Beni mobili (foro delle cause relative a)
23 Maggio 2017
Inquadramento
La disposizione dell'art. 14 c.p.c. fa riferimento alle cause relative a somme di denaro o a beni mobili: in realtà l'accostamento delle due ipotesi non è totale quanto al regime processuale, dato che la contestazione e la prova contraria, da parte del convenuto sono consentite solo per le cose mobili e non per il denaro. La peculiarità della disposizione normativa è di prevedere regole che sono basate non già su criteri automatici ma sull'accordo delle parti, oltre a prevedere un'eccezione alla regola generale secondo cui i criteri di determinazione del valore operano ai soli effetti della competenza e non anche del merito (ossia l'art. 10 c.p.c.). Cause relative a somme di denaro
Nelle cause relative a somme di denaro, il valore si determina in base alla somma indicata dall'attore nella domanda (Cass. 30 gennaio 1995, n. 1088); la competenza per valore fa riferimento al valore economico del bene oggetto della domanda, con la conseguenza che la causa relativa a bene mobile di cui l'attore non abbia dichiarato il valore si presume di competenza del giudice adito, sia ove manchi una tempestiva contestazione della competenza medesima da parte del convenuto, sia qualora dall'eccezione proposta, non risultino elementi in base ai quali determinare l'entità della pretesa (Cass. 8 marzo 2001, n. 3398; Cass. 18 aprile 2001, n. 5679; Cass. 8 marzo 1998, n. 2354). La somma di denaro può essere anche indeterminata, cosa che si verifica quando l'attore chiede il risarcimento del danno nella misura che risulterà dall'istruttoria. Con l'espressione “somma di denaro” secondo la giurisprudenza si deve fare riferimento non solo alla domanda formulata fin dall'inizio in denaro, ma anche a quella che, a causa dell'inadempimento del debitore, si trasforma, per il creditore, in una somma di danaro (Cass. 10 gennaio 1964, n. 49) ed altresì quella in cui la domanda dell'attore deriva dal fatto illecito del convenuto (Cass. 17 settembre 1970, n. 1540). La disposizione si può senz'altro applicare anche nelle cause relative ad obblighi di fare e di non fare perché presentano il requisito della valutabilità in denaro. Secondo la giurisprudenza agli effetti della competenza per valore, le azioni aventi ad oggetto l'adempimento di un obbligo di fare, non disciplinate autonomamente dal c.p.c. vanno assimilate a quelle relative a somme di danaro e a beni mobili, con la conseguenza che esse, quando non ne sia indicato il valore si presumono di competenza del giudice adito (Cass. 17 maggio 1997, n. 4399; Cass. 3 marzo 1994, n. 2106; Cass. 14 agosto 1990, n. 8268). Ancora si è detto che il valore della domanda di condanna ad un fare, anche quando l'opera da eseguire riguardi un bene immobile, si determina in base al valore dichiarato dall'attore o, altrimenti, presunto in relazione ai limiti della competenza del giudice adito, perché tale domanda, non rientrando tra le azioni immobiliari, ha il suo fondamento in un diritto che, non essendo reale, è regolato, ai sensi dell'art. 833 c.c., dalle disposizioni concernenti i beni mobili (Cass. 3 luglio 1993, n. 7298). Cause relative a beni mobili
Sono comprese nelle cause relative a beni mobili quelle in cui l'azione è relativa ad un bene mobile diverso dal denaro, a prescindere dalla causa petendi della domanda, potendo consistere sia in un'azione reale che personale. Ai fini della determinazione della competenza per valore nelle cause per pagamento di somme di denaro si deve fare esclusivamente riferimento a quanto in concreto è richiesto dall'attore, con la conseguenza che nessuna utile contestazione sul valore è ammessa, da parte del convenuto, che opera unicamente in relazione a controversie aventi ad oggetto beni mobili diversi dal denaro (Cass. 18 luglio 2000, n. 9439). Determinazione del valore
