Non sussiste una violazione del diritto eurounitario nell'impedire la regolarizzazione postuma della posizione previdenziale
22 Novembre 2016
Massima
Anche dopo l'entrata in vigore dell'art. 31, comma 8, d.l. n. 69 del 2013, convertito dalla l. n. 98 del 2013, non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l'impresa essere in regola con l'assolvimento degli obblighi previdenziali fin dal momento di presentazione dell'offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura e del rapporto con la stazione appaltante, atteso che l'istituto dell'invito alla regolarizzazione può operare unicamente nei rapporti tra l'impresa concorrente e l'ente previdenziale. A tal riguardo, è irrilevante un adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva e, comunque, non è invocabile la disciplina sulla compensazione dei debiti previdenziali di cui al d.l. n. 52 del 2012, non sussistendo un generalizzato diritto alla compensazione fra i crediti vantati nei confronti di amministrazioni pubbliche e i debiti contributivi. Non si ravvisa una violazione del diritto eurounitario e, in particolare, dell'art. 45 direttiva 2004/18/CE nell'impedire la predetta regolarizzazione postuma, in quanto tale disposizione non osta a una normativa nazionale che vieti forme di sanatoria con riferimento ai requisiti soggettivi di partecipazione, ed anzi una siffatta possibilità determinerebbe un'evidente alterazione del bilanciamento fra i principi del “favor partecipationis” e della “par condicio” tra i concorrenti. Il caso
Nell'ambito di una gara per l'affidamento del servizio di manutenzione di “hardware” fuori garanzia, la stazione appaltante ha disposto l'esclusione del raggruppamento temporaneo di imprese collocato al primo posto nella graduatoria provvisoria, ravvisando la mendacità della dichiarazione effettuata, ai sensi dell'articolo 38, comma 1, lett.i),d.lgs. n. 163 del 2006, a corredo dell'offerta presentata, in relazione all'assenza di gravi irregolarità contributive definitivamente accertate. In particolare, la stazione appaltante ha rilevato che una delle mandanti, secondo il DURC acquisito d'ufficio in sede di verifica dei requisiti dei concorrenti, presentava – ancora alla data in cui era stata resa la dichiarazione circa l'insussistenza di una situazione di irregolarità contributiva – un debito nei confronti dell'INPS pari ad oltre euro 71.000,00, relativo ad un periodo precedente alla gara. Il raggruppamento ha proposto ricorso avverso l'esclusione dinanzi al TAR Lazio, Roma, deducendo in sintesi i) la buona fede del dichiarante, che si era affidato alle risultanze di un precedente DURC valido, ii) la non definitività dell'irregolarità contributiva, perché non era stato attivato il procedimento di regolarizzazione contemplato dall'art. 31, comma 8, d.l. n. 69 del 2013, convertito dalla l. n. 98 del 2013, e iii) l'intervenuta estinzione del debito in una data di poco successiva alla presentazione dell'offerta. Con sentenza 20 gennaio 2016, n. 622 il TAR Lazio, Roma, Sez. III, ha respinto il gravame, ritenendolo infondato, e avverso la stessa il raggruppamento ricorrente ha proposto appello dinanzi al Consiglio di Stato, deducendone la pretesa erroneità sotto diversi profili. La questione
Con il ricorso in appello il raggruppamento escluso ha sollevato dinanzi al Consiglio di Stato diverse questioni relative alla doverosità dell'esclusione in caso di irregolarità contributiva e alla possibilità di regolarizzazione postuma della posizione previdenziale, e segnatamente: i) se è possibile ritenere definitivo l'accertamento dell'irregolarità contributiva nell'ipotesi in cui sia mancato il procedimento di regolarizzazione di cui all'art. 7, comma 3, d.m. 24 ottobre 2007 e di cui all'art. 31, comma 8, d.l. n. 69 del 2013, dal momento che nessuna disposizione di legge o regolamento conforterebbe la tesi secondo cui l'istituto del c.d. “invito alla regolarizzazione” sarebbe destinato a non operare in relazione alla partecipazione alle gare pubbliche di appalto, restando la sua operatività limitata ai soli rapporti fra impresa interessata ed ente previdenziale; ii) se è possibile invocare l'applicazione del principio di autoresponsabilità dell'impresa anche laddove quest'ultima abbia incolpevolmente fatto affidamento sulle risultanze di un DURC in corso di validità, peraltro mancando l'attivazione da parte dell'amministrazione della predetta procedura di