L'omessa dichiarazione di una condanna penale comporta sempre e comunque l'esclusione
09 Marzo 2017
La terza sezione del Consiglio di Stato conferma, o meglio ribadisce, che l'omessa dichiarazione di una condanna per un reato che incide sulla moralità professionale (nella specie si trattava di una condanna per il reato di tentata frode nell'esercizio del commercio) debba essere inevitabilmente punita con l'esclusione dalla gara. In tali ipotesi l'esclusione rappresenta, infatti, «un atto dovuto», con conseguente irrilevanza, «ai sensi dell'art. 21-octies della legge 7 agosto 1990, n. 241», dell'eventuale «difetto di motivazione» e della «mancata comunicazione di avvio del procedimento». Del resto, com'è stato a più riprese giudicato, l'esclusione di un concorrente che abbia falsamente attestato di non aver subito condanne penali discende, de plano,dal chiaro disposto dall'art. 75 d.P.R. n. 445 del 2000, per il quale, in caso di non veridicità della dichiarazione resa, «il dichiarante decade [in modo automatico e senza eccezione alcuna] dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera» (sul punto si venda, tra le tante, Cons. St., Sez. V, 3 febbraio 2016, n. 404). Dunque, «la veridicità delle dichiarazioni rese ai fini della partecipazione ad una pubblica selezione costituisce un valore “in sé”» (TAR Puglia Bari, Sez. III, 26 ottobre 2016, n. 1240). Ed è anche per tale ragione che in consimili casi si tende ad escludere che il concorrente possa beneficiare della disciplina del soccorso istruttorio (cfr. Cons. St., Sez. V, 11 aprile 2016, n. 1412). |