Inapplicabilità della sanzione dell’iscrizione nel Casellario informatico in caso di buona fede dell’operatore economico

Simone Abrate
06 Aprile 2017

Il Consiglio di Stato ha rilevato che non è applicabile la sanzione dell'iscrizione nel casellario informatico ai fini dell'esclusione dalle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto per un periodo di un anno, prevista dall'art. 40, comma 9-quater, codice del 2006, in caso di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione ai fini della qualificazione, qualora difetti in capo all'operatore economico l'elemento soggettivo del dolo o della colpa grave. In particolare, a tale scopo rileva che il comportamento dell'operatore economico è stato conforme ai parametri di diligenza professionale ai sensi dell'art. 1176, comma 2, c.c., in ragione del fatto che esso si è attivato per effettuare le verifiche della documentazione messa a disposizione dalla propria diretta dante causa, poi risultata falsa.

La sentenza, confermando la decisione di primo grado, dichiara illegittimo il provvedimento dell'Anac che, nel pronunciare nei confronti di un'impresa la decadenza dalle attestazioni di qualificazione SOA ai sensi dell'art. 40, comma 9-ter del codice del 2006, oltre all'applicazione di una sanzione amministrativa, dispone anche l'inserimento nel casellario informatico ai fini dell'inibitoria alla partecipazione a procedure di affidamento per un anno.

E ciò in quanto il Giudice di secondo grado ha ritenuto non addebitabile all'impresa a titolo di colpa la causa della decadenza dalle attestazioni, consistente nella falsità della documentazione sulla base della quale questa era ottenuta.

Nello specifico, dalla ricostruzione dei fatti di causa è emerso che la ditta sanzionata ha tenuto un comportamento conforme ai parametri di buona fede e diligenza professionale esigibili dalla stessa ai sensi dell'art. 1176, comma 2, c.c. Ciò in ragione del fatto che la stessa ditta si è attivata per effettuare le verifiche della documentazione messa a disposizione dalla propria diretta dante causa (e più precisamente dagli organi della procedura di concordato preventivo alla quale la stessa era stata ammessa), tra cui anche il certificato di esecuzione lavori poi risultato falso, e che in precedenza essa poteva ragionevolmente confidare sulla conformità al vero del certificato medesimo, poiché sulla base di esso la propria dante causa aveva ottenuto le attestazioni SOA relative al ramo di azienda poi trasferito a proprio favore. Nel descritto comportamento, quindi, il Consiglio di Stato non ha ravvisato elementi sufficienti, sotto il profilo soggettivo, per formulare un addebito di colpa grave e tanto meno di dolo, al solo ricorrere dei quali si configurerebbe l'illecito amministrativo sanzionato dall'art. 40, comma 9-quater, d.lgs. n. 163 del 2006.

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