La tutela giurisdizionale e “precontenziosa” nel nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50 del 2016)

Marco Lipari
13 Maggio 2016

Il nuovo codice dei contratti pubblici contiene importanti novità in materia di tutela giurisdizionale e “precontenziosa” dinanzi all'ANAC.
Il nuovo contenzioso in materia di contratti pubblici

Il nuovo codice dei contratti pubblici contiene importanti novità in materia di tutela giurisdizionale e “precontenziosa” dinanzi all'ANAC.

Le principali innovazioni sono contenute essenzialmente nell'art. 204, che, a sua volta, modifica profondamente l'art. 120 cod. proc. amm., e nell'art. 211, che regola il duplice procedimento precontenzioso davanti all'ANAC, statuendo, altresì, la proponibilità del ricorso avverso i pareri e le “raccomandazioni” dell'Autorità, “ai sensi dell'art. 120 del C.P.A.”.

Altri riferimenti espliciti alla tutela giurisdizionale sono racchiusi nell'art. 29, comma 1, e 76, relativi alle comunicazioni e pubblicazioni dei provvedimenti riguardanti la fase di ammissione, espressamente concepiti in funzione della decorrenza del termine per la notificazione del ricorso.

Ma anche altre numerose innovazioni portate dal d.lgs. n. 50 del 2016 influenzano il contenzioso. Tra queste, le più evidenti sono:

- l'eliminazione dell'informativa preventiva dell'intento di proporre il ricorso (art. 243-bis del codice n. 163 del 2006);

- la soppressione dell'accesso informale da esercitare entro trenta giorni dalla comunicazione dell'aggiudicazione (art. 71, comma 5-quater, del codice n. 163 del 2006);

- la “normalizzazione” delle procedure sostanziali riguardanti le infrastrutture strategiche, ora tendenzialmente ricondotte alla disciplina di affidamento ordinarie (con la conseguente perdita di operatività del rito “specialissimo”di cui all'art. 124 del c.p.a.).

Il contenzioso nelle tre direttive del 2014. la salvezza delle procedure di ricorso di cui alla direttiva n. 865/665/CEE. La tutela dell'interesse legittimo del contribuente al corretto svolgimento della procedura

Le tre direttive del 2014 non considerano il tema del contenzioso, limitandosi, nel solo considerando n. 122, ad un semplice rinvio, “di salvezza” alla direttiva n. 89/665/CEE: «La direttiva prevede che determinate procedure di ricorso siano accessibili per lo meno a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l'aggiudicazione di un determinato appalto e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una violazione del diritto dell'Unione in materia di appalti pubblici o delle norme nazionali che recepiscono tale diritto. La presente direttiva non dovrebbe pregiudicare tali procedure di ricorso.».

Peraltro, lo stesso considerando riconosce un altro principio di estrema importanza: la necessità di assicurare adeguata tutela, quanto meno attraverso il potere di ricorso ad autorità di controllo generale, all'interesse legittimo del cittadino-contribuente al regolare svolgimento dell'intera procedura di appalto.

In tal senso, si precisa che «i cittadini, i soggetti interessati, organizzati o meno, e altre persone o organismi che non hanno accesso alle procedure di ricorso di cui alla direttiva 89/665/CEE hanno comunque un interesse legittimo in qualità di contribuenti a un corretto svolgimento delle procedure di appalto.

Dovrebbero pertanto avere la possibilità, con modalità diverse dal sistema di ricorso di cui alla direttiva 89/665/CEE e senza che ciò comporti necessariamente una loro azione dinanzi a corti e tribunali, di segnalare le eventuali violazioni della presente direttiva all'autorità o alla struttura competente.

Al fine di non creare duplicazioni di autorità o strutture esistenti, gli Stati membri dovrebbero essere in grado di prevedere il ricorso ad autorità o strutture di controllo generali, organi di vigilanza settoriali, autorità di vigilanza comunali, autorità competenti in materia di concorrenza, al Mediatore o ad autorità nazionali competenti in materia di audit.»

Questa indicazione, seppure non tradotta in una puntuale disposizione della direttiva, dovrebbe essere attentamente considerata, perché pare destinata ad incidere sensibilmente sul tema della legittimazione al ricorso, sui vincoli all'autotutela delle stazioni appaltanti e alla valutazione della tenuta complessiva del nostro sistema di giustizia amministrativa e di precontenzioso.

I criteri della legge delega: rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale; razionalizzazione del processo di cui all'art. 120 cpa; nuovo rito speciale in materia di ammissioni ed esclusioni, tutela cautelare subordinata all'interesse generale

La legge delega n. 11 del 2016, contiene espressi e articolati criteri in materia di contenzioso, racchiusi nelle lettere aaa) e bbb):

I) la razionalizzazione dei metodi di risoluzione delle controversie alternativi al rimedio giurisdizionale, anche in materia di esecuzione del contratto;

II) la revisione e la razionalizzazione del rito abbreviato per i giudizi di cui all'art. 120 del c.p.a.;

III) l'eventuale introduzione di un “rito speciale in camera di consiglio” che consente l'immediata risoluzione del contenzioso relativo all'impugnazione dei provvedimenti di esclusione dalla gara o di ammissione alla gara per carenza dei requisiti di partecipazione, accompagnato dalla previsione della «preclusione della contestazione di vizi attinenti alla fase di esclusione dalla gara o ammissione alla gara nel successivo svolgimento della procedura di gara e in sede di impugnazione dei successivi provvedimenti di valutazione delle offerte e di aggiudicazione, provvisoria e definitiva».

IV) La previsione che, già nella fase cautelare, il giudice debba tener conto del disposto degli artt. 121 e 122 del c.p.a.

L'ambito temporale di applicazione della nuova disciplina e il regime transitorio “graduale” riferito alle sole procedure avviate a partire dal 20 aprile 2016

Le innovazioni processuali in esame, comprese le variazioni dell'art. 120 c.p.a., sono soggette al regime transitorio generale stabilito dall'art. 216, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016.

Ne deriva che, pertanto, le nuove norme processuali si applicheranno soltanto al contenzioso relativo alle gare bandite a partire dal 20 aprile 2016, ancorché la natura processuale delle norme in esame avrebbe potuto giustificare, astrattamente, un diverso regime transitorio, incentrato sulla immediata applicabilità delle nuove regole, in sintonia con il principio tempus regit actum, fatta salva l'inapplicabilità delle nuove norme sui termini a quelli già in corso alla data in vigore del codice.

Le correzioni dell'art. 120 c.p.a. a portata generale

Le innovazioni di carattere generale incidenti sul rito di cui all'art. 120 c.p.a. riguardano:

a) la precisazione del regime di impugnabilità degli atti dell'ANAC correlati alle procedure di affidamento (comma 1);

b) la previsione della inammissibilità della impugnazione della proposta di aggiudicazione, ove disposta, e degli altri atti endoprocedimentali “privi di immediata lesività” (comma 2-bis, ultimo periodo); a parere del Consiglio di Stato, l'intero periodo avrebbe dovuto essere soppresso, «perché è superflua la previsione di inammissibilità dell'impugnazione contro gli atti endoprocedimentali privi di carattere lesivo, ivi compresa l'aggiudicazione provvisoria, trattandosi di regola generale e consolidata del processo amministrativo»;

c) l'introduzione di una regola concernente la tutela cautelare (comma 8-ter), mediante la precisazione che «Nella decisione cautelare, il giudice tiene conto di quanto previsto dagli artt. 121, comma 1, e 122, e delle esigenze imperative connesse ad un interesse generale all'esecuzione del contratto, dandone conto nella motivazione» ;

d) un chiarimento sui termini di pubblicazione anticipata del dispositivo della sentenza (comma 9);

e) la precisazione e integrazione delle regole ora applicabili al giudizio di appello e alle altre impugnazioni: oltre alle nuove norme riguardanti l'impugnazione del provvedimento recante le esclusioni e le ammissioni e la tutela cautelare, si chiarisce che in tale giudizio si applica anche il comma 8-bis, relativo alla cauzione imposta contestualmente alla pronuncia cautelare (comma 11);

f) la limitazione dei ricorsi cumulativi nelle gare suddivise in lotti (comma 11-bis).

