Illegittimità dell’aggiudicazione e nesso di causalità della fattispecie risarcitoria
20 Gennaio 2017
In caso di annullamento degli atti relativi ad una procedura di affidamento per violazione del divieto di rinegoziazione delle condizioni contrattuali, l'operatore economico collocatosi secondo in graduatoria è legittimato a richiedere il risarcimento dei danni subiti, sussistendo certamente un nesso di causalità tra l'illegittimo affidamento (mediante rinegoziazione) ed il danno ingiusto rappresentato dall'impossibilità di conseguire il bene della vita della sottoscrizione del contratto.
Sulla base del carattere vincolante dell'offerta dell'aggiudicataria, infatti, l'amministrazione poteva porre quest'ultima di fronte all'aut aut discendente dalle norme di legge e dai principi generali di parità di trattamento e imparzialità sopra richiamati, e cioè accettare le condizioni alle quali la stessa si era vincolata o non stipulare il contratto.
La mancata adozione da parte del Comune di questa scelta (unica consentita in presenza della volontà di affidare comunque il contratto) e la decisione improvvida di addivenire alla rinegoziazione delle condizioni contrattuali si pone, sul piano della sequenza degli accadimenti storici, come antecedente causale rispetto alla illegittima aggiudicazione e successiva stipula del contratto a condizioni diverse da quelle offerte in sede di gara.
Non può ritenersi consentito, al fine di escludere il rapporto di causalità costitutivo della fattispecie di responsabilità ex art. 2043 c.c., in cui si colloca la responsabilità della pubblica amministrazione da illegittimità provvedimentale, contrapporre ad una connessione causale di tipo materiale accertata sul piano storico una causalità meramente ipotetica ricostruibile (solo) in via postuma sulla base dell'alternativa legittima non praticata.
Ai fini della quantificazione del danno da illegittimo affidamento, il criterio del 10% dell'offerta presentata in sede di gara (ricavato analogicamente dall'art. 345 l. n. 2248 del 1865, allegato F) non costituisce criterio valido per quantificare il danno da mancato utile all'impresa di cui sia accertato il diritto all'aggiudicazione, essendo più corretto attestarsi su una percentuale assai inferiore, in virtù dell'applicazione del temperamento costituto dall'aliunde perceptum vel percipiendum.
L'incontrastata giurisprudenza della Cassazione riconosce la legittimità della condanna al pagamento degli interessi compensativi anche in assenza di domanda di parte in caso di crediti di valore, quali quelli derivanti da fatto illecito, in conseguenza dalla naturale fecondità del denaro (ossia dalla sua idoneità a produrre frutti civili, quali appunto gli interessi) e dalla funzione compensativa rispetto alla mancata disponibilità immediata del capitale in capo al danneggiato nel momento in cui il pregiudizio risarcibile si verifica.
La condanna al pagamento degli interessi moratori necessita di apposita domanda di parte. |