Sull'individuazione del dies a quo per far valere vizi degli atti diversi da quelli “comunicati”
28 Luglio 2016
La sentenza torna sul tema dell'esatta individuazione della decorrenza del termine di impugnativa dell'aggiudicazione di una gara pubblica. Se, da un lato, l'art. 120, comma 5, c.p.a. è chiaro nel prevedere che il ricorso debba essere proposto – a pena di decadenza – nel termine di 30 giorni decorrente dalla ricezione della comunicazione di cui all'art. 79 d. lgs. 12 aprile 2006, n. 163, tutt'altro che pacifica è apparsa l'individuazione del dies a quo nel caso in cui emergano vizi riferibili ad atti diversi, e ulteriori, da quelli ‘comunicati' dalla stazione appaltante. Il Consiglio di Stato ha affermato, sulla scorta dell'orientamento della CGUE, Sez. V, 8 maggio 2014, in C-161/13, che il termine di trenta giorni, ex art. 120 c.p.a., per l'impugnativa del provvedimento di aggiudicazione non decorre automaticamente dalla data di comunicazione di cui all'art. 79 d.lgs. n. 163 del 2006, ma nel caso in cui emergano vizi riferibili ad atti diversi da quelli ‘comunicati', dal giorno in cui l'interessato abbia avuto piena ed effettiva conoscenza – in esito all'accesso agli atti esercitato – degli atti e delle vicende fino ad allora rimasti ignoti. In ragione di tale assunto, per il Collegio, laddove a seguito dell'accesso esercitato dal concorrente sorga l'interesse ad impugnare anche gli atti e i provvedimenti conosciuti in tale sede, il termine decadenziale di cui all'art. 120 cit. va “incrementato” di un numero di giorni pari a quello che si è reso necessario al concorrente per ottenere la piena conoscenza degli atti in questione. Si è pertanto affermato che essendo il termine per effettuare l'accesso agli atti fissato dalla norma in dieci giorni, nelle procedure ad evidenza pubblica il c.d. ‘termine breve' per l'impugnazione degli atti e/o provvedimenti che la stazione appaltante – rectius la commissione di gara – abbia trasmesso unitamente alla comunicazione di cui all'art. 79 d.lgs. 163 del 2006, può (ed anzi deve) essere incrementato, al massimo, di giorni dieci. Il tutto, evidentemente, a condizione che gli atti non conosciuti abbiano costituito oggetto dell'accesso agli atti esercitato dal concorrente. Precisa il Collegio che laddove la stazione appaltante abbia illegittimamente negato – ovvero ritardato – l'accesso agli atti, il suddetto termine non inizia a decorrere e gli atti non conosciuti dal concorrente non possono ritenersi inoppugnabili rimanendo inalterato il diritto del ricorrente a censurare, sotto diverso profilo, i predetti atti e provvedimenti (ex plurimus Cons. St. Sez. III, 21 marzo 2016, n. 1143). Di conseguenza, conclude il Collegio che nel caso di specie, la società ricorrente aveva operato correttamente proponendo il ricorso nel termine di quaranta giorni, non potendosi pretendere che la stessa esercitasse il diritto di accesso per l'esibizione degli atti della contro-interessata dopo l'aggiudicazione provvisoria, non essendosi, a quella data, consolidata la sua posizione ed il proprio interesse a ricorrere. |