La giurisprudenza ha precisato che ai fini della determinazione della competenza per valore nelle cause per pagamento di somme di denaro, bisogna far riferimento a quanto in concreto richiesto dall'attore, e non all'oggetto dell'accertamento che il giudice deve compiere quale antecedente logico per decidere del fondamento della domanda (Cass. 21 gennaio 2005, n. 1338; Cass. 22 giugno 2004, n. 11623); sicché l'eccezione del convenuto rispetto all'esistenza o validità del rapporto contrattuale su cui si fonda la domanda, provoca lo spostamento della competenza, a ragione del maggior valore dell'intero rapporto rispetto al valore della domanda, solo qualora l'eccezione non sia stata proposta come mero mezzo di difesa, ma dia luogo ad una questione pregiudiziale ex art. 34 c.p.c. (Cass. 2 aprile 2002, n. 4638). In particolare alla sola eccezione del convenuto in ordine all'esistenza o validità del rapporto contrattuale sul quale è basata la domanda, non corrisponde l'effetto che alla causa debba attribuirsi il valore dell'intero rapporto (Cass. 3 marzo 1999, n. 1789). L'art. 14 c.p.c. prevede due presunzioni: la prima è relativa alla somma indicata o al valore dichiarato dall'attore; la seconda, invece, si riferisce alla competenza del giudice adito in mancanza di dichiarazione o indicazione. Con riferimento alla prima presunzione essa riguarda le cause relative a beni mobili e stabilisce che, per l'appunto, il valore della causa si individua sulla base del valore dichiarato dall'attore. La presunzione opera quindi tra il valore dichiarato e il valore della causa che si presumono coincidenti; questa presunzione fa sì che si radichi la competenza del giudice adito, salva l'eventuale contestazione del convenuto, su cui oltre. Nessuna contestazione è invece consentita in relazione al valore di pretese pecuniarie (Cass. 4 novembre 2002, n. 15442; Cass. 12 febbraio 2004, n. 2696; Cass. 16 dicembre 2004, n. 23461). In questo caso si deve tenere conto della somma indicata dalla parte con specificazione numerica ovvero con parametri di riferimento (Cass. 22 giugno 1996, n. 5785; Cass. 3 maggio 1991, n. 4843). La conseguenza è che l'indicazione della somma non è soggetta a limiti di tempo, mentre la dichiarazione del valore, riferita a cose mobili diverse dal denaro, deve essere effettuata nell'atto introduttivo, per consentire al convenuto l'utile contestazione nella prima difesa. La presunzione di valore è prevista per le cause relative a somme di denaro o beni mobili, ma la giurisprudenza l'ha estesa, come anticipato supra, alle obbligazioni aventi ad oggetto un fare, collegando, come già ricordato l'articolo in commento all'art. 17 c.p.c., poiché l'obbligo di fare è sempre valutabile in denaro (Cass. 14 agosto 1990, n. 8268; Pret. Catania 27 gennaio 1998) ed anche ai rapporti obbligatori relativi a beni immobili, perché non regolati dall'art. 15 c.p.c., relativo alle sole azioni reali (Cass. 9 maggio 1977, n. 1767). Le presunzioni dell'art. 14 c.p.c. hanno, pertanto, un'applicazione generalizzata e concernono tutte le cause, escluse quelle relative a somme di denaro, valutate in base alla somma indicata, comprese quelle relative ad un debito pecuniario indeterminato o ad un credito di valore, e quelle reali immobiliari, valutate ex art. 15 c.p.c..