III) Infine, nell'art. 211, d.lgs. n. 50 del 2016, si disciplina il “precontenzioso” dinanzi all'ANAC.

I cambiamenti dell'art. 120 c.p.a. espunti dal testo finale

Nella versione definitiva dell'art. 204 è scomparsa la prevista abrogazione del vigente comma 2 dell'art. 120, alla luce delle osservazioni espresse dal parere del Consiglio di Stato (pp. 208 e ss.).

Non è stata mantenuta nemmeno l'originaria previsione riferita al giudizio di secondo grado (Motivazione per relationem della sentenza di appello).

In particolare, secondoil comma 2, lett. i), dello schema, si prevedeva la novella il comma 10 dell'art. 120 stabilendo che nel giudizio di appello la sentenza di rigetto può essere motivata richiamando le argomentazioni della sentenza del TAR.

La nuova tutela cautelare dell'art. 120 e le esigenze imperative connesse a un interesse generale all'esecuzione del contratto

Il nuovo comma 8-ter dell'art. 120 attua in modo pressoché pedissequo il criterio contenuto nella legge delega, lettera aaa), ultima parte, stabilendo che «8-ter. Nella decisione cautelare, il giudice tiene conto di quanto previsto dagli artt. 121, comma 1, e 122, e delle esigenze imperative connesse a un interesse generale all'esecuzione del contratto, dandone conto nella motivazione».

Il testo del decreto delegato è probabilmente meno preciso della legge delega, perché il riferimento alle esigenze imperative connesse a un interesse generale nella l. n. 11 del 2011 è sostanzialmente “interno” alla puntuale applicazione dei criteri di cui agli artt. 121 e 122 del c.p.a., nel decreto delegato tale valutazione sembra aggiuntiva ed esterna rispetto a quella riconducibile alla corretta attuazione dei principi di cui agli att. 121 e 122 idonei ad incidere sulla decisione di pronunciare, o meno, l'inefficacia del contratto.

L'innovazione ha lo scopo di collegare espressamente alla decisione cautelare le stesse valutazioni che devono orientare le scelte in ordine alla pronuncia di inefficacia del contratto eventualmente stipulato, ma l'effettiva utilità della norma è assai discutibile. In linea generale, infatti, il nesso con gli esiti possibili del merito è sempre presente nella motivazione cautelare.

La nuova disciplina applicabile al giudizio di appello e alle altre impugnazioni nel rito di cui all'art. 120

In base alla lettera h) dell'art. 204 del decreto n. 50 del 2016, al comma 11, le parole: «Le disposizioni dei commi 3, 6, 8 e 10» sono sostituite dalle seguenti: «Le disposizioni dei commi 2-bis, 3, 6, 6-bis, 8, 8-bis, 8-ter, 9, secondo periodo e 10»;

La modifica in esame ha lo scopo di chiarire meglio quale sia la disciplina ora applicabile al giudizio di appello e alle altre impugnaizoni.

Dinanzi al Consiglio di Stato si applicano, ora, anche le previsioni dei seguenti commi:

- 2-bis e 6-bis: nuove norme sul rito specialissimo;

- 8-bis: disciplina della cauzione (prima formalmente riferita al solo giudizio di primo grado);

- 8-ter: nuova disciplina della tutela cautelare;

- 9, secondo periodo: norme sulla pubblicazione e deposito della sentenza nel rito specialissimo sulle esclusioni.

Per il solo giudizio di appello (ma non per le altre impugnazioni), il comma 6-bis prevede una particolare regolamentazione dei termini di ricorso e della loro decorrenza.

I limiti al ricorso cumulativo e la suddivisione in lotti

All'art. 120, in fine, è stato aggiunto un ultimo comma, secondo il quale: «11-bis. Nel caso di presentazione di offerte per più lotti l'impugnazione si propone con ricorso cumulativo solo se vengono dedotti identici motivi di ricorso avverso lo stesso atto.».

Lo scopo è quello di rendere più agile e chiaro l'oggetto del contenzioso, impedendo ch in un unico giudizio si innestino domande eterogenee, riferite a gare sostanzialmente distinte, seppure collegate in un unico contesto temporale e oggettivo.

Per la parte ricorrente l'onere di proporre distinti ricorsi non è particolarmente rilevante, anche perché, in ogni caso, il contributo unificato andrebbe calibrato sul numero delle domande proposte e non su quello dei ricorsi.

Anche per i contro interessati (che potrebbero essere diversi) la separazione dei giudizi potrebbe essere opportuna, dal momento che risulterebbe più nitido l'oggetto delle censure da cui difendersi, tenendo conto della posizione diversa in graduatoria assunta in ciascuna procedura.

Anche il Consiglio di Stato, nel proprio parere, ha evidenziato le criticità rispetto al diritto di difesa e la razionalità complessiva del procedimento. Infatti, La limitazione del ricorso cumulativo (comma 11-bis introdotto nell'art. 120), in caso di gare a più lotti, al solo caso di censure identiche, al dichiarato scopo di razionalizzare il rito speciale in esame, rischia di tradursi in un sacrificio al diritto di difesa, aggravato dal rilevante peso del contributo unificato, per obiettivi di politica legislativa, tale da ingenerare sospetti di incostituzionalità per contrasto con gli artt. 3, 24 e 113 Cost.

Le “specialissime” regole processuali previsto in materia di esclusioni e di ammissioni. un nuovo e autonomo rito speciale?

In attuazione degli specifici criteri di delega, il codice n. 50 del 2016 detta una speciale disciplina in materia di contenzioso sulle esclusioni e sulle ammissioni.

La portata della nuova disciplina è duplice:

1) si afferma con chiarezza il principio dell'onere di immediata impugnazione dei provvedimenti di ammissione e di esclusione dalla procedura di gara; l'omessa proposizione del ricorso nel termine prescritto impedisce all'interessato di far valere l'illegittimità derivata dei successivi atti della procedura;

2) si stabilisce un insieme di regole ulteriormente acceleratorie, rispetto alle norme originarie dell'art. 120.

- Il comma 2-bis individua l'ambito di applicazione delle regole superspeciali e fissa la decorrenza del termine di proposizione del ricorso; prevede l'effetto preclusivo dell'impugnazione degli ulteriori atti della procedura, in difetto della rituale contestazione del provvedimento recante le ammissioni e le esclusioni; In modo non del tutto coerente, il comma contiene anche una disposizione di portata estesa all'intero rito dell'art. 120 c.p.a., riguardante l'inammissibilità del ricorso avverso glia atti endoprocedimentali.

- Il comma 5 fa salva la disciplina “specialissima” sullo svolgimento del giudizio racchiusa nel comma 6-bis.

- Il comma 6-bis definisce i termini “interni” del giudizio in primo grado e per la proposizione dell'appello.

- Il comma 7 pone un limite all'onere di proposizione dei motivi aggiunti per l'impugnazione di atti connessi.

- Il comma 9, secondo periodo, detta le regole riguardanti la fase decisoria, in riferimento alla pubblicazione del dispositivo e il deposito della sentenza.

- Il comma 11 estende le nuove regole specialissime al giudizio di appello e alle impugnazioni.

