Nel contratto di avvalimento l’ausiliario mira necessariamente a conseguire una qualche forma di utilità economico-patrimoniale

15 Dicembre 2016

La censura di illegittimità del contratto di avvalimento non può risolversi nella mera denuncia della mancata previsione di un corrispettivo ma, in ossequio all'art. 64, comma 1, c.p.a., deve necessariamente completarsi con la “prova negativa” concernente l'insussistenza, in capo all'ausiliario, di un interesse (direttamente o indirettamente) economico-patrimoniale alla conclusione dell'accordo, da ricercarsi nel combinato sinergico delle clausole contrattuali.
Massima

Per superare il controllo di “meritevolezza” ex art. 1322, comma 2 c.c., il contratto atipico di avvalimento di cui agli artt. 49-50 d. lgs. n. 163 del 2006 e 89 d. lgs. n. 50 del 2016, indifferente se “operativo” o “di garanzia”, deve essere necessariamente caratterizzato dalla ricerca di una qualche forma di utilità economico-patrimoniale da parte dell'ausiliario, utilità che può manifestarsi tanto nella previsione di un corrispettivo a suo beneficio, quanto nella sussistenza in capo a questo di un diverso interesse economico-patrimoniale, diretto o indiretto, alla conclusione dell'accordo. L'esistenza di un simile interesse può anche emergere dal tenore complessivo del regolamento contrattuale, sicché la mancata previsione di un corrispettivo non importa ex se l'illegittimità del contratto di avvalimento.

La censura di illegittimità del contratto di avvalimento non può risolversi nella mera denuncia della mancata previsione di un corrispettivo ma, in ossequio all'art. 64, comma 1, c.p.a., deve necessariamente completarsi con la “prova negativa” concernente l'insussistenza, in capo all'ausiliario, di un interesse (direttamente o indirettamente) economico-patrimoniale alla conclusione dell'accordo, da ricercarsi nel combinato sinergico delle clausole contrattuali.

Il caso

La pronuncia definisce il giudizio sorto all'esito di una gara di appalto di servizi bandita dall'Azienda Territoriale per l'Edilizia Residenziale Pubblica (ATER) del Comune di Roma. In tale contesto, l'aggiudicataria aveva stipulato un contratto di avvalimento c.d. di garanzia per ottenere i requisiti di capacità economico-finanziaria prescritti dalla lex specialis di gara. Detto contratto, però, non prevedeva un corrispettivo a favore dell'ausiliario. Da tale mancanza parte ricorrente ha dedotto l'illegittimità dell'aggiudicazione, inter alia, per difetto di “onerosità” del presupposto contratto di avvalimento.

La questione

Nel dare per acquisita la necessaria finalizzazione del contratto di avvalimento alla realizzazione di uno scambio di utilità economico-patrimoniale tra ausiliato e ausiliario, la decisione in commento individua gli elementi sintomatici in presenza dei quali tale caratteristica può dirsi soddisfatta, completando il ragionamento con alcune notazioni in materia di distribuzione dell'onere della prova.

Le soluzioni giuridiche

Prima di pronunciarsi sulla questione sottoposta al suo vaglio, il TAR del Lazio ripercorre, attraverso la tecnica del rinvio per relationem, i principali orientamenti registratisi in materia di “onerosità” del contratto di avvalimento di cui agli artt. 49-50 d. lgs. n. 163 del 2006 (e, nel nuovo Codice, 89 del d. lgs. n. 50 del 2016).

In primo luogo, viene richiamata la pronuncia del CGA Sicilia, Sez. giurisdiz., 21 gennaio 2015, n. 35. In quel caso, il Supremo Consesso siciliano aveva dato conto di un orientamento “estensivo” che, nell'intento di valorizzare il favor partecipationis sotteso all'istituto, aveva negato il carattere necessariamente oneroso del contratto di avvalimento. In quelle posizioni tale conclusione era stata motivata sia adducendo l'“irrilevanza” dell'assetto negoziale interno agli occhi della stazione appaltante (TAR Veneto, 20 ottobre 2010, n. 5528), sia configurando l'avvalimento come «negozio atipico assimilabile al mandato» (TAR Campania, Salerno, 28 marzo 2012, n. 607), dunque valido anche in caso di mancata pattuizione del corrispettivo, stante l'operatività della presunzione iuris tantum di onerosità ex art. 1709 c.c. (ancora TAR Veneto, cit.), superabile «da una prova contraria, ovvero dalla prassi» (TAR Lazio, Roma, 3 dicembre 2009, n. 12455). E tuttavia, facendo leva sulla necessità di contemperare il favor partecipationis con l'esigenza di consentire alla stazione appaltante di «verificare l'effettività e la serietà del rapporto intercorrente tra ausiliaria e ausiliata scongiurando il rischio di “avvalifici”», il Giudice siciliano aveva in quella sede favorito un'interpretazione “restrittiva”. Qualificato l'avvalimento come contratto atipico a contenuto misto, risultante dalla commistione di elementi propri del “mandato”, dell'“appalto di servizi” e della “garanzia atipica” (su quest'ultimo profilo, v. Cass. civ., SS.UU., 18 febbraio 2010, n. 3947), il Giudice di seconda istanza aveva infatti ricavato la “natura onerosa” dell'avvalimento dal fatto che, in mancanza, la prestazione dell'ausiliario non sarebbe stata altrimenti giustificabile sul piano causale. Al riguardo, il Consiglio di Giustizia aveva poi precisato che il carattere economicamente orientato del contratto in parola può dirsi soddisfatto ancheladdove «dal testo contrattuale [emerga] chiaramente l'interesse, direttamente o indirettamente patrimoniale, che ha guidato l'ausiliario nell'assumere senza corrispettivo gli obblighi derivanti dal contratto di avvalimento e le relative responsabilità».

