Natura giuridica privatistica del contratto di locazione passiva di immobili della P.A.

Simone Abrate
14 Novembre 2016

Il contratto di locazione (che è fattispecie tipica di negozio di godimento di un bene, per un dato periodo di tempo, dietro il pagamento di un canone) non è riconducibile ai contratti di fornitura (né di cose, né di servizi); pertanto la Pubblica Amministrazione che procede alla locazione di immobili da adibire alla propria attività istituzionale agisce secondo le regole del diritto privato, anche nel caso in cui facoltativamente indìca una gara per individuare gli immobili stessi. Ne consegue che ogni controversia attinente al contratto di locazione stipulato e/o alla fase precontrattuale concerne diritti soggettivi e, per questo, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario.

La ricorrente ha impugnato dinanzi al Giudice amministrativo la valutazione di “non conformità” della propria offerta, effettuata dal soggetto banditore all'esito dello svolgimento di un'indagine di mercato finalizzata alla locazione passiva di un immobile da adibire ad uso ufficio.

Il TAR Lazio ha accolto l'eccezione preliminare di difetto di giurisdizione, formulata dalle parti resistenti, escludendo che il contratto di locazione, oggetto della procedura competitiva, possa rientrare tra quelli di appalto di servizi o di fornitura (i quali soltanto sono devoluti alla giurisdizione esclusiva amministrativa).

E ciò in quanto, come più volte affermato dalla giurisprudenza (cfr. Cass. civ., SS.UU., 8 luglio 2015, n. 14185), il contratto di locazione (che è fattispecie tipica di negozio di godimento di un bene, per un dato periodo di tempo, dietro il pagamento di un canone) non è riconducibile ai “contratti di fornitura” di cose delle P.A., sia perchè la res locata rimane nel patrimonio del proprietario locatore e non si trasferisce in quello della controparte (come, invece, nella fornitura), sia perché diversa è la causa giuridica dei due contratti, che solo nel primo caso è rappresentata dal godimento, appunto, della cosa per un tempo determinato con l'obbligo di custodia, da parte del conduttore, con la diligenza del buon padre di famiglia. Neppure, prosegue il Tar Lazio, la locazione può considerarsi contratto di fornitura di servizi, mancando da parte del locatore (a differenza che da parte del fornitore) una prestazione di attività in favore del destinatario, avendo il primo solo l'obbligo di consegnare la cosa oggetto di contratto e di mantenere, eventualmente, la stessa in stato idoneo all'uso convenuto.

Non rientrando tra i suddetti contratti, la procedura in questione, benchè diretta al perseguimento di finalità istituzionali ed ispirata ai generali criteri d'efficienza, appartiene alla giurisdizione del Giudice ordinario.

In essa, infatti, «La Pubblica Amministrazione che procede alla locazione di immobili da adibire alla propria attività istituzionale agisce secondo le regole del diritto privato, anche nel caso in cui facoltativamente indica una gara per individuare gli immobili stessi. Ne consegue che ogni controversia attinente al contratto di locazione stipulato e/o alla fase precontrattuale concerne diritti soggettivi e, per questo, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario» (cfr. Cass. civ., SS.UU. n. 14185 del 2015 cit.).

Va rilevato che sia il codice del 2006 [all'art. 19, comma 1, lett. a)], che quello del 2016 [art. 17, comma 1, lett. a)] hanno qualificato il contratto di locazione come “escluso” dal proprio ambito di applicazione, e per tali contratti è prevista l'applicazione di taluni principi pubblicistici (art. 27 del codice del 2006 ed art. 4 del codice del 2016).

Dal costante inquadramento giurisprudenziale di tali contratti in una cornice normativa interamente privatistica, invece, deriva che essi, più che “esclusi”, debbano considerarsi come veri e propri contratti “estranei” al codice degli appalti.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.