Le finalità generali del nuovo rito “superspeciale”

L'obiettivo perseguito è quello di rendere inoppugnabili, nel più breve tempo possibile, tutte le determinazioni riferite alla individuazione delle offerte ammesse al confronto concorrenziale.

Ma occorre considerare, realisticamente, che l'indicata finalità di accelerazione e certezza potrà essere raggiunta con pienezza solo in pochissimi casi. Le oggettive difficoltà derivano non tanto dal meccanismo processuale adottato (peraltro ancora migliorabile), quanto, piuttosto, dai limiti della disciplina sostanziale del procedimento.

A tale proposito, potrebbe essere sufficiente indicare tre elementi particolarmente significativi.

I) La direttiva n. 24/2014, all'art. 57, comma 5, stabilisce che “«Le amministrazioni aggiudicatrici escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura qualora risulti che l'operatore economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui ai paragrafi 1 e 2».

Il codice n. 50 del 2016 recepisce questo obbligo, all'art. 80: «Le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura, qualora risulti che l'operatore economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui ai commi 1,2, 4 e 5».

Questo significa, anzitutto, che la fase di ammissione delle offerte non è affatto conclusa con il “provvedimento” di cui agli artt. 29 e 76, d.lgs. n. 50 del 2016 ma è potenzialmente aperta almeno sino alla aggiudicazione.

II) Secondo l'art. 56, comma 2, della direttiva, «nelle procedure aperte, le amministrazioni aggiudicatrici possono decidere di esaminare le offerte prima di verificare l'assenza di motivi di esclusione e il rispetto dei criteri di selezione ai sensi degli articoli da 57 a 64. Se si avvalgono di tale possibilità, le amministrazioni aggiudicatrici garantiscono che la verifica dell'assenza di motivi di esclusione e del rispetto dei criteri di selezione sia effettuata in maniera imparziale e trasparente, in modo che nessun appalto sia aggiudicato ad un offerente che avrebbe dovuto essere escluso a norma dell'articolo 57 o che non soddisfa i criteri di selezione stabiliti dall'amministrazione aggiudicatrice».

La disciplina è vincolante per gli Stati membri, i quali “possono escludere o limitare l'uso della procedura di cui al primo comma”, ma solo “per determinati tipi di appalti o a circostanze specifiche”.

Per il legislatore europeo, quindi, nelle procedure aperte non vi è alcuno sfavore per la concentrazione delle fasi di verifica dei requisiti di partecipazione e di valutazione delle offerte: al contrario, questa eventualità potrebbe determinare una forte semplificazione delle procedure.

III) L'intera filosofia delle direttive del 2016 è ispirata all'esigenza di introdurre severe cause di esclusione dalle gare e di garantire il rispetto della legalità, anche imponendo procedure di riesame (davanti alla stazione appaltante o ad Autorità terze), sollecitate da qualsiasi cittadino-contribuente, che sembrano connotate da piena doverosità e non sono affatto assoggettate a termini di decadenza più stringenti di quelli generali, come emerge dal citato Considerando n. 122.

La durata variabile delle diverse fasi di ammissione e selezione delle offerte. la complessità e varietà “qualitativa” del contenzioso relativo alle ammissioni e alle esclusioni

Sotto un altro profilo, si deve evidenziare che, in assenza di possibili linee guida e bandi tipo, la “durata” e la scansione cronologica delle diverse fasi procedimentali delle gare non è affatto omogenea e predeterminata. L'imposizione della certezza nella definizione del contenzioso avrebbe senso solo se affiancata da una altrettanto sicura e rapida scansione cronologica del procedimento di verifica delle offerte.

Il panorama delle procedure di affidamento risulta molto variegato anche in relazione al numero dei partecipanti. Esistono effettivamente le gare con soli due o tre partecipanti, ma vi sono anche procedure con decine di operatori economici.

Nelle ipotesi del primo tipo, un giudizio concentrato sulla fase di ammissione delle offerte sembra pi facilmente “accettabile”. Nelle altre fattispecie, l'onere di esame e contestazione delle ammissioni di decine e decine di concorrenti risulta obiettivamente pesante, nonostante le semplificazioni attinenti la conoscibilità dei documenti della procedura.

Il contenzioso riguardante le ammissioni e le esclusioni dei concorrenti, nelle procedure di affidamento, non è affatto omogeneo sotto il profilo qualitativo. Si possono distinguere diverse ipotesi

a) il ricorso con cui il concorrente censura la propria esclusione;

b) la domanda con cui un concorrente impugnare l'ammissione o l'esclusione di uno o più degli altri partecipanti, allo scopo di rideterminare le medie delle offerte o la soglia di anomalia;

c) il ricorso con cui un concorrente intende contestare l'ammissione del vincitore, allo scopo di ottenere l'affidamento del contratto o una migliore posizione in graduatoria, in vista di un possibile “scorrimento”;

d) il ricorso con cui il concorrente (legittimamente) escluso intende contestare la partecipazione di tutti gli altri concorrenti ammessi, allo scopo di provocare la ripetizione della gara.

Con riguardo alla prima ipotesi (ricorso proposto dal ricorrente contro la propria esclusione), non vi è mai stato dubbio alcuno in ordine alla necessità di impugnare tempestivamente l'atto di esclusione e alla conseguente inammissibilità della impugnativa dell'aggiudicazione per vizi derivati, in assenza di tempestivo ricorso contro l'esclusione.

Con riferimento alla seconda ipotesi (impugnazione delle ammissioni o esclusioni di concorrenti, finalizzata alla rideterminazione delle medie), invece, era stata riconosciuta all'interessato la legittimazione al ricorso, con decorrenza dalla conoscenza della aggiudicazione, essendo considerato questo il momento in cui si radica l'interesse alla contestazione.

Questo tipo di contenzioso, tuttavia, è, quasi certamente destinato a scomparire, in forza della norma, introdotta nel 2014 e confermata nel codice n. 50 del 2016, che prevede la “cristallizzazione” delle medie, rese insensibili alle variazioni successive dei partecipanti.

I ricorsi contro le ammissioni degli altri operatori partecipanti alla procedura. legittimità della procedura e oneri gravanti sui soggetti interessati. luci ed ombre della nuova disciplina. il confronto con il rito elettorale in materia di esclusioni e di atti preparatori (art. 129 c.p.a.)

Restano meritevoli di attenzione critica, allora, soltanto il terzo e il quarto tipo di contenzioso, originati alla contestazione della ammissione del vincitore della procedura selettiva (o di tutti i partecipanti). Per questa ipotesi non vi erano dubbi di sorta, in passato, in ordine alla decorrenza del termine di impugnazione, riconducibile alla conoscenza della aggiudicazione.

I pro e i contro della impostazione tradizionale sono molteplici.

Da una parte, poteva risultare singolare la circostanza che solo dopo lo svolgimento di un complesso procedimento valutativo delle offerte potesse emergere la pregiudiziale carenza dei requisiti di partecipazione, tale da vanificare l'intera attività compiuta.

D'altra parte, però, si osservava che il concorrente non vincitore della gara ha effettivo interesse a verificare con attenzione i requisiti degli altri partecipanti solo all'esito della procedura selettiva. Appariva incongruo ed oneroso imporre ai concorrenti l'onere di impugnare preventivamente ed immediatamente gli atti endoprocedimentali di ammissione alla gara.

Sotto il profilo empirico, dunque, la novità più rilevante delle modifiche apportate all'art. 120 c.p.a., riguardanti l'introduzione del rito “superspeciale”, consiste nella previsione secondo cui . l'atto di ammissione alla gara dell'impresa che risulterà poi aggiudicataria dovrà essere contestata immediatamente, e non più all'esito della procedura di affidamento.