In secondo luogo, il TAR del Lazio richiama l'Ad. plen. 4 novembre 2016, n. 23, ove è stata espressamente accolta, in parte qua, la tesi offerta nel precedente illustrato.

Tutto ciò premesso, il TAR aggiunge un tassello ulteriore alla rassegnata elaborazione giurisprudenziale, fornendo alcuni interessanti chiarimenti in tema di riparto dell'onere della prova. Il Giudice capitolino precisa infatti che, in ossequio all'art. 64, comma 1 c.p.a., la parte che deduca l'illegittimità dell'avvalimento non può tout court rilevare la mancata previsione di un corrispettivo, ma deve necessariamente fornire anche la «prova negativa» circa la inesistenza, nel «programma negoziale in questione», di un interesse «di carattere direttamente o indirettamente patrimoniale» da parte dell'ausiliario.

Osservazioni

La sentenza suscita alcune riflessioni di carattere sia sostanziale che processuale.

Nella parte in cui attribuisce rilievo all'interesse «di carattere direttamente o indirettamente patrimoniale» dell'ausiliario che abbia rinunciato a ricevere un “corrispettivo”, la decisione del TAR Lazio sembra anzitutto far propria la nozione giuscivilista di «atto gratuito economicamente interessato», riconducibile alla più ampia categoria degli «atti gratuiti non liberali». L'operazione definitoria non è priva di ricadute, giacché consente di far salva la “meritevolezza” della causa del contratto atipico di avvalimento (art. 1322, comma 2, c.c.) e, al contempo, di fugare i timori avanzati da parte della giurisprudenza circa il rischio di un ricorso strumentale all'istituto in parola da parte dei concorrenti (cc.dd. “avvalifici”). E difatti, per come riconosciuto in dottrina, «l'atto gratuito economicamente interessato è soggetto alle regole dettate per il contratto oneroso corrispondente». Attraverso questa interpretazione, il TAR individua dunque un ragionevole punto di equilibrio tra l'interesse delle stazioni appaltanti a che i concorrenti siano nell'effettivo possesso dei requisiti prescritti e presentino delle offerte serie, con la contrapposta esigenza di favorire la massima partecipazione concorsuale degli operatori economici (Corte di giustizia, Sez. V, 10 ottobre 2013, C-94/12, SWM Costruzioni 2 SpA c. Provincia di Fermo, § 34;Sez. IV, 23 dicembre 2009, C-305/08, CoNISMa c. Regione Marche, § 37). Ancora da un punto di vista sostanziale, la pronuncia offre un'applicazione dei criteri di interpretazione del contratto di cui all'art. 1363 c.c. (“Interpretazione complessiva delle clausole”) e 1367 c.c. (“Conservazione del contratto”), già percorsa, mutatis mutandis, in altre decisioni rese in materia di avvalimento (Cons. St., Sez. III, 30 giugno 2016, n. 2952; TAR Puglia, Bari, 16 giugno 2016, n. 785).

