Sui presupposti per l’iscrizione nella c.d. white list

Redazione Scientifica
24 Febbraio 2017

Pur dovendosi naturalmente riconoscere la massima importanza alla normativa di prevenzione e contrasto...

Pur dovendosi naturalmente riconoscere la massima importanza alla normativa di prevenzione e contrasto ai fenomeni malavitosi, non può tuttavia essere condivisa la tesi secondo cui l'obbligo di iscrizione nella c.d. “white list” prefettizia di cui all'art. 53 della l. 190 del 2012 (nel testo modificato dal comma 1 dell'articolo 29 del d. l. n. 90 del 2014) sussiste anche laddove le attività di cui all'elenco di legge presentino, in relazione al complesso delle lavorazioni di cui al singolo appalto, un rilievo del tutto marginale (alla luce di tale principio, nella specie è stato escluso che la presenza di parte del tutto marginale delle lavorazioni riferibile alla movimentazione di terra e materiali inerti ed alle attività di estrazione, fornitura e trasporto terra ed inerti comporti l'assoggettamento dell'impresa interessata al richiamato obbligo di iscrizione nella “white list” prefettizia).

Non può in alcun modo essere condivisa l'affermazione secondo cui “in Campania, tradizionale regione di camorra, l'iscrizione nella White List deve essere intesa come [un] indefettibile attestato del possesso dei requisiti generali di legalità necessari per la partecipazione alle procedure di gara”; infatti laddove di accedesse a tale tesi si finirebbe per operare, in sede interpretativa, una sostanziale riscrittura della disposizione di riferimento (e, cioè dell'art. 53 della l. 190 del 2012) connettendo il possibile rischio di infiltrazione malavitosa non già al settore economico di riferimento, ma – più in generale - all'area geografica in cui opera la singola impresa, attraverso una sorta di generalizzata presunzione di permeabilità criminale ratione loci.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.