Difetto di giurisdizione

17 Ottobre 2025

Il difetto di giurisdizione del giudice ordinario denota la mancanza del potere di decidere nel merito la controversia portata alla sua attenzione.  Questa situazione, nella quale la giurisdizione viene in rilievo nella sua veste di presupposto processuale, si inquadra nel più ampio tema dei limiti posti dalla legge all’esercizio della funzione giurisdizionale in materia civile.

Inquadramento

Il difetto di giurisdizione del giudice ordinario denota la mancanza del potere di decidere nel merito la controversia portata alla sua attenzione.  Questa situazione, nella quale la giurisdizione viene in rilievo nella sua veste di presupposto processuale, si inquadra nel più ampio tema dei limiti posti dalla legge all'esercizio della funzione giurisdizionale in materia civile.

Vi è un difetto assoluto di giurisdizione, quando la posizione soggettiva che si è inteso azionare non è suscettibile di ricevere tutela giurisdizionale o il rapporto giuridico dedotto è estraneo all'ordinamento interno e la giurisdizione non spetta al giudice italiano. Il difetto relativo di giurisdizione presidia invece le attribuzioni dei diversi plessi giurisdizionali all'interno del nostro ordinamento.

Le immunità degli Stati dalla giurisdizione civile

L'immunità degli Stati stranieri dalla giurisdizione civile costituisce una manifestazione del principio di sovranità. La ragione per cui, a talune categorie di atti, sia associata la consuetudine immunitaria, si rinviene nella necessità che l'esercizio delle funzioni sovrane dello Stato non riceva indebite e immotivate compressioni da parte dei giudici di un altro Stato.

L'originaria immunità giurisdizionale, di carattere pressoché assoluto, ha subito un progressivo ridimensionamento; l'esenzione degli Stati stranieri dalla giurisdizione è oggi limitata ai soli atti compiuti dallo Stato nell'esercizio delle funzioni pubbliche (acta iure imperii) e non si estende, invece, agli atti iure gestionis, di natura privatistica. La distinzione investe anche le azioni esecutive, essendo l'esecuzione forzata ammissibile solo se esperita su beni non destinati a una pubblica funzione.

Anche da questo punto di vista, nella giurisprudenza hanno ricevuto particolare attenzione le questioni connesse alle vicende relative ai conflitti armati internazionali, specie sul versante delle azioni finalizzate al risarcimento dei danni causati dagli Stati per atti compiuti in violazione dei diritti umani.

Sotto questo profilo, nel nostro ordinamento, a seguito della pronuncia della Corte costituzionale del 22 ottobre 2014, n. 238, resa all'esito delle controverse questioni che hanno opposto lo Stato italiano alla Repubblica Federale di Germania in relazione alle azioni risarcitorie discendenti da atti compiuti negli anni dell'occupazione tedesca durante la seconda guerra mondiale, l'immunità dalla giurisdizione civile degli Stati esteri per gli acta iure imperii costituisce una prerogativa, e non un diritto, riconosciuta da norme consuetudinarie internazionali, la cui operatività o applicabilità è invece preclusa per i delicta imperii, crimini commessi in violazione di norme di ius cogens, siccome lesivi di valori che trascendono gli interessi delle singole comunità statuali (Cass., 25 giugno 2019, n. 21995; Corte cost., 22 ottobre 2014, n. 238).

Il difetto di giurisdizione nei confronti del giudice straniero

La legge di riforma del diritto internazionale privato ha abrogato l'originario secondo comma dell'art. 37 c.p.c. Oggi, la disciplina del difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti dei giudici stranieri è contenuta nell'art. 11 della legge n. 218/1995, a mente del quale «il difetto di giurisdizione può essere rilevato, in qualunque stato e grado del processo, soltanto dal convenuto costituito che non abbia espressamente o tacitamente accettato la giurisdizione italiana».

La rilevazione d'ufficio è, invece, possibile quando il convenuto è contumace; se si tratta di azione reale avente ad oggetto beni immobili situati all'estero; se la giurisdizione italiana sia esclusa per effetto di una norma di diritto internazionale.

La giurisdizione italiana si radica se il convenuto ha il domicilio o la residenza in Italia o vi ha un rappresentante abilitato a stare in giudizio a norma dell'art. 77 c.p.c. e negli altri casi previsti dalla legge.

