Il rapporto tra offerta e piano economico finanziario nella finanza di progetto
19 Gennaio 2017
In una procedura di affidamento di una concessione mediante finanza di progetto, la commissione di gara deve accertare la coerenza e sostenibilità economica dell'offerta presentata dal concorrente procedendo all'esame del piano economico e finanziario ad essa allegato sotto il profilo dei ricavi attesi e dei relativi flussi di cassa in rapporto ai costi di produzione e gestione (Cons. St., Sez. V, 25 giugno 2010, n. 4084; Id., 17 novembre 2006, n. 6727; Id., 11 luglio 2002, n. 391); ciò coerentemente pure con l'art. 96, comma 4, d.p.r. n. 207 del 2010 (vigente ratione temporis), secondo cui tale documento deve essere valutato alla luce degli elementi economici e finanziari, quali costi e ricavi del progetto e composizione delle fonti di finanziamento e della capacità di generare flussi di cassa positivi e della congruenza dei dati con la bozza di convenzione. Il piano economico finanziario consente all'amministrazione di verificare l'attendibilità della proposta e la sua concreta fattibilità sotto i due concorrenti profili della concreta realizzazione dell'opera pubblica senza oneri finanziari per la p.a. e della idoneità ad assicurare una fonte di utili in grado di consentire il rimborso del prestito e la gestione proficua dell'attività espletata ed è sempre modificabile in contraddittorio con il concorrente (Cons. St., Sez. V, 10 febbraio 2010, n. 653). Tale piano rappresenta, infatti, il documento giustificativo della sostenibilità economico-finanziaria dell'offerta, senza sostituirsi a quest'ultima ma costituendo un supporto nella valutazione della sua congruità, e cioè dell'idoneità dei suoi contenuti ad assicurare al concessionario una fonte di utili in grado di consentire il rimborso dei prestito e la gestione proficua dell'attività oggetto di concessione. Ne consegue che eventuali irregolarità marginali del piano economico finanziario, prive di idoneità ad alterare in modo significativo l'attendibilità e la sostenibilità dello stesso, non costituiscono presupposti idonei a giustificare il provvedimento espulsivo, ma devono poter essere modificati e adeguati dal concorrente. Tanto più allorché, come nel caso specifico esaminato dal Consiglio di Stato, le incoerenze presentano una minima incidenza e, dunque, si appalesano meramente formali e passibili di chiarimenti e rettifiche, non essendo tali da incidere sulla remuneratività e sostenibilità del progetto (Cons. St., Sez. VI, 4 luglio 2016, n. 2971). |