Da un punto di vista processuale, la sentenza si segnala per gravare la parte che inferisca l'illegittimità dell'avvalimento dall'assenza di corrispettivo di un ulteriore onere di “allegazione”, consistente nella dimostrazione, ex art. 64, comma 1 c.p.a., della insussistenza di un interesse patrimoniale (diretto o mediato) dell'ausiliario a concludere il contratto, quale ricavabile dall'interpretazione complessiva delle clausole contrattuali. La statuizione, nelle conclusioni certamente condivisibile, stimola alcune riflessioni ulteriori. L'incombente probatorio cui allude il Giudice capitolino sembrerebbe doversi intendere non in senso stretto, bensì come semplice onere di “dedurre” dal tenore complessivo del contratto la (astratta) non convenienza dell'avvalimento. Una simile “censura” (non, dunque, una vera e propria “prova”) sembrerebbe quindi doversi appuntare sul dato estrinseco-testuale delle clausole contrattuali, risolvendosi in buona sostanza nella prospettazione di una determinata ricostruzione interpretativa delle stesse. Una volta che la parte deducente abbia assolto a un simile onere “argomentativo”, non sembra che questa possa essere gravata di un reale onere di ricerca della prova, esteso a ipotetici documenti – peraltro non nella sua disponibilità – genericamente menzionati nel contratto in questione (ad esempio, precedenti contratti stipulati tra ausiliario e ausiliato). Al contrario, sarebbero direttamente le parti interessate a dover sopperire, questa volta sì ai sensi dell'art. 64, comma 1, c.p.a., alla carenza testuale, dimostrando la natura “economico-patrimoniale” del rapporto controverso ed allegando a supporto, eventualmente anche su invito del giudice ex art. 63, commi 1 e 2 c.p.a., le prove del caso. E tuttavia, una lettura particolarmente rigorosa degli artt. 49-50 d. lgs. n. 163 del 2006 (e 89 d. lgs. n. 50 del 2016), come anche dell'orientamento giurisprudenziale cui aderisce la decisione in commento, potrebbe portare a escludere l'ammissibilità di una siffatta produzione ulteriore (peraltro potenzialmente stridente con le esigenze di certezza dei tempi della procedura a evidenza pubblica). Vi è infatti da considerare che, ai fini concorsuali, le norme codicistiche e la pertinente giurisprudenza amministrativa sembrano attribuire rilevanza al solo “contratto” di avvalimento (cfr. artt. 49, comma 2, lett. f), d.lgs. n. 163 del 2006 e 88, comma 1, d.P.R. n. 207 del 2010; art. 89, comma 1, d. lgs. n. 50 del 2016) e alle relative “dichiarazioni” accessorie (cfr. art. 49, comma 2, lett. a), c), d) ed e) del d.lgs. n. 163 del 2006; art. 89, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016). Ci si potrebbe poi interrogare sulla possibilità di “sanare” ex post l'eventuale carenza di interesse economico-patrimoniale dell'ausiliario. Considerando la realizzazione di uno scambio di utilità come tratto causale (a)tipico del contratto di avvalimento, si potrebbe ritenere che la mancata emersione di un simile connotato dal complesso delle clausole contrattuali (o quantomeno dalle “dichiarazioni” accluse al contratto) potrebbe dar luogo a un “vizio originario e radicale”, non passibile di soccorso istruttorio (quantomeno non in un momento successivo alla presentazione dell'offerta: Cons. St., Sez. V, 28 settembre 2015, n. 4507). Parte della giurisprudenza ha infatti negato la possibilità di azionare il soccorso istruttorio a fronte della indeterminatezza (o, come successivamente chiarito dal Consiglio di Stato: indeterminabilità) dell'oggetto dell'avvalimento, ritenendo che un siffatto esercizio di potere «non sarebbe più diretto a colmare solo una carenza degli elementi dimostrativi dell'esistenza e del possesso del requisito, ma finirebbe con l'essere strumentale alla formazione del titolo contrattuale da cui dovrebbe derivare il possesso del requisito, titolo di cui sarebbe consentita la formazione ex post e su impulso della stazione appaltante, in palese violazione del generale principio della par condicio tra i concorrenti» (così TAR Lombardia, Milano, 12 aprile 2016, n. 704, ma in termini cfr. anche TAR Calabria, Catanzaro, 1° luglio 2015, n. 1165; sulla infondatezza della tesi per cui il contratto di avvalimento, in deroga all'art. 1346 c.c., non potrebbe avere un oggetto “determinabile”, v. Cons. St., Ad. plen., 4 novembre 2016, n. 23). Corollario di questa impostazione sarebbe l'impossibilità di sanare tardivamente in giudizio mancanze che in sede concorsuale non potrebbero essere oggetto di soccorso istruttorio.

Guida all'approfondimento

S. BACCARINI-G. CHINÈ-R. PROIETTI (a cura di), Commento all'art. 49, in Codice dell'appalto pubblico, Milano, 2015, 639-665;

A. CIANFLONE-G. GIOVANNINI, L'appalto di opere pubbliche, Milano, Tomo I, 2012, 540-552;

A. GIANOLA, Atti gratuiti non liberali, in Dig. disc. priv., Sez. civ., Agg. V, Torino, 2010, 45 e ss. (sopra citato);

R. CIPPITANI, La nozione di contratto “a titolo oneroso” negli appalti pubblici, in Contratti, 2013, 5, 523 e ss., ove si osserva, con riferimento al contratto oggetto di gara ma con considerazioni traslabili al contratto di avvalimento, che «l'onerosità e la gratuità attengono al complessivo assetto di interessi tra i soggetti in gioco»;

L.R. PERFETTI, Commento agli artt. 63-64, in G. MORBIDELLI (a cura di), F. CINTIOLI-F. FRENI-A. POLICE (con il coordinamento di), Codice del processo amministrativo, Milano, 2015, 657-701.

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