Sull’improcedibilità dell’appello per mancata tempestiva impugnazione dell’aggiudicazione definitiva
22 Febbraio 2017
La vicenda alla base della richiamata sentenza prende le mosse dall'esclusione di un'impresa partecipante a una gara per l'aggiudicazione dei lavori relativi alla realizzazione di alloggi sociali, asili nido e locali comunali. In particolare, l'esclusione veniva disposta in quanto la cauzione provvisoria era stata rilasciata da un soggetto non abilitato al rilascio di garanzie nei confronti del pubblico. L'impresa, dunque, proponeva ricorso al Tar, sostenendo in particolare che ogni irregolarità della cauzione provvisoria, compresa la mancata presentazione della stessa, sarebbe sanabile o regolarizzabile in applicazione dell'istituto del soccorso istruttorio ed alla luce del principio di tassatività delle clausole di esclusione ex artt. 38, comma 2-bis, 46, commi 1-bis e 1-ter e 75 del d.lgs. 163 del 2006 (art. 83 nuovo Codice dei contratti pubblici). I giudici di primo grado accoglievano tale censura, riconoscendo nel caso di specie la sussistenza dell'obbligo dell'amministrazione di attivare il soccorso istruttorio. Avverso tale sentenza proponeva appello un'altra impresa, risultata in origine aggiudicataria della gara, ritenendo, nello specifico, che i giudici di prime cure avevano errato nell'interpretazione delle norme sul soccorso istruttorio. Senonché, nelle more del giudizio, l'amministrazione non solo aveva consentito all'originaria ricorrente la regolarizzazione della cauzione provvisoria, ma procedeva ad aggiudicare definitivamente la gara alla stessa. Tale provvedimento – appunto l'aggiudicazione definitiva – non veniva impugnato dalla società appellante. Il Consiglio di Stato, nella sentenza che si commenta, dichiara improcedibile l'appello. Osserva, difatti, come l'amministrazione aggiudicatrice non si sia limitata a porre in essere atti strettamente esecutivi della sentenza di primo grado (come, ad esempio, disporre il soccorso istruttorio, ammettere con riserva l'originaria ricorrente, ecc.). La stessa è andata oltre, procedendo all'aggiudicazione definitiva della gara. Quest'ultima costituisce, tuttavia, «esplicazione di una potestà amministrativa il cui esercizio non era condizionato dagli effetti conformativi della sentenza di prime cure; tale sentenza si limitava a disporre il soccorso istruttorio in favore della S&B Costruzioni Generali S.r.l., disponendo la regressione della gara a tale fase procedimentale, ma non fissava alcun principio che comportasse la necessaria aggiudicazione in favore della medesima a seguito dell'ulteriore sviluppo del procedimento». Sul punto, il Collegio richiama i principi già affermati dalla sentenza dell'Adunanza Plenaria n. 3 del 2003, a mente dei quali «la circostanza che l'Amministrazione soccombente abbia dato esecuzione alla sentenza di primo grado eccedendo rispetto agli effetti della medesima sentenza rende improcedibile l'eventuale appello proposta da quest'ultima, con principio riferibile anche al gravame del controinteressato, originario litisconsorte necessario. In particolare, ove l'amministrazione, a seguito di sentenza del TAR che accoglie il ricorso dell'impresa illegittimamente esclusa dalla gara, non si limiti a rinnovare la gara ma pervenga anche ad aggiudicare definitivamente l'appalto all'originaria ricorrente, senza essere a ciò vincolata dalla sentenza, (…) l'impresa originariamente aggiudicataria abbia l'onere di impugnare tempestivamente la nuova aggiudicazione definitiva». Un'eccezione si verifica nel caso in cui, dalla lettura dell'atto di aggiudicazione definitiva, non emerga che l'amministrazione ha specificato di compiere anche tale atto “sotto riserva di gravame ed in mero adempimento della sentenza esecutiva”; in tal caso, l'appello rimane procedibile. |