preavviso; iii) se è possibile, in ogni caso, ritenere operante la compensazione tra il debito contributivo e il credito vantato dall'impresa nei confronti dell'INPS in relazione al ricorso da parte sua all'istituto della cassa integrazione guadagni straordinaria di cui alla l. n. 223 del 1991; iv) se vi sia un contrasto tra la normativa nazionale in tema di accertamento della irregolarità contributiva, ai fini della partecipazione alle gare pubbliche di appalto, e il diritto eurounitario, con particolare riguardo all'art. 45 della direttiva 2004/18/CE; v) se sia conforme al principio di proporzionalità l'esclusione dell'intero raggruppamento nelle ipotesi in cui la ragione espulsiva riguardi soltanto una delle imprese, laddove le altre componenti del raggruppamento siano autonomamente in grado di garantire i medesimi standard di prezzo e di qualità dell'offerta presentata. La soluzione giuridica
Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso in appello, ritenendo infondati tutti i profili di censura dedotti dal raggruppamento escluso. In primo luogo, il Collegio ha osservato che il dato storico – peraltro incontestato – relativo all'irregolarità contributiva a carico della mandante alla data di presentazione della domanda di partecipazione non poteva che determinare l'esclusione del raggruppamento dalla procedura. E ciò in virtù del principio affermato, da ultimo anche dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, secondo cui, anche dopo l'entrata in vigore dell'art. 31, comma 8, d.l. n. 69 del 2013, non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l'impresa essere in regola con l'assolvimento degli obblighi previdenziali fin dal momento di presentazione dell'offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante; con tutto quel che ne consegue in termini di irrilevanza di un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva (in tal senso, Cons. St., Ad. plen. 29 febbraio 2016, n. 5). D'altro canto, l'istituto dell'invito alla regolarizzazione (già previsto anche dall'articolo 7, comma 3, d.m. 24 ottobre 2007) può operare unicamente nei rapporti tra l'impresa concorrente e l'ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall'impresa e non anche a quello richiesto d'ufficio dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell'autodichiarazione resa ai sensi dell'art. 38, comma 1, lett.i), d.lgs. n. 163 del 2006. Il Consiglio di Stato non ha ritenuto applicabile la tesi dell'appellante secondo cui avrebbe ostato alla contestata esclusione l'applicazione dei principi di autoresponsabilità e di buona fede basati sulla persistente validità, al momento in cui è stata resa la dichiarazione in gara, di un DURC di contenuto positivo. Nella specie, il Collegio ha rammentato che il DURC negativo ha soltanto un effetto ricognitivo dell'insoluto contributivo e non presenta una valenza sostanzialmente costitutiva, per cui l'entità dell'insoluto in parola, pari ad oltre euro 71.000,00, unito ad altre circostanze rilevanti, ha reso inverosimile, oltre ogni ragionevole dubbio, la sussistenza di uno stato di ignoranza incolpevole circa l'esistenza dello stesso da parte dell'impresa. Allo stesso modo, il Consiglio di Stato non ha ritenuto applicabile al caso in esame l'ipotizzata compensazione con l'ente previdenziale tra il debito contributivo riscontrato e i crediti dell'impresa (esistenti alla data di presentazione dell'offerta) derivanti dall'ammissione alla Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria, ai sensi della l. n. 223 del 1991, giacché la sussistenza del richiamato credito non valeva di per sé ad escludere il dato dell'irregolarità contributiva legittimante l'esclusione dalla gara. D'altro canto, nell'ordinamento non è previsto un immanente e generalizzato diritto alla compensazione fra i crediti vantati nei confronti di amministrazioni pubbliche e i debiti contributivi nei confronti dell'ente previdenziale, sussistendo invero precisi presupposti e condizioni per l'operatività della richiamata compensazione. In particolare, l'art. 13-bis, comma 5 d.l. n. 52 del 2012, convertito dalla l. n. 94 del 2012, stabilisce che il rilascio del DURC in presenza di debiti contributivi è possibile solo in presenza del previo rilascio di una certificazione da parte dell'amministrazione pubblica debitrice la quale dia atto della sussistenza e dell'importo dei crediti certi, liquidi ed esigibili vantati nei confronti