L'impressione complessiva che si ricava è quella secondo cui, in ultima analisi, gli svantaggi e le controindicazioni che si ricavano siano decisamente inferiori alle possibili utilità.

Il disegno normativo in esame sembra in qualche modo ispirato dal processo elettorale “preparatorio”, di cui all'art. 129 del c.p.a.

Tale rito, caratterizzato da una velocità inusuale, risulta, per un verso, imposto dalla giurisprudenza della corte costituzionale (per ampliare la tutela giurisdizionale delle parti, e non già per sottoporla a pesanti nuovi oneri) ed è, per un altro verso, perfettamente sincronizzato con i tempi e i contenuti del procedimento elettorale sostanziale.

Questo è definito, dalla legge, in tappe cronologiche successive e rigide, omogenee nell'intero territorio nazionale. Senza dire, poi, che l'ambito oggettivo di applicazione del rito elettorale speciale è riferito alle sole esclusioni e – eccezionalmente – alle ammissioni delle liste che potrebbero confondersi con quelle delle liste ammesse alla competizione.

Significativamente, il rito di cui all'art. 129 c.p.a. non impone affatto l'onere di impugnare immediatamente anche le ammissioni delle liste, salvi i casi eccezionali, attentamente selezionati dalla giurisprudenza, di possibile confusione tra i simboli o i nomi dei candidati.

L'ambito oggettivo applicativo del rito specialissimo. criticità. l'impugnazione del “provvedimento” unitario riguardante le esclusioni e le ammissioni dei concorrenti

Il nuovo rito speciale ha un raggio di operatività che non comprende, genericamente, tutti gli atti di esclusione e di ammissione, ma riguarda, unicamente, «il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all'esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali» (art. 120, comma 2-bis).

Nella formula definitiva della norma scompare il riferimento alla impugnazione della composizione della commissione di gara, prevista nello schema originario. In tale parte, il Governo recepisce pienamente le osservazioni critiche del parere del Consiglio di Stato (p.208).

L'espressione “provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa”, di cui all'art. 120, comma 2-bis del c.p.a., è utilizzata anche nell'art. 29, comma 1, secondo periodo del d.lgs. n. 50 del 2016: «1. […] Al fine di consentire l'eventuale proposizione del ricorso ai sensi dell' articolo. 120 del codice del processo amministrativo, sono altresì pubblicati, nei successivi due giorni dalla data di adozione dei relativi atti, il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni all'esito delle valutazioni dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali».

La stessa locuzione, poi, viene ulteriormente ribadita, con qualche “eccesso di zelo”, nell'art. 76, comma 3.

L'intento di chiarire quale sia l'oggetto del ricorso sottoposto al rito superspeciale è evidente. Da sottolineare, tuttavia, che nel codice n. 50 del 2016 manca una precisa disposizione sostanziale che permetta di chiarire con il dovuto rigore in che cosa consista il “provvedimento” in questione.

Pur con questi limiti, la norma, nel delineare il proprio ambito di applicazione fa riferimento, molto opportunamente alla espressione “provvedimento” al singolare, ossia all'atto unitario che dovrebbe concludere definitivamente la fase di ammissione e verifica dei requisiti di partecipazione dei concorrenti. La locuzione consente di qualificare l'autonomia della fase procedimentale considerata, giustificando, sul piano sistematico, la disposta anticipazione della tutela, ora riferita ad una determinazione a valenza provvedimentale e non più ad un atto endoprocedimentale.

L'indiscutibile unitarietà dell'atto deve riflettersi sulla determinazione del contributo unificato, che dovrebbe restare unico, anche qualora si contestassero più di una ammissione o esclusione.

Il rito superspeciale e la fase preliminare di verifica formale delle offerte, anteriore alla valutazione dei requisiti dei concorrenti. Le esclusioni e le ammissioni nelle fasi successive alla verifica dei requisiti di partecipazione. L'impugnazione degli atti successivi di autotutela incidenti sulle esclusioni e sulle ammissioni

Il problema principale che pone la norma, riguarda l'individuazione del suo esatto perimetro di applicazione, anche tenendo conto della circostanza che, per il suo carattere eccezionale, il rito specialissimo non pare suscettibile di interpretazioni estensive.

Anzitutto, dovrebbe rientrare in tale ambito anche il contenzioso riguardante la fase “preliminare” di ammissione (tempestività, integrità delle offerte).

Invece, non rientrano in questa dizione le ammissioni o le esclusioni riguardanti altri aspetti delle offerte (anomalia, ma anche contenuto delle offerte tecniche od economiche).

Non è chiaro se la scelta dipenda da una dimenticanza o si connetti alla duplice circostanza che, in tali casi, l'esclusione o l'ammissione deriva da aspetti valutativi dell'offerta e la “fase” autonoma di ammissione appare ormai conclusa.

La scelta di distinguere i diversi casi di “ammissione” ed esclusione delle offerte potrà determinare incertezze sotto il profilo applicativo. Altri dubbi riguardano il regime della impugnazione di atti di secondo grado, adottai in via di autotutela, nonché i pareri di precontenzioso adottati dall'ANAC e riferiti proprio alla fase di verifica dei requisiti di partecipazione.

Un ulteriore interrogativo riguarda l'esatta perimetrazione dell'ambito applicativo del rito “specialissimo”, con riferimento agli eventuali atti di autotutela incidenti sulle ammissioni od esclusioni.

La soppressione dell'istituto della comunicazione preventiva dell'intento di proporre ricorso e del relativo segmento procedimentale dell'autotutela potrebbe ridimensionare notevolmente la portata del problema.

Ma è da ritenere fisiologico che l'amministrazione possa adottare determinazioni relative alle disposte esclusioni o ammissioni.

L'eccezionalità del rito potrebbe suggerire un'interpretazione “prudente”, secondo cui, conclusa la fase di ammissione dei concorrenti, tutti i successivi provvedimenti ricadono nel raggio di azione del rito “ordinario” del 120.

Ma, in senso contrario, si potrebbe ritenere che, in base ai principi generali del “contarius actus”, anche i provvedimenti di secondo grado debbano essere attratti nel rito specialissimo.

La decorrenza del termine di impugnazione nel giudizio “specialissimo” sulle ammissioni. Il nuovo regime generale delle comunicazioni, la soppressione dell'accesso informale e la disciplina peculiare per il “provvedimento che determina le ammissioni e le esclusioni”

In forza della lettera c) dell'art. 204, al comma 5 dell'art. 120, le iniziali parole: «Per l'impugnazione» sono sostituite dalle seguenti: «Salvo quanto previsto al comma 6-bis, per l'impugnazione».

La previsione ha lo scopo di chiarire subito l'autonoma decorrenza dei termini per l'impugnazione dei provvedimenti indicati al comma 2-bis e l'assoggettamento di tali ricorsi allo speciale regime processuale, concentrato essenzialmente nel successivo comma 6-bis.

Piuttosto, l'intervenuta modifica del comma 5 apre l'interrogativo riguardante l'esatta determinazione della decorrenza del termine di impugnazione, una volta abrogata la disciplina dell'art. 79 del previgente codice degli appalti.

In questo quadro, assume rilievo essenzialmente l'eliminazione dell'accesso informale di cui al comma 5-quater.

Al riguardo, la giurisprudenza prevalente era pervenuta alla conclusione secondo cui la previsione del lasso temporale di dieci giorni per accedere agli atti di gara attribuisce all'interessato un segmento temporale aggiuntivo di dieci giorni, che si aggiunge al termine di trenta giorni per la proposizione del ricorso.

La nuova disciplina generale delle comunicazioni è ora racchiusa nell'art. 76 del codice n. 50 del 2016.