La legge n. 218/1995 si applica invece se la domanda è proposta nei confronti del convenuto situato al di fuori dell'Unione europea, in uno Stato terzo che non sia vincolato dal diritto dell'Unione o da altra convenzione di cui l'Italia sia contraente.

Se il convenuto è domiciliato in qualunque Stato membro dell'Unione, si applica invece il Regolamento UE n.1215/2012, noto come Regolamento “Bruxelles I-bis”, in vigore dal 10 gennaio 2015.

Il difetto di giurisdizione nei confronti della pubblica amministrazione e l'improponibilità assoluta della domanda

Il difetto assoluto di giurisdizione nei confronti della pubblica amministrazione si concretizza quando il potere di pronunciare o assumere il provvedimento richiesto dalla parte al giudice, conoscendo le questioni e le situazioni ad esso sottese, è attribuito dall'ordinamento, secondo il principio di legalità, a poteri diversi da quello giurisdizionale. La giurisdizione incontra qui il limite degli altri poteri pubblici.

La giurisprudenza di legittimità riconduce al difetto assoluto di giurisdizione i casi in cui manchi, in astratto, la giustiziabilità della pretesa azionata. Analoga improponibilità assoluta della domanda si ha quando, sulla base dei fatti allegati, non si rinvengano nell'ordinamento norme o principi astrattamente idonei a ricondurre la posizione dedotta tra quelle suscettibili di tutela giurisdizionale, sia in via diretta, sia in via indiretta. Attiene, per contro, al merito della controversia ogni questione concernente l'idoneità delle norme di diritto a tutelare il concreto interesse affermato dalla parte in giudizio (ex multis, Cass., sez. un., 1° giugno 2023, n. 15601; Cass., sez. un., 9 marzo 2020, n. 669; Cass., sez. un., 8 maggio 2007, n. 10375).

Nelle pronunce più recenti tale argomento vale anche a fondare la declaratoria di inammissibilità del regolamento preventivo di giurisdizione, qualora le contestazioni del ricorrente siano limitate alla assoluta improponibilità della domanda sotto il profilo della carenza, nell'ordinamento, di una norma che riconosca e tuteli la posizione giuridica dedotta (Cass., sez. un., 27 marzo 2023, n. 8675).

Il difetto di giurisdizione nei confronti del giudice amministrativo e degli altri giudici speciali

Il difetto relativo di giurisdizione attiene ai rapporti tra il giudice ordinario e gli altri ordini di giudici dell'ordinamento. La questione si pone qui in termini di riparto di giurisdizione e può investire tanto i limiti della giurisdizione del giudice ordinario nei confronti di un giudice speciale, quanto i rapporti tra giudici speciali.

Nei rapporti tra giudice ordinario e giudice amministrativo, il criterio tradizionale di riparto della giurisdizione, a lungo fondato sul tipo di situazione giuridica soggettiva azionata e dunque sulla dicotomia diritto soggettivo-interesse legittimo, è stato progressivamente eroso, a vantaggio di una forma di specializzazione del giudice, ad opera del legislatore ordinario.

Questa trasformazione è stata particolarmente riconoscibile nell'ampliamento della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo secondo il criterio dei “blocchi di materie”, introdotto dalla legge n. 205/2000. La Corte costituzionale, con la sentenza del 6 luglio 2004, n. 204, ha chiarito l'assetto del nuovo ordine dei rapporti tra giurisdizione ordinaria e amministrativa, nel senso che l'art. 103, comma 1, Cost. consente al legislatore di ampliare l'area della giurisdizione del giudice amministrativo, e così il novero delle materie nelle quali la tutela nei confronti della pubblica amministrazione investe anche diritti soggettivi, «purché lo faccia con riguardo a materie (in tal senso, particolari) che, in assenza di tale previsione, contemplerebbero pur sempre, in quanto vi opera la pubblica amministrazione-autorità, la giurisdizione generale di legittimità».