della stessa; presupposto non sussistente nel caso di specie, non risultando in atti la formale e tempestiva certificazione del credito derivante dall'ammissione alle procedure di CIGS. Sotto un diverso profilo, il Consiglio di Stato ha respinto la tesi secondo cui l'esclusione disposta sulla base di un DURC negativo acquisito d'ufficio si porrebbe in contrasto con le previsioni di cui all'art. 45 direttiva 2014/18/CE. In tal senso, il Collegio ha osservato che, se è pur vero che la menzionata disposizione stabilisce, ai paragrafi 2, lett. e), e 3, che in via di principio il concorrente possa allegare, ai fini partecipativi, un certificato di fonte pubblica attestante anche la regolarità contributiva, tale facoltà tuttavia – evidentemente finalizzata a rendere più agevole la prova in ordine al possesso dei requisiti di partecipazione – non può essere intesa nel senso di precludere alla stazione appaltante la verifica in concreto in ordine alla corrispondenza al vero delle richiamate certificazioni, non potendo evidentemente essere connesso un valore definitivamente liberatorio a una certificazione dal contenuto erroneo o non veritiero. Parimenti, il Consiglio di Stato ha escluso la dedotta violazione del diritto eurounitario e, in particolare, del già citato art. 45 direttiva 2004/18/CE in relazione all'interpretazione fornita dal Giudice di primo grado in ordine ai presupposti per cui le amministrazioni possano legittimamente disporre l'esclusione dalla gara del concorrente che versi in situazione di irregolarità contributiva, laddove quest'ultimo abbia provveduto al pagamento di quanto dovuto prima e indipendentemente dall'aggiudicazione provvisoria dell'appalto. Sul punto, il Collegio ha affermato che il richiamato art. 45, paragrafo 2, legittima invero un'interpretazione ed applicazione tale per cui la verifica in ordine ai requisiti soggettivi di partecipazione venga svolta in relazione alla situazione esistente al momento della domanda di partecipazione e la conclamata carenza di un requisito soggettivo di partecipazione non possa essere ammessa a forme di sanatoria successive (sia pure, prima dell'aggiudicazione). Ammettendo una tale possibilità, infatti, si determinerebbe «un'evidente alterazione del bilanciamento fra i concomitanti (e in parte antinomici) principi del favor participationis e della par condicio concorrenziale, i quali rinvengono un adeguato punto di equilibrio nella previsione secondo cui la verifica in ordine al possesso dei requisiti di ordine soggettivo deve essere operata in relazione alla situazione esistente alla data ultima per la presentazione delle domande di partecipazione». Del resto, la stessa giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha costantemente affermato che, per un verso, il principio di parità di trattamento impone che tutti gli offerenti dispongano delle stesse possibilità nella formulazione dei termini delle loro offerte e, per altro verso, l'obbligo di trasparenza ha come scopo quello di eliminare i rischi di favoritismo e arbitrarietà da parte dell'autorità aggiudicatrice, per cui tutte le condizioni e le modalità della procedura di aggiudicazione devono essere formulate in maniera chiara, precisa e univoca nella normativa di settore e in quella di gara onde consentire a tutti gli offerenti – ragionevolmente informati e normalmente diligenti – di comprenderne l'esatta portata e d'interpretarle allo stesso modo e all'autorità aggiudicatrice di verificare effettivamente se le offerte dei concorrenti rispondano ai criteri che disciplinano l'appalto in questione (cfr., in termini, CGUE, sentenza 6 novembre 2014, C-42/13; CGUE, 29 aprile 2004, C-496/99). Peraltro, nemmeno possono ritenersi sussistenti, nel caso in esame, le medesime ragioni che hanno indotto la Quarta Sezione del Consiglio di Stato a sollevare, con ordinanza 11 marzo 2015, n. 1236, dinanzi alla Corte di Giustizia, ai sensi dell'art. 267 TFUE, la questione della compatibilità dell'art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 con l'art. 45 direttiva 2004/18/CE, nonché con gli artt.49 e 56 TFUE e con il generale principio di ragionevolezza, non ravvisandosi il presupposto – ivi riconosciuto – dell'ignoranza incolpevole del concorrente in ordine alla propria situazione di irregolarità contributiva. Da ultimo, il Collegio ha escluso la sussistenza di una violazione del principio di proporzionalità sottesa all'esclusione