La nuova regolamentazione delle comunicazioni appare ora molto più confusa e incerta (anche a causa, peraltro, della scarsa chiarezza delle direttive).

Sembra sufficientemente curata, anche per effetto dei suggerimenti compiuti dal parere del Consiglio di Stato, soltanto la comunicazione del provvedimento che determina le esclusioni, soggetto a una sorta di pubblicazione in tempo reale.

Per gli altri atti, invece, lo stesso art. 76 contempla diversi termini per l'effettuazione delle comunicazioni, incentrate, in particolare, sulla previsione del termine di risposta della stazione appaltante,da effettuare entro “quindici giorni” dalla richiesta dell'interessato.

In linea di principio, la completa digitalizzazione della procedura di gara dovrebbe consentire all'operatore interessato di conoscere “immediatamente” e senza particolari difficoltà, tutti gli atti di gara. Dal momento della disponibilità informatica dei documenti del procedimento, l'interessato dovrebbe essere in possesso delle cognizioni essenziali per la proposizione del ricorso.

Tuttavia, qualora dovesse risultare assente, o incompleta, la piena informatizzazione della procedura, l'interessato, nel nuovo regime, non avrebbe più a disposizione lo strumento dell'accesso informale da esercitare nei dieci giorni dalla comunicazione (di cui all'abrogato comma 5-quater).

La soluzione più equilibrata e ragionevole dovrebbe essere quella secondo cui, in tale situazione, una volta ottenuta la comunicazione dell'aggiudicazione, l'interessato ha l'onere di impugnare il provvedimento lesivo entro trenta giorni. Resta ferma, però, la facoltà di proporre motivi aggiunti, nel termine decorrente dalla effettiva conoscenza degli altri atti di gara.

L'impugnazione dell'aggiudicazione per illegittimità derivata dai vizi del provvedimento di ammissione e di esclusione e il contributo unificato

L'omessa impugnazione del provvedimento di esclusione o di ammissione preclude la deducibilità dei vizi di illegittimità derivata degli atti successivi e, in particolare, dell'aggiudicazione.

Ci si deve chiedere se, nel contesto dell'affermata autonomia tra il provvedimento di ammissione-esclusione e l'aggiudicazione sussista ancora l'onere di impugnazione dell'aggiudicazione, viziata per illegittimità derivata. La risposta dovrebbe essere affermativa, non essendo configurabile un effetto caducante dell'eventuale annullamento del provvedimento concernente la valutazione dei requisiti di partecipazione.

Il tema della connessione tra le illegittimità degli atti della procedura apre l'interrogativo riguardante la determinazione del contributo unificato, nel caso in cui l'interessato debba promuovere due separati giudizi (o, comunque, due domande) per contestare dapprima gli atti di ammissione e di esclusione e, successivamente, quelli di aggiudicazione, sulla base delle stesse censure.

Anche alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia (senza necessità di interventi di dettaglio del legislatore nazionale), si dovrebbe sostenere la tesi secondo cui, in tale eventualità, il contributo unificato dovrebbe restare lo stesso e non raddoppiato.

In questo senso, molto chiara è l'indicazione del parere del Consiglio di Stato (p.213), la quale, tuttavia, non risulta recepita dal Governo, ma esigerà un apposito intervento correttivo, anche per evitare le possibili contestazioni di illegittimità comunitaria del sistema complessivo di tutela: «La sottoposizione dei concorrenti all'onere cli un doppio giudizio (prima quello preliminare sugli atti di ammissione ed esclusione, quindi quello finale sull'esito della gara) pone l'esigenza equitativa di ridurre significativamente (si può pensare a un dimezzamento) l'entità del contributo unificato per il contenzioso a valle».

Il rito specialissimo secondo la disciplina di cui al comma 6-bis. Un processo “superspeciale” di terzo grado?

Il nuovo comma 6-bis contiene la disciplina analitica del rito specialissimo in materia di impugnazioni delle ammissioni e delle esclusioni, con particolare riguardo ai momenti procedimentali compresi tra la notificazione del ricorso (regolata dal comma 2-bis) e la fase propriamente decisoria (normata dal comma 9, secondo periodo).

Dal punto di vista formale, il legislatore delegato sceglie di agire all'interno dell'art. 120, confermando l'impostazione secondo cui si tratta di un rito caratterizzato da una specialità “ulteriore” rispetto al processo “appalti” (a sua volta speciale rispetto al rito di cui all'art. 119).

Insomma, si tratta di una specialità “di terzo grado”, che potrebbe generare qualche problema di coordinamento tra le diverse regole: rito ordinario, processo di cui all'art. 119, rito appalti disciplinato dall'art. 120 e, ora, giudizio “superspeciale”.

Va da sé che, pur mancando una norma di raccordo come quella di cui all'art. 120, comma 3 (Salvo quanto previsto dal presente art. e dai successivi, si applica l'art. 119), il rito resta assoggettato, per le parti non espressamente disciplinate, dall'art. 120 e, in linea gradata, dall'art. 119.

Il giudizio in camera di consiglio: una scelta opinabile

Un ulteriore elemento di complicazione deriva dalla circostanza che, riprendendo un vincolo imposto dalla delega, il rito è strutturato, ma solo “normalmente”, come giudizio in camera di consiglio. Ne deriva la necessità di applicare al giudizio anche le norme generali riguardanti questo particolare tipo di processo (art. 87 c.p.a.).

In larga misura, comunque, le disposizioni “derogatorie” introdotte dal decreto n. 50/2016 sono indicate con sufficiente precisione.

Secondo la norma, il passaggio all'udienza pubblica, senza alcuna incidenza sui termini del giudizio, è disposto “su richiesta delle parti”. Non vi è alcuna indicazione di termini e modalità di siffatta richiesta, la quale, dunque, potrebbe avvenire in qualsiasi atto difensivo e anche oralmente, in apertura della camera di consiglio. L'espressione “parti”, al plurale, deve essere intesa nel senso che sia sufficiente l'istanza anche di una sola delle parti del giudizio.

Non si comprende molto l'utilità della scelta del legislatore delegante, orientato verso la previsione di un rito in camera di consiglio. Il processo di cui agli artt. 119 e 120 è già caratterizzato da rapide scansioni temporali e il rito in camera di consiglio non assicura alcuna particolare accelerazione temporale aggiuntiva. Tanto più che, in sede di definizione della disciplina applicabile, il legislatore delegato ha potuto (o dovuto) indicare con precisione i rapidi termini di svolgimento del giudizio. La previsione di un rito in camera di consiglio sembra quasi voler gettare un'ombra sulla ordinaria trasparenza e accessibilità del processo in materia di appalti pubblici: il potere delle parti di chiedere l'udienza pubblica non soddisfa affatto l'esigenza “generale” della pubblicità.

Ci si potrebbe anche chiedere se la previsione del doppio binario corrisponda alla volontà della delega, che parla puramente e semplicemente di rito in camera di consiglio: la previsione di un'alternativa complica inutilmente il quadro e introduce un elemento di rischio, dal momento che l'eventuale violazione della regola di pubblicità potrebbe determinare la nullità del procedimento, ai sensi dell'art. 87, comma 4 del c.p.a..

A ben vedere, la delega, contemplando la mera possibilità della camera di consiglio “anche mediante l'introduzione di un rito speciale in camera di consiglio” non imponeva affatto questa soluzione. Si auspica, allora, che, in un'ottica di semplificazione procedurale, in sede di correttivo al codice sia previsto sempre il rito in udienza pubblica.

In linea di massima, la “specialità” del rito consiste essenzialmente in una consistente accelerazione del processo, fermo restando lo svolgimento secondo le linee dell'ordinario rito di cui all'art. 120.