Il vigente art. 7 del codice del processo amministrativo prevede, coerentemente, che siano devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie nelle quali si faccia questione di interessi legittimi; quanto all'ambito della giurisdizione esclusiva, le materie di cui all'art. 133 c.p.a. sono individuate secondo il criterio di collegamento affermato dalla Corte costituzionale. L'art. 30 c.p.a. prevede inoltre che possa essere domandata al giudice amministrativo la condanna al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi e, nei casi di giurisdizione esclusiva, il risarcimento del danno da lesione di diritti soggettivi.

La giurisdizione amministrativa presuppone, dunque, l'esistenza di una controversia sul legittimo esercizio di un potere amministrativo ed è preordinata ad apprestare tutela contro l'agire autoritativo della pubblica amministrazione. Fuori dei casi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, quando non si contesti l'esercizio di un potere ma la lesione di un diritto soggettivo, la giurisdizione spetta al giudice ordinario (Cons. Stato, Sez. V, 28 febbraio 2023, n. 2069, richiamando, tra le molte, Cass., sez. un., 28 aprile 2020, n. 8236).

I problemi di coordinamento tra rapporti diversi in cause interdipendenti, l'una davanti al giudice ordinario e l'altra davanti al giudice amministrativo, non danno luogo a una questione di giurisdizione ma devono essere risolti ai sensi dell'art. 295 c.p.c., cui l'art. 79 c.p.a. fa espressamente rinvio, attraverso la sospensione della causa pregiudicata.

Sul versante dei rapporti tra il giudice ordinario e gli altri giudici speciali, l'art. 111, comma 8, Cost. prevede che contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti sia ammesso il ricorso in Cassazione per i soli motivi inerenti alla giurisdizione. Il controllo della giurisdizione si esplica qui nei confronti delle sentenze dei giudici speciali e concerne il vizio di eccesso di potere giurisdizionale, riferito al difetto assoluto di giurisdizione, qualora il giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera di attribuzioni riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa (cd. invasione o sconfinamento), ovvero quando la neghi sull'erroneo presupposto che la materia non possa formare in assoluto oggetto di cognizione giurisdizionale (cd. arretramento), o ancora quando il giudice abbia violato i limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciando in una materia riservata alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, ovvero negando la cognizione sull'erroneo presupposto che la giurisdizione appartenga ad altro giudice (C. cost., 18 dicembre 2018, n. 6; ex multis, tra le più recenti, Cass., sez. un., 13 agosto 2025, n. 2234; Cass., sez. un., 3 aprile 2025, n. 8818).

In via generale, con il rimedio dell'art. 111, comma 8, Cost., non è devoluto alla Cassazione il sindacato sugli errores in iudicando o in procedendo del giudice amministrativo o contabile. La Corte di cassazione ha, tuttavia, ritenuto ammissibile il ricorso per motivi inerenti alla giurisdizione nel caso di una pronuncia con la quale l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato aveva estromesso dal giudizio alcuni interventori principali e ad adiuvandum, non per ragioni di carattere processuale ma attraverso valutazioni volte a negare in astratto la situazione giuridica tutelata. Ad avviso della Corte la questione relativa alla titolarità di una posizione qualificabile come interesse legittimo collettivo, che attribuisce agli enti associativi esponenziali la legittimazione ad agire per la tutela giurisdizionale innanzi al giudice amministrativo, integra un problema di giurisdizione, in quanto attiene ai limiti esterni delle attribuzioni del giudice ed è deducibile con ricorso ex artt. 362 c.p.c. e 111, comma 8, Cost.; pertanto, se la posizione soggettiva fatta valere ha consistenza di interesse legittimo collettivo, il giudice amministrativo, essendo fornito della giurisdizione, è tenuto ad esercitarla, incorrendo altrimenti in diniego o rifiuto della giurisdizione, vizi censurabili dalle Sezioni Unite (Cass., sez. un., 23 novembre 2023, n. 32559). Il punto resta estremamente controverso e aperto a possibili evoluzioni.

Il regime processuale e le conseguenze del difetto di giurisdizione. La translatio iudicii

In ordine al regime processuale, l'art. 37 c.p.c. stabilisce anzitutto che il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione è rilevabile, anche d'ufficio, in qualunque stato e grado del processo. Può essere fatto valere in via di eccezione in ogni momento, anche per la prima volta in sede di legittimità, poiché il relativo potere non è soggetto a decadenze o preclusioni.

