Alienazione di partecipazioni in società miste e regole dell’evidenza pubblica

Simone Abrate
29 Settembre 2016

Il Consiglio di Stato ha ribadito alcuni principi applicabili in caso di alienazione a privati, da parte di un'amministrazione pubblica, di partecipazioni societarie, ed in particolare: (i) l'obbligo di rispettare la regola dell'evidenza pubblica, che risponde ad un principio di ordine pubblico economico, anche di matrice eurounitaria, presiedendo al rispetto dei generali principi di concorrenza, parità di trattamento e di non discriminazione tra i potenziali concorrenti; (ii) la nullità ex art. 31 c.p.a. di eventuali clausole di prelazione in favore del socio privato.

La stazione appaltante ha indetto un'asta pubblica per la cessione delle azioni detenute in una società partecipata, negando al contempo il diritto di prelazione sull'acquisto delle stesse in favore degli attuali soci privati, espressamente previsto dallo statuto societario.

I soci privati hanno proposto ricorso, deducendo l'illegittimità del diniego sull'esercizio della prelazione e, conseguentemente, l'illegittimità della procedura ad evidenza pubblica avviata dalla stazione appaltante per l'alienazione delle partecipazioni societarie.

I ricorrenti, in particolare, hanno sostenuto l'inapplicabilità – alle alienazioni successive alla costituzione della società mista – delle disposizioni e dei principi che regolano l'indizione della c.d. “gara a doppio oggetto” per la scelta del socio privato operativo, deputato a svolgere il servizio pubblico locale nell'ambito della società mista.

Il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza di rigetto di primo grado, ribadendo il principio di diritto secondo cui la cessione da parte di un'amministrazione pubblica di una partecipazione in una società partecipata da altri soggetti privati deve necessariamente avvenire tramite l'espletamento di procedure ad evidenza pubblica.

E ciò sia in quanto lo svolgimento di procedure concorsuali è previsto nell'ambito del processo di razionalizzazione delle partecipazioni societarie avviato dalla stazione appaltante ex art. 1, commi 611 e 614, l. 23 dicembre 2014, n. 190, sia in base al principio generale stabilito nell'art. 1, comma 2, del Codice del 2006 (applicabile ratione temporis, e ora trasfuso nell'art. 5, comma 9, del Codice del 2016).

Quest'ultima norma, osserva il Consiglio di Stato, non si applica in senso “statico”, ossia soltanto al momento della costituzione della società mista, ma deve ritenersi estesa anche alle ipotesi in cui venga in rilievo l'alienazione di partecipazioni sociali detenute da un'amministrazione pubblica nell'ambito di una società che già risulti già a composizione mista.

Pertanto, l'obbligo di rispettare la regola dell'evidenza pubblica per l'alienazione delle quote sociali detenute in una società mista risponde a un principio di ordine pubblico economico (anche di matrice eurounitaria), presiedendo al rispetto degli altrettanto generali principi di concorrenza, parità di trattamento e di non discriminazione fra i potenziali concorrenti.

Ne deriva, pertanto, la declaratoria di nullità, perviolazione di norme imperative di legge, delle clausole statutarie e degli atti attuativi della stessa che prevedano l'esercizio del diritto di prelazione in violazione della regola di evidenza pubblica.

Trattandosi di fattispecie di nullità, essa è dichiarata ex officio ex art. 31, comma 4, c.p.a. ed inoltre può essere resa tanto nell'ambito della giurisdizione esclusiva che nell'ambito della giurisdizione ordinaria.

Ulteriore conseguenza è che alla stazione appaltante alienante non può essere contestato la non corretta indicazione, negli atti di diniego all'esercizio del diritto di prelazione del socio privato, delle ragioni per cui ha ritenuto non operante lo stesso diritto di prelazione

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