La prima differenza rispetto al rito del 120, consiste nella previsione di una udienza da fissare entro 30 giorni, anziché 45.

Non si ripete la previsione della possibilità di definire il giudizio in camera di consiglio: ciò deriva dalla circostanza che, probabilmente, nella intenzione del legislatore delegato, l'intera fase cautelare avrebbe dovuto restare compattata all'interno del giudizio accelerato. Ora, però, è evidente che, ammessa la possibilità di ricorrere alla tutela cautelare, sarà possibile la definizione del giudizio nel merito.

In base al rapporto di specialità con il rito di cui all'art. 120 e alla portata generale della decisione in forma abbreviata, tuttavia, la possibilità della definizione del merito in sede cautelare deve ritenersi pienamente ammissibile.

I motivi aggiunti per l'impugnazione di nuovi provvedimenti connessi all'atto di esclusione

Una particolare regola riferita al giudizio specialissimo in materia di esclusioni e ammissioni riguarda la disciplina dei motivi aggiunti diretti a contestare nuovi provvedimenti connessi.

Al comma 7 dell'art. 120, secondo il quale i nuovi atti attinenti la medesima procedura di gara devono essere impugnati con ricorso per motivi aggiunti è aggiunto l'inciso iniziale “Ad eccezione dei casi previsti al comma 2-bis”.

Occorre chiedersi, però, quale sia l'effettiva portata e utilità della norma.

La previsione, infatti, non determina affatto il divieto, per l'interessato, di esercitare la facoltà, generale, di utilizzare lo strumento dei motivi aggiunti.

Se è così, l'utilità della disposizione risulta piuttosto limitata, dal momento che, per il ricorrente (e per le altre parti) dovrebbe essere decisamente preferibile concentrare in un unico giudizio tutte le contestazioni riguardanti la gara.

Si devono considerare, in particolare, le seguenti ipotesi:

a) la stazione appaltante adotta delle determinazioni in autotutela riguardanti i provvedimenti di ammissione o di esclusione;

b) la stazione appaltante emana il provvedimento di aggiudicazione, coerente con le disposte esclusioni ed ammissioni.

Nel primo caso, tutt'altro che raro, l'assenza di un onere di concentrazione del contenzioso potrebbe risultare priva di reale giustificazione, lasciando, semmai, l'incertezza della pendenza di due giudizi separati (comunque destinati ad una possibile riunione). Anzi, sarebbe auspicabile che il giudice procedesse, anche d'ufficio, alla concentrazione dei giudizi separati.

Ma anche nel secondo caso l'esigenza di un giudizio unitario dovrebbe essere evidente. Almeno nelle ipotesi in cui il ricorrente intenda far valere l'illegittimità derivata dell'aggiudicazione, dipendente dai vizi del provvedimento di ammissione o di esclusione.

Lo svolgimento del giudizio. La comunicazione della data di udienza gli ulteriori termini interni per le attività delle parti. Il differimento (eccezionale) della camera di consiglio o dell'udienza

Secondo il comma 6-bis, il decreto di fissazione dell'udienza è comunicato alle parti quindici giorni prima dell'udienza. Si registra una differenza rispetto alla previsione del comma 6, in forza del quale “Della data di udienza è dato immediato avviso alle parti a cura della segreteria, a mezzo posta elettronica certificata.”

Il comma 6-bis ha il pregio di stabilire con chiarezza il termine dilatorio a tutela del diritto di difesa (superando una delle incongruenze del comma 6, che non sincronizza correttamente i diversi termini del giudizio), ma ha il difetto di eliminare l'obbligo di immediatezza della comunicazione e la sua forma privilegiata, attraverso PEC.

La norma definisce con particolare minuzia anche la successiva scansione processuale: «Le parti possono produrre documenti fino a dieci giorni liberi prima dell'udienza, memorie fino a sei giorni liberi prima e presentare repliche ai nuovi documenti e alle nuove memorie depositate in vista della camera di consiglio, fino a tre giorni liberi prima».

Anche in questa parte la norma è più attenta al coordinamento tra i diversi termini di quanto non faccia, più in generale, il comma 6, riferito al “normale” rito appalti.

Particolare rigore è previsto, poi, per il differimento della camera di consiglio.

Eventuali rinvii non possono essere disposti oltre il termine di quindici giorni. (nell'ordinario rito del 120 il termine è di trenta giorni).

«La camera di consiglio o l'udienza possono essere rinviate solo in caso di esigenze istruttorie, per integrare il contraddittorio, per proporre motivi aggiunti o ricorso incidentale. L'ordinanza istruttoria fissa per il deposito di documenti un termine non superiore a tre giorni decorrenti dalla comunicazione o, se anteriore, notificazione della stessa. La nuova camera di consiglio deve essere fissata non oltre quindici giorni».

La severità dell'accelerazione fa sorgere il problema dei termini a difesa. La norma sembrerebbe indirizzata a stabilire la inderogabilità del termine massimo di celebrazione della nuova camera di consiglio: ciò potrebbe significare, in concreto, la possibile riduzione dei termini ordinari.

Nei casi non previsti espressamente da questo comma, o riferiti comunque al rito “specialissimo”, si applicheranno i termini di cui agli artt. 119 e 120.

Nello stesso intento acceleratorio si pone la previsione secondo la quale “non può essere disposta la cancellazione della causa dal ruolo”.

Il ricorso incidentale nel giudizio “specialissimo”: ambito e regole

Il comma 2-bis preclude la deducibilità, anche con ricorso incidentale, della “illegittimità derivata” della aggiudicazione, in caso di omessa impugnazione della ammissione.

La norma intende chiarire che, in tale eventualità, con il ricorso incidentale non si possono far valere censure “escludenti” la legittimazione del ricorrente, riferiti al provvedimento di cui al comma 2-bis.

Potrebbe risultare poco chiaro, allora, il riferimento al ricorso incidentale contenuto nel comma 6-bis. Una possibile lettura della norma potrebbe essere quella secondo cui resta aperta alla parte contro interessata il potere di far valere, con ricorso incidentale, l'illegittimità di atti presupposti: si pensi al caso dell'impugnazione dell'atto di ammissione di un concorrente per asserito contrasto con la lex specialis di gara e al contrapposto ricorso incidentale diretto a contestare la legittimità di tali prescrizioni generali.

L'impugnazione cumulativa del provvedimento di ammissione-esclusione e di altri atti di gara: ammissibilità e rito applicabile

Più delicato, è invece, il problema del rito applicabile nel caso di impugnazione congiunta (con ricorso cumulativo originario o con successivi motivi aggiunti) di provvedimenti soggetti al rito del comma 6-bis e di atti sottoposti al regime generale dell'art. 120.

In assenza di regole che precludano la proposizione di ricorsi cumulativi in questo ambito, la parte ha senz'altro facoltà di impugnare, con un unico ricorso, il provvedimento di ammissione-esclusione insieme all'atto di aggiudicazione.

Non si tratta di un'eventualità rara, dal momento che, in relazione alle procedure automatiche (niente affatto scomparse nel nuovo sistema, ancorché circoscritte), la distanza temporale tra ammissioni e aggiudicazione è minima e, spesso, totalmente assente.

Il c.p.a. stabilisce, all'art. 32, la regola generale che «1. E' sempre possibile nello stesso giudizio il cumulo di domande connesse proposte in via principale o incidentale. Se le azioni sono soggette a riti diversi, si applica quello ordinario, salvo quanto previsto dal Titolo V del Libro IV».