Il d.lgs. n. 149/2022 è intervenuto sull'art. 37 c.p.c. differenziando il regime processuale del difetto assoluto di giurisdizione nei confronti della pubblica amministrazione, da quello del difetto relativo, nei confronti del giudice amministrativo e degli altri giudici speciali.

A seguito della modifica introdotta, nei procedimenti instaurati dopo il 28 febbraio 2023, il difetto di giurisdizione nei confronti del giudice amministrativo o dei giudici speciali è rilevato anche d'ufficio nel solo giudizio di primo grado. Nei giudizi di impugnazione può essere rilevato solo se oggetto di specifico motivo, ma l'attore non può impugnare la sentenza per denunciare il difetto di giurisdizione del giudice da lui adito.

La nuova formulazione adegua l'art. 37 c.p.c. all'indirizzo emerso nella giurisprudenza di legittimità, che afferma la necessità di una lettura coerente con i principi di economia processuale e ragionevole durata del processo. Ad avviso delle Sezioni Unite, ogni decisione di merito implica, da parte del giudice, la preventiva verifica positiva della propria giurisdizione. In primo grado, in assenza di formale eccezione, il giudice non è tenuto a prendere posizione espressamente sulla giurisdizione, a meno che non rilevi d'ufficio il difetto e, quindi, sia tenuto ad emettere una sentenza denegatoria. Pertanto, il difetto di giurisdizione può essere eccepito dalle parti o rilevato d'ufficio dal giudice fino a quando la causa non sia decisa nel merito in primo grado, ovvero può essere fatto valere mediante impugnazione del relativo capo della sentenza di primo grado, in assenza della quale si determina il passaggio in giudicato della relativa questione (ex multis, Cass., sez. un, 30 giugno 2022, n. 20871). Il giudicato interno, implicito o esplicito, sulla questione di giurisdizione si forma tutte le volte che la causa sia decisa nel merito, ad esclusione dei soli casi in cui l'unico tema dibattuto sia stato quello relativo all'ammissibilità della domanda o quando dalla motivazione della sentenza risulti che l'evidenza di una soluzione abbia assorbito ogni altra valutazione, inducendo il giudice a decidere il merito non rispettando la progressione logica stabilita dal legislatore per la trattazione delle questioni di rito rispetto a quelle di merito. Se il giudice di primo grado ha pronunciato nel merito, affermando anche implicitamente la propria giurisdizione, la parte che intenda contestare tale riconoscimento è tenuta a dedurre uno specifico motivo di impugnazione; diversamente, l'esame della relativa questione è precluso in sede di legittimità (Cass., sez. un., 9 ottobre 2008, n. 24883 e, più di recente, Cass., sez. un., 29 ottobre 2020, n. 23903; Cass., sez. un., 23 aprile 2020, n. 8095; Cass, sez. un., 19 marzo 2020, n. 7454).

La questione di giurisdizione deve essere decisa con priorità, per il suo carattere di questione pregiudiziale di rito, salvo venga in rilievo la necessità di pronunciare la nullità della citazione introduttiva o altre questioni relative alla valida costituzione del rapporto processuale (ex multis, Cass., sez. un., 5 gennaio 2016, n. 29; sulla priorità dei vizi che impediscono al convenuto di conoscere il processo, Cass., sez. un., 26 gennaio 2022, n. 2258).

L'art. 9 del codice del processo amministrativo già dal 2010 ha adeguato il regime processuale della questione di giurisdizione ai principi accolti dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, stabilendo che «il difetto di giurisdizione è rilevato in primo grado anche d'ufficio. Nei giudizi di impugnazione è rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione».

In via generale, la scelta di escludere la legittimazione dell'attore a contestare la giurisdizione del giudice egli stesso abbia individuato riposa sul principio di autoresponsabilità delle parti, che non consente di far valere a proprio favore i vizi del processo provocati dalle proprio scelte in tema di azione e si ricava anche dall'art. 157, comma 3, c.p.c. 