Dichiarazioni di contenimento
Secondo la giurisprudenza, qualora manchi l'indicazione della somma o la dichiarazione di valore, si presume che il valore dell'azione proposta corrisponda al limite massimo della competenza del giudice adito; sicché, se l'attore, in mancanza della contestazione del convenuto, propone un'altra domanda oggetto di cumulo ex art. 10, secondo comma, c.p.c., vengono superati i limiti di valore della competenza del giudice adito. Per mitigare le conseguenze di questa interpretazione opera la c.d. riserva di contenimento, cioè una dichiarazione, con cui l'attore, fin dalla citazione introduttiva del giudizio o al più tardi nel corso della prima udienza (Cass. 10 dicembre 2001, n. 15572), manifesta la volontà di contenere il petitum nei limiti della competenza del giudice adito (Cass. 20 settembre 1995, n. 9945; Cass. 28 giugno 1986, n. 4319). Pertanto, allorché, insieme ad una domanda di valore determinato ed inferiore al limite della competenza del giudice adito, venga proposta dall'attore un'altra domanda senza precisazione della somma richiesta, il principio del cumulo, con spostamento della competenza al giudice superiore, non opera solo laddove l'attore dichiari, in modo non equivoco, di voler contenere il valore della seconda domanda entro il predetto limite, e ciò in misura pari alla differenza tra questo ed il valore espressamente determinato dall'altra domanda (Cass. 6 luglio 2010, n. 15853; Cass. 13 novembre 2009, n. 24030; Cass. 8 giugno 2000, n. 7772; conforme Cass., sez. un., 21 dicembre 1999, n. 917); in contrario si è detto (Cass. 1° ottobre 1984, n. 4840 e Cass. 26 aprile 1983, n. 2865) che la riserva di contenimento va intesa come relativa all'intero petitum, atteso che la riserva stessa non ha ragion d'essere in riferimento alla sola domanda di valore indeterminato, che per legge si presume di competenza del giudice adito, e che ogni dichiarazione va interpretata in modo che possa avere qualche effetto anziché in quello secondo cui non ne avrebbe alcuno. Se, poi, vengano proposte cumulativamente due domande di valore indeterminato, la clausola o riserva di contenimento di una di esse non vale ad evitare il superamento della competenza del giudice adito, perché l'altra domanda assorbe interamente la competenza di tale giudice, per cui il cumulo ne comporta necessariamente il superamento. Pertanto è necessario che l'attore dichiari chiaramente di contenere il valore complessivo di entrambe le domande, di valore indeterminato, entro i limiti di competenza del giudice adito (Cass. 10 dicembre 2001, n. 15571; Cass. 11 aprile 2000, n. 4589). La dichiarazione deve essere non equivoca, pur se, come già riferito, la giurisprudenza tende a salvare la dichiarazione equivoca con l'uso del principio che ogni dichiarazione va interpretata in modo che possa avere qualche effetto anziché in quello secondo cui non ne avrebbe alcuno; tale dichiarazione, ove non sia contenuta nell'atto introduttivo, può essere fatta non oltre la prima udienza (Cass. 8 marzo 1990, n. 1859). Secondo la giurisprudenza (Cass. 14 ottobre 2005, n. 19976), in presenza di una espressa dichiarazione di contenimento della domanda principale nella competenza del giudice adito, la richiesta indeterminata degli accessori di legge deve essere intesa come relativa ad un momento successivo alla proposizione della domanda, e come tale non incidente ai fini della valutazione della causa e alla determinazione del giudice munito del potere di decidere.
Contestazione del convenuto
Il convenuto ovvero l'attore, qualora convenuto in riconvenzionale, possono contestare il valore presunto. La contestazione deve avvenire a pena di decadenza nella prima difesa, cioè non oltre la prima scrittura difensiva successiva alla dichiarazione del valore o alla proposizione di domanda senza valore dichiarato. La contestazione non si applica nelle controversie relative a somme di denaro; per esse, pertanto, la competenza per valore si determina solo in base alla domanda attorea (Cass. 5 novembre 2008, n. 26577; Cass. 9 agosto 2007, n. 1745; Cass. 18 luglio 2000, n. 9439; Cass. 24 giugno 1996, n. 5815; Cass. 14 agosto 1991, n. 8844; Cass. 26 settembre 1978, n. 4329) e ove l'attore non indichi nella domanda la somma pretesa, la causa, nonostante la contestazione del convenuto, deve presumersi di competenza del giudice adito (Cass. 13 novembre 2009, n. 24030; Cass. 16 dicembre 2004, n. 23461; Cass. 16 giugno 2003, n. 9658). Non basta la mera eccezione di incompetenza del giudice adito o la formulazione di obiezioni generiche od immotivate, ma occorre una specifica impugnativa diretta a dimostrare