La norma è pacificamente intesa nel senso che il rito di cui agli artt. 119 e 120 prevalga su quello ordinario. L'art. 32, tuttavia, non considera il caso in cui siano proposte domande connesse riguardanti riti speciali diversi (e non il rito ordinario). Né affronta il tema particolare di domande connesse soggette, rispettivamente, al rito di cui all'art. 119 e a quello previsto dall'art. 120.

Dovrebbe trovare applicazione, allora, in virtù del rinvio esterno al codice di procedura civile, la regola dell'art. 40 del c.p.c, secondo cui «Qualora le cause connesse siano assoggettate a differenti riti speciali debbono essere trattate e decise col rito previsto per quella tra esse in ragione della quale viene determinata la competenza o, in subordine, col rito previsto per la causa di maggior valore».

Si tratta, però, di un criterio di difficile applicazione concreta, nel particolare contenzioso in materia di appalti.

La soluzione più coerente con la riforma dovrebbe essere nel senso che, in tali eventualità, nel dubbio, l'intero giudizio non debba seguire più il rito “acceleratissimo” previsto dal comma 6-bis, ma quello dell'art. 120, speciale,ferma restando la diversa decorrenza dei termini di impugnazione.

La tutela cautelare nel giudizio “acceleratissimo” di cui al comma 2-bis

Nella versione originaria dell'art. 120 riformulato non era molto chiara la disciplina della tutela cautelare e la sua stessa ammissibilità. Si introduceva, infatti, al comma 8 dell'art. 120 (concernente, appunto, la disciplina peculiare riferita al giudizio cautelare) l'inciso iniziale “salvo quanto previsto al comma 6-bis”.

La disposizione poteva essere intesa come indicazione del superamento della tutela cautelare, analogamente a quanto avviene nel rito elettorale di cui all'art. 129 del c.p.a.

Ora, la versione definitiva dell'art. 120 non lascia più alcun dubbio in ordine alla ammissibilità della tutela cautelare, particolarmente necessaria in relazione alle esclusioni, anche alla luce delle osservazioni svolte nel parere del Consiglio di Stato.

L'assenza di una disciplina specifica sullo stand still. la proposizione del ricorso e il possibile sviluppo del procedimento sostanziale di affidamento

Da notare che l'impugnazione degli atti di esclusione e di ammissione, ancorché accompagnata dalla proposizione di domande cautelari, non determina alcun effetto sospensivo automatico sulla procedura di gara, la quale può proseguire il suo fisiologico sviluppo sino alla aggiudicazione.

Resta ferma, ovviamente, l'opportunità per la stazione appaltante, di adottare le opportune determinazioni prudenziali, in attesa della definizione del contenzioso.

In questa prospettiva, si deve notare che non è prevista la notifica del ricorso alla sede reale dell'amministrazione che si avvale del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato. Tale onere, che potrebbe risultare di semplice attuazione, potrebbe consentire all'amministrazione di assumere rapidamente tutte le iniziative ritenute utili per la tutela dell'interesse pubblico.

La scelta del legislatore potrebbe essere rimeditata, ma, una volta compiuta questa opzione, risulta inevitabile consentire alle parti la richiesta di idonee misure cautelari.

La pubblicazione del dispositivo e il deposito della sentenza

È inserito, dopo il primo periodo del comma 9, il seguente: «Nei casi previsti al comma 6-bis, il tribunale amministrativo regionale deposita la sentenza entro sette giorni dall'udienza, pubblica o in camera di consiglio, di discussione; le parti possono chiedere l'anticipata pubblicazione del dispositivo, che avviene entro due giorni dall'udienza.»

Da notare che non si stabilisce più l'onere di formulare la richiesta in udienza.

L'insolito riferimento alla richiesta delle “parti”, al plurale, potrebbe far sorgere il dubbio che si debba trattare di un'istanza proveniente da tutte le parti (costituite). Ma, evidentemente, la disposizione deve essere intesa nel senso che il potere di domandare l'immediata pubblicazione del dispositivo compete, separatamente, a ciascuna delle parti.

Questa previsione specifica si applica anche al giudizio di appello e alle impugnazioni (a differenza delle altre regole contenute nello stesso comma 9, circoscritte al solo giudizio di primo grado dinanzi al TAR.

Il giudizio di appello e le altre impugnazioni

Secondo l'ultimo periodo del nuovo comma 6-bis, «L'appello deve essere proposto entro trenta giorni dalla comunicazione o, se anteriore, notificazione della sentenza e non trova applicazione il termine lungo decorrente dalla sua pubblicazione».

Si tratta di una regola di ulteriore accelerazione inserita nella versione definitiva del decreto n. 50 del 2016, assente, invece, nella stesura approvata dal CDM in via preliminare, suggerita dal parere del Consiglio di Stato. Si prevede, infatti, per la notificazione dell'appello, un unico termine di trenta giorni, decorrente dalla notificazione o dalla comunicazione della sentenza del TAR. Quest'ultima dovrà essere effettuata, verosimilmente, dalla segreteria. Ma la disposizione non prevede alcuna particolare regola riguardante termini e modalità della comunicazione stessa.

L'affermazione perentoria secondo cui non si applica il “termine lungo”, (ossia, il termine di cui all'art. 92, comma 3c.p.a.), potrebbe far emergere una pericolosa insidia, collegata alla possibile omissione della comunicazione (o comunque, alle possibili incertezze derivanti dalla incompletezza della comunicazione stessa). Ma, pur in assenza di espressa una norma di chiusura, resta in ogni caso salvo il termine di cui all'art. 92, comma 3, dimezzato ai sensi dell'art. 119, nelle sole ipotesi in cui la comunicazione della sentenza sia stata omessa, ritardata o non correttamente effettuata.

Va osservato, poi, che, con riguardo ai termini, non si detta una disciplina specifica per gli altri mezzi di impugnazione della sentenza (opposizione di terzo e revocazione), per quali rimangono applicabili le regole degli artt. 119 e 120.Il rinvio compiuto dal comma 11 vale sicuramente per chiarire l'assoggettamento al rito previsto per il giudizio dinanzi al TAR, ma non stabilisce quali siano i termini di proposizione delle impugnative (che restano quindi assoggettati alle regole dell'art. 119).

In ogni caso, nel giudizio di appello (e negli altri giudizi di impugnazione), in virtù delle modifiche apportate al comma 11, si applicano tutte le altre nuove regole dettate esplicitamente per il nuovo rito specialissimo in primo grado.

L'impugnazione dei pareri di precontenzioso e delle raccomandazioni dell'ANAC (art. 211 del d. lgs. n. 50 del del 2016)

L'art. 211 del d.lgs.n. 50 del 2016 costituisce l'attuazione dell'impegnativo criterio della legge delega di cui alla prima parte della lettera aaa) (razionalizzazione dei metodi di risoluzione delle controversie alternativi al rimedio giurisdizionale, anche in materia di esecuzione del contratto). Ma, evidentemente, la norma trova la propria base giustificativa nell'impostazione di fondo che assegna all'ANAC vastissimi poteri di intervento e di controllo nel sistema dei contratti pubblici.

La delega, particolarmente ampia, è stata concretizzata attraverso l'attribuzione di uno specifico potere all'ANAC, distinto in due grandi ipotesi. In sintesi:

a) è sviluppata e perfezionata la disciplina vigente in materia dei precontenzioso dinanzi all'Autorità, sistematicamente ricondotta alla mozione di ADR (“Alternative Dispute Resolution” - metodi di risoluzione delle controversie alternativi al rimedio giurisdizionale);

b) si introduce una nuova forma di “controllo collaborativo” dell'Autorità, incentrato sul potere di adottare atti di “raccomandazione vincolante”, finalizzati al ripristino della legalità violata, attraverso l'esercizio della autotutela obbligatoria delle stazioni appaltanti.