dell'intero raggruppamento nelle ipotesi in cui la ragione di esclusione riguardi soltanto una delle imprese, laddove le altre che compongono il raggruppamento siano autonomamente in grado di garantire i medesimi standard di prezzo e di qualità. Difatti, il pacifico carattere di concorrente riconosciuto in capo a ciascun membro del raggruppamento e la solidarietà della responsabilità assunta nei confronti dell'amministrazione per effetto della formulazione dell'offerta, per come deducibile anche dall'art. 37, comma 5,d.lgs. n. 163 del 2006, comportano che i requisiti di ordine soggettivo debbano essere posseduti da ciascun membro del raggruppamento e che l'accertata carenza di tali requisiti in capo a uno di essi determina l'esclusione dell'intero raggruppamento dalla gara, rimanendo indifferente, a tal fine, la circostanza per cui gli altri membri siano in possesso dei richiamati requisiti di moralità e/o che siano autonomamente in grado di assicurare i medesimi standard di qualità e di prezzo. Osservazioni
La pronuncia in commento si segnala, in primo luogo, per aver applicato il principio espresso dall'Adunanza plenaria nelle sentenze del 29 febbraio 2016, n. 5 e n. 6, secondo cui la disposizione di cui all'art. 31, comma 8, d.l. n. 69 del 2013 non può interpretarsi nel senso di subordinare il carattere definitivo della violazione previdenziale o contributiva – che ai sensi dell'art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 rappresenta un elemento ostativo alla partecipazione alle gare d'appalto – alla condizione che l'impresa che versi in stato di irregolarità contributiva al momento della presentazione dell'offerta venga previamente invitata a regolarizzare la propria posizione previdenziale e che, nonostante tale invito, perseveri nell'inadempimento dei propri obblighi contributivi. L'Adunanza plenaria ha ritenuto, infatti, che la regola del previo invito alla regolarizzazione (c.d. preavviso di DURC negativo) contenuta nel citato art. 31, comma 8, non ha inciso sulla disciplina dettata dall'art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006, nel senso che opera solo nei rapporti tra impresa ed ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall'impresa ma non anche con riferimento al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell'autodichiarazione resa dall'impresa per la partecipazione alla gara. D'altro canto, il Consiglio di Stato ha affrontato, risolvendola in senso negativo, la questione sul potenziale contrasto tra la normativa nazionale (e relativa interpretazione) in tema verifica della regolarità contributiva del concorrente ai fini della partecipazione alla gara e il diritto eurounitario, con particolare riguardo all'art. 45 direttiva 2004/18/CE. A tal riguardo, il Collegio ha ribadito come l'obbligo dell'INPS di attivare la predetta procedura di regolarizzazione si scontra con i principi in tema dì procedure di evidenza pubblica che, per come evincibile anche dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, non ammettono regolarizzazioni postume della posizione previdenziale; in particolare, l'applicazione dei principi di trasparenza e par condicio tra i concorrenti porta ad escludere che l'eventuale regolarizzazione postuma possa essere ritenuta idonea a elidere il dato dell'irregolarità alla data di presentazione dell'offerta. In tal senso, del resto, anche l'ordinanza n. 1236/2015 con cui la Quarta Sezione del Consiglio di Stato ha sollevato questione pregiudiziale dinanzi alla Corte di Giustizia in relazione all'interpretazione della citata normativa eurounitaria (e, in particolare, se il richiamato art. 45, letto anche alla luce del principio di ragionevolezza, nonché gli artt. 49 e 56 TFUE, ostino a una normativa nazionale che, nell'ambito di una procedura d'appalto sopra soglia, consenta la richiesta d'ufficio del DURC e obblighi la stazione appaltante a considerare ostativa una certificazione dalla quale si evince una violazione contributiva pregressa e sussistente al momento della partecipazione), si differenzia dal caso esaminato in quanto presuppone il dato di fatto, non rinvenibile nella specie, che la situazione di irregolarità contributiva non fosse effettivamente conosciuta dall'operatore economico, che ha partecipato in forza di un DURC positivo in corso di validità, e comunque non fosse più sussistente al momento dell'aggiudicazione e della verifica d'ufficio dei requisiti. |