Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 233 - Mercato di voto.

Roberto Amatore

Mercato di voto.

 

Il creditore che stipula col fallito o con altri nell'interesse del fallito vantaggi a proprio favore per dare il suo voto nel concordato o nelle deliberazioni del comitato dei creditori, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a euro 1031.

La somma o le cose ricevute dal creditore sono confiscate.

La stessa pena si applica al fallito e a chi ha contrattato col creditore nell'interesse del fallito.

[1] L'importo di cui al presente comma è stato elevato dall'articolo 3 della legge 12 luglio 1961, n. 603 e successivamente dall'articolo 113, comma 1 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Inquadramento

L'interesse tutelato dalla norma è quello della genuinità delle operazioni fallimentari e delle determinazioni processuali, attraverso la sanzione di quei comportamenti atti a turbare o a falsare le operazioni di voto dei creditori (Antolisei, 216).

La sussistenza del reato è collegato alla mera stipulazione di accordi con il fallito diretta alla realizzazione di illeciti vantaggi per il creditore o per il fallito, senza che rilevino le conseguenze positive o negative dell'illecita stipulazione.

Il reato è dunque da inquadrarsi fra quelli contro l'amministrazione della giustizia (Nuvolone, 340).

La norma risulta applicabile in virtù del combinato disposto dell'art. in esame con l'art. 236, comma 2, n. 3, anche alle operazioni di voto per il concordato fallimentare (art. 127) e per il concordato preventivo.

Presupposti applicativi

Soggetto attivo del reato è il creditore e, in base all'estensione operata dall'ultimo comma della norma in commento, anche il fallito e il terzo che abbia contrattato con il creditore nell'interesse del fallito.

Trattasi pertanto di reato plurisoggettivo e a concorso necessario, che può essere inquadrato fra i così detti reati-accordo, perché presuppone una stipulazione, sia pure illegale (Conti, 397).

Possono commettere il reato in esame anche gli amministratori di società non dichiarati falliti individualmente purché non soci illimitatamente responsabili (Antolisei, 217).

Il fatto reato si perfeziona con la stipulazione con il fallito di vantaggi a favore del creditore in rapporto al voto che questi è chiamato a dare. Il vantaggio consiste nel corrispettivo di qualsiasi genere, non necessariamente di tipo economico- patrimoniale, per l'obbligazione di votare in un determinato modo (Antolisei, 218).

Dal punto di vista civilistico, la stipulazione sarà nulla per illiceità della causa.

Il reato è di pericolo, non di danno, in quanto il legislatore sospetta della genuinità e dunque della libertà della manifestazione di voto, così come della spontaneità del contenuto, per il solo fatto della pattuizione: il reato si consuma, dunque, nel tempo e nel luogo della stipulazione, a prescindere dagli eventi successivi, concernenti l'effettivo intervento o meno del voto, o la votazione in maniera conforme o difforme da quella pattuita o le modalità di esecuzione della votazione (Conti, 398).

Secondo la prevalente dottrina, l'elemento psicologico del reato è il dolo generico, essendo il vantaggio recepito dall'azione, e si sostanzia nella coscienza e volontà di stipulare vantaggi a proprio favore quale corrispettivo della prestazione (Antolisei, 219).

Bibliografia

Antolisei, Manuale di diritto penale. Leggi complementari, Milano, 2001, 216; Conti, Diritto penale commerciale, I reati fallimentari, Torino, 1991, 397; Nuvolone, Il diritto penale del fallimento e delle altre procedure concorsuali, Milano, 1955, 340.

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