Nel sistema della giustizia amministrativa, la generale indisponibilità delle situazioni giuridiche oggetto della cognizione del giudice impediscono l'introduzione di procedimenti completamente alternativi alla tutela giurisdizionale. Le determinazioni conclusive dell'ANAC dovranno essere sempre impugnabili dinanzi al TAR. L'art. 211, nella sua formulazione definitiva, tiene conto di questa premessa generale, raccogliendo alcune delle indicazioni provenienti dal Consiglio di Stato.

Non è però seguito il suggerimento formulato dall'organo consultivo, propenso ad attribuire all'ANAC dei poteri di azione nel processo amministrativo, analoghi a quelli attribuiti all'Antitrust dall'art. 21-bis della l. n. 287 del 1990.

L'art. 211 del codice n. 50 del 2016 assoggetta al rito speciale di cui all'art. 120 entrambi i due tipi di controversie, concernenti l'impugnazione dei pareri di precontenzioso e delle raccomandazioni vincolanti dell'ANAC.

Sembra evidente, peraltro, che il rito applicabile sia quello dell'art. 120 “ordinario” e non quello specialissimo previsto dall'art. 204 del nuovo codice degli appalti in tema di ammissioni e di esclusioni. Il dubbio nasce, come si è detto, dalla circostanza che le determinazioni dell'ANAC, e i conseguenti atti applicativi delle stazioni appaltanti potrebbero incidere proprio sul provvedimento di ammissione e di esclusione assoggettato al processo superspeciale.

La portata del rinvio all'art. 120: termini della notificazione del ricorso e decorrenza. Ulteriori criticità dei pareri di precontenzioso e delle raccomandazioni vincolanti dell'ANAC

In assenza di precise disposizioni in materia, tuttavia, occorre interrogarsi sul termine di proposizione del ricorso e sulla sua decorrenza.

Dovrebbe applicarsi la regola di cui al comma 6 dell'art. 120: per l'impugnazione degli atti di cui al presente articolo il ricorso, principale o incidentale, e i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da quelli già impugnati, devono essere proposti nel termine di trenta giorni e la disposizione di chiusura secondo la quale la decorrenza del termine è quella della piena conoscenza dell'atto.

Quanto alla fase precedente la proposizione del ricorso, occorre considerare, distintamente le due ipotesi disciplinate, rispettivamente, nel primo e nel secondo comma.

Il comma 1 contempla le ipotesi dei “pareri vincolanti” dell'ANAC relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara, pronunciati su iniziativa della stazione appaltante o di una o più delle altre parti.

L'ANAC si esprime entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta. Il parere obbliga le parti che vi abbiano preventivamente acconsentito ad attenersi a quanto in esso stabilito.

Il parere vincolante è impugnabile innanzi ai competenti organi della giustizia amministrativa ai sensi dell'art. 120 cod. proc. amm..

In caso di rigetto del ricorso contro il parere vincolante, il giudice valuta il comportamento della parte ricorrente ai sensi e per gli effetti dell'art. 26 cod. proc. amm..

La seconda ipotesi riguarda, invece, i casi in cui l'ANAC, nell'esercizio delle proprie funzioni, ritenga sussistente un vizio di legittimità in uno degli atti della procedura di gara. In tal caso l'Autorità invita mediante atto di raccomandazione la stazione appaltante ad agire in autotutela e a rimuovere altresì gli eventuali effetti degli atti illegittimi, entro un termine non superiore a sessanta giorni

Il mancato adeguamento della stazione appaltante alla raccomandazione vincolante dell'Autorità entro il termine fissato è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria entro il limite minimo di euro 250,00 e il limite massimo di euro 25.000,00, posta a carico del dirigente responsabile.

La sanzione incide altresì sul sistema reputazionale delle stazioni appaltanti, di cui all'art. 36 del presente decreto. La raccomandazione è impugnabile innanzi ai competenti organi della giustizia amministrativa ai sensi dell'art. 120 cod. proc. amm.

È possibile impugnare la determinazione “negativa”, con cui l'ANAC esclude la sussistenza di vizi della procedura?

La previsione in esame solleva diversi interrogativi.

I) Il primo riguarda la possibilità di contestare (e con quale rito) l'eventuale determinazione con cui l'ANAC, avviato il procedimento di verifica della legittimità degli atti, ritenga insussistente il vizio denunciato.

In tale eventualità si dovrebbe ammettere la possibilità di impugnazione da parte del soggetto interessato. Ma non è chiaro se trovi applicazione il rito di cui all'art. 120, o, piuttosto, il rito di cui all'art. 119.

II) Altra ipotesi da considerare è quella in cui, a fronte della sollecitazione svolta da un soggetto terzo, l'ANAC rimanga totalmente inerte, o, comunque, non concluda il procedimento nel termine eventualmente prescritto.

Ci si dovrebbe chiedere se possa ipotizzarsi una inerzia censurabile con lo specifico procedimento in materia di silenzio.

Il problema della tutela precontenziosa dei cittadini titolari di un “interesse legittimo in qualità di contribuenti a un corretto svolgimento delle procedure di appalto”. Un dovere di pronuncia dell'ANAC? La legittimazione all'esposto degli operatori economici decaduti dal potere di proporre ricorso

Al riguardo, occorre considerare che le direttive, nel considerando n. 122 contempla espressamente la necessità di offrire adeguata protezione ai soggetti terzi, anche nella loro qualità di semplici cittadini, tutelando il loro interesse alla legalità, (almeno) mediante la possibilità di rivolgersi ad una Autorità indipendente.

La previsione del considerando non si è tradotta in una esplicita previsione legislativa, ma è chiaro che il sistema nazionale deve garantire una tutela adeguata di queste situazioni.

III) Una terza ipotesi critica riguarda l'individuazione delle azioni che potrebbe esercitare il terzo a fronte del persistente inadempimento della stazione appaltante che non si adegui al parere vincolante dell'ANAC divenuto inoppugnabile.

IV) Una quarta ipotesi riguarda il regime di impugnabilità degli atti con cui l'amministrazione agisce in autotutela, in esecuzione del parere espresso dall'ANAC

Sotto il profilo sostanziale, sussistono numerosi dubbi in ordine ai presupposti della determinazione adottata dall'ANAC: al riguardo riemergono molte delle questioni già poste in riferimento al ricorso proposto dall'Antitrust.

Non è chiaro, infatti, che tipo di autotutela debba esercitare l'amministrazione, in rapporto agli artt. 21-septies, 21-octies e 21-noniesdella l. n. 241 del 1990.

La versione finale del codice ha soppresso questo riferimento: ne deriva, quindi, che dovremmo essere in presenza di una forma di autotutela “doverosa”, non riconducibile, in toto, alla disciplina generale della l. n. 241 del 1990.

In questa prospettiva, quindi, la determinazione dell'amministrazione dovrebbe configurarsi come meramente riproduttiva del parere dell'ANAC e impugnabile essenzialmente per vizi di illegittimità derivata.

Anche in questa ipotesi si tratta di chiarire se debba trovare applicazione, o meno, il rito speciale di cui all'art. 120.

Altro delicato interrogativo riguarda le conseguenze della richiesta di intervento proposta dall'operatore economico che intenda contestare la procedura di gara e abbia lasciato trascorrere inutilmente il termine per la proposizione del ricorso principale o incidentale.

In assenza di puntuali indicazioni legislative, potrebbe essere l'ANAC a definire, con proprie linee guida una condotta omogenea di intervento, che possa valorizzare il principio di auto responsabilità delle parti e di stabilità delle operazioni di gara con l'esigenza di assicurare il rispetto della legalità della procedura.

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