Assegnazione di spazi aeroportuali per l'esercizio di servizi di assistenza a terra: obbligo di gara? Le conclusioni dell'avvocato generale Sanchez-Bordona
04 Maggio 2017
L'Avvocato generale della CGUE Sanchez-Bordona ha depositato le proprie conclusioni nell'ambito del procedimento (causa C-701/15) originato dal rinvio pregiudiziale del TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 16 dicembre 2015, n. 2677. La questione verte sull'esistenza o meno di un obbligo imposto dal diritto UE di indire una gara ad evidenza pubblica per l'assegnazione, anche in via temporanea, di spazi aeroportuali per l'esercizio di handling fisico. In particolare con la suddetta ordinanza di rinvio il TAR ha chiesto alla Corte UE “se l'art. 7 della direttiva 2004/17 CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 - che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali -, nell'assoggettare alla disciplina degli appalti pubblici comunitari le attività di sfruttamento di un'area geografica ai fini di messa a disposizione di aeroporti ai vettori aerei, così come individuate dalla giurisprudenza nazionale richiamata ai paragrafi 6.4 e 6.5., osti ad una normativa nazionale, quale quella delineata dagli artt. 4 e 11 del d.lgs. n. 18/1999, che non prevede una previa selezione pubblica per ogni ipotesi di assegnazione, anche temporanea, di spazi a ciò destinati”.
Nell'ordinanza di rinvio il TAR aveva evidenziato che, nella fattispecie controversa (dove due operatori del settore, liberi prestatori di servizi, rivendicano ulteriori spazi per l'esercizio della loro attività), erano astrattamente applicabili due diverse discipline normative nazionali, entrambe di derivazione europea: “La prima, di ordine generale, concerne le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici nei cd. settori speciali (artt. 207 e ss. del d.lgs. n. 163/2006); la seconda, settoriale, riguarda il libero accesso al mercato dei servizi di handling fisico negli aeroporti della Comunità (d.lgs. n. 18/1999, emesso in diretta attuazione della direttiva 96/67/CE) (…). Tali ultime disposizioni prevedono l'obbligo della previa selezione pubblica soltanto “per l'individuazione dei prestatori delle categorie di servizi di assistenza a terra il cui accesso è sottoposto a limitazioni o a provvedimenti di deroga di cui all'articolo 12, comma 1” (art. 11 del d.lgs. n. 18/1999)”.
L'Avvocato generale, dopo aver evidenziato che la concessione di impianti aeroportuali ad un operatore, affinché questo presti servizi di assistenza a terra a terzi, non può essere qualificata come un appalto pubblico di servizi ai sensi dell'art. 1, par. 2, lett. a) e d), della direttiva 2004/17/CE ha proposto alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale nei seguenti termini: «1) L'articolo 7 della direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali, deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale, come quella contenuta negli articoli 4 e 11 del decreto legislativo n. 18/1999, che non prevede una previa selezione pubblica in ogni ipotesi di assegnazione, anche temporanea, di spazi destinati all'assistenza aeroportuale a terra.
2) L'assegnazione deve essere effettuata ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 96/67/CE del Consiglio, del 15 ottobre 1996, relativa all'accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità, cosicché detti spazi vengano ripartiti tra i diversi prestatori di servizi di assistenza a terra, compresi i nuovi operatori, nella misura necessaria all'esercizio dei loro diritti e a consentire condizioni di concorrenza effettiva e leale, sulla base di norme e criteri pertinenti, obiettivi, trasparenti e non discriminatori, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare». |