Risarcibilità dei danni conseguenti all’illegittima esclusione di un concorrente da una pubblica gara

Redazione Scientifica
08 Marzo 2016

In materia di risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi pretensivi, nel caso di accoglimento della domanda risarcitoria proposta dal partecipante ad una pubblica gara illegittimamente pretermesso, questi ha diritto all'integrale risarcimento dei danni subiti...
In materia di risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi pretensivi, nel caso di accoglimento della domanda risarcitoria proposta dal partecipante ad una pubblica gara illegittimamente pretermesso, questi ha diritto all'integrale risarcimento dei danni subiti, a fronte della colpa dell'Amministrazione nel preferirgli un altro concorrente, qualora risulti accertato che, se la gara si fosse svolta regolarmente, ne sarebbe risultato vincitore. Nella quantificazione del danno, il giudice dovrà tener conto di tutte le circostanze del caso concreto e liquidare sia il danno emergente che il lucro cessante (quali le spese sostenute per partecipare alla gara, il mancato guadagno per non aver potuto svolgere l'attività professionale ed il mancato incremento del curriculum professionale). La partecipazione alle gare di appalto comporta, inevitabilmente, per le imprese, dei costi, che, ordinariamente, restano a carico dell'impresa medesima, sia in caso di aggiudicazione che di mancata aggiudicazione; detti costi di partecipazione si connotano come danno emergente solo allorché l'impresa subisca un'illegittima esclusione, venendo in tale evenienza in considerazione la pretesa del contraente a non essere coinvolto in trattative inutili. Tali costi devono, peraltro, essere contenuti nell'ambito dei costi diretti subiti ai fini della partecipazione e non anche degli oneri afferenti al mancato utilizzo dei mezzi dedicati alle peculiarità dei servizi appaltati, perché rientranti nella valutazione della voce del lucro cessante, né di quelli legati al mancato abbattimento delle spese generali in ragione dell'inattività dell'impresa, perché non direttamente connessi e non di facile determinazione. Il danno curriculare, costituente una specificazione del danno per perdita di chance, si correla necessariamente alla qualità di impresa operante nel settore degli appalti pubblici e, più in particolare, al fatto stesso dell'esecuzione di uno di questi tipi di contratto, a prescindere dal lucro che l'impresa stessa si riprometta di ricavare per effetto del corrispettivo pagato dalla stazione appaltante. Questa qualità imprenditoriale può ben essere fonte per l'impresa di un vantaggio economicamente valutabile, in quanto idonea ad accrescere la capacità competitiva sul mercato e, quindi, la chance di aggiudicazione di ulteriori e futuri appalti: l'interesse alla vittoria di un appalto, nella vita di un operatore economico, va oltre l'interesse all'esecuzione dell'opera in sé e ai relativi ricavi diretti. Tutte le volte che si tratti di quantificare il lucro cessante da mancata esplicazione di un'attività d'impresa, pari al mancato utile ritraibile, vanno determinati, sulla base dell'offerta presentata dalla società, gli utili attesi dall'intera iniziativa per il periodo di riferimento e però diminuiti dei redditi sotto qualunque forma conseguiti dalla società nel medesimo periodo, per l'impiego alternativo dei mezzi propri necessari al progetto mancato; tanto, in applicazione del criterio dell'aliunde perceptum, vale a dire dell'utile alternativo che l'impresa può avere acquisito svolgendo attività alternative rispetto a quella che avrebbe dovuto eseguire, ove avesse ottenuto il servizio in appalto.

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