essa autorizzate e che per le stesse sia preliminarmente sentito il comitato di sorveglianza». Quanto alla prosecuzione dell'impresa in liquidazione coatta (o di uno specifico ramo della stessa: Vattermoli, 1185), la norma non fa, invece, alcun rinvio all'art. 104 l.fall., che non trova, pertanto, applicazione. Ciò comporta che l'autorità amministrativa può discrezionalmente stabilire, sin dal momento dell'apertura della procedura (Bellè, 1585), termini e condizioni dell'esercizio provvisorio, con atti che, avendo la natura di provvedimenti amministrativi, possono essere impugnati innanzi al giudice amministrativo per vizi di legittimità. Non è chiaro, peraltro, se l'esercizio provvisorio dell'impresa determini, o meno, in deroga rispetto alla norma generale stabilita dall'art. 201 l.fall., gli effetti previsti dall'art. 104, comma 7, l.fall., e cioè la prosecuzione automatica dei rapporti pendenti, sala la facoltà del commissario liquidatore di sospenderne l'esecuzione o provocarne lo scioglimento (in senso positivo, Vattermoli, 1185; Bellè, 1586, il quale argomenta dall'art. 90, comma 3, del d.lgs. n. 385 cit.). A differenza del fallimento (cfr. l'art. 104, commi 2 e 4, l.fall.), l'esercizio provvisorio dell'impresa richiede il parere non vincolante del comitato di sorveglianza. Non è necessario, invece, che sia sentito il legale rappresentante dell'ente assoggettato alla liquidazione coatta (Tedeschi, 415; Bavetta, 775). In materia bancaria, invece, la continuazione dell'esercizio dell'impresa o di determinati rami di attività può essere autorizzato dalla Banca d'Italia solo nei casi di necessità e per il miglior realizzo dell'attivo (art. 90, comma 3, d.lgs. n. 385/1993) mentre, in materia assicurativa, l'IVASS, qualora sia necessario od opportuno ai fini della liquidazione, può solo autorizzare i commissari liquidatori a proseguire operazioni specificamente individuate (art. 245, comma 6 del d.lgs. n. 209/2005). Tuttavia, il rinvio, per quanto non espressamente regolato, alle norme della legge fallimentare in tema di liquidazione coatta amministrativa (art. 245, ultimo comma, del d.lgs. n. 209 cit.), induce a ritenere che, anche nella liquidazione coatta amministrativa di società di assicurazione, sia possibile l'autorizzazione all'esercizio provvisorio dell'impresa (Bellè, 1586). BibliografiaBavetta, Liquidazione coatta amministrativa, in Enc.dir., XXIV, Milano, 1974; Bellè, La legge fallimentare, Commentario teorico-pratico, a cura di Ferro, Padova, 2007; Bonsignori, Della liquidazione coatta amministrativa, Comm. S.B., Bologna-Roma, 1976, 203; Tedeschi, Le procedure concorsuali, a cura di Tedeschi, Torino, 1996; Vattermoli, La riforma della legge fallimentare, a cura di Nigro e Sandulli, Torino, 2006; Vona, Commentario alla legge fallimentare, a cura di Caiafa, Roma, 2017. |