che il valore del petitum non rientra nella competenza del giudice adito (Cass. 8 marzo 2001, n. 3398; Cass. 18 aprile 2001, n. 5679). La disposizione presenta un mancato coordinamento con l'art. 38, terzo comma, c.p.c. Infatti, poiché l'art. 38 prevede la rilevabilità d'ufficio dell'incompetenza, anche per valore, entro l'udienza ex art. 183 c.p.c., ci si domanda se, mancando la contestazione del convenuto, il giudice possa rilevare d'ufficio la propria incompetenza per valore. Secondo la giurisprudenza l'art. 38, primo comma, c.p.c., (ora terzo comma) ove prevede che l'incompetenza per valore è rilevata anche d'ufficio non oltre la prima udienza, non può trovare applicazione nell'ipotesi in cui la causa sia relativa a somme di denaro e la somma richiesta rientri, in astratto o per espressa determinazione fatta dall'attore o in virtù della presunzione di cui all'art. 14 c.p.c., nella competenza del giudice adito (Cass. 18 luglio 2000, n. 9439). A causa della contestazione del valore, origina un giudizio sommario sul valore stesso, effettuato in base a quello che risulta dagli atti e senza apposita istruzione. Secondo la giurisprudenza (Cass. 27 novembre 2002, n. 16842), la possibilità di assumere sommarie informazioni, nelle ipotesi ex art. 14, può solo servire ad assicurare al giudizio elementi chiarificatori del contenuto delle prove precostituite o comunque ad accertare circostanze agevolmente rilevabili o documentabili; per alcune pronunce (Cass. 31 maggio 2005, n. 11609) il giudice, non potrebbe comunque utilizzare prove costituende, ma soltanto prove precostituite, ossia entrate in causa “senza un'apposita istruzione”. Si ritiene comunque non vi sia la possibilità di utilizzare elementi diversi da quelli contenuti nei fascicoli al momento della proposizione dell'eccezione (Cass. 8 agosto 1996, n. 7304) sicché è appunto esclusa l'ammissione di prove costituende (Cass. 28 marzo 2007, n. 7586; Cass. 6 marzo 2007, n. 5125; Cass. 17 aprile 2003, n. 6218; Cass. 1996/7304, cit.). Poiché la decisione è presa in base a giudizio sommario, essa produce effetti ai soli fini della competenza sicché il giudice è libero di discostarsene nella decisione di merito. Per quanto riguarda il riferimento a “quello che risulta dagli atti”, la norma intende riferirsi al fatto che il giudice deve considerare, nella decisione, gli elementi che esistono nel momento in cui il convenuto contesta il valore dichiarato (Cass. 11 giugno 1981, n. 3785). Effetti delle mancata contestazione
Qualora il convenuto non contesti il valore come dichiarato dall'attore, o come presunto ai sensi della norma, questo valore resta fissato, anche agli effetti del merito, nei limiti della competenza del giudice adito. La mancata contestazione fa sì che la eventuale differenza del valore reale possa più comportare una dichiarazione d'incompetenza né di parte, né d'ufficio, neppure nel caso sia evidente. La conseguenza pratica è che la mancata contestazione fa sì che il giudice non possa superare il proprio limite di competenza per valore nella pronuncia di merito. Vi sono, tuttavia, divergenze quanto alla possibilità di scendere al di sotto del limite minimo. Secondo una prima interpretazione (Segré, 185) la pronuncia può essere inferiore al limite minimodato che il vincolo non può attestarsi su un valore determinato, neanche quando sia stato oggetto di una dichiarazione dell'attore; mentre, secondo altri, la formulazione della norma lascerebbe intendere che il legislatore non consente che il giudice vada al di sotto del suo limite minimo di competenza per valore (Levoni, 117). Secondo la prevalente dottrina (Gionfrida, 67; Segré, 185) la competenza per valore così determinata per effetto della mancata contestazione, opera anche in processi futuri, il che rileva specie ai fini della individuazione del giudice competente sul quantum che non può avere competenza diversa da quello sull'an, nel caso di domanda di condanna generica, al fine specifico di ottenere una somma maggiore del limite di competenza di tale giudice, salvo che non siano sopravvenuti fatti nuovi. In ogni caso, secondo la giurisprudenza, a domanda di condanna generica al risarcimento del danno è di valore pari al massimo della competenza del giudice adito (Cass. 2 dicembre 2002, n. 17041); mentre, affinché la causa possa ritenersi di valore indeterminabile, non è sufficiente che sia stata richiesta una condanna generica sull'an, potendo ravvisarsi l'indeterminabilità soltanto quando la controversia non sia suscettibile di valutazione economica (Cass. 20 luglio 1999, n. 7757). Riferimenti
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