L'art. 59 della legge n. 69/2009 ha introdotto l'istituto della translatio iudicii che, in caso di declinatoria della giurisdizione da parte del giudice adito, consente la prosecuzione del processo davanti al giudice che questi ritenga munito di giurisdizione, facendo salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda e superando l'originaria incomunicabilità tra ordini giurisdizionali, anche per effetto dell'apertura della Corte costituzionale (C. cost., 12 marzo 2007, n. 77). Il giudice che dichiara il proprio difetto di giurisdizione, in materia civile, amministrativa, tributaria o di giudici speciali, anzitutto è tenuto all'indicazione del giudice nazionale che ritenga munito di giurisdizione, se esistente. Se la domanda originaria viene riproposta davanti al giudice così indicato, nel termine di tre mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia declinatoria della giurisdizione, sono fatti salvi gli effetti che la domanda avrebbe prodotto se il secondo giudice fosse stato adito fin dall'instaurazione del primo giudizio.

La norma disciplina, inoltre, il conflitto negativo di giurisdizione, offrendo al giudice davanti al quale la causa sia riassunta il rimedio di un regolamento di giurisdizione “d'ufficio”, al quale sarà possibile accedere se sulla questione di giurisdizione non si sono già pronunciate nel processo le Sezioni unite della Corte di cassazione. L'inosservanza dei termini fissati per la riassunzione o la prosecuzione del giudizio, comporta l'estinzione del processo, che è dichiarata d'ufficio e travolge gli effetti della domanda. 

In realtà, l'impiego del termine “riassunzione” provoca, da sempre, alcune perplessità, specie se impiegato per descrivere lo spostamento del processo originario tra plessi giurisdizionali diversi. In proposito, ad avviso del giudice amministrativo, nei rapporti tra giurisdizioni diverse non si ha mai una riassunzione dello stesso giudizio davanti ad altro giudice, ma una “riproposizione” della stessa domanda, in un processo distinto (C.G.A.R.S., 27 luglio 2023, n. 468; Cass., sez. un., 2018, n. 27163). In questo senso, anche la lettera dell'art. 11 c.p.a.

In evidenza

In materia di cambiamento climatico antropogenico, nel caso “Giudizio Universale”, con sentenza del 26 febbraio 2024, n. 3552, il Tribunale di Roma ha dichiarato inammissibili, per difetto assoluto di giurisdizione, le domande avanzate nei confronti del governo italiano, chiamato a rispondere a titolo di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 o, in subordine ex art. 2051, per i danni provocati dall'inadeguatezza delle scelte legislative in materia di cambiamento climatico. I ricorrenti, lamentando la lesione di una situazione giuridica soggettiva qualificata e differenziata da quella della collettività generale, chiedevano al giudice di primo grado la condanna dello Stato italiano ex art. 2058, comma 1, c.c., «all'adozione di ogni necessaria iniziativa per l'abbattimento, entro il 2030, delle emissioni nazionali artificiali di CO2-eq nella misura del 92% rispetto ai livelli del 1990, ovvero in quell'altra, maggiore o minore, in corso di causa accertanda». Il giudice ha ritenuto la pretesa inidonea ad essere tutelata col ricorso a rimedi civilistici, sul rilievo che la domanda, come individuata, implicasse un sindacato sulla sfera riservata dalla Costituzione allo Stato legislatore, richiamando anche l'orientamento di legittimità che esclude qualsiasi diritto soggettivo dei cittadini al corretto esercizio del potere legislativo (Cass., 22 novembre 2016, n.23730), in ragione della insindacabilità della relativa attività sotto il profilo funzionale.

Riferimenti

C. Consolo, Travagli “costituzionalmente orientati” delle sezioni unite sull'art. 37 c.p.c., ordine delle questioni, giudicato di rito implicito, ricorso incidentale condizionato (su questioni di rito o, diversamente operante, su questioni di merito), in Riv. dir. proc., 2009, 1141 ss.;

F. P. Luiso, Diritto processuale civile, Vol. I, Milano, 2024, spec. Capitoli 6 e 10;

N. Picardi, Manuale di diritto processuale civile, Milano, 2025, spec. Capitoli II e III;

G. Ruffini, (a cura di), Diritto processuale civile, I, Bologna, 2023, spec. Capitolo XIV;

R. Tiscini, Contenzioso climatico e processo civile, su Judicium.it, 3 dicembre 2024;

G. Tota, Il difetto di giurisdizione dopo la riforma Cartabia del processo civile, su Judicium.it, 5 ottobre 2023.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario