Sull’onere probatorio gravante sull’impresa ricorrente in caso di domanda di risarcimento del danno da aggiudicazione illegittima

03 Agosto 2017

In relazione ai profili di danno che attengono alla perdita delle utilità ritraibili dall'affidamento del contratto, spetta all'impresa danneggiata offrire la prova dell'utile che in concreto avrebbe conseguito qualora fosse risultata aggiudicataria dell'appalto, poiché nell'azione di responsabilità per danni il principio dispositivo opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell'azione di annullamento, senza che tale onere probatorio possa venire supplito dalla valutazione equitativa del giudice, ammessa solo laddove la prova del danno sia impossibile o estremamente difficoltosa.

La società ricorrente partecipava ad una gara indetta dalla Provincia di Firenze per l'affidamento di servizi di formazione, classificandosi al terzo posto in graduatoria.

Essa si rivolgeva al giudice amministrativo per ottenere il risarcimento del danno che assumeva aver patito, in conseguenza dell'illegittima conduzione della procedura di gara in quanto viziata dall'illegittima composizione della commissione. Sosteneva a tale scopo la ricorrente che il vizio che investe la composizione della commissione giudicatrice è tale da determinare, ove accertato, la radicale illegittimità della procedura di affidamento e non lo scorrimento della graduatoria in favore dei concorrenti che seguono l'aggiudicatario: di conseguenza limitava la pretesa risarcitoria alla perdita della possibilità di aggiudicarsi la gara all'esito di una procedura emendata dal vizio in questione.

Ciò posto, il Tar ha chiarito che – sia pure al più circoscritto fine del risarcimento (non della perdita dell'aggiudicazione, ma) della chance di conseguire l'aggiudicazione – l'ammontare del danno risarcibile non può che essere parametrato al dato obiettivo dell'utile ritraibile dall'aggiudicazione, proporzionalmente ridotto in ragione delle probabilità di successo accertate in capo all'impresa ricorrente. Il giudice ha poi rilevato, con riferimento ai profili di danno che attengono alla perdita delle utilità ritraibili dall'affidamento del contratto, che la giurisprudenza ha ormai abbandonato il tradizionale criterio forfettario e presuntivo che, muovendo per analogia dall'art. 345 legge n. 2248/1865, commisurava l'utile prodotto dall'aggiudicazione al 10% dell'importo a base d'asta, trattandosi di un criterio inaffidabile e che non risponde ai principi riguardanti la prova del danno risarcibile (artt. 30, 40 e art. 124, comma 1, c.p.a.).

In definitiva, spetta all'impresa danneggiata offrire la prova dell'utile che in concreto avrebbe conseguito qualora fosse risultata aggiudicataria dell'appalto, poiché nell'azione di responsabilità per danni il principio dispositivo opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell'azione di annullamento.

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